Cambiano (To), 25/05/1860 - Torino, 14/01/1938
Dal padre era stato destinato alla carriera religiosa, ma era così forte
in lui l'amore per l'arte che a 14 anni egli riuscì ad iscriversi
all'Accademia Albertina, dove fu discepolo di Pier Celestino Gilardi e
di Andrea Gastaldi. Esordì nel 1882, partecipando alla Mostra della
Promotrice di Torino col quadro Il paggio. L'anno successivo
inviò a Milano Cristo in Croce, e nel 1884, dopo un breve
soggiorno a Roma, si ripresentò al pubblico torinese con la grande tela
La cella delle pazze, eseguita con due soli toni di bianco e
nero, che ebbe grande successo e fu acquistata dal Municipio di Torino
per quella Galleria d'Arte Moderna. Da quel momento la protezione e
l'amicizia di ricchi torinesi gli aprirono la strada ad una rapida
carriera durante la quale i successi si susseguirono.
Nel 1886 si recò a Parigi e Alberto Pasini lo presentò agli artisti
francesi allora più in voga; qui fu colpito dalla pittura di Carulus
Duran, del Degas e del Bonnat. Fu poi a Londra conobbe Alma Tadema. In
quello stesso anno eseguì il forte e serio Ritratto del padre,
che è ancor oggi giudicata una delle sue opere migliori. Nel 1888 venne
nominato insegnante all'Accademia di Torino. Amato e molto apprezzato
dalle più note personalità, ha prodotto soprattutto un gran numero di
ritratti. La sua pittura è elegante e robusta nel disegno, cordiale,
esuberante nel colore, sia nel ritratto che nel paesaggio e nella natura
morta. Opere principali: Autoritratto, nella Galleria degli
Uffizi a Firenze; Ritratto in grigio, acquistato dalla Regina
Madre nel 1894; Ritratto della Signora Oytana, che vinse il
premio degli artisti a Firenze nel 1897 e una medaglia d'oro al Salone
di Parigi l'anno successivo; quello di Virginia Reyter, premiato
con medaglia d'oro a Monaco di Baviera nel 1889; i Ritratti del Re e
della Regina, ordinatigli da Vittorio Emanuele III, per essere
donati al Presidente della Repubblica Francese Loubet.
Il Ritratto della Principessa Laetitia, conservato nel Museo
Revoltella di Trieste; quello della signora Giordano; della
Marchesa Spirolla; di Conchita Supervia; di Donna Lina
Ponti; del Conte Salvadori; del maestro Toscanini;
del"Conte Cesare Salvadon; del maestro Puccini; degli
Onorevoli Benni ed Olivetti e di S. S. Papa Benedetto XV,
conservato nel Museo del Vaticano; i ritratti di Lorenzo Delleani,
della Fidanzata e del Padre (tutti alla Galleria d'Arte
Moderna di Torino). Si dedicò anche alla natura morta il cui miglior
esempio è, forse, nella collezione Alessi di Albissola Marina. Le sue
opere sono collocate nelle principali gallerie italiane e in raccolte
private anche all'estero. Si citano ancora: Sacra Famiglia,
premiata al Salone di Parigi nel 1903; Armonie interrotte,
proprietà del banchiere Colonna di Torino e Supremo convegno, che
esposta a Venezia nel 1895, sollevò l'ammirazione stupita da una parte,
clamori e dissensi dall'altra, ma che uscì, difesa da Antonio Fogazzaro,
dall'accusa di opera immorale. Questa tela, acquistata da un americano,
andò distrutta durante l'incendio del castello dove era stata collocata.
Fu il maestro di Evangelista G. Alciati, L. Arbarello, Eugenio
Berloquin, Fed. Boccardo, L. Bolongaro, Al. Viazzi.
(A. M. Comanducci)
Nacque a Cambiano, presso Torino, il 25 maggio 1860 da Guglielmo e
Giovanna Vidotti, nono di undici figli. Le difficili condizioni
economiche (il padre era falegname) condussero il Grosso, all'età di
dieci anni, a entrare in seminario a Giaveno, come unica possibilità per
continuare gli studi. Nel 1873, grazie all'intervento del pittore A.
