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Orta di Atella (Ce), 1790 - Napoli, 07/10/1884
Figlio di un possidente filoborbonico che fu imprigionato dai francesi,
il giovane De Vivo frequentò l'Accademia di Belle Arti di Napoli e si
esercitò nelle copie dall'antico. Nel 1821 si trasferì a Roma per
perfezionarsi con V. Camuccini. Dalla formazione neoclassica (Il
soccorso all'indigenza, 1830, Caserta, Palazzo Reale; Ritratto di
signora, 1833, Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna) si orientò nel
tempo verso la ripresa di modelli classicisti tardosecenteschi (La morte
di Sant'Andrea Avellino, 1836, Napoli, chiesa di San Francesco di
Paola). Attivo sia a Roma sia a Napoli, espose con regolarità alle
biennali borboniche fin dal 1826.
Nella copiosa produzione degli anni
'40, accanto a cicli allegorici per le regge di Caserta e di Napoli,
comparvero quadri di soggetto biblico (Storie di Giuditta, 1843-1845,
Napoli, Palazzo Reale), mitologico (Prometeo,1845,Caserta, Reggia),
sacro e storico-celebrativo (La zingara Picenate predice a Sisto V
l'ascesa al pontificato e L'infanzia di Sisto V, 1845, Caserta, Palazzo
Reale), dove il tema era interpretato in chiave aneddotica e con accenti
di scena di genere. Il medesimo gusto troubadour si ritrova in altre
opere come Lo studio di Salvator Rosa e Lo Zingaretto alla presenza
della Regina Giovanna (1849, Napoli, Palazzo Reale).
Rientrato a Napoli
nel 1847, fu ispettore delle Pinacoteche Reali e professore
all'Accademia di Belle Arti. Fra il 1852 e il 1853 prese parte alla
decorazione del restaurato tempio di San Domenico Maggiore. Nello stesso
anno realizzava le due tele con soggetti palizziani Due zampognari e un
capretto e Asino cavalcato da due contadini. Attivo fin oltre il 1870,
adeguò le tematiche allegoriche ai mutamenti della sua epoca (L'Italia e
i suoi Geni, donato al senato italiano).
(istitutomatteucci.it) |
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