Gli antichi aveano popolato l'universo di geni invisibili
e sconosciuti. La loro fervida fantasia trascorse i cieli,
la terra, ed i mari e si riposò poi presso ad una fonte,
sulle rive d'un limpido ruscello ? Colà tutto sembrava
trasformarsi al suo magico sorriso. Dal fondo delle acque,
in mezzo a leggieri vapori, apparivano meravigliose visioni.
Narciso, che si era specchiato in quelle onde era divenuto
un fiore, Siringa una canna, Dafne un alloro, e la Najade
stessa del fonte, si placida ed amorosa, erasi convertita in
una lontana e lamentevole eco. Altre volte, da sotto alla
corrente gonfia ed irritata per una passeggiera procella
sollevava il capo una graziosa deità coronata di loto, e di
fiori palustri. Era il genio del fiume a cui offrivansi
delubri, festività solenni, e sacrifizi.
Ne'siti più celebri dell'Italia meridionale Egli prendeva
il nome di Sebeto, di Silaro, d'Elento, d' Ocinaro, d'
Esaro, di Tara, e d'Aufido. Tenere ed interessanti memorie
ci serbano pur questi nomi, che tanti secoli non han potuto
ancor cancellare. Oreste perseguitato dal rimorsi e dalle
furie, si bagnò per ordine dell'oracolo sette volte ne'
sacri fiumi della Magna Grecia, e ricuperò la sua ragione.
Un altro Eroe, per liberar la patria da un'imminente
sciagura, si precipita nel Sarno e ricomparisce sull'altra
sponda divenuto un nume, con due picciole corna d'oro
intorno alle tempia. Infine le Sirene, sepolte in riva a
quelle onde misteriose, facevano udire ne'silenzi della
notte la loro incantevole melodia, come avessero voluto
tuttora arrestar dal suo corso la nave degli Argonauti, o
quella di Ulisse.
Virgilio ha situato alla sorgente del Peneo, in fondo
alle sue acque placide ed ombrose il caro ad elegante dramma
di Aristeo. Ivi il figlio d'Apollo ritrovò sua madre, la
bella Cirene, occupata nelle sue magioni di cristallo a
raccontare le più dolci storie, e gli amori degli Dei, alle
vezzose Ninfe delle selve, de' mari, e de' fiumi, che
sedevano intorno di Lei, intente ad ascoltarla :
Nymphasque sorores,
Centum quae
silvas, centum quae
flumina
servant.
Or sarebbe appunto una delle più belle tradizioni
dell'arte e della poesia antica, che la scoltura moderna ha
voluto tradurci nel suo novello linguaggio ? ? Il signor
Gennaro de Crescenzo ha desiderato rappresentarci una
giovane ninfa, che con una idria nella mano va per attinger
l'acqua in un ruscello ? La sua tunica lunga e discinta vien
sollevata appena della mano sinistra, affinchè avesse potuto
permettere che il piede procedesse più libero verso la
sponda ? Quand'ecco che all'avanzarsi rapido, e allo
spandersi della corrente, la ingenua giovinetta si arresta
all'improvviso, e pare sopraggiunta da un involontario
timore. Un ignoto sospetto sembra attraversarle la mente.
Chi sarebbe dunque Ella mai questa graziosa fanciulla così
timida, e così inesperta? Forse Amimone sorpresa da Nettuno
presso a una fontana; o pure Ismene figliuola di Cadmo, che
nell'attinger acqua da servire pe' sacri riti, ritrova la
sorgente custodita da un dragone; o infine sarebbe la ninfa
Medma, che corre alla fonte del suo nome per recar da bere a
Cerere divorata della sete, dal caldo, e delta stanchezza,
allorché giungeva in Italia, andando in cerca della perduta
sua figlia?
Noi crediamo che lo scultore non abbia pensato ad alcuna
di queste poetiche fantasie. Egli ha voluto esprimervi
un'idea morale in una forma spontanea,semplice, ed
originate. Una riva inclinata e perigliosa, una corrente
limpida e tranquilla all' esteriore, ma che nasconde nel
seno delle insidie, de' vortici, degli scogli perfidi e
minacciosi, ed una fanciulla che per la prima volta trovasi
tutta sola in loro presenza, offrono il tipo di quella beata
e giovanile età, in cui le impressioni che si ricevono sono
timide ed innocenti. Le arti de' vari tempi non han saputo
sovente rappresentarci, che le passioni colle loro tempeste,
ed i loro naufragi. Il signor de Crescenzo è andato un poco
più oltre. Nel farci traveder l'agitazione, ci ha offerto
l'immagine della calma; alla temerità ha opposto la
prudenza; ed invece di ardere profumi alla voluttà e
all'amore ha fatto l'apoteosi della gioventù virtuosa e
della bellezza pudica
(1)
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