Verucchio (Rn), 02/06/1856 - 01/04/1937
Nacque a Verucchio, nei pressi di Rimini, da una famiglia di umili
origini (suo padre Pietro era un calzolaio; della madre non si hanno
notizie specifiche), ma non insensibile alle arti e alla cultura, che
gli permise di accostarsi precocemente, da autodidatta, al disegno e
alla plastica. Seguendo le proprie inclinazioni artistiche, a diciotto
anni decise di trasferirsi a Roma per iscriversi all'Istituto di belle
arti dell'Accademia di S. Luca che frequentò, con molti sacrifici
economici fino al 1878, e dove ebbe l'opportunità di stringere amicizia
con Giuseppe Cellini, Paolo Ferretti e Alessandro Morani. La formazione
all'Istituto di belle arti fu molto importante per Pazzini: la cultura
accademica fondata sul disegno di matrice purista, rigoroso e metodico,
fu l'elemento peculiare nella sua poetica, centrata su un'indagine della
natura allo stesso tempo analitica e sentimentale, che incontrò il
favore, qualche anno più tardi, di Nino Costa, di cui divenne seguace e
allievo (uno dei pochi). Negli stessi anni, ad ogni modo, il pittore
maturò un interesse anche verso gli impasti cromatici spessi e densi,
tipici di alcune delle prime opere, come testimoniano i dipinti
Fontanile del 1879, e Rimini dopo la pioggia, dello stesso anno, che non
escludono una conoscenza diretta dell'ambiente macchiaiolo fiorentino.
Nonostante i riconoscimenti e i premi accademici, non appena diplomatosi
come maestro di disegno, Pazzini fu costretto a tornare a Verucchio per
l'impossibilità di continuare a pagarsi da vivere a Roma; cercò, quindi,
lavoro come decoratore e ritrattista a Rimini, ma con scarso successo.
Nel 1879, attraverso Enrico Becchetti, suo professore all'Accademia, che
gli aveva fatto ottenere un posto da disegnatore all'Illustrazione
italiana come collaboratore di Dante Paolocci, corrispondente artistico
della rivista, il giovane pittore riuscì finalmente a tornare nella
Capitale.
La grande abilità nel disegno fu per Pazzini il lasciapassare per alcuni
importanti incarichi: tra tutti l'esecuzione delle tavole anatomiche per
l'ospedale di Santo Spirito (1881) e la collaborazione (1883) con
Giuseppe Sacconi nel progetto per il Vittoriano, per il quale disegnò
prospettive e particolari architettonici. Il punto di svolta nella
carriera del pittore romagnolo arrivò nel 1884 quando, attraverso il
conte Lemmo Rossi Scotti, conobbe Nino Costa che fin da subito lo guidò
nello studio del paesaggio laziale e umbro. Con Costa entrò a far parte
della Scuola etrusca, che il pittore romano aveva fondato nel 1883
insieme con un gruppo di artisti inglesi e pochi italiani, tra cui
Napoleone Parisani e Gaetano Vannicola.
Le prime influenze di Nino Costa si colgono, in maniera evidente, in due
dipinti datati 1885 e 1886, Antichi bagni di Ripetta (Roma, Galleria
d'arte moderna di Roma Capitale) e La ninfa del fiume.
Nel 1885 Pazzini partecipò per la prima volta all'Esposizione della
Società amatori e cultori di belle arti, mentre continuavano le
peregrinazioni nella campagna romana e umbra (come provano alcuni lavori
del 1886, tra cui Umbria e Castello umbro, e gli studi per La ninfa del
fiume). Nel 1886 Costa patrocinò e incoraggiò la società In Arte
Libertas, di cui Pazzini fu uno dei principali esponenti, partecipando
con essa all'Italian Exhibition di Londra del 1888 e firmandone lo
statuto nel 1890. Sempre nel 1886, probabilmente grazie ai contatti che
Pazzini maturò con l'ambiente inglese tramite Costa e la colonia inglese
residente a Roma, il South Kensington Museum di Londra commissionò al
pittore la riproduzione della Dalmatica di Carlo Magno, conservata in
Vaticano. Ancora, sempre per il South Kensington Museum, si recò a
Firenze tra il 1889 e il 1890 per copiare le vetrate di S. M. Novella;
l'interesse per le arti decorative medievali e rinascimentali si rivela
anticipatore di un gusto che sarà dominante nella compagine simbolista e
idealista romana nel corso degli anni Novanta, come dimostra lo studio
delle vetrate di Assisi da parte di Morani nel 1894.
