Reggio Emilia, 27/08/1871 - Roma, 1957
E' nato a Reggio Emilia nel 1874. Romeo Costetti è pittore di una
sensibilità delicata, ma sanissima. Egli accoppia a qualità di uno stile
tutto proprio, conquistato passo a passo con un processo di elaborazione
interiore e non seguendo gli andazzi delle mode, una accezione spontanea
e commossa della vita. E' un temperamento di romagnolo mite e pensoso
alla Severino Ferrari, che, pur attraverso la riflessione e lo studio,
si è saputo serbare fedele alla propria legge. In certe visioni di
campagna toscana come quella «Terra tasca» cui a torto non fu assegnato
il premio al «Concorso Ussi» nel 1919, il Costetti si riallaccia - non
so se volontariamente o inconsapevolmente - alla visione di alcuni
Trecentisti fiorentini, riferendola alla possibilità e alla necessità
del proprio temperamento, senza imitarne nè contraffarne le apparenze
formali.
Egli ha trovato, soprattutto, quell'equilibrio fra l'accezione sensibile
e obbiettiva e il sentimento decorativo e spiritualizzato delle forme,
che è l'insegnamento costante e più grande che ci viene da quei sommi
maestri. Le sue visioni di aspetti della campagna e del borgo toscano
non sono la riproduzione grettamente realistica, né superficialmente
impressionistica di un particolare luogo, ma offrono il complesso
resultato stilistico di un seguito di esperienze emotive e pittoriche.
La visione del Costetti vive di una vita intima, sottratta alle
vicissitudini effimere e fisiche dell'aria e della luce, e dalla realtà
coglie solo il tipico e l'espressivo.
Ma dove i caratteri particolarmente pittorici di Romeo Costetti si
affermano in modo più succinto ed evidente è nei suoi monotipi. Il
Costetti è forse il solo in Italia a possedere appieno e a impiegare in
modo aderente all'emozione pittorica - cioè non nel senso di un mero
giuoco tecnico - questo procedimento che ha in Inghilterra e in America
notevoli cultori. Nelle gamme dei suoi monotipi la bellezza sensuale del
colore è tutta abitata di armonie sensibili. Esse fan pensare ora alla
voce grave di un violoncello, ora alla mollezza folta di una felpa
Venezia, ora alla tenerezza di petali gracili contro la luce di un sole
attenuato; ma v'è, inoltre, in queste composizioni fantastiche di
maschere o in queste visioni emotive di paesaggio, un tenue afflato
musicale che si connette al fatto prettamente decorativo e cromatico.
Anche i «soggetti» comuni e feriali, quelli che il pittore coglie nella
vita più umile, più dimessa e, comune attorno di sé, tradotti nei suoi
squisiti traslati pittorici, si trasfigurano e si armonizzano in visioni
di una bellezza intellettuale e delicata.
(Mario Tinti - Fiorentina Primaverile 1922)
|