Pillole d'Arte

    
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Pierre Auguste Renoir




Limoges, 25/02/1841 - Cagnes, 03/12/1919

Auguste Renoir, nato nel 1841 a Limoges, cominciò a dipingere prima su porcellana, poi su stuoie per finestre. All' Arte pura non si dedicò che più tardi quando venuto a Parigi conobbe Monet e Sislèy, quello d'un solo anno e questo di due anni più giovane di lui. Ma Monet, Pissarro e Sisley erano sopratutto dei paesisti; Renoir è sopratutto un pittore di figure.

Ora lo storico più equanime dell'impressionismo Camille Mauclair scrive appunto; «Si comprende che appassionati da questo studio gli impressionisti sieno rimasti quasi estranei alla pittura di espressione. E del resto, essi sono stati più grandi nel paesaggio che nella figura perché ad esso più che alla figura si addice specialmente questa tecnica. Un ritratto deve definire in modo perspicace e perspicuo i caratteri personali d'un uomo; per un puro impressionista quest'uomo era ed è soltanto un'apparizione fuggevole, un'occasione a riflessi, l'effetto della luce e del luogo e del momento in cui il pittore lo guarda»

In questa contraddizione s'è ormai dibattuto per quasi mezzo secolo Auguste Renoir: ed essere spesso uscito trionfalmente dalla prova durissima, è il massimo segno del suo vigore che attraverso ai molti anni e rimasto sempre giovanile ed eguale, tanto serena, ingenua e ottimista è la natura di lui. I ritratti della signora Charpentier e dei suoi. figli (Charpentier era l'editore di Emilio Zola) dipinto nel 1874 e venduto - non da lui - tre anni fa al Metropolitan Museum di New York per novantatremila franchi, della Famiglia dell'artista, della Pensierosa, della donna In un palco al teatro, sono modelli di delicata e intima sottigliezza nella notazione dei caratteri pur essendo pitture di pretto impressionismo e interpretazioni più che riproduzioni della realtà.

Ma più spesso egli, senza sforzarsi in queste ricerche psicologiche più adatte alla nervosa eleganza di Manet e alla fredda ironia di Degas, s'è tutto abbandonato allo studio dei nudi di donna all'aria aperta, soffusi di rosa, d'avorio e d'azzurro, carni pingui fresche e vellutate di bell'animale voluttuoso indolente e primitivo tranquillamente sdraiato lungo un ruscello, sotto un frondame tenero e trasparente. Niente anima; una chiara e morbida pelle sulla quale le luci e i riflessi delle acque, delle foglie, dei fiori, dei lini, passano e svaniscono come carezze, dolcemente. Questo sono le Bagnanti di Auguste Renoir, bionde e brune, indifferenti e pure ammirevoli, fiori di carne e niente altro.

I fiori e le frutta sono stata la passione dei più sinceri impressionisti ché la loro tecnica vi trovava occasione a tutti i più chiari splendori, e i fiori dipinti da Renoir rammenteranno qui a molti italiani i fiori dipinti dal nostro Previati, un artista che per molti lati dovrebbe essergli paragonato. Se accanto ai fiori, alle nature morte, ai ritratti, ai nudi femminili, si pongono i paesaggi dipinti da Renoir e, più, quelle scene di vita gioconda e giovanile che l'hanno ormai reso celebre e degno di storia - La colazione dei canottieri e Il ballo a Montmartre del 1877 ora nel Museo del Luxembourg sotto il titolo Le Moulin de la Galette - si vede che anima di gioia egli sia riuscito ad esprimere nella sua opera magnifica pur partendo da principii puramente tecnici. Perché ancora una volta l'anima dell'artista conta in arte più della sua pittura e della sua tavolozza.

Questa gioia di immergere e di fondere tutte le forme nella luce ambiente facendo vivere tutte le ombre e palpitare tutti i riflessi, questa gioia di poter dare anche a una tela dipinta la vaghezza d'un apparizione momentanea pronta a dissolversi come un bel sogno al minimo mutar d'una luce, questa gioia che in uomini sani e schivi e sensibili come Renoir diventa quasi un'interpretazione filosofica di tutta la vita e, riducendo il mondo a un fenomeno che è soltanto perché noi siamo, eleva l'opera d'arte più delicata e più esterna alla dignità della sola cosa che in questo mondo possa ancor dirsi durevole, - Auguste Renoir ce la comunica con la prodigalità e la sicurezza che solo gli artisti sinceri hanno in arte. E quando la si è provata, più che ai suoi compagni di una tecnica che oramai dopo quasi mezzo secolo non può nemmeno dirsi nuova, vien fatto di riunirlo nella nostra gratitudine ai grandi pittori settecenteschi della sua patria, - a Watteau, a Boucher, a Fragonard.,.

(da una biografia di Ugo Ojetti per la biennale di Venezia del 1910)