Negli anni Novanta Pazzini continuò a dedicarsi al paesaggio. Dipinti
centrali di questo periodo sono lo Stinco di Adamo (1890) e Aratura
(1893, Roma, Galleria nazionale d'arte moderna), in cui l'idealizzazione
della natura attraverso la linea e la cromia delicata del primo, e il
soggetto da idillio campestre del secondo, sono sintesi dell'intera
opera del pittore. La situazione economica e sociale di Pazzini, dopo
anni di sacrifici, migliorò sensibilmente grazie ai successi espositivi
e ai contatti con nobili famiglie romane dove insegnava pittura. Questa
sicurezza gli permise di sposarsi nel 1896 con Giannina Brandimarte,
cugina dell'amico Gaetano Vannicola, da cui nacque l'unico figlio,
Adalberto (1898-1975), storico della medicina, e creatore, nel 1953, del
Museo di storia della medicina dell'Università La Sapienza di Roma.
Con il nuovo secolo alcuni aspetti della poetica di Pazzini cominciarono
a definirsi: se da un punto di vista tematico vi si riscontra una certa
versatilità, tra paesaggio, interesse crescente per soggetti rurali
(Capanna rustica del 1902, Galleria d'arte moderna di Torino; Pannocchie
al sole, 1908; Sull'aia, 1910 e 1914) e per scene domestiche che
sembrano essere debitrici di certa pittura toscana, da Adriano Cecioni a
Telemaco Signorini a Silvestro Lega (Interno, 1904), stilisticamente il
pittore accentuò la tendenza alla geometrizzazione e alla
semplificazione delle forme; una tendenza che diventò topica negli anni
Venti, quasi in anticipo su certe soluzioni del cosiddetto Ritorno
all'ordine. Nell'ambito dell'illustrazione, nel 1913 collaborò con
alcuni disegni alla realizzazione del Vangelo dei piccoli di Giuseppe
Gabrielli. L'interesse per il paesaggio rimase costante anche dopo la
morte di Costa (1903). In particolare furono alcune vedute mattutine
eseguite in Romagna (le più note sono tre: Alba Adriatica; Sorge il
mattino, 1910, Roma, Galleria nazionale d'arte moderna; Sorge il mattino
[Alba adriatica], 1912, accostabili, queste ultime, anche al dipinto
Vespero, 1902), e alcune vedute cittadine di Firenze (1914), Rimini
(1910) e Roma (1916, 1920, 1928), conservate in raccolte private, a
caratterizzare l'arte di quegli anni. Ciò che traspare nei dipinti della
maturità è una visione lucida e cristallizzata che si fa più radicale
nel corso degli anni fino a sfociare in vedute composte quasi da puri
volumi (Sul Palatino, 1916, Tokyo, palazzo imperiale e Il Palatino,
1926; Le cupole di Roma, 1928) e che per certi versi precorrono esiti
della Scuola romana.
La presenza di Pazzini alle Esposizioni nazionali - a Roma, oltre alle
varie Mostre degli amatori e cultori e di In Arte Libertas, partecipò
alle Biennali romane (1921, 1923, 1925) e alle prime Quadriennali romane
- fu molto intensa e apprezzata dalla critica. In particolare, nel 1901
vinse alla IV Biennale di Venezia una medaglia d'oro per Pace e Ore
tranquille, a pari merito con Enrico Coleman, mentre nel 1926
l'Associazione artistica internazionale lo premiò per Le laudi della
sera, in occasione della Mostra per il centenario francescano. Nel 1912
ebbe una prima personale a Roma alla Galleria d'arte Bragaglia e nel
1922 a Milano, alla Galleria Pesaro. I riconoscimenti in vita
continuarono nel 1923 quando fu nominato accademico di merito
all'Accademia di belle arti di Perugia e nel 1925 accademico d'onore
all'Accademia di S. Luca, per la quale dipinse l'Autoritratto dello
stesso anno. Lasciò Roma negli ultimi anni di vita per tornare alla
nativa Verucchio.
(M. Piccioni - Dizionario Biografico
degli Italiani - Volume 82 - 2015) |