Pillole d'Arte

    
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Vittorio Matteo Corcos




Livorno, 04/10/1859 - Firenze, 08/11/1933

Nato a Livorno il 4 ottobre 1859, morto a Firenze l'8 novembre 1933. Studiò all'Accademia di Belle Arti di Firenze, a Napoli con Domenico Morelli, e da ultimo frequentò il corso del Bonnat a Parigi. Nella Capitale francese, stipendiato dalla Casa Goupil durante 15 anni di soggiorno, eseguì molti quadri di genere, di sport e molte mezze figure per giornali illustrati francesi e inglesi, facendosi presto notare e apprezzare. Ad eccezione di una sola volta al Salone di Parigi, non prese mai parte a nessuna esposizione, tanto italiana che estera. Gli diede nome in Italia il quadro Sogno, acquistato dal Governo e conservato nella Galleria d'Arte Moderna di Roma.

Ritornato dalla Francia in Italia e stabilitosi definitivamente a Firenze, si dedicò con entusiasmo e con buona preparazione tecnica e spirituale esclusivamente al ritratto. Alcune sue opere: La contessa Anna Morosini; Il senatore Domenico Comparetti; Autoritratto, appartenente alle Gallerie di Firenze; La Regina Margherita; Monsignor Bonomelli; Giosuè Carducci; Visconti Venosta; Panzacchi; De Bloswitz; Benito Mussolini (eseguito nel 1928). Nel 1904 fu chiamato in Germania, dove, ospitato al Palazzo imperiale di Potsdam, eseguì i ritratti dell' Imperatore Guglielmo e dell' Imperatrice. Recatosi a Lisbona, dipinse un grande ritratto della allora Regina Amelia. Nel 1932 ha ritratto la Principessa di Piemonte.

(A. M. Comanducci - 1962)


Figlio di sach e di Giuditta Baquis, nacque a Livorno il 4 ottobre del 1859. Egli s'indirizzò subito allo studio del disegno iscrivendosi all'Accademia di belle arti di Firenze, ove dal 1846 era professore un, altro livornese famoso, E. Pollastrini. La probabile insoddisfazione nei confronti di quel rigoroso epigono del purismo, che spesso si inquietava con l'allievo a causa della sua troppo spregiudicata maniera di tradurre il "vero", velocemente e senza correzioni, convinse il Corcos a intraprendere un viaggio a Napoli, dove D. Morelli attuava una pittura più "diretta" e complicata da inquietudini formali e letterarie. Risalgono a questo primo periodo, fra il 1878 e il 1879, la suggestione orientale dell'Arabo in preghiera, acquistato dal re e oggi al Museo di Capodimonte, e Il boia raffigurato a grandezza naturale, ricordato dal Targioni Tozzetti (1929) come "pittura forte, dalle pennellate larghe, sicura, disegnata magistralmente, evidentemente ispirata da Ribera".

Nel 1880 il Corcos, su suggerimento del Morelli, si trasferì a Parigi dove, nell'ambiente del famoso mercante d'arte Goupil, al quale si legò con un contratto per quindici anni, avvicinò Boldini, De Nittis e forse Palizzi e Meissonnier. Contemporaneamente frequentò, in maniera saltuaria, lo studio di Léon Bonnat, il ricercatissimo ritrattista dell'alta borghesia parigina che, oltre ad indicargli la via di una maestà formale non disgiunta dai contemporanei suggerimenti della fotografia, era in grado di trasmettergli l'immagine dell'artista di successo, assediato nel suo studio dalle pressanti richieste di una élite, incline a farsi divinizzare. Al Salon del 1881 presentò un quadro di grandi dimensioni e di soggetto parigino, A la brasserie, che ottenne un notevole consenso, poi ripetuto al Salon del 1882 con Rêverie, Lune de miel, L'anniversaire e a quello del 1885 con un grande Ritratto di dama, molto lodato dalla critica. La vocazione mondana del pittore, soprannominato in quel momento significativamente "peintre des jolies femmes", si esprimeva appunto in ritratti femminili assai vicini allo stile di Boldini e di De Nittis (Fata bruna, Fata bionda), in paesaggi ove l'esercizio poetico degli impressionisti è tradotto in più facile armonia di colori e di luce, in soggetti sportivi o temi graziosi particolarmente richiesti dalla clientela di Goupil (Les papillons, Age. ingrat, Le nouveau né, L'amateur des estampes).

