Venezia, 06/06/1892 - 18/08/1976
Nacque a Venezia il 6 giugno 1892, undicesimo figlio
di Vincenzo e di Matilde Rocchin. Un anno dopo la sua nascita, la
numerosa famiglia si trasferì alle Fondamenta Briati in un ampio
edificio che univa abitazione e bottega, ciò che permise un continuo e
produttivo contatto dei figli con le tecniche e i problemi dell'arte, in
particolare scultura e decorazione.
Già ben avviato alla conoscenza di alcune tecniche artistiche, il
Cadorin si iscrisse al ginnasio "Marco Polo", dove conobbe il futuro
architetto e cognato Brenno Del Giudice; negli stessi anni frequentò la
Scuola libera del nudo, pur non essendo iscritto, e conobbe il pittore
Ettore Tito e l'architetto Giuseppe Torres, insegnanti dell'Accademia
veneziana. Tuttavia il padre preferiva per lui ai corsi accademici un
alunnato presso la bottega di un pittore e decise per quella di Cesare
Laurenti, artista diffusore di stilemi Liberty. In attesa di entrare
alla scuola, il giovane frequentò assiduamente lo studio di Duilio
Korompay dove si impratichì nella pittura ad olio e, insieme con la
sorella Ida, frequentò la casa di Mariano Fortuny, nella quale ebbe modo
di conoscere l'arte orientale, in particolare giapponese, e acquisì un.
gusto personalissimo per la decorazione di stoffe, mobili, vetri,
mosaici, stucchi che accanto ai dipinti rappresentarono, lungo tutto
l'arco della sua vita un fondamentale campo di ricerca e sperimentazione
artistica.
Intorno al 1905 ebbe accesso anche agli studi di
Maria Vinca e Silvio Rota, strinse amicizia con Guido Marussig e Amedeo
Modigliani e ricevette la prima commissione: l'esecuzione di un
biglietto d'invito per il Garage Marconi di Mestre, progettato in forme
secessioniste dall'architetto Torres, che il Cadorin impaginò secondo i
dettami della grafica Liberty. L'ingresso nella scuola del Laurenti, nel
1907, segnò una data fondamentale nella carriera artistica del Cadorin,
che qui incontrò Arrigo Andreani e Nino Springolo, e l'anno seguente
espose a Ca' Pesaro, in una mostra organizzata da Nino Barbantini, opere
di arte decorativa in linea con l'attività dei Laurenti. Il 1908 è
l'anno dell'incontro con tre modelli fondamentali nell'evoluzione
artistica del Cadorin: la personale di Gustav Klimt alla Biennale
veneziana, i mosaici di Ravenna e la Pala di S. Zeno di Andrea Mantegna
a Verona. L'anno seguente Laurenti decise di chiudere la scuola di
pittura e il Cadorin aprì un proprio studio continuando (fino al 1912)
ad esporre a Ca' Pesaro, dove nel 1910 propose un mobiletto intagliato e
dipinto.
Nel 1909 fu presente per la prima volta alla
Biennale, nella saletta dedicata alle attività decorative della famiglia
Cadorin, con un cassone dipinto, cuscini e una serie di dodici piatti
acquarellati ora perduti. Il suo esordio pubblico fu quindi come artista
decorativo, esecutore magistrale di splendidi oggetti d'arredamento
secondo la linea evolutiva della bottega di famiglia.
Un notissimo Ritratto della madre lo fece emergere come pittore
procurandogli l'amicizia di Gino Rossi, nel 1910, in contemporanea ad un
viaggio di studio a Firenze. Al medesimo anno data la prima importante
commissione: don Celso Costantini lo incaricò della realizzazione di un
ciclo di affreschi nella chiesa della Visitazione a San Vito al
Tagliamento. Nel 1911 il Cadorin entrò nel novero degli artisti italiani
invitati ad esporre a Valle Giulia in occasione dell'Esposizione
internazionale d'arte: in questa occasione rivide Klimt, conobbe la
pittura spagnola, entrò in contatto con le novità artistiche europee; al
suo ritorno a Venezia (1911) ricevette una lettera di Marinetti che lo
invitava ad aderire al futurismo, ma il Cadorin rifiutò.
I ritratti erano ancora il cavallo di battaglia dell'artista: quello
della madre aveva catalizzato l'interesse dei critici a Roma; nel 1911
quello di Livia Tivoli Fiorucci (pittrice, che sposerà nel 1917)
veniva esposto a Milano tra i "rifiutati di Brera" al caffè Cova, mentre
quello del padre era presentato al Camegie Institute di Pittsburg.
