Pesaro, 12/08/1825 - Firenze, 09/01/1884
Studiò all'Accademia di Firenze, allievo del Bezzuoli, poi fu
attratto dal movimento dei macchiaiuoli e divenne uno dei più assidui
frequentatori del famoso Caffè Michelangiolo.
Ebbe per qualche tempo studio col Signorini, poi con lui, nel 1856, andò
a Venezia, dove ebbe campo di studiare gli antichi maestri di quella
Scuola. Fra il 1869 e il 1877 visse a Parigi e viaggiò in Francia ed in
Inghilterra. Roso da male incurabile, che lo portò alla tomba, negli
ultimi anni cessò da ogni attività artistica.
Si possono citare di lui poche opere, che la maggior parte di esse è
dispersa e difficilmente reperibile: Nudo di donna, nella
Galleria d'Arte Moderna di Milano; Ritratto di donna, nella
Galleria d'Arte Moderna di Firenze; e, nella stessa città, Giovane donna che dorme,
nella raccolta del conte Lionello de' Nobili, e Testa muliebre e
Nudino, già nella raccolta Galli.
La loro sobria intonazione, la costruzione larga e grandiosa anche
quando si tratti di quadri di piccole dimensioni, fanno di questo
artista un precursore, che sembra superare lo stesso impressionismo
allora nascente.
(A. M. Comanducci)
Nacque a Pesaro il 12 agosto 1825, da Giuseppe e Ester Della Ripa. La
famiglia, di religione ebraica, nel 1828 decise di abbandonare la città
di origine, facente parte dello Stato pontificio, e di trasferirsi in
Toscana dove si stabilì a Pisa. Qui il padre del D'Ancona svolgeva
l'attività di commerciante e la famiglia viveva in un discreto benessere
anche grazie all'aiuto di uno zio materno, il banchiere Laudadio Della
Ripa. Numerose notizie sulla vita della famiglia e sugli interessi dei
suoi membri si trovano nel libro di Flora Aghib Levi D'Ancona (1982).
D'Ancona fu il quarto di nove figli (Sansone, Prospero, Salvatore,
Giacomo, Alessandrina, Adele, Cesare e Alessandro); mentre i fratelli si
dedicarono prevalentemente a professioni liberali, spesso con successo,
egli dimostrò sin da ragazzo il suo interesse per la pittura che poté
meglio coltivare dopo il trasferimento della famiglia a Firenze,
avvenuto nel 1848, subito dopo la morte del padre. Secondo Aghib Levi
D'Ancona (1982, pp. 48, 69) il D'Ancona studiò con Sainuele Jesi,
incisore assai noto ai suoi tempi, e si iscrisse all'accademia di
Firenze sin dal 1855. Fu quindi allievo di Giuseppe Bezzuoli, dal cui
insegnamento di tipo accademico e tradizionale fu profondamente
condizionato, sebbene dovesse più tardi rammaricarsi di questa sua prima
formazione. Da una lettera del pittore (Dini, 1975, p. 173) risulta che
egli si arruolò nel 1848 in occasione della prima guerra di
indipendenza, condividendo dunque gli ideali patriottici che animarono
il gruppo dei pittori macchiaioli.
Il D'Ancona partecipò alle mostre della Società promotrice fiorentina
sin dal 1851 allorché espose un ritratto firmato di Rossini
(non rintracciato). Ai fini della conoscenza del giovane pittore, è
importante il quadro Savonarola rifiuta di assolvere Lorenzo de'
Medici, dipinto nel 1853, oggi conservato nel palazzo reale di
Torino. L'opera riscosse un discreto successo tanto che fu acquistata da
Carlo Alberto e riprodotta a stampa nel catalogo della Promotrice di
Torino di quell'anno dove è indicata come "dipinta con verità e calore".
Strettamente legata ai modi del romanticismo storico (Cinelli, 1980) sia
nel modello compositivo sia nella stesura pittorica, è un prodotto
accademico in linea con l'opera di molti artisti fiorentini
contemporanei. Tutto questo nonostante il D'Ancona fosse probabilmente
già diventato buon amico dei pittori che si riunivano al caffè
Michelangelo e che avrebbero dato vita al movimento macchiaiolo.