Nel 1886 il Corcos ritornò in Italia per il servizio militare, partecipando nello stesso anno all'Esposizione di Livorno, ove erano presenti quasi tutti i macchiaioli insieme ai pittori meridionali, romani e lombardi. Nel 1887, dopo essersi convertito dalla religione ebraica al cattolicesimo, sposò Emma Ciabatti vedova Rotigliano e si stabilì definitivamente a Firenze, che abbandonerà solo per occasionali viaggi di lavoro a Londra e Parigi, e dove, accanto agli ultimi cenacoli dei macchiaioli, si imporrà per la sua ormai acquisita abilità di ritrattista. All' Esposizione di Firenze del 1896, che riuniva a Fattori, Signorini, Borrani, Cabianca e Nomellini anche Monet, Bonnat, Gérôme, Puvis de Chavannes, Burne-Jones, Alma-Tadema, fece particolarmente rumore il quadro intitolato Sogni (Roma, Galleria nazionale d'arte moderna), ritenuto troppo spregiudicato per la posa disinvolta con cui la giovinetta ritratta asseconda la sua immaginazione, ma tanto più segretamente apprezzato dall'ambiguo moralismo del pubblico fin de siècle, che lo volle riprodotto addirittura in una cartolina illustrata. Della diffusione dei quadri del Corcos offre del resto un'utile testimonianza proprio l'Archivio fotografico Alinari, cui è necessario rivolgere l'attenzione per completare visivamente il corpus delle opere del pittore, quasi tutte in collezioni private e, il più delle volte, disperse.

La prevalenza dei contenuti sulle esigenze dello stile (Rupture, Primo dolore, Le due vergini, Morfinomane), oltre a giustificare il successo e la grande diffusione di quelle riproduzioni, è l'elemento che contribuisce soprattutto a collocare la personalità dei pittore entro il clima artistico e letterario dell'Italia umbertina, che il Corcos avvicinò per la sua fama di ritrattista e per il tramite della moglie, amica di intellettuali e poeti come D'Annunzio e Pascoli. La società di cui Emma era parte gravitava intorno al cenacolo del Marzocco, il giornale che si colloca fra il solenne declino del Carducci e l'atmosfera tra letteraria e galante determinata dalla presenza di D'Annunzio alla Capponcina. Il Corcos divenne il pittore ufficiale di tale società, esternandone i valori in ritratti sapientemente "corretti" e corrispondenti più spesso ai dettami delle convenzioni estetiche del momento che non alla effettiva sostanza del personaggio ritratto (Contessa Annina Morosini, Contessa Nerina Volpi di Misurata, Lina Cavalieri, Iole Moschini Biaggini, Contessa di St. Roman).

Come confidava lo stesso Corcos al Targioni Tozzetti: "Il ritratto di un uomo deve sempre rappresentare con evidenza la posizione sociale che esso occupa nel mondo. Un ritratto di donna deve sempre renderla provocante, anche se ottantenne". "Chi non conosce la pittura di Vittorio Corcos ? - scriveva Ojetti sul Corriere della Sera il 18 nov. 1933 - Attenta, levigata, meticolosa, ottimistica: donne e uomini come desiderano d'essere, non come sono". C.E. Oppo, (1948): "Una pittura chiara, dolce, liscia, ben finita: la seta, seta, la paglia, paglia, il legno, legno, le scarpine lucide di copale, lucide come le so fare soltanto io, diceva Corcos". Ancora Ojetti nel 1928: "Giura di aver inventato una macchinetta per far le perle da quando dovette ridipingere tutti i vezzi della contessa Canevaro perché alla cliente sembrarono troppo piccoli: e una specie di pettine per far le righe sui pantaloni a righe. Cinico sì, ma ci soffre..." (I Taccuini, 1954).

