Asti il 17/06/1887 - Torino, 23/07/1983
Nacque ad Asti da Giovanni, calzolaio, e da Giuseppa Bay. Scoperta
precocemente la propria vocazione artistica, intorno al 1900 il Manzone
iniziò a frequentare lo studio del pittore Paolo Arri. Nel 1901, grazie
a un sussidio del Municipio di Asti, si trasferì a Torino per
frequentare l'Accademia Albertina, dove ebbe come insegnanti G. Grosso,
P. Gaidano, A. Marchisio, A. Tavernier e C. Gaudina. In questi anni
torinesi, stimolato dal vivace clima culturale della città, poté
aggiornare la propria cultura artistica, come ricorderà lui stesso
rievocando in una tarda nota autobiografica; gli artisti che
maggiormente segnarono questa sua giovanile fase di formazione: da A.
Fontanesi ai divisionisti, dai preraffaelliti inglesi a A. Böcklin, allo
scultore L. Bistolfi, con cui il Manzone strinse una profonda e durevole
amicizia.
L'esperienza torinese si concluse nel 1907; dopo l'esordio, avvenuto nel
maggio di quell'anno alla LXVI Esposizione della Società promotrice e il
conseguimento del diploma il 26 giugno 1907, il Manzoni, beneficiando di
un altro sussidio del Municipio di Asti, si trasferì a Firenze. Qui,
dove soggiornerà sino al 1913, strinse particolare amicizia con Lorenzo
Viani. Determinanti per i futuri esiti della sua pittura dovettero
rivelarsi la conoscenza delle opere dei macchiaioli, quelle dei tedeschi
attivi a Firenze, come M. Klinger e Böcklin, nonché quelle degli
impressionisti e dei post-impressionisti; un'attenzione non minore il
Manzone rivolse all'arte dei primitivi e del Rinascimento, interesse
esplicitato anche tramite l'attività di copista, come testimoniato dalla
tela Venere con le tre grazie (Asti, Museo civico), tratta
dall'originale di J. Jordaens agli Uffizi. Negli ultimi anni fiorentini
realizzò Ritratto di vecchio militare, esposto nel 1911 alla
Promotrice torinese e acquistato per il Museo civico di Torino. Intorno
al 1913 è da collocare anche una prima produzione di nature morte,
genere poi praticato, seppure sporadicamente, per tutto l'arco della
propria attività, con opere caratterizzate da un evidente riferimento al
realismo quasi illusionistico dei fiamminghi, quali Natura morta con
prugne (1914: Asti, Museo civico).
Nel 1913 il Manzone tornò definitivamente ad Asti, dove il 28 maggio
sposò Felicita Michelina Amerio, maestra elementare conosciuta nello
studio di Arri, da cui avrà due figli: Riccardo, nato nel 1914, e, nel
1919, Leonarda (Iada), così chiamata in onore di Bistolfi. A partire dal
suo ritorno in Piemonte il Manzone avviò un'intensissima attività
espositiva, che si protrasse senza flessioni sino alla fine della sua
carriera, prendendo parte, nel corso dei decenni successivi, in modo
sistematico alle collettive d'area piemontese, a numerose rassegne
nazionali (fra cui la Primaverile fiorentina del 1922, varie edizioni
della Biennale veneziana e della Quadriennale romana), nonché
all'Esposizione internazionale di Barcellona (1929).
Consacrato quale valente ritrattista con Ritratto di vecchio
benestante alla Biennale di Venezia del 1914 (prima partecipazione
alla rassegna che lo vedrà presente ininterrottamente fino al 1936 e
ancora nel 1948), nel 1917 il Manzone presentò all'Esposizione della
Società degli amici dell'arte di Torino Verso l'esilio, allegoria
dallo stile asciutto e serrato acquistata dal locale Museo civico, una
delle poche opere riferibile a una matrice apertamente simbolista. Già
intorno al 1916, tuttavia, il Manzone aveva avviato una nuova fase della
propria ricerca, indirizzandosi verso un linguaggio caratterizzato da
una vibrante stesura di tocco d'intensa luminosità, di ascendenza
impressionista e postimpressionista. Tale ricerca, approfondita nel
corso del decennio successivo, è illustrata da opere quali Mio padre
e soprattutto da alcune vedute urbane e paesaggi ispirati ai luoghi
natii, quali la Casa del pesce d'oro.