Gastaldi che gli consentì di ottenere una borsa di studio dal Comune di
Cambiano, s'iscrisse all'Accademia Albertina di Torino. Il Grosso cercò
d'integrare lo scarso finanziamento comunale dapprima "ripassando le
insegne dei negozi" e, dal 1879, quando ebbe termine la borsa,
dipingendo ritratti che egli stesso ingrandiva da fotografie. Al disegno
affiancò lo studio del colore che poté arricchire osservando artisti
come F.P. Michetti e G. De Nittis all'Esposizione nazionale di Torino
del 1880. Nel 1881 ottenne il primo riconoscimento ufficiale vincendo il
concorso nazionale per il miglior saggio di nudo dell'Accademia di belle
arti con l'opera Abele colpito a morte (Torino, collezione
privata). Nel 1882 alla XXIV Esposizione della Società d'incoraggiamento
alle belle arti fece il suo esordio in una mostra pubblica con un
ritratto a mezzo busto Amusant (ubicazione ignota). Nel 1883
terminò gli studi vincendo il primo premio con La Maddalena ai piedi
di Gesù crocefisso (ubicazione ignota) e poco dopo, su invito del
conte Marcello Panissera di Veglio che aveva potuto vedere il
Ritratto di B. d'Ardy (1883: Torino, collezione privata), partì per
Roma. Il soggiorno nella capitale durò solo due mesi, ma permise
all'artista di ritrarre molti personaggi dell'entourage sabaudo quali
Il marchese di Villamarina, Il conte Giannotti, La marchesa Ghigi
(tutti di ubicazione ignota) e di conoscere i primi veri successi di
pubblico. Motivo del rientro a Torino fu la partecipazione, nel 1884,
all'Esposizione nazionale dove il Grosso presentò otto dipinti tra i
quali
La cella delle pazze (Torino, Galleria civica d'arte moderna),
che traeva spunto dalla Storia di una capinera di G. Verga. Di grandi
dimensioni, l'opera riscosse un notevole successo (fu acquistata
dall'allora sindaco di Torino E. Balbo Bertone di Sambuy) e suscitò vivo
scalpore per la scelta e la resa pittorica del soggetto, improntato
sulla violenta contrapposizione luministica dei bianchi e dei neri.
Nel 1885 sposò Carolina Bertana dalla quale ebbe due figli, Cristina
(nel 1886) e Guglielmo (nel 1889). L'anno seguente, dopo aver visitato
Venezia e Firenze, su consiglio di Gastaldi si recò a Parigi, città che
divenne poi una tappa obbligata nei suoi viaggi successivi nell'Europa
del Nord (a Londra, a Bruxelles e in Olanda). Questo primo soggiorno
parigino portò il pittore a diretto contatto con la pittura
impressionista e con le opere di artisti quali J. Bastien-Lepage, L.
Alma-Tadema e G. De Nittis, del quale studiò in particolare l'uso del
pastello. Dal 1887 partecipò a quasi tutte le esposizioni della
Promotrice di belle arti. Nel 1889 divenne titolare della cattedra di
disegno di figura all'Accademia Albertina e dipinse una delle sue opere
più famose, il Ritratto all'aperto della signora C. R. (Carla
Redizzi: Roma, Galleria nazionale d'arte moderna). Risalgono a questi
anni opere legate a temi familiari quali Mio padre
(1887: Torino, Galleria civica d'arte moderna), Due ritratti riuniti
(1891: collezione privata), pastello raffigurante la moglie e la figlia,
e Cortesia claustrale (1891, ubicazione ignota) acquistata da
A.B. Nobel. È forse proprio in questa produzione meno ufficiale, legata
a un ambiente più domestico, che il Grosso ottiene i migliori esiti
pittorici mostrando la sua capacità di comunicare attraverso il colore
raffinate suggestioni psicologiche.
All'attività di pittore ritrattista il Grosso. affiancò anche quella di
decoratore: nel 1892 iniziò la decorazione dell'interno della palazzina
Marsaglia a Milano (andata distrutta). Invitato alla Triennale di Brera
del 1894 ebbe un notevole successo con l'elegante Ritratto in grigio
(collezione privata), acquistato dalla regina, giocato ancora una volta
sulla raffinata modulazione monocromatica dei toni del grigio.