Non sono per ora rintracciabili alcune delle tele esposte nel sesto
decennio del secolo, ad esempio Il ritorno dal ballo
(Promotrice di Firenze, 1857). Il titolo, pienamente romantico, nasconde
una composizione molto semplice; l'opera raffigurava infatti una sola
mezza figura femminile, lodevolmente commentata nella Rivista di Firenze
(1857, n. 10, p. 315), probabilmente un ritratto. In questo genere
artistico il pittore si cimentò frequentemente raggiungendo alcuni dei
suoi risultati migliori. Negli stessi anni eseguì anche un ritratto di
Telemaco Signorini che, a giudicare dal commento scherzosamente
affettuoso dell'effigiato (Signorini, 1884), doveva essere opera di un
certo interesse. Fu proprio il D'Ancona ad introdurre al caffè
Michelangelo il Signorini e, a quanto si sa dalla testimonianza del più
giovane pittore, a suggerirgli spunti per letture e riflessioni
culturali. Sin da queste osservazioni emerge la figura di un uomo
probabilmente dotato di una certa cultura, dagli ampi interessi, calmo,
riflessivo, ma anche capace di abbandonarsi allo scherzo con gli amici
macchiaioli. Col Signorini il D'Ancona compì un viaggio di studio nel
1856 a Bologna, Mantova e Venezia: qui, mentre il Signorini si dedicava
soprattutto a studi dal vero, il D'Ancona copiò le opere di Palma il
Vecchio in S. Maria Formosa. Probabilmente tramite il Signorini, strinse
amicizia col Borrani sul quale sembra aver esercitato un certo influsso;
il più giovane pittore dovette osservare nelle opere del D'Ancona
soprattutto l'uso sapiente delle luci nelle raffigurazioni di interni,
genere nel quale il pesarese eccelse in modo particolare (Durbé, 1981,
pp. 47, 52).
Probabilmente in questi stessi anni, il D'Ancona si legò ad una donna di
cui parla senza farne il nome, in una lettera scritta al fratello
Sansone (Aghib Levi D'Ancona, 1982, p. 72). Da questa unione nacque la
figlia Giulietta, educata dai parenti del pittore, che appare
all'incirca ventenne in una tela datata 1878 (Haifa, Israele, coll.
priv.: ibid., fig. 25) e che si sposò poi con il professor C. Puini. Una
donna che contò certamente molto nella vita del D'Ancona fu Elvira
Bistandi Mariani, raffigurata in una serie di opere tra le quali il
Ritratto di Elvira Bistandi Mariani col pappagallo, Le belle e
la scimmia (De Grada, 1963, figg. 66, 65) e la Testa di donna
della Galleria nazionale d'arte moderna di Firenze. Nella produzione del
D'Ancona fu sicuramente un'opera molto importante il dipinto
raffigurante Il primo incontro di Dante e Beatrice, eseguito
nel 1859 ed esposto nel 1861 a Firenze. l quadro, che venne minutamente
descritto da Yorick (1861), suscitò grandi consensi ed il Selvatico
(1863) lo giudicò "ricco di verità e di gentile avviamento di affetti, e
per di più condotto con quella semplicità di mezzi tecnici che a molti
pare semplicissima a conseguirsi ed è invece di così grave difficoltà".
Il Signorini (1884) vedeva in quest'opera le qualità peculiari della
pittura del D'Ancona: "era sobrio di intonazione, era largo e grandioso
di esecuzione". Al quadro, non rintracciato, può forse essere accostato
un bozzettino passato sul mercato antiquario (Catal. Bolaffi, 1974, p.
121) che sembra corrispondere alla descrizione di Yorick.
L'opera ebbe tale successo da fruttare al D'Ancona un premio ufficiale
della Promotrice, ma il pittore, con altri artisti, rifiutò il
riconoscimento che giudicava assegnato da una giuria incompetente.
