Tocco da Causaria (Pe), 02/10/1851 - Francavilla al
Mare (Ch), 05/03/1929
Nato a Tocco da Causaria il 2 ottobre 1851, morto a Francavilla al mare
il 5 marzo 1929.
Sovvenuto dal Comune di Chieti,
s'iscrisse, nel 1868, all'Istituto Delle Arti di Napoli, discepolo di
Filippo Palizzi e Domenico Morelli, dai cui
insegnamenti ben presto s'allontanò, per affermarsi in un'arte
assolutamente originale. La processione del Corpus Domini, esposto alla Promotrice Salvator Rosa di Napoli nel 1877, gli diede di colpo
la celebrità. "In esso (strive il Callari) si rivelava l'unghia del leone
nella vivacità dei colori, nella grazia della trattazione delle figure,
nella luminosità festante dell'insieme, e l'artista indicava chiaramente
quale fosse il suo modo di vedere, la sua nuova idealità pittorica".
In
seguito dipinse, trionfando man mano sulle ultime acerbe critiche:
Crepuscolo; Campagna con armenti; Primavera d'amore, esposti a Parigi
nel 1878; L'ottava; Impressioni sull'Adriatico; Domenica delle Palme;
Pescatori di telline e Morticelli, esposti a Torino nel 1880;
'Studi
a tempera, composti di trentaquattro soggetti, esposti a Milano nel
Palazzo del Senato nel 1881; II voto, esporto a Roma nel 1883 e
attualmente in quella Galleria d'Arte Moderna dove è pure conservato Pastorella.
"Con II voto (scrive ancora il Callari) il Michetti diede la più grande battaglia a
quanto rimaneva di vecchio nella pittura
moderna e trionfò. Si valse essenzialmente della tecnica impressionista,
adoperando grossezza di colore e larghezza e freschezza di pennellata mai
viste, con le quali ottenne effetti potenti di rilievo, di luce e di colore,
facendo muovere, agitare una folla, parlare e tumultuare volti e
sentimenti, odorare l'ambiente, fremere di vita ogni persona e ogni cosa. Si può
affermare che oggi, a più di un quarto di secolo di distanza, nessuna
pittura ha mai raggiunto tanta potenzialità di vero e di pensiero e che
le conquiste tecniche, se pur si possono chiamar tali, di questi ultimi
anni, s'infrangono miseramente impotenti avanti a questa tela sublime,
adatta a caratterizzare un secolo darte".
Alla VI Quadriennale Romana
(1952) è stata allestita una commemorativa con molte sue opere. Il
catalogo ufficiale portava una commossa biografia di Alfredo Schettini.
Altre sue opere : La Figlia di Iorio (oggi fortunatamente tornata
in Italia), che ottenne il premio di Venezia a quella Biennale del 1895 (il
grande studio di quest'opera era nella Galleria Ingegnoli a Milano);
Gli storpi e I serpenti, esposti a Parigi nel 1900; I pastori;
Riposo di
mezzogiorno; Piccola figlia; II sonno dell'innocenza; La raccolta delle
olive; Vitellino; Fiori del folto; La mucca ammalata; Testa d'uomo
(pastello); Testa di donna (pastello) e Mare Adriatico, conservate
tutte e quattro nella Galleria d'Arte Moderna di Milano; Il
morticino,
(replica dei "Morticelli"), nella Galleria d'Arte Moderna Ricci Oddi
di Piacenza; Autoritratto; Studio per il voto; Testa di bimbo
ricciuto; Donne inginocchiate; Madre col seno scoperto e Interno
di bosco, tutte e sei di proprietà del comm. Ercole Micozzi di Roma;
II
ritorno dal pascolo e Pastorella, nella collezione del barone Carlo
Chiarandà di Napoli; Processione di fanciulle, in quella del comm.
Giorgio Falk; Autoritratto, proprietà del comm. Valentini; Contadinella,
nella raccolta del signor Guido Rossi; La gioia di vivere in quella
della signora Corinna Tro.ssiUberti; Attendendo gli sposi, in quella del
comm. Mario Rossello a Milano.
