Roma, 15/03/1891 - 08/12/1978
Iniziato all'arte dal padre, fu poi allievo del Coromaldi e di Aristide
Sartorio all'Accademia di San Luca. Esordì nel 1908 con Calce.
Nel 1911 espose Focolare, acquistato dalla Galleria d'Arte
Moderna di Roma. Vinto nel 1914 il pensionato nazionale, dopo un accenno
divisionista ed un altro futurista, affermò nettamente la sua
personalità artistica con grandi quadri densi di pensiero, classicamente
ricercati nella forma, armoniosi nel gioco delle masse e dei colori. Nel
1916 e nel 1923 tenne a Roma riuscite esposizioni personali. Nel 1926
vinse il primo premio internazionale di pittura del Carnegie Institute
di Pittsburg. Nel 1927 fu nominato professore di pittura nella Accademia
di Belle Arti di Napoli. Nel 1929 insegnò nella Scuola del Museo
Artistico di Roma. Lo stesso anno fu nominato titolare di decorazione
nella Accademia di Belle Arti di Roma. Nel 1931 gli venne assegnato il
Terzo premio nella Esposizione Nazionale della Prima Quadriennale di
Roma dove espose quaranta opere. Nel 1933 partecipò con un gruppo di
opere al Kunsthaus di Vienna.
Fu membro nelle varie giurie delle Esposizioni di Venezia e di Roma, XII
Biennale e Prima Quadriennale. Membro organizzatore della Seconda
Quadriennale d'Arte Nazionale; della Seconda Mostra Internazionale
d'Arte Sacra in Roma; del Comitato Consultivo della XIX Biennale
Internazionale di Venezia. Una vasta opera di pittura, il mosaico per la
Università di Propaganda Fide, Roma, dove fu impegnato dal 1965 e
collocato nella chiesa nel 1967. Due volte insignito della medaglia
d'oro ai benemeriti della Cultura e della Scuola. Medaglia d'oro della
Dante Alighieri (1965). Accademico della Pontificia dei Virtuosi al
Pantheon dal 1961.
Opere sue trovansi in gallerie pubbliche e private a Roma, Firenze,
Genova, Acqui, Milano, Pittsburg, Rosario, New York. Si citano oltre le
nominate: Genitrice, Attesa, L'eroe, Vita gain, Horitia in rosso,
Autoritratto, Adolescente, nella collezione Wedekind-Ottolenghi di
Acqui, dove è collocato anche L'idolo; I caratteri della mia
famiglia e Il viaggio tragico, nella collezione Hamilton di
New York; La festa notturna, Ritratto della signora HeIg, Tivoli dal
Casalaccio. Nel 1933 venne nominato Accademico d'Italia. Alla XXIV
Biennale (1948) fu presente con Donna sotto la luna; alla XXVI
con Pescatore, alla XXVII con cinque opere: Ragazzi al Tevere,
Ricordo di mia madre, Flavia con Kibù, Dafne, Bove alla ferratura;
alla VI Ouadriennale Romana (1952) Terza festa notturna, Figure nella
sera, Mio Padre; alla VII (1956) gli fu concessa una personale con
note originali.
(A. M. Comanducci)
Nacque a Roma il 15 marzo 1891 da Stanislao e da Ester Maria Papi.
Insieme col fratello Riccardo, che divenne anche lui pittore, venne
precocemente avviato allo studio della pittura antica dal padre,
scultore e copista di quadri. Nel 1896 il Ferrazzi si trasferì con la
famiglia a Recanati, dove si ammalò gravemente riportandone una
menomazione all'udito che ne condizionò il carattere, rendendolo chiuso
e introverso. Tre anni dopo la famiglia rientrò a Roma e andò ad abitare
nell'Orto di via delle Sette Sale dove, in seguito, il Ferrazzi impiantò
il suo studio, scegliendo spesso il paesaggio della zona come soggetto
per i suoi dipinti. Intorno al 1904 andò a bottega dal pittore F.
