Pillole d'Arte

    
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Giacomo Favretto




Venezia, 11/08/1849 - 12/06/1887

Nato a Venezia l'11 agosto 1849, mortovi il 12 giugno 1887. Da giovanetto aiutò il padre nel mestiere di falegname, poi lavorò presso un cartolaio finché il pittore Francesco Vason, dopo avergli impartito le prime nozioni, lo iscrisse all'Accademia di Venezia, dove il giovane Favretto ebbe per insegnanti Michelangiolo Grigoletti e Pompeo Marino Molmenti, e lo squisito sentimento artistico andò sempre più sviluppandosi in lui. Per loro consiglio studiò i maestri veneziani, segnatamente il Veronese ed il Tiepolo. Visse quasi sempre a Venezia, ma fu anche a Parigi (ove conobbe il Meissonier ed il Fortuny) in compagnia di alcuni colleghi veneziani nel 1879, e se pur non trasse profitto artistico da questo viaggio, cominciò proprio da quell'anno la sua fortuna;  ebbe molte richieste di lavoro da parte di commercianti tedeschi ed inglesi. Molti suoi quadri riproducono la vita popolare veneziana, altri sono rievocazioni settecentesche, ma cose eccellenti risultano anche i non molti ritratti. Egli fu uno dei pochi pittori che ebbe durante la sua breve vita plausi, onori e ricchezze. I suoi dipinti, eseguiti tutti con particolare finezza e sicurezza di tecnica, con ardente animazione e splendore cromatico, non ebbero rivali alle Esposizioni italiane e straniere, e fecero considerare il Favretto non il continuatore della scena di genere, ma un innovatore ed anche il creatore del quadro di genere aneddotico popolare. Egli ebbe, specialmente a Venezia, molti imitatori, nessuno dei quali però lo eguagliò.

Ben presto, però, fu colpito da una grave malattia agli occhi e ne perdette uno nel 1887 proprio quando l'Esposizione di Venezia gli decretava il massimo riconoscimento. Il suo primo dipinto, Jone, fu acquistato dal principe Giovanelli per la sua galleria; Una lezione di anatomia, esposta a Brera, fu acquistata dalla stessa Accademia, ed è collocata nella Galleria d'Arte Moderna di Milano con altre due opere: Ritratto di signora e Due quadri da vendere; Il sorcio, pure acquistato dall'Accademia di Brera, è nella Pinacoteca della stessa con Vandalismo al quale fu assegnato il premio Principe Umberto all'Esposizione di Milano del 1880; El difeto xe nel manego (dove nella figura del protagonista egli ritrasse il padre), esposto a Milano nel 1881, attualmente appartiene alla fondazione Senatore Breda a Ponte di Brenta; Terzetto... allegro, è nel Museo Correr di Venezia; La dichiarazio nel Museo Revoltella a Trieste; Al liston, Dopo il bagno e In attesa degli sposi, sono tutti e tre nella Galleria d'Arte Moderna di Roma. La Zanze del 1886 è in quella di Torino. Una seconda edizione di In attesa degli sposi è nella raccolta Aldo Crespi di Milano.

Altre opere ospitate in raccolte private sono: Campo San Polo; Il padre e la sorella del pittore e Scuola di pittura, già nella galleria Ingegnoli di Milano; La moglie gelosa e La scuola di disegno, nella raccolta degli eredi del pittore Italico Brass; Il micio sulla biancheria, nella collezione Clausetti di Milano; Venditore di uccelli, Studio di ragazzo e Studio per San Polo, in quella Rossello; Soli, appartenente al signor Guido Rossi di Milano; Balcone del Palazzo Ducale, già nella raccolta Uberti-Trossi di Livorno; Un idillio, nella raccolta Bonfili; La scuola, in quella Treves de' Bonfili di Venezia; I giuocatori di scacchi, già nella collezione Amato di Roma; Testa di popolana, nella collezione Baldin di Venezia; Le Rammendatrici, nella raccolta della famiglia Papadopoli di Venezia; Al liston moderno, nelle ex Quadrerie reali.