Fu anche eccellente ritrattista. Coltivò
con gusto finissimo l'acquaforte.
(A. M. Comanducci)
Nasce il 4 ottobre del 1851 a Tocco da Casauria (oggi in provincia di
Pescara) da Crispino, direttore della banda musicale del paese, nonché
compositore dilettante, e Aurelia Terzini. La
prematura scomparsa del padre e le conseguenti difficoltà economiche
della famiglia lo costringono a lavorare, sebbene ancora bambino, come
apprendista presso la bottega di un fabbro. L?impiego
però è di breve durata perché, poco tempo dopo, in seguito al nuovo
matrimonio della madre, Michetti si trasferisce con tutto il resto della
famiglia a Chieti. Avviato alle scuole tecniche, dimostra subito
una spiccata abilità per le arti grafiche tanto che, nel 1864, appena
tredicenne, inoltra una domanda di sussidio ? per poter "avere mezzo di
istruirmi nel disegno, arte per cui sento un trasporto irresistibile"
(Di Tizio, 2007) ? al Consiglio provinciale di Chieti, che però
non l?accoglie. Tuttavia, quattro anni dopo, nel 1868, Michetti riesce
ad ottenere dalla stessa amministrazione una modesta borsa di studio, di
appena 30 lire mensili, che gli permette comunque di trasferirsi
finalmente a Napoli. Qui, grazie alla mediazione dell?amico
Edoardo Dalbono, riesce a iscriversi all?Istituto di belle arti e
frequenta le lezioni di Domenico Morelli, il quale apprezza
immediatamente le doti coloristiche e disegnative del giovane allievo.
La vivacità dell?ambiente artistico e culturale partenopeo non può non
influenzare il Michetti, che presto entra in contatto con le personalità di
maggior spicco e artisticamente più all?avanguardia. Riesce infatti a
conoscere e a visitare spesso lo studio di Filippo Palizzi e soprattutto
stringe legami con Giuseppe De Nittis e Marco De Gregorio, vale a dire
con alcuni dei componenti del gruppo di artisti che allora formava la
cosiddetta Scuola di Resina. Queste frequentazioni non fanno che
rafforzare l?innata inclinazione del Michetti verso una pittura
fortemente realistica e naturalistica, anche - e soprattutto, in questa
prima fase - nella scelta dei soggetti: per lo più animali, preferiti
dall?artista "perché Palizzi li aveva messi di moda in pittura, perché
gli facevan pensare alla campagna desiderata e lontana, infine perché
come modelli non gli costavan niente" (Ojetti, 1910).
A causa di problemi disciplinari, ma anche per
un?insofferenza verso i rigidi insegnamenti accademici, nel 1869
Michetti
abbandona temporaneamente l?Accademia napoletana per far ritorno in
Abruzzo, recandosi da principio presso la famiglia a Chieti e in
seguito, per le vacanze estive, a Francavilla a Mare, dove tornerà
sempre più spesso fino a stabilirvisi in maniera definitiva nel 1878. Nel frattempo anche per
Michetti diventa una necessità
intraprendere un viaggio a Parigi che, alla fine del XIX secolo, è il
centro del mercato d?arte. Il pittore decide perciò di partire nel 1871,
avendo già stipulato, grazie alla mediazione di Giuseppe De Nittis e del
collezionista Beniamino Rotondo, un contratto con il mercante d?arte Reutlinger, accordo che prevedeva un mensile di 200 lire e che gli
avrebbe assicurato la partecipazione agli ambitissimi salons parigini.
Michetti è infatti ammesso al Salon del 1872, dove
esibisce il Ritorno dall?erbaggio, Sonno dell?innocenza, nonché, come
pare confermato dagli studi più recenti, La raccolta
delle zucche. Successivamente è invitato a presentare le proprie
opere al Salon del 1875, dove espone il dipinto La raccolta delle olive
in Abruzzo (oggi disperso), e a quello del 1876, con La processione del
Venerdì santo, Pastorelle abruzzesi, Matrimonio negli Abruzzi e il
bozzetto per la Processione del Corpus Domini.
