Camerino, 17/01/1861 - Parigi, 12/12/1916
Nacque a Camerino il 17 genn.
1861 da Primo, insegnante, e da Venanzia Bartoloni. Costretto sin da
bambino a seguire gli spostamenti della famiglia, visse in Emilia, nei
dintorni di Napoli e infine, nel 1880, a Roma, suo luogo di residenza
fino a fine secolo.
Nel frattempo si era fatto conoscere "a sedici anni, con bozzetti di
cartellini policromi per bottiglie di liquori, graziosamente decorati di
fiori e di frutta", aveva realizzato "un piccolo quadro di monache", che
espose nel 1879 alla mostra annuale della Promotrice di Bologna, e,
grazie alla mediazione di L. Busi, era entrato nella scuola del nudo
presso l'Accademia felsinea di belle arti (Pica, 1904, p. 295).
A Roma il giovane Macchiati entrò in contatto con G. Balla, U. Boccioni, D.
Cambellotti, Sibilla Aleramo e altri intellettuali fortemente
affascinati dal mito del progresso; con loro fece lunghe ricognizioni
nella campagna romana con occhio rivolto alla situazione contadina. Tali
presupposti avrebbero consentito al M., in Francia, una profonda
amicizia con lo scrittore socialista H. Barbusse.
Del periodo romano si conoscono, tra le altre cose, qualche scena
domestica e alcuni ritratti. Appartiene a quegli anni Interno di chiesa
(1888: Milano, Civiche raccolte del Castello Sforzesco), vivido
acquerello che propone l'incedere di una piccola processione e la vibratilità dell'atmosfera, anche grazie alla lama di luce che taglia la
chiesa da destra: sembra di scorgervi qualche eco del Voto di F.P.
Michetti esposto proprio a Roma nel 1883. Meritevole di nota è anche
l'Autoritratto del 1890 (Milano, collezione Banzatti), caratterizzato da
pennellate rapide e pastose, che non descrivono nel dettaglio eppure
restituiscono una perfetta fisionomia nel ricomporsi dei colori.
Tuttavia il Macchiati, incapace di cedere alle lusinghe di un gusto facile o
all'imperante simbolismo di matrice dannunziana allora dilagante,
confortato da un'indole incline al realismo pittorico, proprio sul
finire del secolo scelse di dedicarsi fondamentalmente ad altro.
Dapprima alla cartellonistica pubblicitaria assieme con Balla, poi
prevalentemente all'illustrazione di libri e riviste italiani. In quegli
anni, infatti, collaborò con Sonzogno e i Fratelli Treves di Milano; nel
frattempo sposò Paolina Brancaleoni, che gli avrebbe dato due figli:
Giuseppe e Umberto. Certamente l'occasione che diede al M. la notorietà
fu la sua attività di disegnatore per le pagine della Tribuna illustrata
(1892-96).
Per la Tribuna produsse numerose scene, perlopiù illustrazioni di brani
letterari tratti dai racconti che il giornale pubblicava a puntate (tra
gli autori L. Capuana, E. Scarfoglio, S. Di Giacomo, A. Fogazzaro e L.
Pirandello). Assai disinvolto nel padroneggiare la tecnica
dell'acquerello e della penna, il Macchiati si qualificò subito come testimone
d'eccezione della modernità dei tempi, dando luogo a figure eleganti,
aggraziate e delicate senza mai cadere nell'affettazione o nella
leziosità.
Nel 1898 il Macchiati fu chiamato a Parigi dall'editore Lemerre, che nell'arco
di un biennio gli diede da illustrare quattro romanzi di P. Bourget;
essi, seppur oggi definiti "facili romanzi per le casalinghe del tempo"
(De Grada - Frezza Macchiati, S. M. illustratore, p. 9), diedero modo al
Macchiati di dispiegare la propria abilità nel rappresentare con esattezza gli
stati d'animo dei personaggi attraverso l'esaltazione delle espressioni
facciali e la minuziosità delle ambientazioni. A Parigi non gli
mancarono gli affetti: conobbe la modella Marie (detta Mie), che sposò
in seconde nozze nel 1900, e nella casa di Fontenay-aux-roses diede
ospitalità all'amico Balla, allora in difficoltà, che convinse a
disegnare etichette per la nota ditta torinese Moriondo e Gariglio.
