Pillole d'Arte

    
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Augusto Rivalta




Alessandria, 14/03/1837 - Firenze, 14/04/1925

Valentissimo scultore genovese, nato nel 1838, ed ora residente a Firenze. Dopo gli studi elementari cominciò a studiare disegno poi la modellazione nell'Accademia di Belle Arti di Genova.
In seguito, cioè, nel 1859, si trasportò a Firenze onde perfezionarsi; ma cominciavano allora gli entusiasmi per la liberazione dell'Italia, ed il Rivalta lasciata Firenze, si arruolava volontario nei Carabinieri genovesi e fece la Campagna riportando una ferita alla spalla. Guarito e conclusa la pace di Villafranca, tornava a Firenze ed entrava nello studio del celebre Duprè, che gli fu maestro affettuosissimo. Uno dei suoi primi lavori e che fu anche un ardito cimento, fu di concorrere per il Monumento a Cavour a Torino. Vi concorreva, insieme ai primi scultori d'Italia, anche l'illustre suo maestro Giovanni Duprè, e fu appunto il progetto di questo che fu prescelto per l'esecuzione. Il giurì però aveva dapprima giudicato migliore e premiato quello del Rivalta, ma non gliene venne affidata l'esecuzione, perchè si venne a conoscere che il progettista era giovanissimo; tuttavia il "Cavour" del Rivalta, opera pregevolissima, si trova oggi nel cortile della Banca Nazionale di Firenze.

Il Rivalta poi fece opere stupende, come il "Monumento al Del Drago" ed altri di uomini illustri che adornano il Camposanto di Genova; il "Monumento a madama Trachil" nel cimitero di Nizza, il monumento, altorilievo, "al signor Razzi" ed un altro "al Ghigliari" nel cimitero di Staglieno. Tra i lavori che hanno reso all'arte carissimo il nome di Augusto Rivalta, vanno anche citati: "Il giocatore di trottola" pregevolissima fantasia di cui se ne fecero molte riproduzioni in bronzo, e "Un bambino che scherza con una capra", brillante gruppo in marmo. Fra le opere varie del Rivalta oltre le sopracitate ricordiamo inoltre il gruppo da lui eseguito ancor giovanissimo e che poi fu esposto alla Mostra Italiana del 1861. Quel gruppo, fresco delle impressioni della guerra dell'indipendenza, sino allora combattuta, rappresentava uno zuavo ferito sul campo, assistito da una suora di carità mentre un bersagliere, a baionetta spianata si precipita verso il nemico. In seguito fece anche un "Giovan Battista Niccolini" che ora trovasi alla galleria Reale di Capodimonte a Napoli. Modellò anche un fregio in bassorilievo, per la base del monumento, che, come abbiamo detto, dalla città di Torino dovevasi innalzare al Cavour.

In questo fregio, dice il Martelli, aveva effigiato tutto il corteo funebre che trasporta dalla casa al cimitero la salma dell'estinto ministro; soldati, dignitari fraticelli, pubblico, fino i monellucci che parano la cera dei torcetti accesi in mano a coloro che seguono il feretro; e tutto questo espresso con tanto magistero di verità che per quanto ne strillassero i classici, codesto lavoro fu dichiarato e restò uno dei più bei pezzi della scultura italiana del secolo decimonono. Un altro bel lavoro carissimo per semplicità e sentimento è il "Monumento al Savi", uno della eroica falange dei Mille, nel quale il genio della Libertà segna nel marmo la data della morte ed il nome dell'estinto. Il Rivalta concorse poi al monumento a Vittorio Emanuele a Venezia e il giurì fu incerto tra il suo progetto e quello del Ferrari, che fu il più fortunato. Scolpì quindi il busto di "Garibaldi" da collocarsi a Modigliana nella casa di don Giovanni Verità, il valorosissimo prete che salvava la vita a Garibaldi, nel 1848; i busti a "Vittorio Emanuele II", a "Mazzini "e ad altri, nonchè molti altri lavori che per forza d'ingegno, per facoltà inventiva, per il sentimento del grandioso hanno collocato il Rivalta nella schiera eletta dei più illustri scultori contemporanei.

Nel 1883 vinse il concorso per un monumento equestre da innalzarsi a "Vittorio Emanuele II" a Livorno, e tale stupendo lavoro già condotto a termine, è una delle opere più belle di questo valente artista. Fece inoltre i monumenti che si ammirano in Chiavari a "Giuseppe Mazzini" ed a "Giuseppe Garibaldi", la figura colossale di un "Angelo" che trovasi ora in America, il monumento a "Garibaldi" pure in Livorno; ed ora sta terminando quello "equestre dell'Eroe di Caprera", ordinatogli dalla sua Genova e che già forma l'ammirazione degli intelligenti. Concorre inoltre a Stradella per il monumento da erigersi colà a Depretis, e a Torino per quello da innalzarsi alla memoria di Amedeo di Savoia.

Forte e potente modellatore, il Rivalta è, senza dubbio, uno dei più arditi e valorosi scultori dell'età nostra. Sotto la mano maestra del simpatico artista la creta si anima, si fa carne, si fa stoffa, e si piega a tutte le esigenze dell'arte. Nei lavori suoi vi è in tutti l'impronta di un ingegno grande al quale la mano, interprete fedele, ha saputo largamente corrispondere e che rispondono in tutto e per tutto alle condizioni statiche ed euritmiche della struttura umana ed animalesca. Egli trascina il pubblico con gli ardimenti magnanimi di un'arte che può rivaleggiare con l'antica; dinanzi alle sue opere l'occhio si riposa soddisfatto e si compiace ammirando la ricca e larga modellatura, la solidità dell'insieme, l'arte grande con la quale lo scultore ha trovato, osservato, e reso nel marmo il carattere di ogni singolo personaggio.

Giorgio Vasari definiva la scultura: «un'arte, che levando il superfluo dalla materia soggetta, la riduce a quella forma di corpo che nella mente dell'artefice e designata: » or bene il Rivalta non solo dà forma alla materia e la fa cosa ammirabile, ma infondendo in essa materia la sua anima d'artista, la agita, la scalda, la muove la rende viva e parlante e vi trascina all'ammirazione e alla lode. Esso fino dal 1870, fu fatto Professore corrispondente del Collegio Accademico delle Belle Arti in Firenze: è dal 1874 Professore, insegnante scultura nel medesimo istituto; e membro della Giunta superiore di Belle Arti di Roma e insignito di molte onorificenze. Buono ed affabile con i suoi alunni, allegro e gioviale cogli amici e con i conoscenti, questo valente artista desta al primo avvicinarlo una viva simpatia che diviene maggiore in chi ha la fortuna di entrare con lui in intimità e di conoscere sempre più quanto egli è leale, franco, generoso, e valente.

(Angelo De Gubernatis - Dizionario degli artisti italiani 1889-92)