L'opera appariva al suo stesso autore più accademica del dovuto ed assai
distante dalle ricerche innovative che alcuni dei suoi amici stavano già
conducendo. Un accento di novità possiamo scorgere in quella "semplicità
di mezzi tecnici" notata dal Selvatico; essa potrebbe indicare una
volontà di aggiornamento del quadro di soggetto storico letterario,
volontà che infatti si avverte con chiarezza nella grande tela
raffigurante L'esilio di Giano Della Bella (1864; Venezia,
coll. Treves de' Bonfili). Qui il raro soggetto storico è trattato con
"un fare rapido e franco" mentre l'uso della luce e del colore risente
dello studio dal vero e si sovrappone ad un impianto che appare ancora
accademico (Nuzzi, 1973, p. 368). Questa volontà di semplificazione
della figura, sino a ridurla ad un volume essenziale, ben definito dal
chiaroscuro, si coglie in numerose tele del periodo fiorentino,
soprattutto in alcuni mezzi busti femminili, primo fratutti quello già
citato della Galleria d'arte moderna di Firenze ma anche
nell'Autoritratto (Gerusalemme, Museo d'Israele: D'Ancona, 1956), nel
Ritratto della madre (Pisa, Scuola normale superiore), nel Ritratto di
signora (Ojetti, 1928, n. 171) e nel Ritratto di Elvira Bistandi
Mariani.
Appartengono al periodo fiorentino, secondo il giudizio della critica,
anche altre opere di tono del tutto diverso. In primo luogo il
Portico (Firenze, Gall. d'arte moderna), soggetto insolito nella
produzione del D'Ancona, che il Durbé ritiene databile al 1861 circa e
considera "il punto di maggior avvicinamento da parte del D'Ancona alla
sintassi visiva della prima macchia" (1976, p. 95); opera dipinta per
larghe campiture di colore vivo con tinte fortemente contrapposte tanto
da sembrare un manifesto programmatico del movimento macchiaiolo e da
ricordare opere degli stessi anni di R. Semesi. Al Portico
possono essere accostati alcuni piccoli paesaggi, anch'essi dipinti con
poche pennellate essenziali, quali Cipressaia (Firenze, Gall.
d'arte moderna), Studio di paese (Ojetti, 1928, tav. LII),
Via del Maglio a Firenze, Muretto bianco, Colline fiorentine, Colline
sul lago (Borgiotti, 1958, tavv. CXLVIIICLI) e Strada al sole
(Borgiotti, 1961, tav. CXXXIV), la cui esecuzione può forse essere
collocata in un arco di tempo non troppo lungo. Si tratta certamente di
studi eseguiti dal vero, di notevole vigore espressivo, nessuno dei
quali è purtroppo firmato o datato. Nelle opere di figura, alle quali
prevalentemente si dedicò, il D. mostra di raggiungere risultati simili
dal punto di vista stilistico solo in pochi casi, ad esempio nella
famosa Signora in giardino (Montecatini, Coll. privata: Durbé, 1976, p.
95), dipinto schiettamente macchiaiolo.
Nella più tarda Signora con l'ombrellino (Roma, Galleria
Nazionale d'arte moderna) la fattura è assai più fluida e veloce
(sull'attribuzione al D'Ancona di questo quadro sono stati avanzati di
recente dubbi non trascurabili: Di Majo, 1982). Su posizioni del tutto
differenti il D'Ancona appare nella Signora in conversazione
(Montecatini, Coll. privata: Durbé, 1976, p. 233), una delle sue opere
più famose. Il quadro, che sembra presupporre la conoscenza dell'antica
pittura olandese, mostra la figura femminile volta verso un
interlocutore invisibile, in una veduta di tre quarti da dietro, immersa
in una atmosfera immobile in cui la luce costruisce con chiarezza la
forma delle cose e vivifica i ben studiati accordi cromatici. Il
D'Ancona raffigurò altre volte figure di tre quarti o viste da dietro,
con i visi parzialmente nascosti; l'immagine diventa così misteriosa e
sfuggente, costruita affiancando pochi piani sapientemente modulati dal
chiaroscuro; si vedano ad esempio Lo specchio ovale (Cecchi,
1927, fig. 7) e la Dormente della collezione Jucker (Dalai
Emiliani, 1968).
