Roma, 08/06/1843 - 07/03/1921
Nato a Roma l'8 giugno 1843, mortovi il 7 marzo 1921. Allievo di Achille
Vertunni all'Accademia di San Luca, e di Mariano Fortuny; conosciute
all'Esposizione di Firenze le opere di Morelli, Palizzi ed Altamura,
decise di ricominciare gli studi copiando, dal vero. Trattò con abilità
e fortuna il quadro storico, il paesaggio, il quadro di genere. Viaggiò
l'Italia, la Francia, la Spagna, e l'Inghilterra e coprì, in patria,
cariche importanti. Espose alle principali mostre europee.
Si rammentano fra i suoi quadri: Una domenica mattina fuori porta del
Popolo a Roma, nella Galleria d'Arte Moderna di Roma, premiata con
medaglia d'oro di prima classe alla prima Internazionale di Monaco di
Baviera; Dopo la questua, premiata con medaglia d'oro a Vienna
nel 1873; Un mercante di cose antiche a Toledo, premiata con
medaglia d'oro a Parigi nel 1875; Il battesimo e Avanti il
battesimo nell'Isola d'Ischia, esposte al Salone di Parigi nel
1876-1878; Dopo la benedizione, premiata a Napoli nel 1877; Lo
scrivano pubblico e Passatempi in giardino, acquistate dalla
Galleria Nazionale di Budapest; La fuga del papa Eugenio IV,
esposta a Roma nel 1883, ora in quella Galleria d'Arte Moderna; La
Via Flaminia, esposta a Roma nel 1893; La processione delle
quarant'ore; Le ammantate, con la quale vinse il premio
Muller nel 1906; Il Tevere e Ponte Sisto, esposte nel 1915
all'Internazionale di San Francisco.
Nel Museo di Groninga si conserva Città di Roma; nel Museo Simu
di Bucarest, Il mercato di Campo dei Fiori; nella Galleria d'Arte
Moderna di Milano, Mercato di frutta. Altre opere: Lo sposo
deve bere; Figlie di patrizie e di plebee; Paesaggio alpino,
proprietà del prof. Nicola Carraro di Milano; Via Appia, nella
raccolta del grand'uff. Attilio Pirotta di Milano. Fu reputato
acquafortista.
(A. M. Comanducci)
Nacque a Roma l'8 giugno 1843. Il padre, Giovanni Battista, di origine
trentina, appartenente a una nobile famiglia decaduta, era un piccolo
antiquario e un appassionato d'arte; la madre, Maddalena Vergè, romana,
lavorava come sarta. Ricevette la sua prima educazione artistica da E. Pastina, pittore
paesista napoletano domiciliato presso la sua famiglia. La formazione
proseguì poi, dal 1855 al 1861, presso l'Istituto di belle arti e
ancora, nel 1861 e per un solo anno, presso l'Accademia di S. Luca.
Sempre nel 1861 la visita alla I Esposizione nazionale di belle arti a
Firenze, dove lo Joris fu particolarmente colpito dalle opere di F.
Palizzi, D. Morelli e S. Altamura, fu determinante nell'indirizzare la
ricerca pittorica dell'artista verso lo studio della natura e la ripresa
dal vero e nell'avvicinarlo alle innovazioni apportate dalla scuola
toscana, con una particolare attenzione all'uso della macchia.
Nel 1864 dipinse La passeggiata di Pio IX al Pincio (Roma, Museo
di Roma), caratterizzata dal formato allungato e dalla luce chiara e
diffusa, come sovente avveniva nella pittura romana del periodo.
Negli anni Sessanta iniziò a frequentare lo studio di A. Vertunni, dove
veniva pagato a giornata per i lavori eseguiti. È stato di recente
ipotizzato che molti dipinti firmati Vertunni siano invece da attribuire
alla mano dello Joris e di P. Barucci. Nel 1866 in compagnia
dello stesso Vertunni si recò a Napoli, dove conobbe Morelli e Palizzi.