Nel 1923, in occasione della Mostra del ritratto veneziano dell'Ottocento, se non sorprese, dette non poca meraviglia vedere raccolti in una sala dodici ritratti eseguiti con spontaneità e sicurezza dal Favretto e che dimostrarono il suo valore anche in questo campo. I principali: Ritratto di signora, nella Galleria d'Arte Moderna di Venezia; Il Signor Pellanda, presso la Società delle Arti Edificatorie; L'anima rosa, proprieta Romanelli di Parigi; Pietro Scarpa, del dott. Giovanni Battista Bombardella; Guglielmo Ciardi, appartenente al signor Angelo FioreIli; Una cugina dell'artista, nella collezione Maniero. Le opere del Favretto sono in gallerie pubbliche e private di tutto il mondo. Nel Museo di Berlino c'e Il servitore addormentato, in quello di Monaco (Baviera), Artista veneziano. Alla XXV Biennale veneziana (1950) fu ordinata una mostra commemorativa rigorosamente scelta con sole ventuno opere, dalla Lezione di anatomia del 1873 alla Scuola di pittura. Suoi allievi furono: F. Bertelli, Giuseppe Conedera, T. Pasquotti, Cesare Vianello. Direttamente influenzati da lui furono anche: N. Bordignon, A. Dall'Oca Bianca, O. Da Molin, Andrea Lazzareto, Alessandro Milesi, L. Pastega, A. Zezzos.

(A. M. Comanducci)


Nacque a Venezia l'11 agosto 1849, nella parrocchia di S. Pantaleone da Domenico, falegname, e da Angela Brunello. Con la famiglia, povera e numerosa, si trasferì nel 1862 in un appartamento del palazzo di proprietà dei conti Zanetti a S. Cassiano. Sebbene avviato dal padre al mestiere di falegname, si accostò presto all'arte, incoraggiato dal conte Antonio Zanetti, che lo fece familiarizzare con la ricca collezione di famiglia e lo introdusse presso lo zio, il pittore Gerolamo Astolfoni, dal quale il ragazzo ricevette forse i primi insegnamenti. Con l'appoggio, probabilmente anche economico, del conte Antonio e dell'antiquario Vincenzo Favenza, al giovane fu assicurata una educazione artistica. Dopo un breve apprendistato presso il pittore Francesco Vason, il Favretto entrò all'Accademia di Belle Arti di Venezia, dove seguì vari corsi dal 1864 al 1873. Allievo di M. Grigoletti e N. Nani per elementi di figura e di F. Moja per prospettiva, seguì infine il corso di pittura di P. M. Molmenti, avendo come compagni di studio G. Ciardi, L. Nono, A. Milesi, P. Fragiacomo. In questi anni fu più volte premiato e riconosciuto tra i migliori allievi. Dal 1874 al 1878 compare nei registri dell'Accademia come "aggiunto per Elementi di figura".

Le prime interpretazioni critiche, che vedevano nel Favretto il moderno erede della tradizione coloristica veneta, da Tiziano a Tiepolo e Longhi, sono state più tardi integrate dall'analisi delle diverse componenti che confluirono nella prima formazione dell'artista, avvenuta in un momento storico di transizione, nella Venezia da poco italiana e in un ambiente artistico accademico e periferico, ma non del tutto estraneo alle conquiste del realismo dell'Italia centromeridionale. La lezione di Grigoletti avviò Favretto all'analisi psicologica, influendo sui ritratti giovanili. Alcuni disegni a penna, per la precisione del tratteggio, appaiono influenzati dalla tecnica incisoria appresa ai corsi di grafica seguiti all'Accademia, ma probabilmente studiata anche sulle stampe antiche della raccolta dei conti. L'insegnamento del Nani spinse il Favretto, invece, a sperimentare temi di attualità, sulla strada già indicata da P. Selvatico in un discorso all'Accademia nel 1850. Più importante, per lo studio lenticolare del vero, fu la lezione del Molmenti, che sviluppava ricerche naturalistiche nuove per i suoi soggetti storici e accademici. Per la pittura del Molmenti è stato suggerito l'influsso del dagherrotipo (Maltese, 1968, pp. 14 s.); mentre soltanto due indizi sono stati rintracciati sull'utilizzazione della fotografia da parte del Favretto: l'esistenza dei ritratti fotografici dei coniugi Gyepes, fedelmente riprodotti dal pittore in due disegni a penna del 1869, e l'accenno ad alcune fotografie di gondolieri realizzate da Favretto come materiale di studio per il più tardo dipinto Traghetto della Maddalena del 1887. L'utilizzazione diretta di immagini fotografiche era peraltro diffusa tra gli artisti veneziani del tempo: P. Bresolin, suo maestro alla scuola di paesaggio, era iscritto come "pittore paesista e fotografo" nei registri dell'Accademia e lavorava con gli studenti servendosi largamente della talbotipia; sembra che nella cerchia del Favretto, da Ciardi a Milesi a Nono, fossero "tutti più o meno clandestinamente dediti all'uso del modello fotografico per lo meno concettualmente, ma spesso anche praticamente, con il riporto della sinopia fotografica sulla tela".