In tutte queste occasioni le sue opere non passano inosservate e, oltre
all?apprezzamento del pubblico, gli valgono anche l?interessamento di A.
Goupil, avversario storico di Reutlinger, con il quale Michetti non
mancherà di collaborare in seguito, consolidando così la propria fama e
la propria presenza sul mercato internazionale.
Nonostante la discreta notorietà ottenuta a Parigi, tuttavia, Michetti non
abbandona definitivamente Napoli dove, nel 1874, conosce Mariano Fortuny,
stabilitosi a Portici in quello stesso anno. L?incontro con il celebre
pittore spagnolo produce inevitabilmente degli esiti tangibili nella
sua produzione: la tavolozza cromatica è schiarita e alleggerita,
abbondano i brani di virtuosismo, si stempera l?aspetto realistico,
declinato piuttosto verso il folkloristico e il pittoresco. Proprio
questi elementi sostanziano i giudizi, perlopiù mossi con intenti
denigratori, di una parte della critica - Adriano Cecioni arrivò
addirittura a considerare Michetti un "copiatore di Fortuny" e la sua
pittura "falsa, bugiarda e ciarlatana" - quando,
nel 1877, Michetti realizza per l?Esposizione nazionale di belle arti di
Napoli la Processione del Corpus Domini, il dipinto che, nonostante i
pareri discordanti, consacra comunque la sua fama in Italia. Grazie a
quest?opera, infatti, ottiene il primo premio per la pittura, che
gli vale insieme una discreta somma di denaro, ben 4000 lire, e la
nomina a professore onorario dell?istituto di belle arti di Napoli.
Ormai economicamente indipendente dalla famiglia, il Michetti elegge a propria
residenza stabile la cittadina di Francavilla a Mare dove, inizialmente,
abita in una casa presa in affitto da Tommaso Cermignani, suo futuro
suocero. Qui comincia a ricevere i propri amici gettando in questo modo
le basi per quello che di lì a poco diventerà un vero e proprio cenacolo
artistico e letterario. Fra coloro che per primi frequentano la dimora
michettiana sono il musicista Francesco Paolo Tosti e lo scultore
Costantino Barbella, che suggerisce a Michetti, probabilmente proprio durante
uno di questi soggiorni, di sperimentare il lavoro con la terracotta,
spingendolo a produrre alcune sculture, una delle quali è presentata
dall?artista all?Esposizione universale internazionale di Parigi del
1878. Interessato dunque a esplorare le
possibilità di diversi linguaggi artistici, Michetti subisce anche il
fascino dello stile giapponese, come del resto molti artisti del suo
tempo. Nel suo caso, però, l?interesse per l?arte orientale è vissuto
non come una moda passeggera bensì come un nuovo stimolo da approfondire
e perseguire. Con questo proposito, infatti, egli prende in considerazione
addirittura la possibilità di andare a insegnare all?Accademia di Tokio
dove, nel 1878, era rimasta scoperta la cattedra di pittura occupata in
precedenza da Antonio Fontanesi. Soltanto l?intervento del re Umberto I
di Savoia eviterà la sua partenza, quando ormai erano già stati
presentati tutti i documenti necessari per la domanda di assunzione.
Abbandonati quindi i propositi di espatrio, Michetti consolida piuttosto le
proprie radici e progetta un edificio ? andato distrutto durante la
seconda guerra mondiale ? da utilizzare come studio, che fa realizzare
nel 1879 sul litorale di Francavilla al Mare. A questo stesso periodo dovrebbe anche risalire la sua amicizia
con Gabriele D?Annunzio, il quale, nel 1880, ancora diciassettenne entra
a far parte del cosiddetto cenacolo michettiano: sodalizio mai
interrotto e anzi consolidatosi viepiù nel tempo, come dimostra, oltre
il sostegno critico e le numerose dediche e citazioni sparse nell?opera
letteraria del poeta, anche la copiosa e regolare corrispondenza
intercorsa tra i due.
