Zafferana Etnea, 26/02/1834 - Roma, 13/03/1911
Quindicenne riuscì a convincere il padre che lo aveva destinato alla
medicina, a concedergli un assegno, col quale si recò a Catania, dove
studiò sotto la guida del Gandolfo, che più tardi lo consigliò a
continuare gli studi in maggiori centri artistici. Il giovane avrebbe
volentieri seguito il suggerimento, se nel 1852 un'eruzione dell'Etna
non avesse distrutto i possedimenti paterni e, insieme, la possibilità
da parte del padre di sussidiarlo; cosicché l'artista fu costretto a
lavorare presso un decoratore pur continuando a studiare pittura per
conto proprio. Dopodiché egli si mise a lavorare da sé, senza
frequentare accademie e senza aiuti di sorta. In undici anni di continui
sacrifici riuscì a raggranellare un piccolo peculio, mercé il quale si
recò a Firenze, dove dipinse La vedova e La tradita,
che esposti poi a Catania furono da quel Municipio acquistati a titolo
di incoraggiamento. Tornato alla cittadina e poscia recatosi a Napoli,
si fece conoscere da quel pubblico col quadro La tentazione,
che fu acquistato dal banchiere Vonwiller. Eseguì poi Le madri della
patria; I prigionieri di Castelnuovo dopo la capitolazione e Un
episodio del saccheggio di Catania, che furono esposti alla
Promotrice napoletana e vi trovarono facilmente acquirenti. A Genova
espose La carità; alla Prima Mostra nazionale tenutasi a Parma,
La pace domestica e alla Mostra Nazionale di Milano,
Pindaro che esalta un vincitore ai giuochi olimpici,
che fu acquistato dal Ministero della Pubblica Istruzione e donato alla
Pinacoteca di Brera; ed eseguì ancora I funerali di Timoleone,
una delle sue opere migliori conservata nella Galleria d'Arte Moderna di
Palermo, e Uno sposalizio greco. Nel 1875 si stabilì a Roma.
Lungo sarebbe elencare le opere, specialmente di soggetto storico, che
egli eseguì nella sua feconda e nobile carriera d'artista. Si citano:
Il dopopranzo di un antico romano, esposta a Milano; Una
lezione di geografia, inviata a Melbourne; Restauratio aerarii,
suo capolavoro nella Galleria d'Arte Moderna di Roma; Battaglia di
Imera e Hic manebimus optime, acquistati da privati
inglesi; Tempio di Venere, nel palazzo dell'Avvocatura Erariale
di Roma; La Madonna dei bambini, nella chiesa di Sant'Agata la
Vetere in Catania; San Giuseppe col Bambino, nella Chiesa Madre
di Zafferana Etnea; L'eruzione dell'Etna nel 1852, nel
Municipio della stessa città, e, sempre a Zafferana: una Madonna con
Bambino, in casa Giarrusso; Ritratto di San Giuseppe Sciuti,
in casa Sciuti; Giuditta, in casa Di Prima; L'Addolorata
e San Giuseppe col Bambino, in casa del nipote Angelo Salemi.
Inoltre: una serie di affreschi nella sala del Consiglio Provinciale di
Sassari: principali di essi quelli rappresentanti La Repubblica
Sassarese e L'ingresso trionfale a Sassari di Gian Maria Angioi;
poi: Trionfo di Bacco, nella casa Florio di Palermo;
Battaglia di Aguilio e La Remunerazione, nel palazzo
Calanna di Acireale; Achille e Potino presentano a Giulio Cesare la
testa di Pompeo Magno, nella casa del figlio Eugenio Sciuti in
Roma; altri affreschi nel soffitto della chiesa collegiata di Catania e
in quello della Cattedrale di Acireale. Infine, Venuta dei
Cartaginesi in Sicilia, sipario per il palcoscenico del teatro
Bellini di Catania. Lo Sciuti fu membro dell'Accademia di San Luca e
della Zelantea di Acireale.
(A. M. Comanducci)
Nacque a Zafferana Etnea, Catania, il 26 febbraio 1834, da Salvatore
Sciuto Russo, "aromatario" ossia farmacista, e da Caterina Costa, di
Acireale (atto di nascita in Iozzia, 2001, p. 64; l'artista si fece poi
cambiare il cognome da Sciuto in Sciuti; Sciuti, 1938, p. 9 nota 1).
Deciso a intraprendere la carriera artistica anziché divenire
farmacista, nel 1849 si trasferì con un assegno paterno a Catania, dove
fu ospite per alcuni mesi dello scenografo Giuseppe De Stefani, suo
primo maestro. Studiò poi presso il noto ritrattista Giuseppe Gandolfo e
presso il pittore Giuseppe Rapisardi, che gli insegnò ornato e
prospettiva. Una richiesta di sussidio per proseguire gli studi,
presentata il 4 dicembre 1851 al Comune di Zafferana, costituisce il
primo documento noto circa la sua attività. Sciuti ottenne nel settembre
1852 una prima annualità di 18 ducati, poi non rinnovata per i dissesti
finanziari causati dall?eruzione dell'Etna avvenuta in agosto. Dalla
richiesta di una borsa di studio, presentata nel 1852 e inevasa per lo
stesso motivo, scaturì la sua prima opera nota, L'eruzione dell'Etna
(Catania, Casa-museo Giovanni Verga), terminata nel 1854 e pagatagli 45
ducati dal decurionato comunale di Zafferana nel 1855 (Contarino, 2011,
p. 6). Dipinse in quegli anni un' Addolorata (1852, Zafferana
Etnea, coll. priv.) e una pala d'altare per la chiesa madre di Zafferana
(S. Giuseppe col Bambino, 1854, il bozzetto del 1852 è in coll.