Bergamini, un allievo di M. Cammarano. L'anno dopo prese a frequentare
la scuola libera del nudo, annessa all'Accademia di belle arti, e i
corsi serali presso l'Accademia di Francia. Nel 1907, giovanissimo,
partecipò con un Autoritratto (ubicazione ignota) alla LXXVII
Esposizione della Società degli amatori e cultori di belle arti di Roma,
rassegna alla quale prese spesso parte in seguito: nel 1919, ad esempio,
con il segantiniano La calce e, l'anno dopo, con il
Ritratto (di mio fratello Riccardo), anch'esso di ubicazione ignota
(ibid., n. 10, tav. 2). In questo periodo il Ferrazzi poteva contare
sulla borsa di studio dell'Istituto Catel, vinta nel 1908, in virtù
della quale gli fu affiancato, nel ruolo di tutore, il paesaggista Max
Roeder. Questi lo introdusse nella cerchia degli artisti tedeschi
presenti a Roma, gli trasmise il segno netto e tagliente e, soprattutto,
lo portò a guardare la natura con occhio romantico e appassionato, ad
interpretarla secondo una personale chiave simbolica. All'influsso di
Roeder si deve anche quella dimensione idealistica che il Ferrazzi diede
alla sua arte. Un quadro paradigmatico di questa predisposizione in
qualche modo ascetica del giovane ed introverso artista, è l'Autoritratto
(Roma, coll. Sette), che espose nel 1910 alla Biennale di Venezia e nel
quale si rappresentò - rivolto lo sguardo penetrante verso l'esterno -
indossando una sorta di abito monacale con il capo coperto dal
cappuccio.
Nel 1911 il dipinto Focolare, con cui partecipò alla
Esposizione internazionale di Roma, venne acquistato dalla Galleria
nazionale d'arte moderna. Alla Biennale di Venezia dell'anno dopo
presentò Genesi (Milano, coll. privata), quadro riprodotto
nella rivista pescarese La Grande Illustrazione, diretta da B.
Cascella (IV [1914], n.4). Sempre nel 1912 vinse il concorso Baruzzi di
Bologna con il bozzetto per il dipinto Il presagio (Bologna,
Galleria comunale), realizzato l'anno dopo. Nel marzo dello stesso 1913,
con il dipinto Genitrice (Roma, Galleria nazionale d'arte
moderna), il Ferrazzi partecipò alla prima Esposizione internazionale
d'arte della Secessione romana. Nel dicembre vinse il Pensionato
artistico nazionale e all'inizio del 1914 si recò per la prima volta
all'estero, a Parigi, in compagnia del padre. Rientrato a Roma, in marzo
visitò la II Esposizione di pittura futurista, allestita presso la
galleria Sprovieri. Negli anni successivi elaborò le tematiche
futuriste, in particolare quella del movimento e del dinamismo pur senza
abbandonare lo studio analitico dell'arte del passato. L'influsso
futurista differenziò lo stile del Ferrazzi da quello degli altri
artisti della Secessione romana. Insieme con alcuni di essi nel 1915
partecipò all'esposizione di Faenza, dove presentò Cavallo rosso,
dipinto identificabile con il Carrettiere sul carro (Roma, già
coll. Signorelli), esposto l'anno dopo nella sua prima personale, che
egli stesso allestì all'annuale mostra della Società degli amatori e
cultori. Il dipinto, insieme con molti altri presentati in
quell'occasione, si caratterizza per un peculiare andamento mistilineo
del telaio, che risponde - come anche l'allestimento della sala - alla
"visione prismatica". Riallacciandosi alle teorie divisioniste e
futuriste, e gettando un ponte tra il suo simbolismo e questi due
movimenti ai quali certo guardò ma senza direttamente prendervi parte,
il Ferrazzi elaborò una personale teoria della rappresentazione, secondo
la quale la realtà è vista e riflessa in un cristallo prismatico e
l'irradiazione di linee che si diparte dal dipinto ne modella il
perimetro negandone la dimensione quadrangolare (a partire dagli anni
Venti il prisma diverrà oggetto del quadro comparendo spesso all'interno
di nature morte).