Spetta al Biancale (1936) il merito di aver individuato l'elemento catalizzatore per la pittura veneta di quegli anni nella presenza a Venezia, tra il 1867 e il 1870, di V. Cammarano, che, insieme con i viaggi di Zandomeneghi e Gardi a Firenze, Roma e Napoli, costituì il tramite più importante fra la pittura lagunare e le esperienze più avanzate del verismo italiano. Sono, infatti, proprio le opere di Cammarano, Le risorse della povera gente e Incoraggiamento al vizio, realizzate per mecenati veneziani ed esposte a Venezia nel 1867 e nel 1868. A giustificare l'innovativa visione che emerge quasi improvvisamente nella Scuola di pittura del 1871 (Venezia, coll. privata), dove la qualità del colore, la scelta dei contrasti cromatici e luminosi per costruire le forme e la ripresa diretta di un soggetto quotidiano indicano la profonda percezione della lezione macchiaiola. Il Biancale ne individuò il diretto prototipo in un olio del Cammarano del 1865 con lo stesso soggetto. Con Lezione di anatomia (Milano, Galleria civica di arte moderna), esposto a Brera nel 1873, e La famiglia Guidini (Venezia, Museo d'arte moderna, in deposito dalle Gallerie dell'Accademia) dello stesso anno, il Favretto sviluppò ulteriormente questa ricerca del vero attraverso una scansione cromatica e luminosa dello spazio, entro cui i tipi umani appaiono colti con sorprendente fedeltà fisica e psicologica. A questa produzione si accostano, per la qualità cromatica e il lucido realismo, altri dipinti contemporanei o di poco successivi: Dopo il viaggio (1873, coll. privata), I miei cari (1874; Padova, coll. privata) e Giocatori di scacchi (1874-75; Roma, coll. privata).

In La moglie di un pittore ingelosita (Como, coll. privata), esposto anch'esso a Brera nel 1873, emerge il gusto per la narrazione e l'aneddoto, e si avverte, come in tutta la produzione di questi anni, la suggestione della pittura del Seicento olandese, di cui esisteva una ricca collezione nei sotterranei dell'Accademia. L'interesse aneddotico predomina in Ingresso di una casa patrizia a Venezia (Montecatini Terme, coll. privata), esposto a Brera nel 1874, in Scuola di piccoli fanciulli (Venezia, coll. privata), che compare alla stessa esposizione nel 1876, e culmina nel 1878 con il primo successo di pubblico ottenuto sempre a Brera: Il sorcio (Milano, Pinacoteca di Brera). Da questo momento l'aspetto prevalente della produzione favrettiana, anche se non l'unico, è rappresentato dal vivace e facile racconto, per temi ricorrenti, della quotidianità popolare, dalla vita delle piazze e dei mercati a quella delle botteghe, dei mestieri, degli interni domestici. Dipinti come Una sartoria (Crema, già coll. Stramezzi) e La ricetta (Torino, coll. privata), esposti a Parigi al Salon del 1878; In attesa degli sposi (Roma, Galleria nazionale d'arte moderna), esposto a Brera nel 1879; Erbaiolo veneziano (Carignano, coll. Delleani), Stampe e libri (Monaco, Bayerische Staatsgemäldesammlungen, Neue Pinakothek) e Banco del lotto (Roma, coll. privata), esposti a Torino nel 1880; El difeto xe nel manego (Milano, coll. privata), esposto a Milano nel 1881; Il mercato in campo S. Polo (Roma, coll. privata), esposto all'Esposizione di belle arti di Roma del 1883; Dopo il bagno (Roma, Galleria nazionale d'arte moderna) e El me dise "Rossa mia", esposti a Brera nel 1885; o Fiera di Pasqua al ponte Rialto (Londra, coll. Tooths) incontravano pienamente il gusto della borghesia contemporanea che scambiava per verità della rappresentazione questa acquisizione dei dati reali in un'ottica edulcorata e consolatoria. Se l'arte del Favretto sembra evidentemente più affine al teatro dialettale del contemporaneo G. Gallina che al grande affresco storico sociale di livello europeo dell'universo goldoniano, al quale faceva spesso riferimento la critica contemporanea, l'attenzione in essa per le tipologie e le consuetudini popolari corrisponde ad un nascente fervore documentario per i caratteri sociali e antropologici locali, evidente nella produzione contemporanea di fotografi come Carlo Naja e Carlo Ponti e nelle iniziative di editori come Federico Ongania.

