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Livorno, 30/06/1869 - Parigi, 07/03/1939
Alfredo Muller nacque a Livorno, città che lasciò presto per frequentare
i corsi di pittura a Firenze e a soli diciasette anni espose alla I
Mostra livornese. Per problematiche finanziarie la famiglia si trasferì
a Parigi, dove il giovane artista continuò ad arricchire la propria
formazione. Il suo spirito risultò però irrequieto nei confronti dei
rigidi dettami accademici, il che lo spinse a ricercare nuove soluzioni
cromatiche e luministiche e a volgere l'attenzione verso gli artisti
impressionisti. Iniziò così un fervente periodo di produzione artistica,
criticata però dai colleghi italiani, perchè troppo legata all'operato
di Monet. Muller mantenne sempre rapporti con la Toscana, esponendo alle
Promotrici di Firenze e facendo tappa nella città periodicamente.
Alla Promotrice del 1890-1891 Muller presentò sei opere in linea con il
suo nuovo stile, già molto apprezzato da alcuni dei giovani artisti a
lui contemporanei, ma anche criticato da coloro che lo accusarono di
aver tradito le proprie origini. Nonostante il costante dibattito
attorno alla sua figura artistica, Muller continuò a presenziare sulla
scena artistica fiorentina, e tornato a Parigi nel 1895 ribadì le sue
scelte linguistiche entrando in rapporto diretto con gli artisti
impressionisti, divenendo amico di Renoir, Lautrec e Cézanne.
Soprattutto la conoscenza di quest'ultimo si rivelò determinante ,
poiché lo portò ad approfondire la ricerca suoi volumi, su forme
compositive geometriche e a modificare il tratto della sua pennellata.
Lo scoppio della guerra mondiale lo portò nuovamente in Italia, dove la
sua produzione parlava ormai un linguaggio pienamente in linea con
quello di Cézanne, del quale contribuì a diffondere il culto in Toscana
anche grazie alla pubblicazione di alcuni articoli di Soffici su "La
Voce". Continuò senza sosta la sua attività espositiva, presso Roma,
Firenze e le Biennali Veneziane, inoltre, la sua presenza artistica
incise sempre profondamente sull'ambiente fiorentino, sviluppando anche
schiere di imitatori.
Fondamentale per la sua carriera fu quindi il contatto con gli artisti
francesi e con Monet in particolare, che lo indirizzarono ad un
linguaggio impressionista e che in Italia gli valse la critica di
monettiano, ma si dovette certo a lui l'esportazione nella penisola
delle nuove soluzioni luministiche sperimentate a Parigi. Le sue opere
furono caratterizzate dalla luminosità delle scelte cromatiche e dalla
limpidezza degli accordi realizzati attraverso rapide pennellate. In
realtà a guidare l'opera di Alfredo Muller non fu un programma univoco,
ma una libera ispirazione all'estetica impressionista, che ad esempio
nelle sue prime opere risparmia il cielo, ancora scandito da una
campitura compatta. Rinnovò lungo tutto il corso della sua carriera la
promessa di fede all'Impressionismo, attraverso un uso sempre personale
ed innovativo del colore, ed attraverso sapienti giochi luministici.
(giovannifattori.com)
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