La vita e l'attività del D'Ancona subirono certamente una svolta con il
trasferimento del pittore a Parigi, dove si trovava già nel 1865, e si
fermò sino al 1874 avendo interessanti e proficui contatti (Durbé, 1980,
pp. 59-61). Egli fu dapprima ospite del fratello Giacomo, medico ed
amico di Rossini, nella sua villa presso Passy, ma ebbe sicuramente
anche uno studio autonomo, con Giovanni Mochi, ove ricevette alcuni dei
suoi colleghi fiorentini venuti a Parigi, come Martelli e Signorini. Il
D'Ancona si mantenne infatti sempre in contatto con gli amici di
Firenze, ad esempio col Banti e il De Tivoli (Matteucci, 1982, p. 189),
ma fu anche inserito nel vivo ambiente culturale parigino. All'epoca
della guerra del 1870 si allontanò da Parigi con i parenti per un
soggiorno a Boulogne-sur-Mer e in Inghilterra, ove sembra abbia ottenuto
un certo successo. Negli anni parigini si manifestò, o peggiorò, la
misteriosa malattia che nel 1878 lo costrinse a smettere di dipingere,
malattia grave e dolorosa (Cecchi, 1927, p. 294), ma pure sopportata con
coraggio; egli infatti si mantenne sempre in contatto con i fatti
dell'arte e della cultura, come testimonia il Signorini (1884).
È ancora Signorini che ci offre un suggerimento per la comprensione del
pittore ricordando che il D'Ancona "aveva conosciuto benissimo" Courbet.
Non ci si può sottrarre alla tentazione di vedere un'eco delle grandi
figure nude dipinte da Courbet all'inizio degli anni Sessanta in alcuni
dei sensuali nudi parigini di D'Ancona. Si possono ricordare il bel
Ritratto di Pauline Oulmann (1868: Durbé, 1980, p. 63), madre della
cognata del D'Ancona, in cui il pittore si sofferma a descrivere gli
aspetti borghesi della società in cui è inserito, e, per contrasto, una
idealizzata immagine del mondo contadino italiano esposta a Parigi nel
1870 con il titolo Costumi siciliani (si veda un'antica foto in
Durbé, 1980, p. 62). Sono di quest'epoca alcuni quadri di famiglia come
Bambini che giocano a carte (1870) e il Pomaio (1873:
Durbé, 1980, pp. 142-5). In quest'ultima opera la libertà di
composizione e la freschezza di realizzazione raggiungono un livello
inconsueto. Va inoltre sottolineato in questi dipinti il taglio quasi
fotografico dell'immagine che potrebbe essere messo in rapporto con le
ricerche contemporanee degli impressionisti. Sono stati realizzati negli
anni parigini anche alcuni dei nudi più belli dei D'Ancona come il
Nudo (1873) del Museo civico di Milano o il Nudo su fondo rosso
(1873: Borgiotti, 1964, p. 480) con il relativo bozzetto (Cecchi, 1927,
fig. 2) o il Nudo già nella collezione Foà Curti (Durbé, 1980,
p. 140). I nudi sono in realtà uno dei soggetti più frequenti nella
produzione del D'Ancona; realizzati in tutte le epoche della sua vita,
immagini soffuse di una sensualità contenuta, languida più che sfrenata,
essi ricordano l'atmosfera raccolta degli studi di pittura e il
carattere schivo dell'uomo che li ha dipinti.
Appartengono ancora al periodo parigino piccole scene di vita, come
Al Pianoforte (1873: Durbé, 1976, p. 234) e Nello studio del
pittore, in due versioni (1874: Borgiotti, 1969, tav. 98, e Durbé,
1976, p. 234) assai diverse per la resa pittorica nonostante la
uguaglianza dei soggetto. Tali opere sono dipinte con briosa scioltezza
da un pittore aggiornato sulle contemporanee ricerche francesi e su
quelle di alcuni "emigrati" italiani come il De Nittis. L' Interno
di studio (De Grada, 1963, fig. 68), non deve essere
cronologicamente molto lontano nel tempo. Ma le variazioni stilistiche
del pittore sono quanto mai forti se paragoniamo le ultime tele citate,
ad esempio, alla Cartomante (1872; Catal. Bolaffi, 1972, p.
