Cetona (Siena), 12/09/1872 - 24/10/1958
Nato in Cetona (Siena) il 12
settembre 1872. Dirige il Museo di Arte Industriale di
Napoli. Iniziò i suoi studi all'Istituto di Belle Arti a
Roma e li continuò nell'Istituto di Napoli alla scuola
di Domenico Morelli, dei cui insegnamenti seppe
approfittare nella sua vita artistica. A ventidue anni
si recò a Parigi dove nel 1900 creò il Beethoven che gli diede vasta notorietà. L'opera fu
premiata con medaglia d'oro all'Esposizione Universale
di Parigi e fu acquistata per il Museo Revoltella di
Trieste, nel quale tuttora trovasi.
Tratta di preferenza la figura, il quadro storico e
quello di genere. Al Salone di Parigi ha esposto dal 1897 al 1909: In
attesa di gloria; Mimì Mimì; Il Quattordici Luglio (guazzo);
Beethoven; Una scena tratta dall'Oeuvre di Zola, premiata
con medaglia d'oro; La donna del poeta; Musette; Chopin,
trittico premiato con medaglia di terza classe; Ritratto della signora B. e
Lettrice.
A Roma nel 1902 alla Società Amatori e Cultori di
Belle Arti (Esposizione Internazionale di bianco e nero) figurò il Canto IX del Paradiso; a Bruxelles nel 1903, ai Salone Triennale di
Belle Arti: Chopin e Pensierosa. Alla Promotrice
Salvator Rosa di Napoli nel 1904: Ultimi giorni di Domenico Morelli;
Pensierosa;
Crepuscolo; Canale di San Martino; Boulevard Pereire; Sera (acquaforte). Frammenti del Beethoven; Notturno, il quale ultimo fu
premiato dal Principe di Candriano Giuseppe Caracciolo, allora
presidente della Società Promotrice.
Maneggia il bulino come i pennelli, conosce la
tecnica del processi grafici di riproduzione come i segreti del colore,
tratta l'acquaforte, il pastello e il bianco e nero, come le tele ad
olio.
(A. M. Comanducci)
Nacque il 12 settembre 1872 a Cetona (Siena) da un modesto muratore, che
cercò di far seguire al figlio studi regolari presso l'Istituto di Belle
Arti prima di Roma poi di Napoli. Ma il Balestrieri ben presto dové guadagnarsi
il pane come decoratore di stanze, unendosi a un decoratore di grido, E.
Risi, pur senza tralasciare lo studio della pittura, continuato sotto la
guida di Gioacchino Toma. Dopo alcuni anni tornò all'Istituto di Belle
Arti di Napoli, allorché Filippo Palizzi e Domenico Morelli, di cui era grande ammiratore, ne assunsero la direzione. Un po' per ragioni
sentimentali, un po' perché attirato dalla fama artistica di Parigi, a
vent'anni si stabilì nella capitale francese, prendendo alloggio in una
soffitta d'un grande palazzo popolare. Cominciò così la sua vita bohémienne.
A Parigi lavorò come aiuto del fiorentino Tofani alle illustrazioni di
riviste e giornali, apprendendo in tal modo l'arte dell'incisione. Dopo
due anni lo raggiunse l'amico Giuseppe Vannicola, poeta e violinista
romano, col quale divise l'alloggio. Nel 1895 il Balestrieri, che aveva sempre
avuto passione per la musica, traendo ispirazione dalla propria vita bohémienne,ritrasse se stesso ed il Vannicola nel quadro
Aspettando la
gloria,che venne esposto al Salon di Parigi nel 1897.
La musica continuò ad ispirargli soggetti per i suoi quadri. Dipinse
così, nel 1898, La morte di Mimì (Museum of the City, New York), in cui
ritrasse se stesso nella figura di Rodolfo. Progettava, intanto, di
creare un'opera che potesse trasmettere agli altri ciò che egli provava
per la musica. Realizzò perciò il Beethoven, dipinto, dopo molti
ripensamenti, nel 1899. Esposto nel 1900 all'Esposizione universale di
Parigi, il quadro, nonostante la tecnica sciatta ed approssimativa,
riscosse un grande successo, perché rispecchiava certi ideali romantici
della fine dell'Ottocento. La fama del Balestrieri dilagò improvvisamente. Si
fecero numerosissime riproduzioni del Beethoven che, mentre era esposto
a Venezia (1901), fu acquistato dal Museo Revoltella di Trieste per 5000
lire. Con la fama venne l'agiatezza e l'amicizia di molti
musicisti, tra cui Puccini, Giordano e Cilea.
