Pillole d'Arte

    
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Davide Calandra




Torino, 21/10/1856 - 08/09/1915

Nacque a Torino il 21 ottobre 1856 da Claudio e da Malvina Ferrero. Le tradizioni culturali della famiglia, con particolari interessi per l'arte, e il suo prestigio economico, politico e mondano gli consentirono, come al fratello maggiore Edoardo, di assecondare liberamente le personali disposizioni artistiche, anche se il precoce e facile successo, cui contribuiva il fascino di una natura singolarmente dotata, concorse a distoglierlo dall'approfondimento del discorso espressivo, da una maggiore attenzione alle scelte culturali, e a incoraggiarlo nella ricerca dell'effetto. Scolaro di A. Balzico e di O. Tabacchi all'Accademia Albertina di Torino, il Calandra, pur essendosi arruolato nel 1875 nel Savoia Cavalleria, continuò ad operare come scultore e a seguire il padre e il fratello nelle predilette ricerche archeologiche. Nel 1880 si presentò per la prima volta a una pubblica esposizione, a Torino, con il bozzetto in gesso Le veglie di Penelope, subito ben accolto: da questo momento la sua carriera artistica si sviluppò con sempre maggiori fortune e pubblici riconoscimenti; pochissime e rare furono le riserve mossegli dalla critica, pur se egli non riuscì a strappare la palma di maggiore scultore italiano vivente all'amico e all'incirca coetaneo Leonardo Bistolfi.

Le prime opere (per lo più bozzetti in gesso o terracotta) furono improntate a un verismo mondano, di tipo scapigliato, il cui carattere è denunciato dagli stessi titoli: dal verghiano Tigre reale (marmo, esposto con successo a Monaco nel 1883; già Torino, propr. Chiesa) a quel Fior di chiostro celebrato con un sonetto da E. De Amicis (1884; il marmo fu acquistato da Umberto I; numerose repliche in materiali diversi furono accolte anche in collezioni straniere). Ma presto il Calandra passò a un verismo pittoresco su temi campestri e rustici - qualche volta storici - che non modificava in sostanza il bozzettismo della maniera precedente (Il cacciatore di frodo, 1886, bronzo, Torino, propr. Cravero e varie repliche; l'Aratro, 1888, bronzo, Roma, Galleria naz. d'arte moderna); esso venne infine accantonato - con vicenda all'incirca analoga a quella del Bistolfi - per un simbolismo di più alte ambizioni, cui sembrava offrire argomento la grande scultura celebrativa.

Nel 1885 il Calandra aveva partecipato ai concorsi per il monumento al Foscolo a Firenze e a Garibaldi a Milano, risultando tra gli artisti premiati. Nel 1889 vinse quello per il Monumento a Garibaldi a Parma (realizzato in bronzo nel 1893); nel 1892 quello per il Monumento al principe Amedeo d'Aosta, battendo di stretta misura, dopo una prova di spareggio, il Bistolfi (realizzato nel 1902 a Torino nel parco del Valentino; un Vittorio Emanuele II, frammento del bozzetto, in bronzo, è conservato nella Galleria Sabauda di Torino); nel 1906 quello per il Monumento a Zanardelli a Brescia, in bronzo e marmo, inaugurato con grande risonanza nel 1909; e nel 1907, insieme con E. Rubino, il concorso per il Monumento al generale Mitre a Buenos Aires, realizzato nel 1910. Nel 1908 gli fu commissionato il rilievo bronzeo con l'Apoteosi di casa Savoia, destinato alla nuova aula del Parlamento a Roma, che fu ultimato nel 1912 ed esposto in quell'anno alla Internazionale di Amsterdam. Diede i modelli delle monete da lire 2 e da lire 1, emesse nell'esercizio finanziario 1913-14 (riprodotti in bronzo, sono conservati presso la Zecca di Roma). Nel 1914 ebbe l'incarico per il Monumento a Umberto I nella villa Borghese a Roma: la posa della prima pietra avvenne in quell'anno stesso, ma il monumento (in bronzo e porfido) fu terminato dal Rubino dopo la morte del Calandra e fu inaugurato soltanto nel 1926.

Nel frattempo il Calandra, oltre a eseguire un altro ragguardevole numero di opere, specie ritratti e monumenti funebri e l'estrosa statua equestre Il Conquistatore, che può considerarsi il suo capolavoro (il bozzetto fu esposto alla Biennale di Venezia del 1903; la statua in bronzo, del 1904, si trova nel giardino della Galleria d'Arte Moderna di Torino), entrava a far parte di varie commissioni di concorsi e comitati ordinatori di mostre in Italia e all'estero; ricopriva una fitta serie di cariche pubbliche (fin dal 1893, quando era stato nominato membro della Giunta superiore delle Belle Arti), ottenendo riconoscimenti ed onorificenze di vari paesi europei. Nel 1902 fu eletto consigliere comunale a Torino, primo nella lista del liberali "puri". Con L. Bistolfi fu tra i fondatori (1902) e direttori della rivista torinese "L'arte decorativa moderna", che svolse una funzione importantissima nelle battaglie per l'"arte nuova"; e fu anche, eccezionalmente, architetto e decoratore, progettando, intorno al 1890, la propria casa a Torino, in corso Massimo d'Azeglio 40 (ora demolita), dove la morte lo colse l'8 sett. 1915.

Rossana Bossaglia - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 16 (1973) - Articolo completo su treccani.it