I soggetti delle opere presentate nella personale del 1916, come accadrà
anche in seguito, sono soprattutto legati al vissuto dell'artista: vi
erano esposti un Ritratto di mia madre con frutta e fiori, uno
dell'amica Matilde Festa (Roma, già coli. Signorelli), futura
moglie di M. Piacentini e pittrice anch'ella, ed anche molte vedute di
via delle Sette Sale dove, subito dopo, il Ferrazzi creò il suo studio
avendo perso il Pensionato e l'atelier di via Ripetta per avere
partecipato all'esposizione della Società degli amatori e cultori. Nello
stesso 1916 il Ferrazzi si recò a Montreux su invito di W. Minnich, un
collezionista che aveva acquistato diverse sue opere in occasione della
mostra romana. In Svizzera rimase per circa un anno prendendo anche
parte ad una collettiva, nell'aprile del 1917, al Kunsthaus di Zurigo,
dove espose cinque recenti lavori, tra cui il Carosello alla Riponne
(Roma, Galleria nazionale d'arte moderna). A Zurigo visitò una mostra di
P. Cézanne e annotò minuziosamente il catalogo, decidendo di portarlo
anche in Sardegna, a Iglesias, dove nel dicembre dello stesso anno fu
inviato per il servizio militare. La dipendenza da Cézanne era, d'altro
canto, il comune denominatore del disomogeneo gruppo di artisti presenti
alla Mostra d'arte giovanile che, curata da Piacentini e C. Tridenti, si
tenne nel giugno del 1918 alla casina del Pincio a Roma. In questa
mostra, diretta emanazione della Secessione romana conclusasi due anni
prima, il Ferrazzi espose anche il Ritratto di Adele in tre luci
del 1917 (Roma, eredi Ferrazzi), un'opera dalle tonalità fauve sulla
quale, cinque anni dopo, reintervenne, rifilando la tavola delle parti
che erano esterne al primo piano della persona ritratta, sua sorella
Adele.
Nel 1919 il Ferrazzi prese parte, con un nutrito numero di opere, alla
Grande Esposizione nazionale futurista (Milano, Galleria centrale
d'arte; poi Firenze e Genova). In seguito si stabilì per un breve
periodo a Piacenza presso lo studio del pittore vicentino C. Potente,
suo amico, con la speranza di entrare in contatto con l'ambiente
artistico e con il mercato milanese. Rimasto presto deluso, il 19 giugno
scrisse al fratello Riccardo, prospettandogli di costruire insieme uno
studio su un terreno di loro proprietà a Tivoli. Nella stessa lettera
scrisse di voler portare a termine "il quadro del Ballo" per
poterlo poi vendere (Quesada, 1989, p. 102). L'opera fu invece esposta,
con l'Ospedale (distrutto), alla Biennale di Venezia del 1920
per approdare in dicembre all' Exposition internationale d'art moderne
di Ginevra, dove il Ferrazzi fu invitato da E. Prampolini, che formò una
rappresentanza italiana composta in prevalenza da artisti legati alle
avanguardie storiche. I due pittori romani si conoscevano da diverso
tempo, almeno dal 1918, quando, nel numero di febbraio di Noi, fu
annunciato che il Ferrazzi avrebbe collaborato - cosa che non avvenne -
alla rivista futurista diretta da Prampolini. In concomitanza con la
mostra di Ginevra, il 14 gennaio 1921, il Ferrazzi inaugurò a Roma una
personale alla Casa d'arte italiana, diretta da Prampolini e da M.
