Fucecchio (Fi), 29/09/1886 - Perugia, 24/12/1971
Nacque da Emilio ed Erminia Vannucci il 29 settembre 1886 a Fucecchio
(Firenze), dove, studente delle scuole professionali, fu avviato allo
studio del disegno da un insegnante che gli dava a copiare, fanciullo
appena dodicenne, stampe dell'Ottocento e di opere di maestri antichi.
Superate le perplessità dei genitori, a sedici anni fu ammesso a
frequentare l'Accademia di belle arti di Firenze dove fu allievo del De
Carolis. Più che dagli studi accademici, trasse profitto dallo studio
del vero e dei capolavori fiorentini, due aspetti della sua formazione
ai quali sempre rimase fedele. Terminata l'Accademia a diciannove anni,
si stabilì a Firenze alternando il quotidiano studio del disegno con
l'attività di decoratore. Lo scoppio della guerra lo ricondusse per
qualche tempo a Fucecchio dove insegnò disegno in una scuola statale.
Espose per la prima volta nel 1911 alla Promotrice di Firenze con
l'opera Mio padre e nel 1912 fu presente con alcuni piccoli
quadri, tra cui San Salvi, alla mostra di bozzetti indetta dalla
stessa Promotrice. Nello stesso anno partecipò alla mostra di xilografie
di Levanto e, l'anno successivo, espose alla Promotrice Case bianche
e Fondo blu (poi esposto anche alla Secessione romana del '15
insieme con I due letti,Case rustiche del 1914, Pettinatrice
pure del '14 e quattro disegni). Fu ancora presente alla Promotrice
fiorentina nel '14 (Camera mobiliata) e nel '15 (Strada di
Fucecchio), alla Secessione romana nel '14 (Orti fiorentini e
Coperta rossa, entrambi del 1912, il secondo acquistato da Ojetti
per la Galleria d'arte moderna di Firenze) e nel 1916.
Questi sono gli anni in cui il Checchi si affermò, soprattutto a
Firenze, per un certo suo piglio anticonformista nell'uso immediato del
colore denso nella pasta e dal tono squillante, fermato da un segno
costruttivo marcato e scabro che ha fatto pensare (Borghi, Ragghianti)
all'espressionismo tedesco di cui, per altro, il Checchi stesso afferma
non aver fatto esperienza alcuna, nonostante un viaggio giovanile a
Monaco: quel tanto comunque di genuinamente nuovo e reattivo verso le
persistenze preraffaellite come verso la stanca tradizione
postmacchiaiola, attento alla lezione di Van Gogh e di Cézanne i cui
originali, però, ebbe modo di conoscere solo alla Biennale veneziana del
'20.
Nel 1916 il Checchi tenne mostre personali a Forte dei Marmi e al
Kursaal di Viareggio; nel '18 partecipò alla mostra Florentina Ars, e
nel '20 di nuovo alla Promotrice (Pranzo familiare del 1916) e al
concorso del 1919 per due stampe della Via Crucis per le chiese del
Veneto. Nel 1920 tenne una personale a Firenze (pitture dal 1911 al
1920) con presentazione di L. M. Personé. Nel 1921 fu presente con tre
acqueforti alla I Biennale romana; nel '22 ancora alla Promotrice, alla
Quadriennale di Torino e alla Fiorentina primaverile. Nel 1924 fu
premiato alla mostra S. Ussi per il quadro Le Marie.
Dal 1925 al '38 si trasferì a Perugia dove ricoprì la cattedra di
pittura all'Accademia e sposò una sua allieva, Zena Fettucciari. In
questi anni la maniera del Checchi si fece più sciolta e leggera, con
tonalità meno accese e accordi cromatici più sottili, evocatori di
un'intimità familiare dimessa e vagamente melanconica.
Nel 1926 l'amico M. Marangoni gli scrisse la presentazione alla
personale di Firenze, in via Larga. Nello stesso anno il egli partecipò
alla Biennale di Venezia, alla quale sarebbe stato ancora presente con
pitture, disegni e acqueforti nel '28, nel '32, nel '34, nel '36 e nel
'40. Fu premiato con medaglia d'oro nel '27 alla Internazionale di
grafica a palazzo Pitti, e fu presente alla mostra del Bianco e Nero di
New York nello stesso anno, e inoltre alle mostre di grafica di Parigi
nel '30, di Firenze e Varsavia nel '32, di Riga nel '35 e di Abbazia nel
'36. Premiato nel 1931 alla Mostra d'arte sacra a Padova, partecipò alle
Quadriennali romane tenutesi dal 1931 al 1951 e all'Esposizione
internazionale di Barcellona nel 1931. Nel 1934 e nel 1935 tenne
personali a Roma con presentazione al catalogo di R. Strinati.
Passato ad insegnare figura disegnata a Brera nel 1939, nel '42 fu
comandato presso l'Accademia di Firenze, dove tenne la cattedra di
pittura dal 1949 al 1961. Di questo periodo si possono ricordare le
personali fiorentine alla Società Leonardo da Vinci nel 1940
(presentazione di P. Bargellini), nel 1942 e 1951 alla galleria Firenze,
nel '50 al Chiostro nuovo, nel '60 alla I Esposizione degli accademici
delle arti e del disegno, e nel 1962 alla saletta Gonnelli; quelle
romane alla galleria d'Alibert (presentazione di L. M. Personé) nel '59,
all'Agostiniana nel '60 con opere a carattere religioso e alla galleria
Paolina nel 1966. Fu presente alle Biennali di Milano dal '57 al '61; e
nel 1956 al I Salone degli incisori d'Italia a palazzo Sormani a Milano
(poi a Livorno, Casa comunale della cultura), e ancora a Firenze alle
esposizioni di palazzo Strozzi del 1967 e del '68-'69 (Biennale
internazionale della grafica) dove gli dedicarono una personale, e della
galleria Spinetti nel 1968. Nel 1970 fu insignito della medaglia d'oro
dal Centro internazionale per la cultura e per le arti di Montenero.
Antonio Pandolfelli - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 24 (1980) -
treccani.it |