Cento (Fe), 24/09/1887 - Milano, 30/12/1918
Nacque a Cento (Ferrara) il 24 settembre 1887 da Felice
e Angela Gilli. A Cento, dove poteva vedere gli affreschi giovanili del
Guercino, ebbe i primi insegnamenti da un pittore locale, frequentò la
scuola tecnica inferiore e incominciò anche lo studio del violino, che
però interruppe quando, nel 1906, aiutato da una borsa di studio
offertagli dal Comune, si trasferì a Milano. Nello stesso anno
s'iscrisse all'Accademia di Brera, dove seguì i corsi di pittura di C.
Tallone, mentre per la prospettiva gli furono maestri G. Mentessi e A.
Cattaneo e per la decorazione L. Pogliaghi e il Lorenzoli. A Brera ebbe
come compagni, tra gli altri, A. Funi, M. Ramperti, A. Carpi, C. Carrà.
Nel 1909 terminò i corsi all'Accademia, ottenendo un viaggio-premio a
Venezia.
In questo primo periodo milanese, oltre che dedicarsi con particolare
felicità espressiva - come si ha testimonianza dagli amici - al disegno
e alla caricatura, già coltivati fin dalla prima giovinezza, il Bonzaghi
eseguì dipinti che, a giudicare dalle poche opere di cui si ha
conoscenza, risentivano soprattutto dei modi del Tallone, come, per
esempio, il Ritratto della madre (1909, Milano, propr. eredi Bonzagni),
l'Autoritratto giovanile e il Ritratto della sorella (entrambi degli
anni di Brera, ma non databili con precisione, Cento, Galleria d'arte
mod.), impostati con solidità plastica, con un netto rifiuto delle
dissociazioni cromatiche dei divisionisti. Ai divisionisti, tuttavia, e
in particolare al Previati, il Bonzaghi rivolse la sua attenzione, come
implicitamente prova la stretta amicizia con Boccioni (da quando questi
giunse a Milano), allora legatissimo a quelle esperienze, e come
esplicitamente è documentato dal dipinto Una festa nel '700 (1909;
Milano, propr. Elva Bonzagni Poggi, premiato nel 1910 all' Esposizione
internazionale di Bruxelles) che mostra evidenti rapporti con il quadro
Il Re Sole del Previati. Si trattò però di un rapporto critico, che non
soddisfece il Bonzaghi; questi secondo il Boccioni (cfr. lettera
dell'agosto-settembre 1910, riportata in Archivi del Futurismo, p.231),
appunto "perché non convinto del divisionismo", si sarebbe rifiutato di
continuare a far parte del movimento futurista, al quale pure aveva
dapprima dato la sua adesione.
Il Bonzaghi firmò infatti il Manifesto dei pittori futuristi (datato 11
febbraio 1910) nell'edizione stampata su volantino da Poesia; con gli
altri firmatari - eccetto Severini - partecipò anche alla serata dell'8
marzo 1910 al politeama Chiarelli di Torino, nonché - secondo la
testimonianza del Marinetti - alla manifestazione contro "Venezia
passatista" dell'8 luglio 1910; ma il suo nome non apparve più
nell'edizione definitiva del Manifesto, né nel Manifesto tecnico della
pittura futurista (dell'11 apr. 1910) o in altri testi.
Di fatto il Bonzaghi fu spinto a sottoscrivere il primo documento
dall'amicizia con Boccioni, Carrà, Sant'Elia, Marinetti e Russolo e
dalla concordanza nella polenuica antipassatista, ma non condivise le
scelte espressive dei compagni, dai quali si allontanò poi sempre di
più, a mano a mano che, grazie soprattutto a Boccioni, il futurismo
elaborava un suo autonomo linguaggio. Dei futuristi, inoltre, il Bonzaghi non
condivise mai l'entusiasmo per la macchina e per il dinamismo
industriale, attento com'era piuttosto ad una tematica strettamente
legata alle matrici veriste, che sono alla base di quasi tutte le sue
opere, fino alle più tarde.
Mentre in seguito il Bonzaghi si dedicherà soprattutto a soggetti umili,
subito dopo l'alunnato a Brera, alla fine del 1909 e nel 1910, si volse
a ritrarre con immediatezza e vivacità, ma anche con forzature
espressive spesso tendenti al grottesco ed alla critica di costume,
particolarmente la vita elegante (Signore al caffè, 1909, Milano, coll.
Pagani Giacomelli; L'ora del the, 1910, Milano, propr. E. Bonzagni
Poggi; Uscita dalla Scala, 1910, Cento, Galleria d'arte mod.;
Al pésage
di San Siro, 1910, Milano, coll. Guazzoni; Verso San Siro, 1910, Milano,
propr. E. Bonzagni Poggi, presso la quale sono altri cinque dipinti
dedicati alle corse a San Siro).
In queste opere, realizzate con una tecnica assai libera e dai colori
puri, di carattere postimpressionistico, è evidente, insieme con una
certa consonanza con i modi di Dudovich e Cappiello e anche dei tedeschi
P. Rieth e A. Jank, l'influsso di H. Anglada y Camarasa.
Durante il 1910 il Bonzaghi vide accentuarsi le preoccupazioni economiche, che
lo costrinsero a dedicare molto tempo a lavori commerciali (disegnò
figurini per una casa di moda milanese, immagini sacre, riproduzioni di
dipinti celebri) e lo indussero ad accettare l'invito di Claudio San Donnino a decorare la sua villa (ora villa Leonardi) a San Donnino della
Nizzola, presso Modena. Ivi risiedette quasi permanentemente (salvo
viaggi a Milano e visite a Modena) fino alla fine del 1911, eseguendo
dipinti di vario genere all'interno e anche sulle pareti esterne.