Recchi, dove mise in mostra solo opere su carta (compresi due oli),
realizzate per la maggior parte in Sardegna. Molti dei pezzi esposti
sono tauromachie, soggetto prediletto dal Ferrazzi sia per le
possibilità espressive legate alla forma dell'animale sia perché
incarnanti l'idea di una natura ferina e primordiale, decisamente
anti-apollinea. Di conseguenza venne accusato di esterofilia e di
anticlassicismo da C. E. Oppo, in questi anni vicino al ritorno
all'ordine del gruppo "Valori plastici". Il Ferrazzi replicò all'accusa
aggiungendo al quadro Pescatore del 1920 (Roma, eredi Ferrazzi)
la riproduzione del foglio dell' Idea nazionale, sul quale, il 22
gennaio 1921, era apparsa la stroncatura di Oppo. Il dipinto, con la
modifica della pagina di giornale rappresentata come carta per incartare
i pesci, fu esposto in marzo alla prima Biennale romana, mostra alla
quale il Ferrazzi partecipò con un ritratto di Matilde Festa
Piacentini con la figlia Sofia, e con una scultura, Dolore,
che successivamente distrusse come buona parte della sua produzione
plastica.
Nel corso del 1921 il Ferrazzi frequentò, tra gli altri, il musicista A.
Casella e i pittori V. Guidi e F. De Pisis, al quale fu probabilmente
presentato da Olga Signorelli, amica e collezionista d'entrambi. Nel
luglio del 1922 sposò Horitia Randone, figlia di Francesco, scultore e
ceramista. Nel novembre del 1923 tenne una personale alla II Biennale
romana, dove, presentato da R. Papini (catal., pp. 58 s.), espose
ventisei lavori, tra cui due sculture, Contemplazione (Roma,
credi Ferrazzi, bronzo) e La finestra, e il dipinto
Frammento di composizione, datato "1920-21" (Roma, Galleria
comunale d'arte moderna e contemporanea). Nel marzo dell'anno seguente
la mostra fu visitata da Herta e Arturo Ottolenghi, che acquistarono
L'adolescente. Poco dopo essi commissionarono un ritratto che il
Ferrazzi consegnò nel luglio dello stesso anno (Ritratto di Herta
con il figlio Astolfo, Acqui Tenne, coll. privata). Da questo
momento il rapporto con i due collezionisti si intensificò e nel 1925 il
Ferrazzi elaborò, per la loro tenuta di Monterosso ad Acqui Terme, il
progetto di un edificio, che invece venne poi realizzato su disegno di
Piacentini, mentre il Ferrazzi eseguì le decorazioni della sala portate
a termine nel 1954: l'edificio venne poi chiamato mausoleo Ottolenghi.
Il 17 giugno 1925 il Ferrazzi fu nominato accademico di S. Luca insieme
con A. Bocchi e N. Parisani. Nello stesso mese il suo ritratto di
Valeria Gallenga (Young lady) venne esposto alle Lefevre Galleries di
Londra in una mostra d'arte italiana contemporanea: a questa esposizione
all'estero fecero seguito, nei primi mesi dell'anno dopo, tre altre
mostre, tra le quali l' "Exhibition of modem Italian art" alla Grand
Central Art Gallery di New York, che fu poi presentata in altre
importanti città statunitensi. Qui il Ferrazzi espose nove recenti
opere, tra cui i dipinti Idolo del prisma e Viaggio tragico
(in collezioni private, rispettivamente a Roma e New York), mentre con
Visione prismatica (Genova, coll. Wolfson) partecipò al premio
Camegie di Pittsburgh, al quale prese costantemente parte in seguito.
Viaggio tragico (cartone), al quale lavorava già dal 1919,
doveva essere esposto alla prima mostra del Novecento italiano, che,
curata da M. Sarfatti, si inaugurò nel febbraio 1926 a Milano. Ma il
Ferrazzi non vi partecipò, così come non prese parte alla Biennale di
Venezia, che si aprì in aprile, dal momento che, come scrisse ad A.