Pur essendo un artista eclettico e versatile, Michetti continua a dedicarsi
soprattutto alla pittura, lavorando a una serie di dipinti che presenta
nelle diverse esposizioni nazionali del nuovo Stato unitario. Partecipa
infatti all?Esposizione di Firenze e a quella di Torino del 1880, mentre
l?anno seguente espone le sue opere alla mostra milanese, ottenendo in
ogni occasione consenso e di pubblico e di critica. Ma l?opera che
indubbiamente segna un?ulteriore svolta nella sua ascesa professionale è
Il voto (Roma, Galleria nazionale d?arte moderna), la celebre grande
tela (7 metri di lunghezza per 2.50 di altezza) realizzata in occasione
della Mostra internazionale di belle arti di Roma del 1883.
Il dipinto rappresenta il momento culminante della processione che ogni
anno si svolgeva a Miglianico, piccolo paese d?Abruzzo, in occasione
della festa del patrono, S. Pantaleone. Qui i fedeli, all?interno della
chiesa, assistevano al rituale voto penitenziale che consisteva nel
leccare il pavimento dal sagrato fino alla statua del santo. Come era
già successo a Napoli nel 1877, anche in questo caso la critica si
divise in due opposti schieramenti. Se da un lato si accusava Michetti di
tradire gli ideali del verismo - e tra i detrattori c?erano Cecioni in
primis, ma anche, più moderatamente, Nino Costa e Camillo Boito -
dall?altro si elogiava invece proprio la capacità del Michetti di coniugare al
sommo grado gli aspetti più propriamente realistici e popolari con un
idealismo religioso e sentimentale che in certo modo continuava e
completava l?opera della natura - e su questo versante favorevole
figuravano D?Annunzio, naturalmente, ma anche Francesco Netti e Primo
Levi, solo per citarne alcuni.
Che Michetti fosse sinceramente interessato a rendere in modo analitico e fededegno il
"vero" lo prova peraltro il ricco archivio fotografico
custodito nella sua abitazione di Francavilla, scoperto nel 1966 da
Raffaele Delogu insieme con numerosi disegni e pastelli.
Il ritrovamento ha in effetti confermato ciò che gli studiosi da tempo
supponevano, vale a dire un attento e rigoroso impiego della fotografia
da parte di Michetti quale ulteriore strumento di indagine del reale:
non per caso il cospicuo materiale raccolto era stato scrupolosamente
ordinato e catalogato in trenta sezioni diverse. Va comunque
sottolineato che l?uso che Michetti ha fatto del mezzo fotografico non
rispondeva esclusivamente a una ragione strumentale. Egli infatti
considerava la fotografia al pari della pittura e aveva pienamente
intuito le potenzialità propriamente artistiche del nuovo mezzo, in
quanto forma di espressione visiva autonoma e compiuta.
Forse troppo in anticipo su molti suoi contemporanei, dovette però
spesso nascondere o comunque tenere riservata ai soli amici intimi la
sua passione fotografica, perché, non di rado, fu accusato di copiare dalle
fotografie tradendo così, secondo i suoi detrattori, una carenza di
quella capacità inventiva necessaria a ogni buon artista.
Il successo raggiunto alla mostra romana, e comunque assicurato
nonostante le aspre polemiche, consente a Michetti di vendere Il voto al
ministero della Pubblica Istruzione ricavandone ben 40.000 lire. Tornato
nella sua Francavilla, l?artista progetta di impiegare la cospicua somma
ricevuta nella fondazione di una fabbrica di ceramiche. L?idea però non
troverà realizzazione e, il 2 giugno del 1885, deciderà piuttosto
di acquistare un antico convento di fondazione quattrocentesca ormai
abbandonato di proprietà del Comune di Francavilla. Il "conventino", come veniva spesso soprannominato nell?epistolario,
diventa la sua abitazione e il suo atelier, oltre a svolgere una
funzione di "albergo" per i suoi numerosi ospiti, fra i quali,
naturalmente, D?Annunzio, che proprio in una delle antiche celle
comporrà, nel 1888, il Piacere e nel 1894 Il trionfo della morte.
