Pillole d'Arte

    
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Domenico Buratti




Nole Canavese (To), 21/11/1881 - Torino, 24/05/1960

Domenico Buratti nasce a Nole Canavese il 21 Novembre 1881, figlio di un umile e saggio artigiano da cui apprese l'amore per il lavoro ben fatto. Dopo le elementari frequentò l'Accademia Albertina a Torino. Si legò d'amicizia con i compagni, soprattutto con Cesare Ferro e Felice Carena. A loro dire non fu un buono scolaro. Espose appena ventenne al Salon di Parigi: La culla, Il Viandante e la Paura e un Autoritratto, destando interesse e favorevoli critiche. In Italia alla Promotrice del 1905 e alla Quadriennale del 1908 i suoi quadri furono accolti dalla critica con commossa partecipazione e attesa. Ebbe in seguito contrasti con l'ambiente accademico che si rifiutò di esporre i suoi quadri. Questi problemi artistici, l'inettitudine alla vita pratica, una crisi di nevrastenia, lo indussero a ritirarsi in solitudine nel suo paese, dove il padre stipettaio sollecitava il suo aiuto in bottega senza comprendere il bisogno del figlio di dedicarsi interamente alla pittura.

Nel 1915 ci fu l'incontro con la pittrice Vittoria Cocito, nel cui studio, in Piazza Statuto 9, avvenivano settimanalmente incontri con altri artisti e appassionati dibattiti sull'Arte. Nella primavera del 1916 partì per il fronte come soldato semplice di fanteria. La partenza per la guerra fu una felice liberazione dal servizio militare al quale non riusciva a conformarsi: uno spazio di libertà che permetteva a lui, che non aveva mai potuto viaggiare, di godere le bellezze di nuovi paesaggi e di osservare, senza retorica, la realtà della guerra. Fatto prigioniero dopo Caporetto, fu internato in Westfalia da dove fuggì un anno dopo, raggiungendo l'Olanda dove ad Amsterdam gli apparvero le meraviglie di Rembrandt. Non rientrò in Italia che nel Gennaio del 1919, portando con se i manoscritti delle poesie composte in prigionia, che furono pubblicate nel 1950 con il titolo "Paese" e "Galera". I diari di guerra andarono purtroppo perduti nella disfatta di Caporetto. Torno in Italia molto provato, esaurito di nervi e deperito per denutrizione; i suoi capelli corvini erano diventati un'aureola bianca. Al tempo stesso si sentiva animato da una volontà di affermazione pittorica ed esistenziale, anche per superare le difficoltà create dalla famiglia Cocito che si opponeva al suo matrimonio.

Nel 1920, ospite di Cesare Ferro, che lo stesso anno aveva sposato la giovane contessa Gritti, a Trobiolo, sposò segretamente Vittoria Cocito. Nel 1921, anno della nascita della prima bambina, a Nole, riuscì a dipingere il quadro che aveva progettato in Germania nel Natale di prigionia: Il Presepio. La giovane famiglia si stabili sulla collina di Torino, dove nacquero le altre due bambine, e dove la vita scorreva serena in una bella cornice dov'era possibile dipingere grandi quadri. Sono di questo periodo: Il cavallo a dondolo, La fantesca che sbuccia le verdure, La moglie con il mazzo di primule, un grande ritratto di Chiaretta in giardino andato perduto. Nel 1929 la famiglia si stabilì a Torino in via Nicola Fabrizi, dove la possibilità di dipingere era minore, per ragioni di spazio e per lo stato d'animo; "Uccello in gabbia non canta più", diceva la moglie. In quegli anni fondò con Gromo la casa editrice Fratelli Buratti, che si proponeva di pubblicare giovani scrittori italiani sconosciuti. Sarebbe stato vitale per lui a questo punto dell'esistenza, occuparsi dei giovani pittori, ma gli manco la possibilità di avere un posto d'insegnamento.

Il fratello di A. S. Novaro, di cui aveva illustrato "Il Cestello", lo promosse al ruolo di architetto affidandogli la progettazione di due case, a Nava e a Viozene, e apprezzandone la compagnia a diverse riprese lo invitò a Roma dove furono dipinti i piccoli paesaggi romani. Nel 1940 espose da Martina quadri di fiori, nature morte e figure, accolti con favore dalla critica come «Una grande affermazione di poesia» e dal pubblico che se li accaparro tutti.
La seconda guerra mondiale raccolse nuovamente la famiglia a Nole dove l'energia che sentiva sorgere in se in quei momenti speciali, si riversò interamente nell'opera poetica, tuttora non pubblicata; non tralasciando tuttavia di fissare su tavolette il variare delle stagioni della sua terra. Nel 1948 ebbe un'interessante ordinazione dai Novaro per due grandi lunette: La vita attiva e La vita contemplata. Le terminò nel 1950. Tra il 1945 e il 1948 fu tra i fondatori della Libera Accademia di Belle Arti, che si apriva a tutti senza richiesta di alcun titolo di studio, in cui le materie scientifiche e culturali cedevano il posto a quelle artistiche. Dell'ultimo periodo restano nature morte e autoritratti che esprimono la quintessenza della qualità di ciò che viveva; e quando non dipinse più rimase pur sempre vigile alla ricerca di quella bellezza la cui sparizione rende il mondo incomprensibile. Morì nella sua casa il 24 maggio 1960.

(Le figlie Giovanna, Chiaretta e Gabriella Buratti - www.it.wikiwake.org)