In occasione della partecipazione al Salon del 1878 il Favretto compì il suo unico viaggio a Parigi in compagnia di G. Ciardi. Gran parte della critica è concorde nel riconoscere la limitata utilità di questa esperienza o addirittura la suggestione negativa operata dalla virtuosistica e rutilante pittura di genere di M. Fortuny e dalle spettacolari ricostruzioni storiche di H. Makart e di E. Meissonier. Da altri viene, invece, riconosciuto che l'esperienza parigina ebbe effetti positivi sul linguaggio verista del Favretto già maturato autonomamente, specie nei ritratti, attraverso una non convenzionale elaborazione dei moduli della ritrattistica macchiaiola (si veda, oltre alla già citata Famiglia Guidini del 1872, un gruppo di quadri databili attorno al 1875-76: Autoritratto, Venezia, Museo darte moderna; L'"Amia Rosa", Venezia, coll. privata; Donna seduta, Bologna, Pinacoteca civica; La famiglia a tavola, Venezia, coll. privata; Giocatori di scacchi, Roma, coll. privata). Tale linguaggio acquisì infatti, dopo il viaggio a Parigi, una più raffinata impostazione cromatica, fino all'uso delle ombre colorate: caratteri che emergono in Ritratto di una parente (Venezia, Museo d'arte moderna), Ritratto d'uomo (Venezia, coll. privata) e in Dopopranzo in giardino (Vicenza, coll. privata), tutti del 1879. A Parigi il Favretto realizzò una serie di studi da maestri fiamminghi, confermando il suo interesse per questa pittura. II successo ufficiale del pittore venne sancito con Vandalismo del 1880, esposto e premiato in quell'anno a Brera, dove è conservato: tema di estrema attualità nella Venezia contemporanea che, all'indomani dell'unificazione con il Regno d'Italia, cercava di ricostruire la sua identità di antica e splendida potenza attraverso molteplici iniziative nel campo degli studi storici e della tutela delle opere d'arte. Denunciando con il dipinto la pratica di affidare il restauro di grandi autori, come Tiepolo, a pittori mediocri, colpevoli di sacrileghe ridipinture, il Favretto si accostava alle raccomandazioni di C. Boito, che teorizzava un embrionale concetto di restauro conservativo.