Intorno al 1913 il Cadorin iniziò gli studi di paesaggio spostandosi
spesso lungo la laguna, specie a Pellestrina, mentre si impegnava alla
preparazione della personale alla Biennale dell'anno seguente. L'opera
presentata alla commissione fu un trittico raffigurante: Il tacchino, I
bevitori e Il Carnevale, intitolato Carne, carne, sempre carne,
che però venne respinto. Il Cadorin, unendosi ad altri artisti
sottoposti al medesimo giudizio quali G. Rossi, A. Martini, F. Casorati,
U. Boccioni, promosse una controesposizione all'Hôtel Excelsior al Lido,
che suscitò molto rumore fra i critici e gli aprì definitivamente la
strada nel mondo artistico nazionale. Tant'è che nel 1915 la Secessione
romana lo invitò ad esporre in una personale dipinti di paesaggio, oltre
ai noti ritratti tra cui Il kimono. La regina Margherita acquistò
il dipinto Barche e Antonio Maraini, futuro segretario della
Biennale, coprì di elogi il giovane pittore veneziano.
Allo scoppio della prima guerra mondiale il Cadorin
fu chiamato in servizio al reggimento di S. Nicolò al Lido, dove il
capitano Roberto Papini, direttore della Galleria d'arte moderna di
Roma, gli commissionò sei tele per la mensa ufficiali, di cui si sono
salvate solamente Trincea, un lirico campo fiorito, e Il
ritratto del Capitano. Al termine del conflitto la necessità di
restaurare e ricostruire edifici privati e fabbriche religiose nella
zona del Piave portò al Cadorin una notevole messe di lavoro e come
pittore e come decoratore.
Nel 1917 il Cadorin si dedicò alla realizzazione di una serie di
incisioni in legno intitolata Venezia durante la prima guerra mondiale,
edita dallo Zanetti; mentre nel 1919 fu invitato ad una personale a Ca'
Pesaro nella quale esponevano anche Brenno Del Giudice e il fratello
Romeo. Il 1920 segnò il ritorno in grande stile alla Biennale con due
dipinti notissimi, Le tabacchine e Il ritratto di Livia; fece
anche parte della commissione di collocamento per le opere della sezione
italiana. Negli stessi anni produsse una serie di disegni per la
lavorazione del vetro soffiato di Venini, e partecipò alla Mostra
nazionale d'arte sacra a Venezia con alcune tempere e bozzetti, in
collaborazione con Del Giudice, per la decorazione musiva di chiese
danneggiate dalla guerra, impegno che gli procurò la commissione degli
affreschi della parrocchiale di Coi San Martino eseguiti con l'aiuto di
Astolfo De Maria e Bortolo Sacchi.
Al 1921 data l'incontro con l'industriale della seta
Arrigo Zadra, che lo incaricò della decorazione della parrocchiale di
Vidor alla quale prese parte anche Bortolo Sacchi. L'anno seguente egli
partecipò alla XIII Biennale veneziana. Un'importante manifestazione,
che gli aprì le porte del mercato milanese, fu la collettiva organizzata
da Vittorio Pica alla galleria Pesaro di Milano (1923), nella quale
espose mobili laccati secondo l'antica tradizione veneziana, vetri,
ceramiche e ovviamente dipinti. Partecipò anche con alcuni vetri
realizzati da Venini., Cappellin e Toso, e arazzi di Vittorio Zecchin,
alla Mostra nazionale d'arte decorativa di Monza.
Sempre nel 1923, in ottobre, espose all'estero in una mostra circolante
per varie città dell'Olanda e alla Tentooti Stelling van Werken van
Veneziansche Schilders dell'Aja, con Sacchi, De Maria e Marenesi,
riscuotendo un lusinghiero successo di pubblico e critica; partecipò
anche al concorso per la tela dell'altar maggiore della parrocchiale di
Valdobbiadene raffigurante S. Venanzio. La pittura sacra del Cadorin è
una costante nella produzione artistica di questi anni: restano a
testimoniarne l'efficacia e la qualità, oltre ai grandi apparati
decorativi nelle chiese del Piave, anche piccole opere quali il
tabernacolo con la Madonna e i santi francescani sistemato sul ponte
palladiano di Bassano del Grappa e la piccola Deposizione presentata
alla Biennale veneziana di arte liturgica del 1923. Il genere che più si
attagliava alle esigenze espressive del Cadorin fu tuttavia il ritratto;
così partecipò, essendone poi premiato, alla Mostra del ritratto di
Monza nel 1924 e alla Biennale di Venezia dello stesso anno. Nel 1924 fu
convocato al Vittoriale di Gardone Riviera dove Gabriele D'Annunzio gli
commissionò la decorazione della Zambra del Misello: la stanza da letto
del poeta.
Nel 1925, il Cadorin ritornò in Veneto per un'ulteriore commissione
d'arte sacra: gli affreschi raffiguranti i Dodici apostoli nella chiesa
parrocchiale di Moriago che eseguì con l'aiuto di Astolfo De Maria; nel
medesimo anno (1925) portò a compimento il ciclo pittorico nel
presbiterio della chiesa di Vidor e venne chiamato a Roma da Marcello
Piacentini; insieme, con l'architetto Melchiorre Bega, ebbe il compito
di decorare il salone centrale dell'Hôtel Ambasciatori di via Veneto.