Nuovi editori richiesero la sua firma: in primo luogo Hachette, ma
soprattutto Fayard, che gli consentì di misurarsi con testi di maggior
pretesa culturale, quali Lettres de femmes, Le mariage de Julienne, Le
moulin de Nazareth, Nimba, tutti di M. Prévost.
In Francia il Macchiati riprese a dipingere, spinto dall'amore mai sopito verso
la natura, in quei luoghi ravvivato dalla cultura impressionista.
Sebbene il suo stile si qualificasse come divisionista, sembra che egli
non avesse abbracciato gli aspetti ideologici del movimento mantenendo
"una impronta italiana [(] nella malinconia dei tramonti, nella
vibrazione degli alberi in primavera, nel piacere romantico degli
orizzonti" (De Grada - Frezza Macchiati, S. M. pittore, p. 13). Fu per
queste caratteristiche che V. Grubicy, vedendo le sue tele, spinse il
fratello Alberto a coinvolgere il Macchiati nella grande mostra organizzata
presso la galleria parigina di famiglia.
L'olio Camilla dans le jardin (Milano, collezione Nuvolari), databile ai
primi del Novecento, non conosce le nebbiose atmosfere divisioniste, ma
anzi brilla di una luce giocata sulle nuances del verde, mentre le
pennellate, brevi e fitte, suggeriscono il moto con risultati analoghi
alle coeve ricerche di Balla. Maggiore contrasto cromatico si osserva
nel Paesaggio del 1903 (Bologna, Galleria d'arte Bottegantica), giocato
sui toni del rosso, del viola e dell'arancio; mentre in La charrue
abandonnée (1903: Voghera, collezione Bellini) in qualche modo fa suoi
lo stile e la poetica di F. Millet: nella desolazione dell'aratro in
mezzo a un campo v'è forse la rievocazione del peregrinare nei dintorni
di Roma in cerca di testimonianze sulla faticosa vita degli abitanti
della campagna.
Tuttavia il merito maggiore del Macchiati resta quello di aver contribuito alla
valorizzazione dell'illustrazione come mezzo di diffusione dell'arte e
del costume. All'inizio del Novecento iniziarono per lui nuove
collaborazioni: con l'editore Lafitte, che gli diede un maggiore
successo editoriale, con la tedesca Illustrierte Zeitung di Lipsia e coi
rotocalchi francesi Figaro illustré (1902-03) e Je sais tout (1905-16).
Il legame con le case editrici italiane perdurò anche mentre il Macchiati era
all'apice del successo. Si ricordano sia le tavole per la Divina
Commedia novamente illustrata dei Fratelli Alinari (Firenze 1902-03, poi
ampliata e riedita nel 1922) sia l'uscita, nel 1913, dei Racconti di
Natale di Cordelia (Virginia Tedeschi) per i tipi di Treves, con figure
sue, di G. Colantoni e di E. Dalbono, noto illustratore di fiabe per
ragazzi.
Il Macchiati partecipò a importanti rassegne, soprattutto italiane. A Roma,
all'esposizione "Bianco e nero" organizzata dalla Società degli amatori
e cultori inviò un'illustrazione e alcuni acquerelli a monocromo,
meritando l'apprezzamento del critico V. Pica, che su di lui avrebbe in
seguito scritto in più occasioni sempre in termini elogiativi. Qualche
anno dopo, nel 1908, il Macchiati fu tra gli espositori invitati alla I
Biennale romagnola d'arte, tenutasi a Faenza e sempre dedicata al bianco
e nero, in cui presentò La visione e La mano della scimmia.
Considerato tra i più importanti artisti italiani in Francia dopo G. De
Nittis e F. Zandomeneghi e tra i più rilevanti illustratori italiani a
Parigi insieme con O. Tofani e L. Rossi (Pallottino, p. 187), il 28 apr.
1910 il Macchiati fu insignito da Vittorio Emanuele III del cavalierato della
Corona d'Italia.
Morì a Parigi il 12 dicembre 1916.
Nel 1922 la XIII Biennale veneziana (che già nelle edizioni del 1901 e
del 1907 aveva visto la presenza del M.) allestì una sala interamente a
lui dedicata, con la cura scientifica di Pica e di E. Rubino, contenente
trentadue dipinti di vario soggetto.
Federico Trastulli - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 67 (2006) -
treccani.it
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