A introdurre il Favretto - del quale sono note le limitatissime basi culturali - in questo ambito di problemi fu certamente l'amicizia con P. G. Molmenti, letterato eclettico, nipote del pittore Pompeo Marino, che nel 1880 pubblicò presso l'editore Ongania gli inediti affreschi del Tiepolo nella villa Valmarana, in un elegante volume illustrato dai disegni neotiepoleschi del Favretto (La villa Valmarana, Venezia 1880; Tiepolo, La villa Valmarana, Venezia 1928). Il Favretto illustrò, inoltre, con piccole scene in costume una raccolta di aneddoti storici, pubblicati dal Molmenti con il titolo Vecchie storie (Venezia 1882). Altro intervento illustrativo fu l'esecuzione dei disegni per un articolo di A. Centelli dal titolo L'estate a Venezia, in L'Illustrazione italiana, 10 agosto 1884, pp. 83-86. Sempre su probabile suggerimento dell'amico Molmenti, il pittore più volte promosse e firmò appelli contro distruzioni ed interventi inopportuni nel tessuto monumentale di Venezia. In questo quadro di orientamenti culturali si colloca l'altra tematica di successo della produzione favrettiana, ricorrente negli anni ottanta, che traduce l'esigenza di identità storica in nostalgiche rievocazioni di ambienti e figure del Settecento veneziano, trattate con lo stesso gusto narrativo, intimo e compiaciuto, delle sue scene di vita contemporanea: Incontro sul ponte (Milano, Fondazione Balzan) esposto a Torino nel 1880; Soli (Milano, Museo della scienza e della tecnica) esposto a Venezia, alla Società promotrice di belle arti, nel 1882 e a Brera nel 1883; Passeggiata in piazzetta (Venezia, Museo d'arte moderna). È lo stesso Molmenti a dare dignità culturale a questa descrizione aneddotica di quotidianità settecentesca, con la pubblicazione a Venezia, nel 1880, di Storia di Venezia nella vita privata.

D'altra parte in questo contesto revivalistico, di recupero delle tradizioni artistiche locali, diventa più consapevole e dichiarato per il Favretto il riferimento alla qualità essenzialmente cromatica della pittura veneta. Attorno al 1880 la sua tavolozza si schiarisce e in generale è amplificata l'intensità delle tinte, attraverso la scelta di spregiudicati contrasti e il progressivo sfaldamento della solidità delle forme. La materia pittorica s'impreziosisce, derivando impasti di colori e sfarzo luministico dallo studio attento di stoffe del Settecento, di cui il pittore amava circondarsi nel suo studio, esaltando forse quel gusto artigianale per la materia ereditato dal padre falegname e restauratore. È peraltro evidente che l'accentuazione della ricchezza coloristica e della rapidità della pennellata, che raggiunge punte virtuosistiche in La bottega della fioraia (Venezia, già coll. Jucker) del 1881, Il primo passo di Goldoni (Venezia, Museo d'arte moderna) del 1887, Dama veneziana del Settecento, dipende in larga parte anche dalla suggestione operata a Parigi sul Favretto dalla pittura di Makart e di Meissonier, che rappresentava la sperimentazione artistica, in versione brillante e commerciale, del recupero critico operato dai Goncourt nei confronti di Boucher, Fragonard, Watteau. Una grave malattia, che già nel 1877 gli aveva provocato la perdita di un occhio, portò il Favretto ad una morte precoce, a soli trentotto anni, il 12 giugno 1887, a Venezia mentre si apriva l'Esposizione nazionale artistica di Venezia. Il Favretto vi esponeva Il Liston (Roma, Galleria nazionale di arte moderna), versione amplificata della Passeggiata in piazzetta, mentre lasciava incompiuto nello studio Il Liston moderno (sul mercato antiquario nel 1990), vivace rappresentazione di attualità cittadina, borghese e popolare, quasi a sottolineare, con queste due ultime opere, la complementarità dei due registri tematici costantemente perseguiti. All'esposizione era presente anche il già ricordato Traghetto della Maddalena, dipinto che si può ritenere emblematico del percorso artistico del Favretto in quanto rappresenta la sua più approfondita riflessione sul paesaggio. In questo ambito fu sicuramente centrale l'influenza di G. Ciardi, che indicò al Favretto il rigore della lezione macchiaiola filtrata attraverso la sensibilità luministica della tradizione paesaggistica lagunare. Questi elementi sono evidenti in Spigolatrici (Padova, coll. Montesi), La raccolta del riso nelle terre del Basso Veronese (Lugo Vicentino, coll. Malinverni), La mietitura del riso (già coll. Stramezzi), dipinti tra il 1877 e il 1878; la visione di scorcio e ravvicinata di queste immagini lascia il posto ad una ricerca di inquadrature più ampie ed equilibrate nell'incompiuto Le Zattere del 1886-87 e nel Traghetto, indicando un tentativo di rinnovamento perseguito dal Favretto poco prima di morire.

(Rossella Leone - Dizionario Biografico degli Italiani - Vol. 45 - 1995 (www.treccani.it)