Nel 1902 il Balestrieri andò a trovare il suo maestro Morelli morente a Napoli.
Da questo viaggio nacque Gli ultimi giorni di Domenico Morelli (Udine, Galleria Civica), esposto prima a Monaco (1902), poi a Venezia (1903).
Ma il mondo della musica non cessò di offrire soggetti al Balestrieri, che
tuttavia non riuscì mai a rinnovare il successo del 1900 mentre continuò
a pesare su di lui il ricordo del Beethoven. Mantenendosi fedele alla
sua visione romantica, dipinse, sempre con tonalità ricche di ombre, il
trittico Chopin (1904), Notturno (1904), Manon (1905) e altri. Si era
intanto dedicato all'acquaforte e all'acquatinta colorate, nelle quali
aveva acquisito una notevole perizia, seguendo la tecnica di F. Vitalini,
consistente nel distendere i colori su un'unica lastra metallica coi
polpastrelli o con batuffoletti di lino. Cinque sue acqueforti furono
esposte alla Biennale di Venezia del 1905 insieme a tre quadri (Birreria
a Montmartre, Chopin, Decadenza). Tra le acqueforti a colori sono
Faust
(1908), Wagner in esilio, Ritratto di Wagner, Serenata, Vespri
(1910).
Nonostante i sempre presenti ricordi della pittura del Palizzi e
soprattutto del Morelli, il Balestrieri seppe guardare agli impressionisti
francesi (Lavandaie sulla Senna) ed anche ai macchiaioli toscani (Signora
che ricama in giardino). Ebbe anche un periodo di pittura sociale, con
reminiscenze tolstoiane (Il pazzo e i savi,1912; Cristo fra i
contadini),ed un periodo di pittura veristica (Mademoiselle
Chiffon,1914; Cavalli in salita). Non tralasciò inoltre di trarre
soggetti da opere letterarie e teatrali: Graziella, il trittico
La Glu (dal romanzo di J. Richepin), Cirano, Glauco.
Nel settembre del 1914, essendo i tedeschi alle porte di Parigi, il Balestrieri
tornò in Italia, stabilendosi a Napoli dove gli fu affidata la direzione
prima del Museo industriale e poi dell'Istituto di Belle Arti.
Dedicatosi con passione alla nuova carica, rinnovò l'Istituto con
l'intento di farne una scuola d'arte libera, pratica, a somiglianza
degli stabilimenti d'arte industriale, con produzione e vendita propria,
e fece adottare come base dell'insegnamento lo studio dal vero.
Acquistata rinomanza per questa sua opera, fu chiamato a far parte di
commissioni per la riforma della scuola d'arte.
A Napoli, intanto, nelle ore di tempo libero, egli continuava a
dipingere. Intorno al 1923 si avvicinò al futurismo ma solo per circa un
anno, creando opere che la Sarfatti (Galeotti, 1953) definì "espressioni
di stato d'animo", come Sensazioni musicali (1923), esposta, insieme a
L'officina e Penetrazione, alla Mostra del futurismo della Biennale
veneziana del 1926, e Materia e spirito. Col passar degli anni si dedicò
sempre più alla pittura di paese (vedute di Capri, notturni, ecc.),
senza tralasciare la sua passione per gli autoritratti e senza essere
immune da qualche opera celebrativa del regime fascista (per es. Marcia
vittoriosa e Penetrazione,che rappresenta un volitivo profilo
mussoliniano, eredità della sua esperienza futurista). Ritornò,
tuttavia, presto verso posizioni democratiche.
Messo a riposo per limiti di età, preferì tornarsene a Cetona. Qui visse
gli ultimi anni, dipingendo paesaggi, attendendo a scrivere le sue
memorie rimaste inedite e ricevendo le visite di numerosi giornalisti
che ancora lo ricordavano per il Beethoven. Morì il 24 ottobre 1958.
Altri suoi quadri si trovano a Parigi (Lettrice, Museo del Lussemburgo),
Palermo (La moglie del poeta, Galleria d'Arte moderna) e Roma (Lamartine, Galleria
Nazionale d'Arte moderna).
Giorgio Di Genova - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 5 (1963) -
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