VIII. A questo scopo ci
pare ottimamente scelta dal De Napoli la benedizione di
Giuseppe, persona che oltre all'essere di così grande
importanza per l'avvenire de'suoi, e pure starei per dire
carissima, essendo stato specchio di vita incolpabile e di
meritate prosperità. E parlando di questo momento, quanto
non sono ripiene di sublime affetto le parole che rivolge il
padre a lui Nazareno trai suoi fratelli, ricolmandolo di
benedizioni maggiori di quelle che egli stesso aveva
ricevute un giorno dal padre Isacco! Più lunga e diffusa tu
vedi nel libro santo la benedizione di questo Giuseppe; lui
solo vien rappresentato a gettarsi sulla faccia del morto
padre piangendolo e baciandolo, e lui solo curare
l'adempimento del sacro cenno perchè le ossa del vecchio
venissero composte vicino a quelle d'Isacco e della madre.
Nè queste bastano, ma ben altre ragioni mi sembra che
potessero consigliare un artista a scegliere la benedizione
di Giuseppe, il quale nella diversità e nella ricchezza
dell'abbigliamento facilmente si lascia ravvisare e
distinguere dagli altri, anzi dà bellissimo esempio appunto
di virtù, umiliato e prostrato nella sua grandezza di vicerè
ad ascoltare le parole ispirate da Dio. Dissi adunque che a
me pare essere stata ottimamente trascelta dal De Napoli la
benedizione di Giuseppe come momento da rappresentare; e mi
piace di credere che il Postiglione abbia voluto scegliere
il punto medesimo quando veggo così stretto vicino al padre
amorosamente il suo Giuseppe, e veggo gli affetti espressi
nelle persone di Ruben, di Giuda, di Levi e di Simeone. Se
non che l'attitudine svagata ed ancora poco riverente di
alcuni figliuoli, e più che ogni altro il modo com'egli ha
rappresentato Giacobbe, non fanno ravvisare pienamente
s'egli benedica, e quale de'suoi figliuoli. E quindi io che
udiva con molto studio ogni cosa che si dicesse intorno a
quei cartoni, serbando quelle che non mi sembravano al tutto
ingiuste, sentiva lodare assai questo lavoro più per la
squisita diligenza delle parti che per la sua composizione.
Anzi starei per dire che il Postiglione non abbia voluto in
quanto ad esecuzione tralasciare nessuna di quelle
difficoltà che molte volte non è pigrizia ma arte di
Omettere ed abbia anteposto alla sobrietà la ricchezza.
IX. Parve ad alcuno
solitaria troppo la figura del suo Giacobbe così confinata
ad un estremo del quadro, e più bella che veneranda.
Certamente se tu vada cercando bellezza e maestà, nulla ti
rimane a desiderare quando abbi veduto questo Giacobbe, nel
quale trovi decoro e perfezione di forme quanto vuoi, ma
poco di sacro. E poco ancora d'infermo o di vecchio, qualità
che pur erano impossibili a trascurare nella figura di un
patriarca che la storia ci descrive così grande sugli altri
e così aggravato di anni e di sciagure. Non meno
egregiamente condotte sono le figure del Ruben e del Giuda,
ma non trovi ragion sufficiente a quelle due braccia del
primo cosi ferme e strette in faccia alla parete, né a
quelle del Giuda in altro modo ma pur distese entrambe verso
il cielo; le quali due espressioni di affetto diverso
parvero a molti eccessive. Nè voglio credere che nell'animo
del giovine autore predominasse la vaghezza di far pompa
della sua perizia nel disegnare, della quale ha dato prova
sufficiente nelle altre figure del quadro, come in quella
del Levi, del Beniamino, e in quella di Giuseppe, nella
quale non sai se è maggior pregio la diligenza del lavoro o
quell'aria e movimento di affetto che dà tanta grazia alla
sua persona. La diligenza non è minore nelle parti del corpo
che nelle pieghe e nelle varie parti dell'abbigliamento, nel
quale avvedutamente rappresentò ricchezza maggiore che in
tutti gli altri fratelli. E se il De Napoli non avesse per
altro modo renduta facile a ravvisare e gratissima per
decoro e gravità la figura del suo Giuseppe, pure mi sarebbe
piaciuta quella differenza nella foggia dell'abito di
Giuseppe che dimostrasse l'altezza dell'ufficio suo colà
nell'Egitto.
