Pillole d'Arte

    
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Brenno Del Giudice



Venezia, 23/11/1888 - 06/12/1957

Figlio di Vincenzo e di Giuditta Zuanelli, nacque a Venezia, secondo di sei fratelli, il 23 novembre 1888. A Venezia frequentò la regia accademia di belle arti dal 1901 al 1908, diplomandosi professore di disegno architettonico. Dai membri dell'accademia che lo ebbero come allievo, tra cui spiccano i nomi di A. Sezanne, G. Lavezzari, G. Ciardi e M. Manfredi, ricevette un insegnamento legato alle tematiche veristiche in pittura e a quelle storicistico-eclettiche proprie dell'architettura veneziana di fine secolo. Negli anni successivi ebbe modo di accostarsi agli ambienti culturali di Venezia più vivaci ed informati sulle moderne ricerche figurative e artigianali delle scuole di Vienna e Monaco, in sintonia con il clima orientaleggiante e simbolista dell'epoca. Dal 1908 al 1915, infatti, egli svolse apprendistato presso lo studio dell'architetto veneziano G. Torres, ove apprese le lezioni di recupero filologico della tradizione locale, l'interesse per la manualità e per la sperimentazione di raffinati e stilizzati modelli austriaci. In quello stesso periodo, insieme col cognato pittore Guido Cadorin, stabilì legami con gli artisti gravitanti attorno all'ambiente giovanile di Ca' Pesaro, come V. Zecchin e N. Martinuzzi, partecipando all'Esposizione del 1910, e successivamente a quelle del '19 e del '25, con i suoi primi studi di ville e chiese immaginate per la pianura veneta, di chiara matrice secessionista.

Dal primo dopoguerra il Del Giudice fu impegnato nella realizzazione di lavori che lo videro sia versatile ideatore di chiese ispirate alle architetture bizantine e romaniche venete, quali la chiesa di Candelù (Maserada sul Piave, provincia di Treviso) del 1921, il monumento-ossario di Vidor (Treviso) del 1923 e la chiesa dell'isola veneziana di Sant'Erasmo (1926), sia originale interprete di declinazioni cinquecentesche e settecentesche nel campo dell'edilizia privata. Alla ristrutturazione e al totale rinnovo degli arredi della villa Papadopoli a Vittorio Veneto, attuati nel 1919 assieme con il Cadorin, che si affermarono quali esempi di aggiornamento agli aristocratici modelli europei di marca déco, seguì poi, tra il '23 ed il '26, una sempre più libera ed ironica trattazione di temi desunti dal barocco veneto nella trevigiana villa Valentini e in quelle, dette "La Mirandolina" e "La Villa del farmacista", costruite al Lido di Venezia.

Nel 1926, su invito del comitato direttivo della Biennale di Venezia, realizzò il cartellone pubblicitario della XV Esposizione internazionale d'arte ed i padiglioni d'ingresso e il bar (poi demoliti); il primo lavoro ancora influenzato dalle linee tondeggianti del barocchetto, gli altri preannuncianti la volontà di una ricerca verso forme geometriche semplici ed essenziali che emersero nelle opere attuate per le successive Biennali: l'allestimento della terrazza e del bar nel 1928 e gli edifici espositivi con il padiglione delle arti decorative "Venezia", per l'Esposizione del '32. Tra il '27 ed il '30, l'attività del D., oltre a comprendere una sempre più vasta produzione di raffinati arredi ed oggetti artigianali, si arricchì di nuovi incarichi: la nomina presso la facoltà di architettura per i corsi di composizione architettonica minore e di disegno architettonico e rilievo dei monumenti che mantenne dal '27 al '36, le commissioni affidate dal Comune di Venezia nel 1928 e '29 per la realizzazione di un acquedotto e di una scuola elementare per 450 alunni a Pellestrina, e la trasformazione degli edifici pubblici di Favaro Veneto e di Chirignago (Venezia).

Verso la fine del terzo decennio e in quello seguente il D. si allontanò dalle proprie matrici culturali per giungere all'adozione di scelte compositive e formali di un Novecento appesantito, nella caserma veneziana dei pompieri (1928), nella torre di Maratona dello stadio comunale di Torino (1932), e approdare infine all'accettazione della monumentalità di epoca fascista. Partecipò quindi a numerosi concorsi nazionali tra i quali quello per la ricostruzione del secondo tratto di via Roma a Torino (1933), per la stazione ferroviaria di Venezia (1935), per la Casa Littoria a Roma; ma fu soprattutto il concorso bandito per la costruzione della cattedrale di La Spezia, da lui vinto nel '31 in secondo grado, che lo tenne incessantemente impegnato dal '32 al '50 con la stesura di un progetto aulico e monumentale, tra l'altro mai realizzato. Negli anni conclusivi della sua carriera di architetto si limitò a ripiegare nell'ambito della professionalità contrassegnata dall'acquisizione di numerosi titoli onorifici, fino alla morte avvenuta a Venezia il 6 dicembre 1957.

(Marina Grassetto - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 36 (1988) - treccani.it)