Nel corso degli anni Venti il Manzone si indirizzò sempre più verso
soggetti ispirati al Monferrato. Mosso da un profondo amore per la
propria terra, a partire da questi anni si dedicò in prevalenza al
paesaggio - pur senza abbandonare lo studio della figura, ora
solitamente rappresentata in interni domestici, come in Pomeriggio
domenicale - prediligendo i motivi della campagna e delle colline
del Monferrato e del lavoro contadino.Tale orientamento è testimoniato
dai dipinti realizzati fra gli anni Venti e Trenta, contrassegnati da
una particolare felicità cromatica; dal punto di vista formale in questi
anni il Manzone alternò opere caratterizzate da stesure à taches, ora
più vibranti ora più vaporose, quali Strada del Monferrato (1924)
e Il canneto (1933), ad altre dalla superficie cromatica più
levigata, di grande luminosità, più sintetiche e precise nella
definizione delle forme, quali Lavandaie sul Tanaro (1939). Nel
corso di questi anni il Manzone propose gli esiti di tale indagine in
numerose collettive fra cui, nel 1929, alla prima Sindacale torinese
che, con l'assegnazione di un'intera parete, ne sancì la definitiva
affermazione sulla scena artistica locale. Nel 1930 allestì la sua prima
personale presso il Circolo sociale di Asti, riscuotendo un discreto
successo.
Negli anni successivi diversi suoi dipinti entrarono a far parte di
importanti collezioni pubbliche e private: fra questi, Marina,
acquistata nel 1932 alla XVIII Biennale di Venezia per la Galleria
nazionale d'arte moderna di Roma; Mattino, selezionato nel 1935
alla II Quadriennale romana dalla Civica Galleria d'arte moderna di
Torino; e ancora Neve e Contadini, entrati a far parte
delle collezioni della Galleria d'arte moderna di Milano in occasione
della mostra tenuta dal Manzone nella città lombarda nel 1934 (Casa
d'artisti) insieme con D. Valinotti e G. Calvi di Bergolo. Con questi
artisti il Manzone espose più volte nel corso degli anni Trenta.
Dopo il difficile periodo bellico, segnato nel 1941 dal breve
trasferimento a Rocchetta Tanaro e dalla perdita del primogenito
Riccardo morto nel 1943 in Russia, il Manzone riprese con immutato
fervore la propria intensa attività creativa, espositiva e di promotore
artistico. Nel 1950 si trasferì con la moglie presso la figlia Iada e il
genero Renato Malvano nella loro casa in Val Pattonera sulle colline
torinesi. Continuò tuttavia a mantenere strettissimi rapporti con
l'ambiente astigiano, partecipando fra l'altro alle attività della
locale Società Promotrice delle Belle Arti, di cui diverrà presidente
nel 1956. Nella produzione successiva al dopoguerra la "serena" visione
dell'artista non subì sostanziali mutamenti con opere caratterizzate da
una calibrata semplicità d'impianto e da una notevole sensibilità
cromatica, fra cui spiccano le diverse vedute della Val Pattonera quali
Inverno e le marine come Isola d'Elba realizzate a partire
dal 1951, dopo un soggiorno nell'isola.
Negli ultimi decenni il Manzone continuò a partecipare con regolarità a
numerose collettive locali e nazionali, fra cui, dal 1957, quelle
promosse dall'associazione "Piemonte artistico e culturale". Tenne,
inoltre, diverse personali, tra le quali si ricordano l'antologica
dedicatagli nel 1966 dalla città di Asti (battistero di S. Pietro) e
quella allestita nel 1968 a Torino per i suoi ottant'anni (galleria
L'Approdo), in cui l'artista espose anche la recente produzione di
pastelli. Dopo la morte della moglie, avvenuta il 26 genn. 1970, il
Manzone si avvicinò anche alle tecniche dell'incisione, traducendo i
temi della sua pittura in diverse serie litografiche e di acqueforti di
estrema semplicità iconografica e formale.
Francesca Lombardi - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 69 (2007) -
treccani.it |