Il 14 marzo 1926 presentò alla Permanente di Milano, in occasione della
prima mostra di "Novecento", il dipinto Pietà con i ss. Rocco,
Sebastiano e Stefano nel quale risulta evidente il recupero di
stilemi della tradizione veneziana e un totale abbandono del
decorativismo dell'Art nouveau. Sempre nel 1926 partecipò
all'Esposizione d'arte organizzata da L. De Bosis a New York con opere
importanti, fra le quali Il campo della Bragora, e alla XV
Biennale della città di Venezia con alcuni ritratti. La fama del Cadorin,
ormai svincolatasi da scuole e movimenti, aveva risonanza
internazionale. La curiosità e l'interesse per le novità lo condussero
via da Venezia: nel 1928 fece il primo viaggio a Parigi, eseguì alcuni
dipinti utilizzando i fondi oro per il foyer e il caffè del teatro
dell'Opera di Roma e realizzò, per il palazzo della Montecatini a
Milano, l'affresco dello scalone, ora distrutti.
Ritornato a Venezia vinse la cattedra di decorazione
all'Accademia di belle arti, e nel 1929, su commissione di Marcello
Piacentini, si trasferì a Bolzano per decorare con due monumentali
figure la cripta del monumento alla vittoria. Nel medesimo tomo di tempo
vinse il premio per l'esecuzione della pala d'altare della chiesa in San
Pietro di Gorizia e, in collaborazione con Del Giudice, il concorso per
la cattedrale di La Spezia, mai eseguita. Ma l'impresa più significativa
di questi anni è il cantiere di S. Giusto a Trieste.
L'attività espositiva non si arrestò: nel 1929 partecipò alla
Internazionale di Barcellona su invito del governo italiano, e nel 1930
espose alla Biennale veneziana un folto numero di opere mentre nel 1932
decorò con una nicchia a mosaico il padiglione dedicato alle opere di
Del Giudice (ora distrutto). La celebrazione dei miti nazionali
coinvolse anche il Cadorin che nel 1932 per il palazzo delle Poste di
Gorizia progettò un gigantesco pannello dedicato alla famiglia fascista
e, nel 1935, eseguì a Bruxelles all'Esposizione internazionale, per il
padiglione italiano, realizzato da De Renzi e Libera, un fregio
allegorico e, su commissione di Piero Parini, decorò la Casa del fascio
di Bruxelles. Nel 1936 espose alla galleria Kley kamps a L'Aja, vinse il
primo premio all'Esposizione internazionale d'arte di Budapest e venne
nominato titolare della cattedra di pittura all'Accademia di Venezia.
Negli anni 1937-1938 fu impegnato in numerose mostre
in Italia e all'estero (Ginevra e Parigi); per la Biennale del 1938
dipinse uno dei quattro pannelli della rotonda e presentò numerose opere
anche di arte decorativa in una personale. Nel 1939 eseguì la pala
d'altare della chiesa parrocchiale di Pero presso Treviso con cinque
figure di Santi, due pannelli a mosaico per il cinema S. Marco a
Venezia, raffiguranti Pantalone e Pulcinella, e partecipò all'impresa
decorativa del palazzo di Giustizia di Milano. Nel 1941 espose alla
galleria Asta di Milano e realizzò tre dipinti per il salone di Ca'
Faccanon, sede del Gazzettino di Venezia.
Nel 1942 ebbe una personale alla Biennale, un Autoritratto fu acquistato
dalla Galleria degli Uffizi di Firenze e fu organizzata una sua
antologica a Treviso; nel 1944 espose alla galleria Trieste di Trieste.
Negli anni postbellici partecipò alla Quadriennale di Roma e alla
Biennale a Ca' Pesaro (1948). Nel 1951 vinse il concorso per la pala
della chiesa di Recoaro Terme e nel 1952 fu invitato alla Biennale nella
"Antologia dei maestri"; espose a Barcellona (galleria Grifè y Escoda),
a Madrid (Circulo de Belles Artes, 34 dipinti), a Parigi (personale,
galleria Charpentier). Sempre nel 1952 portò a compimento un pannello a
mosaico per il palazzo delle Poste di Mestre. Nel 1953 espose a San
Francisco e nel 1955 esegui a mosaico la grande pala d'altare per la
chiesa di Recoaro Terme; nel 1956 vinse ex aequo il primo premio per le
vetrate della chiesa di S. Niccolò a Lugano e nel 1957 ricevette una
consacrazione definitiva con la mostra antologica organizzata da
Virgilio Guidi nell'ala napoleonica dei Museo Correr a Venezia.
Nel 1962 lasciò l'insegnamento all'Accademia per
raggiunti limiti di età e trasferì il proprio studio a S.Bastian, nello
stesso palazzetto dove era nato; ricevette la commenda di prima classe e
la medaglia d'oro del presidente della Repubblica per l'arte e la
cultura. Nell'ultimo decennio di vita fu ancora presente in moltissime
mostre, sia personali sia collettive. Straordinariamente attivo fino
alla fine, il Cadorin morì a Venezia il 18 ag. 1976.
Valerio Terraroli - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 34 (1988) -
treccani.it
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