Di questa varietà seppe trar profitto il Postiglione; e
certamente i soggetti ricavati da quella antica età del
popolo ebreo offrono larghissimo campo alla immaginazione
dell'artista, essendo assai poche e pure assai combattute le
opinioni che ci rimangono intorno all'abbigliamento di
quelle genti. Se non che in questo e riposta la perfezione
del discernimento nell'artista: fare che la varietà delle
fogge non turbi il carattere generale della storia che vien
rappresentata. Quindi non piacque ad altri che il
Postiglione accumulasse tante costumanze troppo diverse ed
opposte nel suo cartone, dove tu ravvisi vicino al
caffettano ed al turbante la Tunica ed il pallio. Colpe sono
al certo, ma scusabili colpe in un giovine, perchè da quella
stessa origine, a me pare, donde procedono molte bellezze
nei quadri de' giovani ne' quali e molto ingegno, procedono
ancora i vizi. Nulla più facile che l'oratore giovine ed
ardente sembri talvolta declamatore più che eloquente; ma
nulla più facile che l'uso dell'arte corregga le
intemperanze della fantasia e lo conduca alla vera
eloquenza. E cosa assai ragionevole che le idee raccolte e
gli studi fatti e le opere vedute sieno tutte presenti,
benché varie, diverse ed opposte, alla mente del giovine
artista, al quale vengono espresse direi quasi
involontariamente com'egli le ha vedute, quando si fa a
rappresentare qualche suo concetto. A molti sembrerà che
alcune figure del suo cartone ricordino Raffaele ed altre il
Vernet, ciò che e una pruova potentissima di quanto si debba
sperare da quest'artista il quale ha saputo ravvisare il
bello dovunque gli è incontrato di vederlo e serbarlo nella
memoria vivissimo. Alla quale facoltà dell'animo umano
quando si aggiunga l'intelletto che ordini e disponga,
l'artista si potrà dir perfetto e degno della gloria che
acquistarono i sommi.
Negli artisti ancor giovani avviene di ravvisare tal
volta donde abbiano tolte involontariamente alcune parti
dell'opera; non così quando essi per lunga pratica ed uso
abbiano convertito dirò quasi in espressione immediata dell'
intelletto quello che poteva dirsi artificio della memoria.
Così io mi conforto nell'avvenire di questo egregio giovine
quando sia divenuto maestro nel concepire come nell'
eseguire, nella qual parte di squisita esecuzione e stato
grandemente lodato pure dai maestri. Ed in alcune cose le
quali non furono lodate nel suo lavoro non fu giammai per
vizio di esecuzione, ma di poca convenienza, come a dire
nelle braccia del Giacobbe le quali parvero, allo stato
d'infermità del morente, gravi troppo c nudrite; o nella
figura di quel figliuolo inginocchiato alle spalle di
Giuseppe, perchè troppo meschino nelle sue proporzioni a
fronte degli altri, quando si trova pure nel prime piano del
quadro e più vicino ai riguardanti che non è lo stesso
Giacobbe.
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X. Nè qui voglio essere
ardito di proseguire a discorrere quelle parti dell'opera
che malamente si vogliono giudicare da chi non è artista più
che scrittore. Io so pure quanto spiace agli artisti
(massimamente ai mediocri) che gli scrittori parlino
dell'arte e delle opere loro. Ma non sono del numero di
costoro ne il Postiglione ne gli altri concorrenti, i quali
sanno pure che
gli artisti eccellenti non amano le sole lodi, e sanno che
le diverse parti della pittura sono in tanto gran numero,
ch'egli rimane sempre un largo campo agli scrittori dov'essi
possano avventurarsi a ragionare e giudicare senza ardire e
senza pericolo. Sanno che la gloria non viene solamente ad
essi dalla sentenza de' soli artisti chiamati a dar giudizio
dell' opera loro, ma che un altro è pure il giudice, come ho
detto innanzi, il quale non so dove sia propriamente a
volerlo ritrovare nè a volerlo far tacere. Di questo giudice
invisibile sono talvolta interpetri gli scrittori i quali
essendo le più volte lontani dalle cagioni, veggono le opere
degli artisti con animo sereno e sgombro di quelle passioni
ed affetti che debbono turbare i cultori di una stessa arte,
per colpa dirò quasi connaturale all'uomo. Io son certo
quindi che non dovrà spiacere nè al de Napoli, nè al
Postiglione, nè a Giuseppe Mancinelli altro de'concorrenti
il quale aveva già bella fama in mezzo a noi per opere già
compiute ed ammirate, e prima fra queste un San Carlo
Borromeo che ministra il sacramento della confermazione ad
un fanciullo attaccato dalla pestilenza. Opera di molte
figure di natural grandezza che oggi puoi vedere esposta
alla venerazion dei fedeli nella chiesa de' Padri Belle
Scuole Pie di San Carlo all'Arena. Opera già preceduta da
altri molti quadri del Mancinelli, ammirati siccome dicemmo
per buona composizione e diligenza di pennello, e che la più
gran parte adornano le reggie di Napoli e di Caserta. Questi
dipinti sono stati in diverse tempi recati dal Mancinelli da
Roma dov'egli dimora , e bisogna pur ravvisare che le
ispirazioni della città eterna hanno avuto gran parte nelle
opere di quell'autore. Il quale e, studioso assai di quelle
bellezze che tanto straordinariamente abbondano nel Vaticano
non solamente e nelle splendide sale de'romani patrizi, ma
per i tempi, per le piazze e per le vie.
