Livorno, 15/01/1898 - 30/07/1957
Espose per la prima volta a quattordici anni e si fece subito notare.
Era allora un ragazzo: ma un ragazzo serio e pensoso che già rivelava
acute qualità di penetrazione del vero e un sentimento un po' accorato e
melanconico, che costituiva la maggiore attrattiva delle sue pitture.
Mario Cocchi si è messo, dunque, in cammino assai presto. E' stato un
precoce. Ma è sfuggito al destino che spetta inesorabilmente a tutti, o
quasi tutti, i precoci; quello, cioè, di esaurirsi nello slancio
iniziale, di accasciarsi su se stessi, di smarrirsi miseramente nel
clamore dei primi trionfi. Mario Cocchi ha continuato per la sua strada
e nel costante lavoro la sua arte si è irrobustita; ha acquistato un
sapore e un carattere sempre più originali. E' certo che col volgere
degli anni non ha fatto rimpiangere davvero ai critici, che lo tennero a
battesimo, il tempo speso a parlare di lui.
Oggi le sue opere, che senza essere completamente divisioniste, si
valgono di elementi derivati dal divisionismo, s'impongono per una
singolare solidità di struttura e per un giusto equilibrio cromatico.
Appartiene al «Gruppo Labronico».
(Guido Vivarelli - Fiorentina Primaverile - 1922) |