Ed è di questo momento l'opera Terrazza a Sorrento (Roma, Galleria
comunale d'arte moderna e contemporanea), ispirata dalle ricerche
luministiche dei due capiscuola napoletani, per la valorizzazione
spaziale e per lo studio timbrico del colore nella luce. A Napoli Joris
ebbe inoltre modo di visitare la galleria Vonwiller, nella cui
collezione, secondo il gusto di Morelli, che ne era il curatore
artistico, erano presenti soprattutto opere espressione di "un
naturalismo legato alla tradizione del vedutismo napoletano ricomposto
entro i canoni accademici" (Canevari - Fusconi, 1999), che
avevano cioè le stesse caratteristiche dei suoi dipinti in quel
periodo.
Nel 1867 il pittore aprì il suo primo studio sulla via Flaminia a Roma.
Del 1867-68 sono Contadino con un fascio di legna e I funerali di Cesare Fracassini appartenuti alla collezione del pittore G. De Sanctis (Roma,
Galleria comunale d'arte moderna e contemporanea, in deposito presso il
Museo di Roma).
Verso la fine degli anni Sessanta Joris studiò dal vero i dintorni di
Roma in compagnia, tra gli altri, di U. Coromaldi, di C. Biseo e del
veneziano G. Ciardi.
A testimonianza di tale studio resta una cospicua attività grafica,
oltre 1450 schizzi, raccolti in trentatré taccuini ora conservati a Roma
presso l'Istituto nazionale per la grafica, databili tra gli anni
Sessanta e il secondo decennio del Novecento, nei quali si "mescolano
l'elemento pittoresco desunto dal dilagante esempio del Fortuny allo
studio di figure dal vero" e "notazioni dal cauto, ma nitido verismo
attinto alla vita contadina e popolare" (Canevari - Fusconi, 1992).
La ripresa dal vero venne attuata da Joris anche attraverso l'ausilio
della fotografia, come testimoniano le stringenti analogie tra il
disegno Donne di Olevano alla fontana di su (1878; Roma, Istituto
nazionale per la grafica) e una lastra di I. Cugnoni o di uno dei
fotografi che si celano dietro il suo nome (1872 circa) conservata a
Roma nel Gabinetto fotografico nazionale.
Ancora alla fine degli anni Sessanta si consolidò il legame tra Joris e
la comunità dei pittori spagnoli residenti a Roma che gravitavano
nell'orbita di M. Fortuny, quale tra gli altri R. Tusquets. Joris si
specializzò allora in un genere pittoresco e commerciale che gli valse
l'interesse del mercante francese A. Goupil, al quale fu legato da
contratto dal 1868 al 1875; e probabilmente fu proprio Fortuny il
tramite tra Joris e il mercante d'arte.
Nel 1869, invitato dal pittore tedesco W. Wider, inviò La via
Flaminia in un mattino di domenica all'Esposizione internazionale di
Monaco di Baviera, ottenendovi la medaglia d'oro di prima classe.
Esposto nuovamente al Salon di Parigi del 1877, il quadro fu acquistato
dallo Stato per la Galleria nazionale d'arte moderna di Roma nei primi
anni del Novecento, con il titolo mutato in Una domenica fuori porta del
Popolo. Al 1869 si data il quadro Fontana di via Flaminia con buttero e
ciociara conservato al Museo di Roma, presso cui si trovano altre opere
dello Joris, quali il dipinto Veduta del Tevere con il tempio di Vesta; la
tempera su carta Contadini ciociari presso dei ruderi; l'acquerello
Donna in costume laziale; e, dalla collezione di G. De Sanctis,
Paesaggio
con figure, Il Tabularium, due Paesaggi e Sei figure in movimento. Al
Museo di Roma è inoltre conservata una tavolozza dipinta da vari artisti
(oltre a quella dello Joris vi sono, fra le altre, le firme di F. Jacovacci
e di G. Gabani) offerta nel 1883 in dono al commendatore G. Pinelli,
proprietario della tenuta di Tor Cervara, meta ogni anno della famosa
festa degli artisti.
Sin dall'inizio degli anni Settanta la circolazione delle sue opere in
Francia, Inghilterra, Spagna, paesi nei quali Joris compì anche diversi
viaggi, gli fece raggiungere un buon grado di notorietà.