126) e altre analoghe, d'impostazione tradizionale. Agli ultimi tempi
del soggiorno francese può risalire anche il Ritratto di Rossini
(1874, postumo, Firenze, Gall. d'arte moderna), disincantato nel modo di
effigiare l'illustre personaggio, ma stilisticamente tradizionale.
Furono probabilmente le condizioni di salute ormai molto precarie che
indussero il D'Ancona a rientrare in Italia nel 1874; al periodo
immediatamente successivo al ritorno possono essere datati (Durbé, 1980,
pp. 653 147) alcuni piccoli dipinti dedicati alle corse ippiche alle
Cascine, memori degli studi compiuti in Francia. Degli ultimi anni di
attività, all'incirca sino al 1878, conosciamo un numero di opere non
molto ampio ma assai significativo. Innanzi tutto alcuni ritratti come
quelli di Cesare D'Ancona e della moglie di questo,
Giulietta Gallico (Aghib Levi D'Ancona, 1982, figg. 28 e 29), il
già citato Ritratto della figlia Giulietta, La lettera
attesa in due versioni (1875: Imacchiaioli?, 1083, p. 33; 1876:
Aghib Levi D'Ancona, 1982, fig. 23) e la Donna che fuma (1878:
D'Ancona, 1954, p. 347). Dipinse ancora nudi superbamente modellati e
bisogna ricordare che proprio con un Nudo il D'Ancona vinse la
medaglia d'oro all' Esposizione di Napoli nel 1877. Di questa fase
estrema della produzione del maestro si possono citare anche la
Ciociara (forse 1879: Borgiotti, 1958, tav. CXLVII), dipinta con
tocco franco ed espressivo, e la veduta di Volognano (1878:
Durbé, 1980, p. 148), località dove la famiglia D'Ancona aveva una casa.
Il D'Ancona morì a Firenze il 9 gennaio 1884.
La produzione dei D'Ancona è giustamente apparsa ai critici, sin dallo
studio precoce e per molti versi ancora importante di Cecchi (1927),
sempre oscillante fra i modi accademici e il tentativo di rinnovamento
portato avanti dai pittori macchiaioli. A questo si aggiunga il fatto
che le sue opere non sono numerosissime e sono prevalentemente
concentrate nella fase tarda della sua attività, mentre molti dei quadri
citati nei cataloghi delle esposizioni ottocentesche non sono
rintracciabili. Tutto ciò rende assai complessa la ricostruzione del
percorso stilistico del pittore. Nonostante che il D'Ancona facesse
parte della scuola dei macchiaioli, la sua pittura non può essere sempre
definita macchiaiola, ed anzi alle ricerche sulla macchia sembra
accostarsi per un numero limitato di anni, interessandosi
successivamente anche della produzione francese di tipo meno innovativo.
Ma non per questo, né per le agiate condizioni economiche della
famiglia, egli può essere considerato un artista dilettante, perché fu
pittore di buon livello; la sua vasta opera testimonia nel complesso la
situazione di una certa cultura italiana, aperta al progressismo ma non
ancora matura per staccarsi completamente dal retaggio della tradizione
e porsi risolutamente e inequivocabilmente sulla strada della pittura
moderna.
Opere del D'Ancona si trovano nelle seguenti collezioni pubbliche (e
sono ricordate nei relativi cataloghi): Firenze, Galleria d'arte
moderna; Milano, Civica Galleria d'arte moderna e Galleria d'arte
moderna; Piacenza, Galleria Ricci Oddi; Pisa, Scuola normale superiore;
Roma, Galleria nazionale d'arte moderna; Torino, Museo civico e Palazzo
reale; Cardiff, National Museum of Wales; Gerusalemme, Museo d'Israele
(otto opere di cui sette provenienti dalla collezione del nipote Paolo
D'Ancona). La maggior parte dei dipinti del D'Ancona si trova in
collezioni private o dispersa sul mercato antiquario; per questo di
molti quadri si è indicata la riproduzione a stampa piuttosto che
l'ubicazione.(Maria Barbara Guerrieri Borsoi - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 32 (1986) -
trecani.it)
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