Nonostante fosse ormai pittore affermato e ricercato dalla buona società
torinese, la critica più aggiornata cominciò in questi anni a mostrare
perplessità accusandolo di eseguire una pittura facile, che indulgeva
troppo al gusto mediocre della propria clientela. Momento cruciale della
sua attività artistica fu la partecipazione nel 1895 alla I Esposizione
internazionale d'arte della città di Venezia, dove il dipinto Il
supremo convegno, raffigurante "un macabro corteggio di nude amanti
attorno al cataletto di un morto Don Giovanni fra i ceri" (Bernardi,
1946), vinse il primo premio del pubblico, ma sollevò anche critiche
accese nei confronti di un'opera caratterizzata da un "virtuosismo vuoto
di sentimenti, privo affatto di sincerità" e mancante della
"conseguenzialità di colorito tra l'interno in penombra e i corpi
dipinti" (G. Martinelli, 1895). L'opera suscitò un tale scandalo da
richiedere, su invito dell'allora patriarca di Venezia, Giuseppe Sarto,
futuro papa Pio X, l'istituzione di un'apposita commissione presieduta
da A. Fogazzaro per giudicare la moralità del soggetto. Il dipinto dopo
essere stato acquistato dalla Società Venice Art & Co. bruciò durante il
viaggio in America dove era stato previsto un tour espositivo.
Altro motivo di scandalo fu la presentazione alla I Triennale di Torino
nel 1896 della Nuda (Torino, Galleria civica d'arte moderna),
di cui il Grosso eseguì più repliche, accolta con straordinario successo
dal pubblico e grande diffidenza dalla critica che vi riscontrava dubbie
motivazioni letterarie volte a giustificare la rappresentazione di un
nudo femminile disteso su una pelle d'orso. Se la critica continuò ad
avanzare perplessità sugli esiti pittorici del Grosso, egli continuò a
ottenere importanti riconoscimenti che consolidarono la sua fama di
artista alla moda, forse pittore pompier, ma elegante testimone del suo
tempo. Si ricordano la medaglia d'oro all'Esposizione di Parigi del 1896
per il
Ritratto della signora Erminia Sacco Oytana e la medaglia d'oro
all'Esposizione internazionale di Monaco del 1899 per Il Ritratto di
Virginia Reiter (entrambi i dipinti sono conservati a Torino nella
Galleria civica d'arte moderna). Dal 1898 il Grosso fece parte della
commissione delle Belle Arti. Nel 1902 partecipò alla I Quadriennale
torinese con una personale che ne decretò definitivamente il successo:
accanto a opere di piccolo formato, eseguite enplein air, si ricorda uno
dei pochi quadri a carattere religioso, La Sacra Famiglia
(ubicazione ignota), medaglia d'oro al Salon di Parigi del 1903. Sul
medesimo tema era incentrata una serie di studi preparatori realizzati
dal Grosso nel 1897 in occasione di un concorso bandito su scala
nazionale dal pontefice per l'ideazione di un dipinto che riassumesse
quattro concetti fondamentali: famiglia, lavoro, obbedienza, esempio
(Corradini); già un anno prima l'artista si era cimentato con un tema
religioso affrescando per la chiesa torinese di S. Gioacchino la quarta
stazione della Via Crucis, distrutto nel 1898.
Dopo un viaggio in America meridionale nel 1901, il Grosso iniziò una
proficua collaborazione con l'Argentina dove si sarebbe recato più volte
nel corso degli anni realizzando una serie di ritratti della ricca
borghesia locale (aiutato dal suo ex allievo C. Gaudina e dal giovane N.