La partecipazione all?Esposizione di Venezia del 1887 interrompe un
periodo di relativa inoperosità artistica, dovuto sia a questioni
connesse alla ristrutturazione del convento sia a problemi di salute.
Per la mostra veneziana Michetti appronta tredici opere, dedicate a
soggetti campestri e festività popolari, di cui cura da sé
l?allestimento, recandosi appositamente nella città lagunare per
incorniciare e disporre i suoi lavori, giacché, come egli stesso scrive
alla commissione esaminatrice, "l?operazione è alquanto delicata e, io
sono geloso". Anche in questo caso alcuni
dipinti vengono acquistati dallo Stato e destinati alla novella Galleria
nazionale d?arte moderna di Roma, mentre tre piccole opere sono
espressamente acquisite dalla casa reale.
L?anno seguente, il 1888, segna profondamente la vita personale e
artistica del pittore. Il 22 agosto, alla presenza di quattro testimoni,
fra i quali l?immancabile amico D?Annunzio, Michetti sposa la giovane
Annunziata Cermignani. L?unione è però celebrata, contrariamente
all?usanza, senza grandi cerimonie e dal sindaco di Francavilla, nel "conventino",
al riparo dagli inevitabili commenti dei benpensanti, visto che la sposa
aveva già dato alla luce, nel maggio dello stesso anno, il primogenito
Giorgio. Dalla coppia nasceranno poi altri due figli: Aurelia, nel 1889,
e Alessandro, nel 1891. Alla completa
realizzazione familiare si accompagna, nello stesso anno, anche quella
professionale, che arriva con la prestigiosa commissione ufficiale, da
parte del re Umberto I di Savoia, del proprio ritratto e di quello della
consorte, la regina Margherita.
Da questo momento in poi si susseguono per l?artista le partecipazioni
alle esposizioni nazionali, come quella di Roma del 1893, e soprattutto
internazionali: a Vienna (1888), a Berlino (1891) ? dove presenta
addirittura 325 dipinti ? a Monaco (in due occasioni, nel 1891 e nel
1894), ad Anversa (1894), a Düsseldorf e a Londra (entrambe nel 1904). È
però alla prima Biennale di Venezia del 1895 che Michetti imprime una nuova
svolta al proprio percorso artistico esponendo la grande tela La figlia
di Jorio (Pescara, Biblioteca provinciale).
Sebbene la versione finale del dipinto sia stata realizzata in breve
tempo, la sua gestazione era stata invece piuttosto lunga e laboriosa.
La scelta del tema, ripreso nove anni dopo, nel 1904, da D?Annunzio per
la sua tragedia, era avvenuta, secondo la testimonianza lasciataci dallo
stesso poeta, a seguito di un episodio verificatosi
nella piazza di Tocco a Casauria, al quale avevano assistito entrambi
gli amici. Una bella e giovane donna "perduta" era stata fatta oggetto
di lazzi e provocazioni e inseguita per le strade del paese da alcuni
uomini, perlopiù mietitori al ritorno dal lavoro nei campi, forse
ubriachi. La scena colpisce profondamente Michetti, che si propone di farne
il soggetto di una sua opera, elaborando una quantità di schizzi,
disegni preparatori e numerosissime fotografie (per uno dei personaggi
utilizzò alcuni ritratti fotografici dell?amico De Cecco) realizzati
nell?arco di alcuni anni. Il pittore esegue quindi una prima stesura ad
olio dell?opera, che abbandona però a favore di una seconda versione
rifatta servendosi della tempera. Molto probabilmente la modifica è
dettata dal bisogno di ottenere un particolare effetto cromatico e
luministico, una minore pastosità a favore di un aspetto più chiaro e
luminoso, con contrasti chiaroscurali più nitidamente marcati. Oggi
purtroppo l?aspetto originale del dipinto è compromesso a causa della
corruzione del colore, dovuta alla cattiva riuscita della tempera usata
dal pittore: una miscela a base di glicerina di sua invenzione, per la
quale aveva ideato anche un sistema di stesura sul supporto. Resta nondimeno inalterata la costruzione
complessiva della scena, dove, secondo le parole di D?Annunzio, "non vi
è ombra di esteticismo. Ma il genio michettiano si è rivelato nei suoi
caratteri essenziali con più rigore, con più disdegno, con più asprezza,
con più violenza. È una larga tela dipinta a tempera, severissima di
disegno, sobria nel colore, semplice e fiera di sentimenti. L?anima
della nostra vecchia terra d?Abruzzo v?è manifestata con una
concentrazione mirabile".
