Pillole d'Arte

    
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(Fonte : Albo artistico napoletano - 1853)

CAINO PERSEGUITATO DALL'IRA DIVINA

Paese storico del Cav. Salvatore Fergola

Professore del Real Istituto di Belle Arti


Molti fra gli amatori di belle arti che si estimano profondi conoscitori intenderebbero di ridurre a due o tre le scuole di pittura, e pieni di questo falso principio, rifiutano ogni altro stile che non sia da essi vagheggiato. Questa opinione è torta, servile, pregiudizievole e stolta. E' torta, perchè nella varietà delle scuole e de' mezzi artistici che s'adoperano vien mostrata l'abbondanza e la fertilità degl' ingegni; è servile perchè i buoni autori s'hanno a rispettare e non idoleggiate in tutto ed anco negli errori; è dannosa, perchè si chiude ai nascenti artisti la via di seguire lo stile che più loro aggrada e che seconda meglio la indole di ciascuno; è stolta, perchè le opinioni strette sono delle piccole menti. Raffaello e Michelangiolo si guardanano, per cosi dire a vicenda, ma ciascuno faceva a suo modo. Venne Tiziano e operò in altra guisa, sopravvenne Correggio e guardando tutti, non seguì nessuno. Prima di essi i Bellini, Lippo Dalmasio, il Carpaccio, il Solatio avean fatto alla loro guisa e gittati i fondamenti delle rispettive loro scuole. Eran tuttieccellenti, nè però le sole Madonne del Dalmasio erano belle, nè le sole Giottesche diedero sempre legge a que' che dipinsero poi.

Lo stesso dovrei dire della pittura di paese, della quale altra volta parlai. Ella ebbe le sue scuole, e fu dal principio per total modo innestata con la pittura di figure, che ogni quadro, ogni immagine della scuola Peruginesca e anche Giottesca lascia veder sempre il fondo di un paese e qualche volta di architetture leggiadre, come soventi volte fecero i Bellini. Que' Verdi vivaci e caldi usati dagli Antichi, quella minuzia cercata fino nei fiorelli del prato, venne compendiata poi in più vasta apparenza di verità, e Salvator Rosa gittò gli elementi delle grandi masse che non danno certo effetto minore dell'antico particolareggiare. Queste cose ho cennato non oziosamente, ma per aver dritto di spiegar più netta la mia opinione, quella cioè che alcuni nel corrente secolo innamorano di una sola scuola e quella predicano come vera ed eccellente. Ma il vero non si presenta a tutti nella stessa guisa ? Chi ne vede un lato, chi un altro, e quegli che maggiori elementi del vero riunisce nell'oprar suo, è più dotto in arte, e pia ratto corre alla meta.

II nostro egregio cav. Fergola ereditò la dolcezza di tinte della passata scuola, la dolcezza di Hackert, una mano rapida, una fantasia temperata. Le sale di corte, quelle di principi e privati ridondano de' suoi dipinti, ne' quali il tuono e sempre amabile, ridente, e rifuggente da quelle ombre che coll'andar del tempo si rendono visibilmente odiose per oscurità - Fergola ha toccato tutti i diversi ordini del paese - II paese storico, paese tutto campestre, il paese romantico o nordico, il paese prospettico cioè adorno di linee architettoniche, il paese decorativo o di effetto, ed anche la marina. Egli è già molto indietro, la pubblica mostra di belle anti (1843) offriva a' curiosi riguardanti una veduta d' Ischia ove l'acqua, mossa, faceva spruzzi e rimbalzi, e Ia luce cadendovi sopra, ravvivava le lucide stlle con tal tocco di verità , che solo un pittore esperto per lunga età di marine avrebbe potato fare altrettanto. In quella medesima mostra osservavasi il fatto di un famoso nuotatore, che in orrenda tempesta correva a salvare su piccolo schifo presso Nisida alcuni naufraghi infelici. E l'acqua che colava dai sospesi remi, l'onda che frangevasi, era non men degna di un pittore invecchiato in quella maniera di fare.

