Terlizzi (BA), 25/04/1808 - 24/03/1892
Nato a Terlizzi (Bari) il 25 aprile 1808 dall'avvocato Giuseppe e da
Maria Michele Mastrandea, nel 1828 si trasferì a Napoli per studiare
giurisprudenza presso la locale università. Laureatosi nel 1833, nello
stesso anno si iscrisse all'istituto di belle arti, assecondando
un'inclinazione che si era manifestata sin dagli anni dell'università,
quando aveva eseguito vari schizzi e disegni molto apprezzati da
Costanzo Angelini, insegnante di disegno presso l'istituto nonché
rappresentante della corrente neoclassica a Napoli. Dell'Angelini il De
Napoli fu allievo prediletto dal 1834 al 1839. Già dal 1837 egli era
stato ammesso all'Esposizione biennale col dipinto Alessandro e il
suo medico Filippo, che gli valse la grande medaglia d'argento; due
anni dopo espose La morte di Alcibiade, premiato con la piccola
medaglia d'oro e acquistato dalla casa reale. Il quadro gli meritò la
protezione del marchese E. Forcella, che ottenne di farlo studiare a
Roma, a palazzo Farnese, dove alloggiavano i pensionati di governo
(1839-1842).
Frutto dell'intensa stagione romana, dei rapporti allacciati con altri
pittori e dello studio dei classici è il Prometeo che, esposto
alla Biennale del 1841, meritò la grande medaglia d'oro e fu anch'esso
acquistato dal re (ora è a Capodimonte). Il largo successo di pubblico e
di critica ottenuto dal dipinto procurò al De Napoli la nomina a socio
corrispondente della R. Accademia e a professore onorario presso
l'istituto di belle arti di Napoli. Rientrato nella città partenopea, il
De Napoli vi eseguì i primi dipinti su commissione: gli affreschi per
una cappella nel camposanto di Napoli; quelli sulla facciata e nei
pennacchi della cupola della chiesa di S. Maria Montevergine (1843), in
cui, pur non padroneggiando del tutto la tecnica, manifestava il ritorno
a un netto purismo accademico. Nel 1845, per la chiesa di S. Lucia a
Napoli, realizzava due grandi composizioni con Scene di martirio
della santa: questa fatica, un S. Andrea d'Avellino, dipinto
per una cappella privata in Abruzzo, e probabilmente un'intensa attività
ritrattistica, ancora poco studiata, gli impedirono di partecipare alla
Biennale del 1845, che coincideva con il VII congresso degli scienziati
italiani, quell'anno tenutosi a Napoli. Maturava così, lentamente ma
inesorabilmente, il suo distacco dalla cultura artistica ufficiale
nonostante, ancora nel 1848, il De Napoli venisse nominato membro della
commissione di riforma dell'istituto di belle arti di Napoli. In tale
occasione egli pubblicò un opuscoletto ("Considerazioni intorno alle
istituzioni artistiche napoletane", Napoli 1848), in cui, oltre a dare
un saggio delle sue doti di scrittore, forniva una testimonianza del suo
rigoroso credo artistico.
Dal 1847 al 1859 il De Napoli eseguiva numerose opere fra cui: I
Giochi Lampadici in onore di Partenope, sipario del teatro del Fondo
(1848- 1849), Giacobbe predice l'avvenire ai figli, presentato al
concorso per la cattedra di disegno presso l'istituto di belle arti
(1851). Sconfitto in questa prova da Giuseppe Mancinelli, il De Napoli
si vedeva tuttavia offrire, con reale rescritto, la nomina a professore
di pittura dell'istituto, carica che rifiutò sdegnosamente. In questi
anni eseguiva anche: S. Francesco d'Assisi che mostra le stigmate,
ora a Capodimonte; Visione di s. Maria Maddalena per la chiesa di
S. Maria dei Cristallini a Napoli (1853); i due grandi affreschi sulle
pareti del coro di S. Domenico Maggiore, sempre a Napoli (1853-54), che
segnano il momento più felice della sua attività. Nel 1854 dipinse il
sipario con Il torneo di re Manfredi per il nuovo teatro Piccinni
di Bari; a questo seguirono gli affreschi nella cattedrale di Andria
(1855) e in quella di Capua (1856). Nel 1859 eseguiva, per la chiesa
delle benedettine di Catania, un S. Benedetto che risuscita il
figliuolo di un contadino, esposto all'ultima Biennale Borbonica
(1859).