Alcuni anni più tardi, nel 1903, il poeta chiederà all?amico pittore di
curare tanto la scenografia quanto i costumi per la rappresentazione a
Milano dell?omonimo dramma pastorale. Alla mostra veneziana il dipinto è
comprato da Ernest Seeger per la Galleria nazionale d?arte di Berlino,
anche se successivamente, nel 1932, lo Stato italiano deciderà di
acquistarlo, grazie alla mediazione del ministro Giacomo Acerbo, per
collocarlo in uno dei saloni del palazzo del Governo della Provincia di
Pescara, dove ancora oggi è esposto.
La lunga serie di consensi che arridono a Michetti sembra arrestarsi nel 1900
quando, per l?Esposizione universale di Parigi, presenta due
grandi tempere intitolate rispettivamente Le serpi e Gli storpi.
Di nuovo, l?artista trae ispirazione dal mondo religioso contadino,
richiamandosi, nel primo dipinto, alla tradizionale festa di S. Domenico
a Cocullo - in occasione della quale la statua del santo viene portata
in processione ricoperta di serpenti - e, nel secondo, al triste
pellegrinaggio degli infermi che, nella speranza di una grazia, si
dirigevano al santuario di Casalbordino. Sebbene la preparazione dei due
dipinti fosse stata complessa e faticosa, come sempre avveniva per le
opere di grande formato, e nonostante le aspettative del Michetti che sperava
in un altro successo, all?esposizione parigina le tele passano
praticamente inosservate e restano purtroppo invendute. Per tale motivo
l?artista le ritirerà tenendole poi arrotolate nel proprio studio e
permettendone la visione a pochi intimi. Solo nel 1927 saranno esposte
alla Galleria nazionale d?arte moderna di Roma e quindi acquistate dal
ministero della Pubblica Istruzione. Oggi i due dipinti si possono
ammirare nel Museo Michetti di Francavilla.
La critica ha spesso considerato la delusione ricevuta da Michetti a Parigi
il motivo principale del suo allontanamento dalla pittura a favore di un
maggiore interesse per la fotografia e, negli ultimi anni della sua
vita, anche per la cinematografia. In effetti, dopo l?esperienza
parigina egli non dipingerà più opere di grande formato, ma continuerà
comunque costantemente a produrre piccoli dipinti, schizzi e disegni,
soprattutto pastelli e tempere, oltre ad impegnarsi in attività
"parallele" quali l?illustrazione libraria e la preparazione di bozzetti
filatelici. Già nel 1895 aveva ricevuto l?incarico da parte della
società Arti et Amicitiae, sostenuta dalla regina reggente d?Olanda,
Emma di Waldeck-Pyrmont, di eseguire delle illustrazioni per un progetto
editoriale di ampio respiro. Si trattava della pubblicazione della Bible
par les plus grands artistes du monde entier - anche nota come Bibbia di
Amsterdam - che, secondo il piano dei suoi ideatori, avrebbe dovuto
essere illustrata da ventisei diversi pittori europei e tradotta in più
lingue. Michetti è chiamato a partecipare, forse anche grazie alla mediazione di
Morelli già coinvolto nell?impresa, con sei scene tratte dal Nuovo
Testamento: L?Annunciazione, Gesù scaccia i mercanti dal Tempio, Il
miracolo degli apostoli, Saul accecato presso Damasco, La visione di
Pietro e Paolo e Paolo e Sila. Benché portato a compimento,
il progetto non ebbe tuttavia la grande diffusione sperata e lo stesso
artista non rimase soddisfatto del lavoro eseguito, tanto che acconsentì
a mostrare i propri disegni solo alla Mostra del Bianco e Nero
organizzata a Roma nel 1902.