Quelle opere appartenevano al cav. Salvatore Fergola, che già chiarissimo per gli alberi, le fronde, le frappe, erasi dato cosi di lancio a dipinger marine, e con mirabile maestria i placidi ruscelli aveva cangiato in onde burrascose, i sassi in iscogli, i grandi tronchi in barche; sicchè quanti videro allora quelle opere esitarono a dame un giudizio, non intendendo come in si breve spazio si potesse cangiar di studi e di natura. Ora il nostro Fergola è tornato agli alberi, alle rupi, ai torrenti, e vi è tornato più vigoroso di prima, perchè la natura e un esemplare che non si finisce mai di studiare, e la tavolozza di un pittore non deve adottare un sistema, nè rimanere invariabile negl' impasti di convenzione. Chi guarda il paese dipinto dal nostro Fergola con una sola figurina fra mezzo a tante asprezze di selvaggia natura, tosto si persuade che il dolce pittor di cieli e di campi sa ben essere vigoroso e gagliardo. Dalla incisione, colla quale accenniamo Ia pittorica tela, ognuno potrà scorgere di leggieri che la natura e sconvolta a furore. L' uragano percorre il campo. Gli alberi più annosi cadono arrovesciati nel mezzo delle selve, rimugghia il tuono, l' aere è gonfio, il sibilo del vento scorre e vola irrefrenbile, Odi quasi il cupo mormorare delle acque che si rompono fra sassi della china, e avvolgono nello scendere precipitoso quanto presentasi a loro argine. Fra gli schioniati alberi, i rami spezzati, le smosse radici, v'ha qualche cosa che si muove, e il colore par che non solo espria il nodo, il taglio, la fenditura, la corteccia, la luce riflessa, ma indichi il moto altresì, il moversi de' rami piegati dal vento, l'ululare del fogliame tempestato e disperso. Fra tanto orror di natura vedi Caino, figura sola, spiccante nel verde cupo e nel frondoso elemento. Caino disperato, fuggente, desideroso di posare in Iuogo ove la terra nol discacci, ove l'ira di Dio nol perseguiti, ove il passo dell' ucciso fratello non gli suoni alle spalle.

Il monte, la rupe, il ruscello lo respingono; tutto gli grida: « va maledetto - e l'albero che si rattorce, per cosi dire, intorno a lui, par che nello stridere esclami: « Va fratricida ! - e il tronco che galleggia precipitando con le acque del torrente, e lt sentiero stesso che per ciottoli e sassi gli arresta la fuga, ripete : « Fratricida fuggi ! - E gli elementi in guerra gli dicono: «Muori! hai insozzato la terra di sangue, hai contaminato la natura, muori! Ed egli, va maledetto, va senza posa, abbrutito nell'aspetto, precipitoso e barcollante nell'andare, volgendosi addietro con terrore, perchè reietto dalla umana progenie, della quale ha denigrato il principio. Ed è questa una bellezza vera e sentita del dipinto, e si appartiene all'estetica dell'arte; imperocchè mentre sulla spinosa via ti si mostra Caino; lontano lontano, fra la bufera e la selvosa traccia vedi un cielo  nebbioso, a traverso del quale il sole riverbera misteriosamente sua luce in sul la catena de' monti. In quella nube chiara sta Dio, e la sua voce che minaccia il fratricida parchè vada di nube innrube suonando, e giunga lino a Lui. II quadro comincia e finisce in quel punto, ed è così legato da quell' anello di connessione che è alto pregio di ogni artistico lavoro.

Come è ben da supporre, tutto in questo dipinto torce da un sol lato, perchè lo stesso aquilone piega in un senso gli alberi e le nubi che si muovono con lui, ma lo artista ha saputo evitare la monotonia delle linee, facendo in senso opposto muovere il vorticoso torrente. A qualcuno fece maraviglia veder le radici d'ogni pianta cacciate fuor della madre terra, non parendo possibile che a ciò bastasse l'uragano, ma costoro errarono grandemente, anzinon intesero una delle bellezze del dipinto, quella di veder che le acque abbiano portato via la terra e sfranati i colli e le vie, abbassando il volume della terra medesima, per modo che fuori n' escano le radici ed ogni vena del sentiero resti a undo. Al quale giudizioso pensiero s'accoppia l'altro che Dio, cioè, abbia tutto scoverto. II sasso, l' aria, opposti elementi l'uno dirudezza, l'altro di elasticità, sono studiati e gittati sulla tela da maestro, e se nella stessa bellezza di colore v'è qualche uguaglianza a notare, chi non esclude un tipo di singolare bravura, che la singolare natura del dipinto richiedeva.

Tale sublime, poetico e grandioso subietto fu dato a trattare al nostro Fergola da Sua Altezza Reale il Conte di Trapani, nella cui splendida dimora s'accoglie una pregevole raccolta di quadri moderni. E il Fergola seppe corrispondere all' imposto argomento con larghezza di concetto e con coscienza di lavoro. Egli non guardò punto i suoi quadri anteriori, e fino nel modo di usare i colori ci è sembrato questa volta si grasso, succoso, e gagliardo, da farne desiderare che mai più lasci questa che noi chiameremo seconda maniera, nella quale non campeggiano già i consueti verdi e gli azzurri, ma il più vigoroso mescersi delle tinte, senza aver ricorso a que' neri che non sono in natura, e che alleviano soltanto il pittore, nel dargli più pronto e sicuro l'effetto scenico del quadro. Serva il già detto a mostrare che lo scopo delle nostre parole non è già pompa di eruzione, ma unicamente desiderio di far chiaro che noi non siamo ligi a nessuno, ma guardiamo l'arte nella varietà sempre piacevole de' suoi cultori e delle sue forme.



Carlo T. Dalbono