Oltre che autore di un famoso ritratto di G. Carducci, frequentatore del salotto letterario di famiglia, il Corcos  fu impegnato in ritratti ufficiali retrospettivi (Ritratto di Garibaldi per il municipio di Livorno), in "istantanee" di importanti personaggi contemporanei (A Barbera, E. Treves, G. Biagi, Mons. G. Bonomelli, P. Rajna, G. Puccini, P. Mascagni, S. Lega, Yorick) e di ricchi committenti stranieri (M.me Godillot, Cipriano Godebski, Alice Barley, Jane Cru Ewing, Jack La Bolina), in incarichi assai clamorosi, come i ritratti di Carlos e Amalia del Portogallo (1904), dell'imperatore Guglielmo II con l'imperatrice (1904), della Regina Margherita (1922).

Egli stesso, in un articolo sul Marzocco del 10 genn. 1926, rievoca l'incontro con la sovrana, esponendo il metodo compositivo adottato nel concepire l'ambientazione, metodo che venne considerato innovatore nell'ambito della esecuzione d'un ritratto ufficiale: "... in quei giorni di continuata convivenza colla Regina avevo avuto agio dì osservare le tendenze, le predilezioni, le attitudini, i gesti, e tosto germogliò in me l'idea di completare il ritratto includendovi quegli attributi che appunto ne avrebbero rivelato il carattere, rinunciando a far campeggiare la figura sul solito fondo unito ed asfaltoso, oppure sul leggendario svolazzo di velluto cremisi con le inevitabili nappe dorate. E pensai invece dipingervi oggetti o cose che rivelassero all'osservatore le nobili preferenze di Lei, ponendo su di un mobile in secondo piano una immagine bronzea della Vergine del Sansovino, e più sopra a luce bassissima un antico paesaggio fiammingo, e giù a portata di mano libri classici e riviste, a rappresentare l'amore delle arti, la profonda cultura, e la cristiana carità dell'adorata scomparsa".

Gli interessi letterari del Corcos si manifestarono, in margine alla sua attività di pittore, in alcuni articoli su "Il Marzocco"  e "La Tribuna"; in un volume di novelle (Madamoiselle Le Prince, Livorno 1901); in conferenze di vario genere, fra cui una importante commemorazione di T. Signorini, tenuta nel 1904 alla fiorentina Società Leonardo Da Vinci. Collaboratore di giornali anche per la parte grafica sin dal tempo del suo primo soggiorno parigino (Le Figaro, L'Illustrazione italiana), il Corcos estese la sua facile vena immaginativa anche alla illustrazione di libri (A "Mezzocolle". Storia semplice, di F. Vanzi-Mussini, Firenze 1892, p. 311, partecipando per un breve periodo ai progetti editoriali di G. Pascoli, che lo aveva accomunato a Nomellini e De Carolis nella pianificazione decorativa dei propri volumi. Per l'interessamento della moglie, la "gentile ignota" della corrispondenza pascoliana, il Corcos pubblicherà sul Marzocco (4 febbraio 1900) il disegno In processione, ipotesi per una copertina dei Poemetti, e invierà Il mendico, altro disegno ispirato alla omonima poesia compresa nei Canti di Castelvecchio, che però il Pascoli stesso rifiuterà. Nel 1913 donò agli Uffizi il proprio Autoritratto per la Galleria dei ritratti. Nei Taccuini di Ojetti, in cui si ricorda la morte del pittore avvenuta a Firenze l'8 novembre 1933, una nota del 15 agosto 1928 sottolinea le ultime commissioni ufficiali ottenute da Corcos in pieno Novecento, tra cui il ritratto di Benito Mussolini: "Pel Togni di Brescia ha dipinto quest'anno dieci ritratti, e adesso farà Mussolini e Turati".

(Carlo Sisi - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 28 - 1983)