Torino, 18/07/1871 - Roma, 01/03/1958
Nato a Torino il 24 luglio 1874, morto a Roma il 2 marzo 1958
(?). Autodidatta. Trattò
quadri di genere e ritratti con un lirismo sincero ed una tecnica
audace, a volte violento di colore, ma sempre personale. Le sue
principali opere di quel periodo sono: Nello specchio; Ritratto all'aperto,
entrambe conservate nella Galleria d'Arte Moderna di Roma; Cavallo di rinforzo, esposta a Dusseldorf nel 1904,
Dei
viventi e un Ritratto, esposte a Roma nel 1909; Affetti;
Eroi;
Ritorno dal lavoro; Salutando.
Da oltre un ventennio si è dedicato alla pittura futurista e fra le
opere di questa sua ultima manifestazione, con le quali ha partecipato
ad esposizioni italiane e straniere, si rammentano: Linee andamentali;
Successioni dinamiche; Spessori d'atmosfera; Velocità astratta;
Plasticità di luci; Velocità; Penetrazioni dinamiche d'automobile;
Il cane al guinzaglio; Le mani del violinista; Auto stato d'animo. Alla
Biennale di Venezia del 1950 (XXV) erano esposte alcune opere del
periodo futurista e precisamente: Automobile e rumore; Composizione
futurista; Primavera; Bandiere all'Altare della Patria. Alla VI
Quadriennale Romana (1952) espose dieci opere dai titoli:
Fallimento; La pazza; Lampada (studio di luce); Velocità
astratta; Pessimismo e ottimismo; Mercurio passa davanti al sole; Volo
di rondini; Le frecce della vita; La famiglia del pittore; Riflesso
floreale.
Fortunato Depero così descrisse la sua opera futurista: " Composizioni
concepite con forme prismatiche e vivacemente colorate, paesaggi
astratti, nuvole elastiche trafitte da guizzi multicolori. Lampi
pittorici che scattano e irradiano dai gorghi neri della folla che
serpeggia tra le case geometriche e nelle piazze gremitissime".
(A. M. Comanducci)
Nacque a Torino il 18 luglio 1871. Temperamento indipendente, sicuro di
sé, studiò pittura da autodidatta, ed ancora molto giovane, nel 1893,
venne a stabilirsi a Roma, portando con sé il ricordo dei colori densi e
alonati del Fontanesi, e della tavolozza divisionista di Previati e di
Pelizza da Volpedo, insieme con gli accenti romantici e liricizzanti
della loro "pietà" sociale. La sua educazione si completò a Parigi, dove
trascorse qualche mese nel 1900, assimilando al divisionismo lombardo
qualcosa della profondità luminosa di Seurat, Cross e Signac, ma
ricevendo anche particolari suggestioni dal virtuosismo veristico e dal
patetismo di Eugène Carrière. Tornato a Roma, lavorò alacremente nel suo
studio di Porta Pinciana, allora alla periferia della città, isolato tra
il verde di Villa Borghese e della vicina campagna, raccogliendo intorno
a sé i giovani più ansiosi di modernità, come Boccioni e Severini, i
quali ricevettero in quello studio, con i primi insegnamenti, la prima
apertura verso una moderna metodologia sperimentale del colore e della
luce che dai principi del divisionismo doveva portarli fino alle
conquiste dinamiche del futurismo. Per parte sua, il Balla rimaneva legato
a un duplice ordine di interessi: il primo, di timbro sentimentale e
umanitario connesso con la tradizione del verismo romantico, l'altro
precipuamente stilistico e visibilistico, come calcolatore e
sperimentatore, sul ceppo divisionista, di complessi problemi ottici
implicanti effetti di resa luminosa e prospettica. Le due esperienze
ricombaciavano in un'accentuata intenzione lirica e spiritualistica.
Presto consacrato maestro, anche dal successo ufficiale che non tardò a
sorridergli, dipinse in quegli anni quadri che ebbero una rilevante
notorietà, come Affetti (1900), Allo specchio (1904, Gall. Naz. d'Arte
Modema, Roma), Salutando. Il Fallimento (1902, coll. G. Cosmelli, Roma),
un dipinto dove appariva soltanto una porta sbarrata e, su di essa,
delle scritte burlesche tracciate col gesso dai monelli, suscitò
scalpore, per la concezione ritenuta audacissima, e insieme ammirazione
per il minuzioso virtuosismo della figurazione.
Un altro dipinto che suscitò grande curiosità ed interesse, e che rimane
ancor oggi un singolare documento dell'estro inventivo e della maestria
tecnica del Balla, è Tromba di scala (1908; coll.H. L. Winston, Birminghan,
Mich.), dove è riprodotta con efficacia illusionistica la prospettiva
vertiginosa di una scala, suggerendo un ritmo a spirale che diventa
quasi già astratto, tanto da anticipare certi andamenti ritmici di
successive composizioni futuriste.