Nel 1870 era a Londra, dove espose La via Flaminia in tempo di
pioggia. Tra il 1870 e il 1872 un viaggio in Spagna fu l'occasione per
rinnovare, attraverso soggetti ispirati al colore locale, il proprio
repertorio. È ascrivibile a questo periodo Antiquario a Toledo
(Barletta, Pinacoteca comunale) dipinto sulla scia delle ricostruzioni
d'ambiente fortuniane, che ottenne nel 1875 una medaglia d'oro a Parigi.
Sempre nel corso degli anni Settanta Joris soggiornò più volte a Parigi,
dove ebbe modo di conoscere la pittura impressionista ed entrò quasi
certamente in contatto con G. De Nittis, del quale doveva conoscere
l'opera, come testimoniano le analogie tra alcuni suoi quadri, quale
Agli Champs-Elysées (1875 circa), e numerose scene parigine
dipinte dal pittore pugliese.
Lo sviluppo della produzione dello Joris sin dall'inizio degli anni
Settanta si articolò attraverso la sua assidua partecipazione alla vita
delle associazioni artistiche romane. Nel 1870 venne fondata
l'Associazione artistica internazionale, della quale entrò a far
parte sin
dall'inizio, partecipando alle esposizioni del gruppo che si tennero
dapprima presso la casina del Pincio e poi nella nuova sede in via de'
Condotti e collaborando alla decorazione di entrambe le sedi.
Nel 1873 decorò, infatti, il salone superiore della casina del Pincio, sede sociale dell'Associazione, con il "grazioso sfondo di un
teatro comico" (Rinaldi) e, nel 1874, il salone espositivo di
via de' Condotti insieme con F. Jacovacci, D. Bruschi, C. Barilli e C.
Biseo con scene raffiguranti le feste di Tor Cervara.
Nel 1875, anno di fondazione della Società degli acquarellisti in Roma,
Joris fu chiamato da E. Roesler Franz e N. Cipriani, insieme con C.
Biseo, V. Cabianca, O. Carlandi, C. Maccari, A. Simonetti, G. Simoni e
R. Tusquets, a far parte del gruppo dei dieci fondatori. In questo periodo si legò di particolare amicizia con P. De
Tommasi, dedito anch'egli alla tecnica dell'acquerello.
Nel 1876 partecipò alla II Mostra degli acquarellisti con Battesimo a
Rocca di Papa. Nello stesso anno ottenne l'onorificenza di cavaliere
della Corona e fu presente al Salon di Parigi con Il battesimo e
Avanti
il battesimo nell'isola d'Ischia. Nel 1877 Dopo la benedizione
fu premiato all'Esposizione nazionale di Napoli e favorevolmente
recensito da F. Netti che ne giudicava la pittura "accurata e sicura",
il colore "robusto ed evidente", e "tutta la scena" prova di uno "studio
penetrante fatto sul vero e sul posto".
Nel 1878 si presentò all'Esposizione universale di Parigi con una
composizione allegorica, La Civiltà che fuga l'Ignoranza, oltre ad altri
due dipinti, probabilmente gli stessi già esposti sempre a Parigi nel
1876. Nel 1881 partecipò all'Esposizione nazionale di Milano con Vecchio
antiquario e Dopo la questua.
Nel 1883, in occasione dell'Esposizione nazionale di Roma, Joris
presentò Fuga di papa Eugenio IV (Roma, Galleria nazionale d'arte
moderna), quadro di grande formato nel quale l'artista si cimentò nella
pittura di storia, compiendo una scelta analoga a Jacovacci, Biseo e
Cipriani.
Il quadro fu giudicato assai favorevolmente da Costa, che ne sostenne
l'acquisto da parte del ministero della Pubblica Istruzione, mentre non
piacque a Netti, che pur ravvisandovi "degli insiemi giusti" aggiungeva:
"quella pittura grigia, e un po' uniforme, il disegno indebolito mi pare
che dipingano lo stato d'animo di un pittore senza entusiasmo durante la
esecuzione della sua opera". Netti vi leggeva, inoltre, "la traduzione
di un racconto, fatta con rassegnazione, come per adempiere un dovere",
mentre riteneva che lo J. divenisse "un altro pittore nella semplice e
naturale figura, La serva di casa e nei due acquerelli, Il tempio di
Antonino e Faustina e Sulle rive del Tevere, così evidenti di fattura e
così giusti di tono" presentati alla stessa mostra romana del 1883.