Ben diversi risultati raggiunse invece lavorando per le Poste Italiane.
Michetti aveva infatti cominciato a presentare dei bozzetti filatelici fin
dal 1901, ma per varie ragioni le proposte del pittore non avevano mai
raggiunto il definitivo completamento dell?opera in francobolli.
Finalmente, nel 1905 l?amministrazione postale sceglie uno dei disegni
approntati da Michetti ed emette un francobollo da quindici centesimi,
realizzato, per la prima volta nella storia della filatelia italiana,
grazie alla tecnica calcografica.
La lunga carriera artistica di Michetti è punteggiata dai numerosi incarichi
e dalle onorificenze ricevute da diverse istituzioni.
Fu membro dell?Accademia Pontaniana di Napoli nel 1896, dell?Accademia
romana di belle arti di S. Luca nel 1903, presidente onorario del
comitato regionale per l?Esposizione pescarese nel 1911, membro della
commissione ordinatrice della Galleria nazionale d?arte moderna di Roma
nel 1913, per limitarsi solo a un elenco parziale. Ma il riconoscimento
indubbiamente più prestigioso gli giunge nel 1909, allorché venne
nominato senatore del Regno.
Risale al 1910 l?ultima sua apparizione ad una mostra pubblica. In
quell?anno partecipa infatti alla IX Esposizione internazionale d?arte
di Venezia con quindici paesaggi abruzzesi (tempere), esposti in una
sala a lui riservata.
Ancora una volta il pittore ricorre soprattutto alla tempera giacché,
come ricorda la testimonianza di Ugo Ojetti, che lo incontrò nella città
lagunare, "adesso egli pensa che la sua tempera sia trasparente,
maneggevole, definitiva, e solo per questo ha dipinto in poco tempo
quindici paesaggi e ha accettato l?invito di Venezia e li ha esposti. Ha
perduto molto tempo per far presto".
Negli ultimi anni, la pittura di Michetti sembra in effetti improntata a una
deliberata rapidità di esecuzione che, nelle intenzioni dell?artista,
riduce l?immagine alla sua essenza primaria, conferisce all?opera un
autentico realismo e rende possibile il perfetto connubio fra la
rappresentazione e il vero.
Di nuovo emerge qui il confronto ormai costante con gli studi
fotografici: l?interesse di Michetti si concentra infatti non solo sulle
nuove possibilità tecniche, ma si sforza di emancipare le inedite
capacità espressive e testimoniali del mezzo fotografico. Attraverso la
documentazione diretta e immediata garantita dalla fotografia e grazie
alla sua possibilità di esaltare gli effetti di movimento - come si vede
nella serie dedicata alla mattanza dei tonni ad Acireale del 1907 - il
Michetti approda, nel secondo decennio del Novecento, alle esperienze
cinematografiche, esperienze di cui, purtroppo, rimangono poche tracce.
Il lungometraggio dedicato ai Volti d?Abruzzo e realizzato tra il
1923 e il 1925 è andato disperso, mentre restano solo alcuni frammenti
cinematografici girati a Roma ed un breve documentario.
Nel febbraio del 1929 Michetti si ammala di broncopolmonite durante un
soggiorno a Casoli, dove si era recato per far visita alla figlia
Aurelia. Trasportato immediatamente nella sua casa di Francavilla a
Mare, muore poco più tardi, il 5 marzo 1929.
Michele Di Monte - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 74
(2010)
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