Quando ebbe inizio l'avventura futurista, il Balla, affascinato dalle idee
del suo amico e discepolo Boccioni, aderì entusiasticamente al
movimento, sottoscrivendo i Manifesti del 1910, deciso a tentare nuove
esperienze anche a costo di compromettere le brillanti posizioni già
raggiunte. Il suo apporto al futurismo fu originale e personale, specie
nelle prime, e meno note, esperienze intorno al 1911-1912. Recatosi in
Germania nell'estate del 1912, il Balla realizzò a Düsseldorf, in forme
totalmente astratte, la decorazione ad affresco di casa Löwenstein. Di
questa decorazione nulla è rimasto, tranne alcuni disegni e studi su
cartone e tela: sono composizioni geometriche di triangoli, quadrati,
trapezi, combinazioni di linee e strisce luminose, diagrammi fantastici
che registrano le vibrazioni del colore e della luce.
In stretto rapporto con questi studi sono alcuni suoi dipinti del 1912,
come le varie redazioni di Compenetrazione iridescente (eredi Balla,
Roma; ecc.), e qualche scultura, ugualmente astratta. Queste opere fanno
del Balla uno dei primissimi astrattisti europei, in senso assoluto, anche
se è necessario tener presente il limite decorativo e sperimentale di
queste ricerche.
Temperamento mobile di eccezionale fertilità inventiva, il Balla abbandonò
quasi subito i suoi tentativi radicalmente astratti, per allinearsi, nel
1912 stesso, non appena rientrato in Italia, alle ricerche dinamiche
predicate dal futurismo, che egli interpretò alla lettera nel notissimo
dipinto Cagnetta al guinzaglio (coll.gen. A. Conger Goodyear, New York),
dove il movimento della bestiola era reso moltiplicando all'infinito le
zampe, in base al principio fotografico e cinematografico della
persistenza delle immagini nella retina: anche qui siamo nell'ambito di
una intenzione sperimentale che si risolve in finissima decorazione, di
sapore ancora "liberty".
Subito dopo data la sua produzione più nota e tipica: Spessori
d'atmosfera (1913, attualmente irreperibile), Linee andamentali
successioni dinamiche (1913, Milano, coll. G. Mattioli), Volo di rondine
(coll. J.Slifka, New York; Marlborough Fine Art Ltd, Londra, già coll.
P. Campilli, Roma), Velocità auto-luci (1913, coll. Morton G. Neumann,
Chicago, ecc.), Vortice (1914, coll. J. Slifka; altra versione, studio
d'arte Luca Scacchi Gracco, Milano), Velocità astratta (1914, coll. J. Slifka, New York; ecc.),
Iniezioni di futurismo, Mercurio che passa
davanti al sole (coll. Mattioli, Milano; eredi Balla, Roma; coll. H. L.
Winston, Birmingham, Mich.; Mus. naz. d'arte moderna, Parigi, ecc.),
Ritmi del violinista (1914, coll. Estorik, Londra), Canto patriottico a
Villa Borghese (1915, coll. priv., Torino).
È una pittura aperta, nitida e gioiosa nelle sue larghe stesure
timbriche, senza residui atmosferico-tonali, e nei suoi ritmi
chiaramente scanditi. Nonostante egli aderisca agli assunti di
scomposizione dinamica del futurismo, che presuppongono la
rappresentazione di un oggetto, sia pure deformato nella sua dialettica
con l'ambiente, l'opera del Balla rimane legata ad una aspirazione
astratto-geometrica, che libera in fantasie di luce e di colore un
sentimento di gioconda vitalità, di entusiasmo perennemente giovanile;
il senso dinamico di queste opere è interno, nasce da una spinta che è
insita nella forza dello stile. Il decorativo, secondo una concezione
che costituzionalmente è ancora "liberty", si sposa all'astratto e allo
spiritualistico. Il Balla appare come il più autentico interprete di certo
aspetto radicalmente ottimistico, quasi goliardico, dell'ideologia
futurista. Smilzo, di bassa statura, sempre allegro e scattante,
energico ma mite, sorridente, anche la sua figura fisica ispirava
un'immediata attrazione e simpatia. "Balla - lo descriveva Marinetti -, coi
baffetti da gatto e due occhi di luce, era riconoscibile a vista per i
colori delle sue cravatte, minuscole, ma coloratissime". E Prampolini:
"Bastava vederlo, intenderlo, con quella sua particolare personalità
viva e persuasiva, fatta di atteggiamenti e gesti rapidi, veloci,
scattanti, dai ritmi espressivi, punteggiati da parole e accenti
imprevisti o da onomatopee fonetiche e astratte". Anche da un punto di
vista critico, le prime e più suggestive definizioni del suo
temperamento e del suo stile le hanno lasciate i suoi amici futuristi.
"Spirito solare", "architetto dinamico di atmosfere" lo definì
Marinetti. "Era una gioia dell'attivismo-creatore quella che si viveva
nel clima esplosivo e saturo di fermento vitale dello studio di Balla",
scriveva Prampolini. "Queste - diceva lo stesso Prampolini - erano le
vocali del nuovo alfabeto plastico-astratto".