Maraini, curatore della rassegna veneziana, aveva inviato a New York i
lavori migliori degli ultimi due anni; poi, aggiungeva, si sentiva
completamente coinvolto dai lavori dei mausoleo Ottolenghi, tanto da
preferire la pittura murale a quella da cavalletto. L'esperienza
d'oltreoceano proseguì in ottobre con la partecipazione all'annuale
esposizione del Camegie Institute di Pittsburgh: grazie al dipinto
raffigurante le sue Horitia e Fabiola (Ragghianti-Recupero,
1974, tav. 140), il Ferrazzi si aggiudicò il primo premio, assegnato da
una giuria presieduta da P. Bonnard. Nella primavera del 1927 partecipò
con nove dipinti degli ultimi sei anni alla mostra "Italienische Maler"
(Zurigo, Kunsthaus), alla quale presero parte, tra gli altri, anche i
maggiori rappresentanti del gruppo dei Novecento, quali C. Carrà, M.
Sironi, A. Funi, M. Tozzi, A. Salietti. A questa tendenza stilistica,
probabilmente, il Ferrazzi si riferiva quando il 5 maggio 1927, per
informare l'Ottolenghi circa gli esiti della mostra zurighese, scrisse:
"A vedere il quadro che mi hanno riprodotto in catalogo, il Toro
legato [Roma, coll. privata] che feci ad Acqui, mi viene la
certezza di non avere nulla in comune con ... gli imbalsamatori di corpi
morti, tanto sono statici e senza vita" (Quesada, 1989, p. 109).
Nel marzo del 1929 il Ferrazzi si imbarcò per Cuba, dove, su invito del
ministero dei Lavori pubblici, avrebbe dovuto eseguire alcune
decorazioni murali, mai realizzate, che definì un "enorme lavoro" in una
lettera all'Ottolenghi del 16 giugno. Sempre nel 1929 a Roma prese
parte, come espositore e come membro della giuria di accettazione, alla
prima Mostra del Sindacato laziale fascista degli artisti, rassegna alla
quale partecipò anche nel 1936 e nel 1941 (a Milano, edizione
nazionale). Nell'agosto del 1929 iniziò ad insegnare decorazione
pittorica all'Accademia di belle arti di Roma. L'anno dopo inviò tre
dipinti a Buenos Aires alla Mostra del Novecento italiano. Agli inizi
del 1931, quando venne inaugurata al palazzo delle Esposizioni di Roma
la prima Quadriennale d'arte nazionale, rassegna alla quale prese spesso
parte in seguito, i contrasti con Oppo, ideatore della mostra, erano da
tempo appianati e il Ferrazzi figurò in quell'occasione come membro
della giuria di accettazione, disegnò il manifesto dell'esposizione e
allestì una sala personale, la VII, dove presentò quaranta opere degli
ultimi sette anni. Nonostante "le malevoli intenzioni del 900 milanese",
come scrisse Horitia a Herta Ottolenghi (Quesada, 1989, p. 13), il
quadro Meriggio, raffigurante un toro legato, entrò a far parte
della collezione Contini Bonacossi di Firenze, mentre La diavoleria
fu acquistato per la Galleria Mussolini (Roma, Galleria comunale d'arte
moderna e contemporanea); qui il Ferrazzi affrontò un tema della fine
degli anni Dieci che lo impegnerà spesso in seguito, sino alla
Diavoleria: angoscia del nostro tempo del 1977 (Zambrotta, 1995, p.
304). Tra le opere esposte nel 1931 erano anche studi preparatori per la
decorazione musiva e a fresco del mausoleo Ottolenghi, lavori che il
Ferrazzi era deciso a completare, come scrisse nel testo di
autopresentazione in catalogo (pp. 59 s.). Nello stesso 1931 eseguì, a
fresco, La Madonna delle nascite per la villa Cardarelli a
Premeno. L'interesse per l'affresco è contemporaneo alle prime prove di
pittura ad encausto che il Ferrazzi fece in questi tempi, suggestionato
dagli scavi e dai ritrovamenti della pittura pompeiana: "subito mi
rivolsi, attorno al trenta, alla ricerca di una materia levigata e
smagliante all'opposto dell'aspetto "calcinoso" degli affreschi
ottocenteschi", scriverà nel 1971 nel catalogo di una sua personale
presso la galleria Macchi di Pisa.