Nel 1887 il Museo di belle arti di Budapest acquistò Lo scrivano
pubblico e Ricreazione in giardino. Nel corso degli anni Ottanta e
Novanta Joris partecipò con una certa regolarità alle mostre della
Società degli amatori e cultori delle belle arti (di cui nel 1900
divenne consigliere in qualità di cultore).
Fu presente tra le altre all'esposizione del 1885, quando i sovrani
acquistarono il suo quadro Vanità campestre (Roma, Quirinale; ripr. in
Gli appartamenti?,), inviato alla villa reale di Monza, dove,
proprio in quegli anni, si stava formando una collezione di sue opere. Alla mostra del 1889 presentò vari dipinti a olio:
Lavandaia, Mercanteggio di un capo d'opera, Dall'ortolana, Studenti a
Granada; e in quella del 1901 gli venne riservata, per la prima volta,
una sala personale in cui espose ventisei opere tra bozzetti e dipinti.
Con uguale regolarità fu presente alle mostre dell'Associazione degli
acquarellisti, con cui continuò a esporre fino al 1915. Nel 1892 alla
mostra degli Acquarellisti allestita insieme con gli Amatori e cultori
presentò l'acquerello La fuga d'Eugenio IV papa (ripr. in Mammucari, p.
59), traduzione del dipinto esposto nel 1883.
In quegli stessi anni partecipò a numerose esposizioni nazionali e
internazionali, ricevendo anche importanti riconoscimenti ufficiali.
Nel 1893 alla Permanente di Milano il suo dipinto Lavandaia fu premiato
con la medaglia d'oro. Nello stesso anno venne premiato alla mostra che
le tre associazioni artistiche della capitale, l'Associazione artistica
internazionale, gli Acquarellisti e gli Amatori e cultori tennero
congiuntamente.
Nel 1896 prese parte all'Esposizione internazionale di Berlino e
collaborò con Biseo e Jacovacci alla realizzazione di una serie di tele
di soggetto religioso per il ras etiopico Makonnen destinate a chiese
dell'Etiopia. Nel 1898 partecipò all'Esposizione nazionale di San
Pietroburgo e a quella di Torino. Nel 1900 al Salon di Parigi ottenne la
medaglia d'oro con La processione delle ammantate a S. Pietro e
Giovedì
santo (Roma, Accademia nazionale di S. Luca), che gli valsero anche la Legion d'onore. Quest'ultimo dipinto fu successivamente premiato a
Dresda nel 1901, e nel 1905 ottenne dall'Accademia di S. Luca il premio
Müller. Nelle collezioni dell'Accademia figurano anche un suo
Autoritratto, del 1905, e la copia, del 1902, dell'autoritratto
dell'accademico D. Pellegrini.
Nel 1904 collaborò all'illustrazione del volume di E. De Fonseca I
Castelli romani, edito a Firenze da Alinari, illustrando quattro tavole
dedicate a Genzano, Ariccia, Sulla strada vecchia tra Albano e Ariccia,
Albano. Nel 1905 partecipò alla VI Biennale veneziana con il dipinto
Lavandaie. Anche nel corso del primo ventennio del Novecento continuò
con assiduità la sua partecipazione agli Amatori e cultori, nel 1915 in
una personale con dieci opere di rilievo, tra cui Giovedì santo, S.
Carlo, Ponte Sisto, Crepuscolo, Venerdì santo, Aracoeli, e nel 1920 con
sedici opere.
Lo Joris morì a Roma il 7 marzo 1921.
Pochi giorni dopo la sua morte si aprì la II Biennale romana dove
vennero esposte quattro opere a testimonianza dell'apprezzamento della
sua arte, sottolineato dallo scritto in catalogo di M. De Benedetti
(Trastulli, p. 260), che si sofferma sul forte legame tra l'arte dello
Joris e la sua città. Successivamente, dal 18 al 25 aprile 1922, si tennero,
nel suo studio al n. 3 di via Maria Cristina a Roma, l'esposizione e la
vendita delle sue opere e della sua importante collezione di quadri
antichi e moderni, mobili classici, tappeti persiani e altri oggetti di
vario genere.
Monica Vinardi - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 62
(2004)
-
www.treccani.it
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