In realtà, se la sua priorità di astrattista, nei confronti di un Klee,
di un Mondrian, di un Kandinskij, resta sostanzialmente platonica, una
reale influenza ebbe la sua pittura, che precorre di almeno quindici
anni le esperienze di un Soldati, sulla formazione e gli sviluppi
dell'astrattismo italiano. Questo anche perché il Balla, pur sempre
continuando a coltivare il filone tradizionale e figurativo, non
abbandonò mai del tutto, almeno fino al 1935, la produzione futurista,
nonostante che la morte di Boccioni, avvenuta nel 1916, e le pressoché
contemporanee rinunce alla esperienza futurista del Carrà, del Severini,
del Rosai lo avessero completamente isolato dai vecchi compagni. Il Balla
aveva preso parte attiva al movimento futurista in genere: partecipò a
varie delle famose "serate futuriste" (cfr. Cangiullo), collaborò con
una "sintesi" al volume di F. T. Marinetti, Teatro futurista
sintetico, Piacenza 1921. Suo unico contributo al teatro furono le scene
di Feu d'artifice (musica di I. Stravinskij, Roma 12 apr. 1917, Teatro
Costanzi; bozzetto propr. eredi Balla, Roma; cfr. Encicl. dello
Spettacolo, I, col.1316).
Il 1° marzo 1915 firmò, con F. Depero, il manifesto intitolato
Ricostruzione futurista dell'Universo; l'11 settembre 1916 il manifesto della
Cinematografia futurista. Nel 1918 - anno in cui dipinse Trasformazione
forme-spiriti (coll. Slifka, New York; ulteriori redazioni in altre
collezioni), Linee-forza di paesaggio (coll. priv., Roma), Colpo di
fucile (eredi Balla, Roma; coll. p. Guarini, Milano) - tenne una
personale a Roma e a Milano, definendo la propria pittura "giocondissima,
audace, aerea, elettricamente lavata di bucato, dinamica, violenta,
interventista a scoppio e a sorpresa". Della successiva produzione
futurista ricordiamo: Tormento d'animo (1924-25 circa, coll. J. Slifka,
New York); Scienza contro oscurantismo (1920 circa, coll. A. Bajocchi,
Roma); Azzurrose; Linee spaziali (1920, eredi Balla, Roma; 1925 circa, Gall. Blu, Milano);
Linee-forza di paesaggio (1920, eredi Balla, Roma);
Un mio istante del 4 apr. 1928, ore 10 e 2 minuti (eredi Balla, Roma);
Numeri innamorati.
Nell'anno 1929 il Balla firmò il Manifesto dell' aeropittura. Nel giugno del
1930 tenne una personale futurista alla Galleria del Dipinto a Roma, con
presentazione di Marinetti. Successivamente, in seguito a dissapori
intervenuti con quest'ultimo, abbandonò la produzione futurista, che del
resto non gli offriva nessuna possibilità di mercato, per dedicarsi
interamente alla pittura tradizionale.
Morì a Roma il 1° marzo 1958.
La rivalutazione critica della sua opera di futurista si è avuta dopo la
seconda guerra mondiale, con una serie di mostre personali: aprile 1951
alla Galleria Origine di Roma; dicembre 1951 agli Amici della Francia a
Milano; novembre 1952 alla Galleria delle Grazie a Firenze; 1956 mostra Hommage à Balla alla Galerie Cahiers d'Art di Parigi, ecc. Opere del
Balla si trovano nella Galleria nazionale d'arte moderna, Roma; Galleria civica
d'arte moderna, Milano; Museum of Modern Art, New York; Kunsthaus,
Zurigo; Stedelijk Mus., Amsterdam; e in numerose collezioni private italiane
e americane, in particolare presso gli eredi a Roma.
Come tutti i futuristi, il Balla fu interventista convinto; inventò il
"vestito futurista antineutrale" indossato (dic. 1914) da Marinetti e Cangiullo nelle manifestazioni all'università di Roma contro i
professori ritenuti filo-tedeschi (il vestito, di cui si conserva il
modello, era tricolore); a Roma, partecipò alla famosa manifestazione
interventista dell'11 aprile 1915, durante la quale fu arrestato
Mussolini. Nel dopoguerra egli fece parte, sempre a Roma, dei Fasci
politici futuristi. Il 4 gennaio 1920 entrò nella direzione del
settimanale del movimento futurista (altri direttori: G. Bottai, G.
Galli, E. Rocca), in occasione della penultima trasformazione di Roma futurista, da giornale politico in giornale letterario-politico; ne
mantenne la direzione (con Marinetti, Carli e Settimelli) anche in
occasione della successiva trasformazione (7 marzo 1920) in settimanale
puramente artistico-letterario.
(Maurizio Calvesi - Dizionario
Biografico degli Italiani - Volume 5 - 1963)
|