Il raggio di interesse del Ferrazzi spaziava fino alle arti applicate,
anch'esse intese su scala monumentale. Ricevette l'incarico di
realizzare sette arazzi per il palazzo del ministero delle Corporazioni
(oggi ministero dell'Industria e Commercio) di Piacentini e A. Vaccaro a
Roma. Al momento dell'inaugurazione (30 nov. 1932) il Ferrazzi presentò
solo l'arazzo raffigurante le Corporazioni dei professionisti ed
artisti, eseguito dalla ditta Eroli di Roma, mentre il restante
lavoro fu documentato dai cartoni preparatori. Per il loro andamento
narrativo e antiretorico, gli arazzi non furono collocati dove previsto
e ciò sarebbe costato al Ferrazzi il mancato invito alla Triennale di
Milano del 1933, come annotò egli stesso nel 1932 in calce all'invito ad
aderire alla Mostra della rivoluzione fascista, esposizione tenutasi nel
febbraio dello stesso anno a Roma e alla quale il Ferrazzi si era
rifiutato di partecipare. Il 20 aprile 1933 venne eletto tra i membri
della Reale Accademia d'Italia. L'anno dopo lavorò al mosaico con l'
Annunciazione che orna la facciata della chiesa dell'Annunziata a
Sabaudia, opera portata a termine in dicembre. Nello stesso 1934 prese
parte alla Biennale di Venezia, dove espose il consistente lotto di
tredici dipinti, tra cui Nostalgia, acquistato dalla presidenza
del Consiglio (ubicazione ignota; Ragghianti-Recupero, 1974, tav. 153),
e l'arazzo L'Agricoltura. Gli arazzi delle Corporazioni furono
presentati dal Ferrazzi anche in altre mostre di carattere
internazionale, quasi a voler sottolineare l'assurdità della censura
patita: due furono esposti, insieme con cinque dipinti, alla mostra
parigina "L'art Italien des XIX et XX siècles" che si tenne nel 1935 al
Jeu de paume; quattro, insieme con dodici dipinti, alla Biennale
veneziana del 1936, dove il Ferrazzi ebbe una sala personale; due furono
infine esposti a Zurigo nel 1938 nella mostra d'arte contemporanea
italiana curata da A. Maraini.
In stretto contatto con pittori della scuola romana, sebbene più giovani
di lui, quali C. Cagli e A. Ziveri, nel gennaio del 1937 il Ferrazzi
prese parte alla collettiva di disegni che, in ricordo di Scipione (G.
Bonichi), fu allestita alla Galleria della Cometa di Roma. In maggio
partecipò a Parigi alla mostra d'arte italiana che si tenne nell'ambito
dell'Esposizione universale, dove vinse un premio con Esercitazioni
ai Parioli (Roma, Ilaria Ferrazzi). Nel 1938 fece parte della
commissione per gli inviti e della giuria per i concorsi alla Biennale
di Venezia e vi partecipò anche come espositore con l'encausto
Nascita di Venezia (Acqui Terme, coll. privata) e La bella
Ninetta (Milano, coll. Cardarelli). Con ventidue dipinti,
accompagnati da un testo dedicato alla tecnica dell'encausto (catal.,
pp. 165 s.), l'anno dopo prese parte a Roma alla III Quadriennale: il
Governatorato di Roma vi acquistò Ninetta piccola (Roma,
Galleria comunale d'arte moderna e contemporanea). Per il suo grande
encausto Re Dario che libera Daniele dalla fossa dei leoni, nel
palazzo di Giustizia di Milano, portato a termine in luglio insieme con
un secondo encausto raffigurante Traiano e la vedova, il Ferrazzi venne
accusato di giudaismo dal presidente della locale corte d'appello, sorte
toccata ad altri artisti chiamati da Piacentini a lavorare per
l'edificio da lui progettato. Tra i protagonisti del muralismo italiano,
che proprio negli anni Trenta si andava affermando, il Ferrazzi realizzò
molte opere murali per edifici pubblici, nonostante la ridicola censura
patita a Milano; inoltre affiancò la prassi con l'attività didattica
(dal 1936 al 1937 insegnò tecniche dell'affresco all'Accademia americana
a Roma) e con interventi di carattere teorico come quello pronunciato
nell'ottobre 1936 al Convegno di arti Rapporti dell'architettura con
le arti figurative, Roma 1937, p. 93).