Arduino). Nel 1907 partecipò alla I Esposizione di arte italiana in
America Latina organizzata a Buenos Aires da F. Stefani; e nel 1910 su
incarico del governo argentino realizzò un grande panorama celebrativo
della Battaglia di Maipù per il quale utilizzò 150 metri
quadrati di tela. Nel 1903 fu membro della commissione ordinatrice della
V Esposizione internazionale d'arte della città di Venezia con
l'incarico di allestire la sala della pittura piemontese. In questo
stesso anno eseguì il ritratto della coppia reale (ubicazione ignota) da
regalare al presidente della Repubblica francese E. Loubet. Nel 1904 fu
insignito della Legion d'onore. Nel 1905 il Grosso portò a termine una
serie di interventi decorativi ad affresco sul soffitto della sala del
teatro Regio di Torino con cinque composizioni allegoriche (Sinfonia,
Canto, Danza, Musicatragico-lirica e
Musicacomica) andate distrutte nell'incendio del 1936. Tra gli
incarichi ufficiali si deve ricordare anche il Ritratto di Benedetto
XV (1918: Pinacoteca vaticana). Nel 1906 E. De Amicis pubblicò la
biografia dell'artista dal titolo
Gli anni della fame di un pittore celebre nella rivista La
Blouse ("Rivista sociale") di Firenze. In questo stesso anno il
Grosso diventò titolare della cattedra di pittura all'Albertina di
Torino; e dieci anni dopo, consigliere nella direzione della Società
promotrice di belle arti. Nel 1912 la X Biennale di Venezia confermò il
successo ormai consolidato della scuola torinese con le personali di V.
Avondo, C. Maggi, F. Carena, P. Canonica e dello stesso Grosso che
espose trentacinque dipinti presentati da E. Ferrettini. Si trattava di
una sorta di celebrazione della sua ormai trentennale attività, ancora
una volta non condivisa pienamente dalla critica: per esempio, da U.
Ojetti, che lo definì "maestro del pennello che vuol poi diluire la sua
pittura in tele inutili e magniloquenti di pura e superficiale vanità".
Allo scoppio della prima guerra mondiale il Grosso, affiliato alla
massoneria di rito scozzese, come molti artisti del suo tempo,
filomonarchico, assunse una posizione neutrale in contrasto con
l'interventismo. Nel 1915 partecipò all'Esposizione internazionale di
San Francisco con un Ritratto (ubicazione ignota). Durante la
guerra, il Grosso partecipò soltanto nel 1918 a una mostra allestita
presso la Società promotrice di Torino con due opere: Mio figlio
(1917: collezione privata) e il Ritratto della signora Clotilde
Gallo (1918, ubicazione ignota), amante dell'artista, e primo di
una lunga serie. Nel 1920 fu nominato grand'ufficiale della Corona
d'Italia e nel 1929 senatore del Regno. In questi anni si susseguirono
due personali di un certo rilievo: nel 1922 presso la Quadriennale di
Torino e nel 1926 alla galleria Pesaro di Milano con cinquantaquattro
opere presentate da L. Bistolfi. Dopo la fine della guerra, la posizione
del Grosso diventò sempre più estranea alle ricerche condotte dai suoi
ex allievi; e significativo è il giudizio di G.L. Marini: "la Belle
Époque è irrimediabilmente conclusa e Grosso è guardato come lo
splendido monumento ad esso sopravvissuto". In lui si vedeva infatti il
simbolo di un'arte tradizionale, ostacolo alla comprensione dei nuovi
pittori che facevano quadrato attorno a F. Casorati. Gli unici critici
che lo difesero furono E. Zanzi (1938) e M. Bernardi (1936) che in
particolare ne apprezzava la "pittura-pittura", la sua ostinata ricerca
del bello (documentazione presso l'Archivio storico della Galleria
nazionale d'arte moderna di Roma).
Nel 1931 fu invitato alla I Quadriennale nazionale di Roma dove presentò
Paesaggio, La Madonna delle rose (ubicazione ignota) e
Funghi (1924: collezione privata), opera, quest'ultima che rivelava
una nuova attenzione per la natura morta. Nel 1934 partecipò alla mostra
parigina dedicata a "L'art italien des XIXe et XXe siècles", con la già
citata opera Mio padre del 1887. Nel 1936 fu organizzata una
personale dell'artista al salone "La Stampa" di Torino che riscosse un
grande successo di pubblico: in quindici giorni fu visitata da oltre
120.000 persone. Il Grosso morì a Torino il 14 genn. 1938.
Tiziana Musi - Dizionario Biografico
degli Italiani - Volume 60 (2003) -
treccani.it
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