Di idee liberali, dopo la liberazione del Mezzogiorno il De Napoli
ricoprì incarichi pubblici. Nel 1860 venne nominato consigliere
comunale, membro del Consiglio edilizio, ispettore del Museo nazionale
di Napoli e, nel 1861, direttore dell'istituto di belle arti. Ebbe così
modo di collaborare alla riorganizzazione del Museo e di potenziare la
raccolta della scuola napoletana. Nello stesso anno sposava Luisa
Patella, di ventisei anni più giovane, dalla quale non ebbe figli. Al
1863 risale il suo ritorno alla natia Terlizzi, dove rimase sino alla
morte. Qui trascorse circa quindici anni nel silenzio, occupato quasi
esclusivamente dall'attività politica (fu successivamente consigliere
comunale nelle file del partito liberale, poi sindaco e consigliere
provinciale, e ricoprì un ruolo importante negli affari
dell'amministrazione cittadina, come la conclusione della fabbrica del
duomo e l'erezione del teatro Millico). Tale attività ebbe però
spiacevoli risvolti, con le accuse di malgoverno intentatagli da G. Lioy
e un processo che ebbe termine solo nel 1883, quando il De Napoli riuscì
a dimostrare la propria onestà.
Frattanto, già dal 1876 il pittore si era lasciato nuovamente lusingare
dall'arte: in questo anno egli si impegnava infatti con la fabbriceria
della cattedrale di Altamura per due tele (Il battesimo di s.
Agostino e La morte di s. Girolamo), consegnate l'anno successivo e
pagate 6.000 lire. In questi ultimi anni egli eseguì numerose tele, poi
donate alla cattedrale di Terlizzi: l'Ufficio del sacramento
eucaristico (1878), presentato all'Esposizione di Roma del 1883; l'Invenzione
della Madonna di Sovereto (1882), la Maddalena penitente
(1884), bocciata all'Esposizione di Torino di quell'anno. Nell'83
partecipò all'Esposizione di Roma col S. Andrea d'Avellino
dipinto negli anni napoletani. Nel 1885 firmò la sua ultima pala
d'altare, il Ritorno delle Marie dal Calvario, in cui riprese un
tema già trattato in un cartone del 1852: opera che, come le altre
precedentemente nominate, è conservata nella cattedrale di Terlizzi.
Il 24 marzo 1892 il pittore morì a Terlizzi, legando al Comune gran
parte delle sue sostanze per la costituzione di un asilo di mendicità, e
la sua casa, da destinare ad una pinacoteca intitolata al suo nome.
Attualmente tale museo versa in stato di totale abbandono mentre
dovrebbe permettere uno studio più puntuale della ricca produzione del
pittore, anche attraverso l'esame del cospicuo fondo di disegni e
bozzetti, oltre che di oli e cartoni, in esso conservato. Altre opere,
oltre a quelle elencate in precedenza, sono conservate in collezioni
private e musei (notevole, nell'ambito della ritrattistica, il
Ritratto del primicerio Manerba, databile ai primi anni '40, presso
la Pinacoteca provinciale di Bari). Il De Napoli va considerato uno dei
più notevoli rappresentanti della pittura pugliese dell'800, e la sua
attività, svoltasi tra Napoli, Roma e la Puglia, è in un certo senso
esemplare rispetto a quella di altri artisti pugliesi coevi.
(Clara Gelao - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 38 (1990) -
treccani.it) |