Nel 1939 iniziò l'encausto il Trionfo della terra per la sala
comunale di Pomezia, opera terminata due anni dopo ma andata distrutta
nel corso della seconda guerra mondiale (Cardinali-Gavarro, 1993); nel
1940 a Roma lavorò al grande mosaico La nascita di Roma per il
prospetto esterno del palazzo dell' Istituto nazionale per la previdenza
sociale in piazza Augusto Imperatore. Nel dicembre dello stesso anno
ricevette l'incarico per un affresco nella chiesa dei Ss. Pietro e Paolo
all' Eur, costruito per l'Esposizione universale Roma 1942: il progetto
fu però abbandonato dall'artista a causa delle pressioni ricevute circa
il soggetto da rappresentare (lettera a Oppo del 15 marzo 1940: Quesada,
1989, p. 120). Nel 1941 iniziò i due encausti di grandi dimensioni,
L'aurora e La scuola, per la sala Galilei dell'ateneo di
Padova, portati a termine nel 1942, anno durante il quale esegui
l'encausto Cristo giudice nella cappella funeraria della
famiglia Gardella (Milano, cimitero Monumentale). Nel marzo del 1943
alla galleria di Roma tenne la sua prima grande antologica, dove, auto
presentandosi in catalogo con un testo dal titolo Della mia pittura,
espose centoquarantadue lavori che andavano da Mia madre del
1908 a I dannati del 1941. Nel periodo della guerra il Ferrazzi
realizzò dipinti che risentono dei tragici avvenimenti in corso, quali
Apocalisse e La stanza (rispettivamente Milano, coll.
Cardarelli, e Roma, eredi Ferrazzi), dipinto, quest'ultimo, sul retro
del quale pose la scritta emblematica: "Gli anni dell'orrore". Con
questo quadro, e con altre quarantadue opere realizzate dal 1943 al
1945, il 26 febbraio 1946 inaugurò una personale a Roma nella galleria
dell'Art Club.
Nel dopoguerra il Ferrazzi proseguì l'attività espositiva: dal 1948
prese parte più volte sia alla Quadriennale di Roma sia alla Biennale
veneziana; partecipò inoltre al premio Carnegie di Pittsburgh (1950,
La stanza), alla Biennale di Milano (1955, 1961, 1965) e ai premi
Michetti (Francavilla al Mare, 1953), Marzotto (Milano, 1954-1956) e
Fiorino (Firenze, 1966). Intensa continuò anche la produzione di opere
murali per edifici pubblici: a Roma eseguì l'affresco della Mater
Misericordiae nel collegio Urbano di Propaganda Fide (1946), e, per
la chiesa di S. Benedetto, la pala d'altare con storie della Vita del
santo (1949), oltre a concludere il ciclo Trionfo della Croce e
Visioni della Passione nella basilica di S. Eugenio (1951).
Realizzò affreschi nel santuario di S. Rita a Cascia e in S. Maria
Assunta ad Amatrice (1951). Agli inizi degli anni Sessanta riprese a
scolpire e, a partire dal 1965, iniziò a lavorare, nella sua casa
toscana dell'Argentario, al monumentale gruppo di sculture in pietra,
tra cui i bassorilievi del Teatro della vita. Dal 1966 fu
direttore artistico della scuola del mosaico Vaticano e nel 1968-1971
eseguì con gli allievi il mosaico della chiesa di S. Antonio a Taranto.
Morì a Roma l'8 dicembre 1978.(C.A.
Bucci - M. Quesada - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 46 -
1996)
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