Particolarmente interessanti gli affreschi dell'atrio
(Tramonto, Aurora, Paesaggio con grande albero, Mare in tempesta, L'odio, La
guerra; quelli delle altre sale e dell'esterno sono prevalentemente di
carattere ornamentale), ove il Bonzaghi mostra notevoli rapporti - nello
stile, nei colori, nel simbolismo, nell'esuberanza decorativa - con le
secessioni e Vienna e Monaco, Klimt e soprattutto F. von Stuck, forse
conosciuti direttamente, ma anche attraverso il Previati, al quale
peraltro sembra risalire la tecnica filamentosa usata in questi dipinti.
Riferibili a questo momento sono il Cavaliere antico (Cento, Gall.
d'arte mod.), assai vicino al Cavaliere della Guerra di villa San Donnino, e
Crocifissione (trafugata dallo studio dell'artista subito
dopo la sua morte: v. Corriere della Sera, 31 genn. 1919), pure
accostabile al von Stuck e al Previati. La Crocifissione fu
probabilmente eseguita a Milano, dove il Bonzaghi, terminati i lavori a San Donnino, tornò alla fine del 1911, riprendendo a dipingere nello studio
di piazza Morgagni. Nel 1912 partecipò all'Esposizione dei Rifiutati a
palazzo Cova, in occasione della quale tenne una conferenza polemica sui
critici d'arte. Sempre nel 1912 fu presente alla XI Esposizione biennale
internazionale di Venezia e nel 1913 alla Mostra della caricatura a
Bergamo, nella quale espose una scelta dei grandi cartelloni satirici
(cm 250 × 98), di soggetto soprattutto politico, che settimanalmente
aveva presentato per oltre un anno, tra il 1912 e il 1913, tra due
vetrine di una sartoria nei pressi di piazza Cordusio a Milano.
Questi cartelloni sono andati in gran parte perduti durante l'ultima
guerra; tra i pochi rimasti: Primo Maggio e Guardia regia (Milano, propr.
eredi Bonzagni), Giro d'Italia (Milano, propr. E. Bonzagni Poggi), Dama
in giallo (Cento, Gall. d'arte mod.).
Nel 1914, spinto da necessità economiche, il Bonzaghi si trasferì in
Argentina, avendo avuto l'incarico di eseguire affreschi nell'ippodromo
di Buenos Aires, poi distrutti. A Buenos Aires conobbe e frequentò
giovani artisti (come José Belloro e Mira Cató) e nell'agosto del 1914,
in una vasta personale presso la Cooperativa artistica, espose opere
portate dall'Italia, opere eseguite durante il viaggio e dipinti
realizzati in Argentina (tra questi: Ritorno dal lavoro, Cento, Gall.
d'arte mod.; La canzone oscena, Milano, coll. Cornaggia Medici;
Gauchos,
già Milano, coll. Bolognesi, ora distrutto; Lyda Borelli, Cento, Gall.
d'arte mod.). Dal settembre 1914 il Bonzaghi collaborò al periodico umoristico El Zorro, disegnando moltissime vignette a soggetto sociale, mondano e
soprattutto politico (alcuni originali sono a Milano. nell' Archivio del
Museo del Risorgimento). Più ancora che nei cartelloni eseguiti
precedentemente, in questi disegni sono chiari nessi (talvolta
strettissimi) con le caricature delle riviste Jugend e Simplicissimus, e
principalmente con quelle di P. Rieth ed E. Wilke.
Nel 1915 il Bonzaghi ritornò a Milano. Aprì uno studio in via Stradivari e
riprese i vecchi contatti, riapparendo subito in pubblico con una mostra
al palazzo delle Aste, a Milano.
La sua attenzione andava ora sempre più indirizzandosi a temi popolari,
alla vita dei poveri, con nuovi sviluppi anche espressivi, soprattutto
caratterizzati da una pennellata secca, da un segno duro ed essenziale e
dalla semplicità della composizione. Si nota in queste opere una
consonanza con i modi di I. Zuloaga, oltre che con quelli dell'amico G.
Biasi e di certi contemporanei dipinti di L. Viani. Tra i migliori
risultati di questo ultimo periodo sono: Mendicanti (1916-17, Milano, Gall. d'arte mod.),
Un giorno di domenica (chiamato anche Iltram di
Monza, 1916-17, Milano, propr. F. S. ed E. Poggi), Suonatori ambulanti
(1917, Milano, coll. Chini), Il cieco (1917-18, Milano, coll. Stucchi),
Rifiuti della società (1917-18, Cento, Gall. d'arte mod.),
Molinari col
violino (1917-18, ibid.), Andrea Bonalumi (1917-18, Milano, propr. eredi
Bonzagni), L'organetto (1917-18, Milano, propr. E. Bonzagni Poggi),
Zingari (1918, ibid.), Serenata di Toselli (ibid.).
Il Bonzaghi morì di spagnola il 30 dicembre 1918 a Milano, dove fu sepolto. A
Cento gli è stata intitolata la Galleria d'arte moderna, aperta nel 1959
e ampliata nel 1964 per interessamento della sorella Elva.
Scritti: Fausto Valsecchi, in Giornale degli Italiani, Buenos Aires, 8
luglio 1914; Gesso. Marmo. Bronzo, in La Patria degli Italiani, Buenos
Aires, 25 genn. 1915. Presso le sorelle, a Milano, si trovano inoltre
alcuni manoscritti inediti: alcune lettere, da Venezia e da Cento, a
un'amica (senza data); un testo, probabilmente redatto in occasione
della personale del 1915;appunti per la stesura di una novella o una
commedia (Il pittore gobbo, senza data).
Luciano Caramel - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 12 (1971) -
treccani.it
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