Anzi chiunque e stato spettatore ed osservatore della
moderna Roma non negherà ch'egli e impossibile a rinvenire
un vivere più di quello desiderabile agli artisti; numero
grandissimo, di età diversa, di diversa patria e favella, i
quali s'intendono pur tutti ed hanno tutti comune, come
vincolo di ampia famiglia, il linguaggio del bello
universale quale li chiama e li raccoglie in Roma dalle
sponde del Tamigi, della Senna, della Neva ed anche
dell'Orenoco. Il quale artista in una città ampia, popolosa,
svagata ed oziosa come la nostra, ultima in Italia per
diffusione di coltura intellettuale, troppo si affatica a
rinvenire quella pace amica degli studi, e quel civile ed
amichevole consorzio degli studiosi che abbiam veduto nella
eterna Roma, dove non solamente il pennello e la matita , ma
lo stesso conversare e gli stessi diporti sogliono essere un
esercizio per gli artisti preziosissimo, e raro ad ottenersi
altrove dovunque.
XI. Ma prima ch'io venga a
far parola del suo cartone, non posso tacere di un quadro
del Mancinelli esposto fra gli altri lavori, e
rappresentante la figliuola di Faraone che salva dalle acque
alle quali era stato abbandonato il bambino Mosè. Quello che
nel Mancinelli è stato sempre ammirato, voglio dire la
graziosità delle forme e il tono e l'armonia del colorito,
non manta a questo dipinto. Sebbene per accomodarsi alle
diverse condizioni del soggetto ebbe a dare e volle un tal
tono alle tinte, che molti gridarono al Mancinelli, come s'
egli avesse voluto accarezzare qualche passione del secolo
che ama più il brillante che il vero. Quelle tinte si han da
riguardare con occhio ben diverso da coloro i quali
ricordano il Tasso alla corte di Ferrara dello stesso autore
e pensano quanto diverso è il cielo d' Italia da quello di
Egitto. E in fatti tu vedi e quasi senti l'aria di fuoco che
tinge in quel colore tutte le campagne fecondate dal Nilo,
se non che la rinfresca la vista di quel benefico fiume.
Quindi se nella luce del nostro giorno sono per temperata
digradazione più soavi all'occhio i riflessi e le mezze
tinte, era giusto che il discernimento dell'artista cercasse
di mostrare più risentiti quei riflessi e più calda quella
luce che venivano prodotti da un sole come quello
dell'Africa e da una riverberazione cosi gagliarda. Sul
primo piano del quadro vedi la cesta che fu affidata ai
greti ed alle alghe del fiume, la quale presa di una delle
servienti è mostrata alla figliuola del re. E questa
circondata dalle sue donne si maraviglia a quella vista, per
quanto pure si possa lasciar commovere l'altezza del suo
grado reale. Non così le altre che fanno atti di stupore ma
più di allegrezza, tanto quelle raccolte intorno alla reale
donzella quanto quelle che stanno dall'altro lato del
quadro. Anzi mostrano di fare un tale schiamazzo di riso che
pare estremo e che l'artista avrebbe potuto moderare
alquanto. Questo io dico avendo riguardo alla diversità di
condizione di quelle serve e damigelle (perchè le une e le
altre trovo mentovate nel libro dell' Esodo), le quali
doveva farle più rispettose innanzi alla loro signora, come
dico ancora avuto riguardo ad una certa solennità ed affetto
che il quadro avrebbe dovuto ispirare, non ostante la
letizia di quelle ore mattutine, che così dolcemente sorride
in quella tela, e di tante femmine colà raccolte a bagnarsi.
Mi ricordo che Raffaele nel rappresentare il ritrovamento
di Mosè, fatto di suprema importanza nella storia, ha
figurato la regina e tutte le sue donzelle affiliate e
strette insieme e tutte rivolte al bambino e tutte incurvate
a riguardarlo. Conformità di movimento che raro si può
adoperare in un quadrose non quando un sentimento o un
affetto concorde ed improvviso la rende necessaria. Ma il
quadro del Mancinelli, abbia pure le sue macchie, è tutto
pieno di quella vaghezza che non manca all'autore giammai.
La quale se talvolta apparisce leziosa e molle, se ne ha
piuttosto ad assegnare la colpa a questo moderno, io non so
dire se vezzo o bisogno, di restringere in troppo piccole
proporzioni la rappresentazione delle più solenni
storie e passioni umane. Nelle quali angustie non vorrei che
gli artisti che aspirano a vera gloria si lasciassero
stringere facilmente, e molto mi conforta l'esempio di
alcuni nostri pittori viventi, i quali non vollero usare
giammai il supremo magistero dell'arte in cosi piccolo
campo, dove gli affetti malamente si mostrano e possono poco
operare sull'animo de'riguardanti ed hanno forse principal
parte la scena o le stoffe. E come nel libro tu leggi sempre
l'anima dello scrittore (quando egli sia tale che meriti
questo nome), cosi mi è sembrato sempre di ravvisare nelle
opere di questo artista un'indole pacata, serena, non atta
agli affetti concitati, alle ardenti passioni quali
richiederebbe la espressione di alcuni soggetti grandiosi ed
alti. Nè questo è picciol campo che gli rimane, ed infinite
sarebbero le opere che potrebbero venirgli ispirate dai soli
sentimenti della religione e dell'amore, perch'egli non
avesse ad avventurare il suo pennello in opere di altro
genere che non sono quelle da lui compiute sin oggi.
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