priv. a Zafferana). Costretto a guadagnarsi da vivere per via della
distruzione dei frutteti di famiglia, Sciuti iniziò a lavorare ad
Acireale presso il pittore e decoratore Giuseppe Spina Capritti, che lo
pagava quattro tarì al giorno. Nel 1857 sposò Antonietta Anna Torrisi,
trasferendosi con lei a Giarre, dove vissero in via dell'Angiolo, casa
in cui nacque il 23 ottobre 1860 il primogenito Eugenio e nel 1862 la
figlia Caterina, poi divenuta pittrice. Eseguì per abitazioni private di
Giarre e per la casa di Giuseppe Tabuso nella vicina Riposto diverse
decorazioni ad affresco a soggetto mitologico o allegorico con Il
trionfo di Galatea e l'Allegoria della Sicilia. Nel 1863
(secondo Simone nel 1865 e secondo altri nel 1860 o 1862; Simone, 1892,
p. 10) Sciuti ottenne dal Comune di Catania una borsa di studio per
perfezionarsi a Firenze, dove giunse dopo un breve soggiorno a Roma e a
Napoli. Al suo ritorno a Catania, nel 1865, il Comune acquistò due
quadri del periodo fiorentino, La vedova e La tradita
(entrambe a Catania, Castello Ursino), opere che attestano l'adesione al
verismo mediata dal contatto col gruppo dei macchiaioli e dalla
frequentazione del caffè Michelangelo.
Nel 1867 (nel 1868 secondo Simone: p. 11) si trasferì a Napoli, dove
visse in vico Fontana dei Serpi e rimase otto anni, frequentando la
scuola di Domenico Morelli e precisando in senso realistico il suo
linguaggio pittorico. Osservando le novità dei fratelli Palizzi, Sciuti
abbandonò il disegno di contorno e pervenne a una pittura dai colori
cangianti, forti e pastosi, sostenuta da un esperto uso del chiaroscuro,
come attestano ad esempio gli Studi di Pompei eseguiti intorno
al 1869 (Modena, coll. priv.). Partecipò nel 1868 alla V mostra della
Società promotrice napoletana con Suonatori siciliani e La
tentazione, quadro oggi perduto che ottenne ampio successo (fra gli
ammiratori i principi Umberto e Margherita di Savoia) e fu acquistato
dal banchiere Giovanni Vonwiller, collezionista e mecenate di Morelli e
Filippo Palizzi. I dipinti a soggetto storico esposti alla successiva
edizione della Promotrice napoletana, Le madri della patria nel 1799
in Napoli, I prigionieri del Castelnuovo dopo la capitolazione del 1799
e Un episodio del saccheggio di Catania, furono notati dalla
critica insieme a Un fanciullo che torna premiato dalla scuola
(Roma, coll. priv.), e tutti venduti (Dizionario degli artisti, 1906; i
primi due furono nuovamente esposti alla Mostra italiana d'arti belle a
Parma nel 1870). Un ritratto, oggi disperso, della moglie
dell'ammiraglio Simone Antonio Pacoret de Saint-Bon gli fruttò il denaro
necessario per continuare a lavorare a Napoli. Dal 1870 al 1872
collaborò con Morelli alla decorazione del sipario del teatro Verdi di
Salerno raffigurante la Cacciata dei Saraceni da Salerno. Il
suo orientarsi verso la storia antica si manifestò nel 1873 con i
dipinti inviati all'Esposizione universale di Vienna, che Sciuti visitò,
come documenta il passaporto datato 2 giugno di quell?anno: La
suonatrice d'arpa ovvero I pompeiani, Un concerto e
Pindaro che esalta un vincitore dei giochi olimpici, quadro che
ottenne il primo premio e che, riesposto l'anno successivo alla Mostra
nazionale di Milano, fu acquistato dal ministero della Pubblica
Istruzione per la Pinacoteca di Brera. Nel 1873 espose alla Mostra degli
amatori e cultori di Roma Donna che legge lettera amorosa. Tornato a
Napoli, partecipò nel 1874 all'esposizione della Promotrice napoletana
con una Toletta, alla Promotrice di Genova con La Carità
e alla I Mostra nazionale di Parma con La pace domestica,
che ottenne la medaglia d'argento. Dipinse Uno sposalizio greco,
acquistato dal direttore di Brera per 5.500 lire, e I funerali di
Timoleonte (Palermo, Galleria d?arte moderna), che espose l'anno
seguente alla mostra della Società promotrice palermitana e fu
acquistato dal Municipio di Palermo. Nel 1875 fu nominato professore
onorario di pittura dell'Istituto reale di belle arti di Napoli.
Soggiornò nell'agosto di quell'anno ad Acireale, poi a Palermo, per
trasferirsi infine a Roma, dove sarebbe rimasto tutta la vita, prendendo
abitazione in via della Pilotta 29 e più tardi in via del Tritone 105.
Dipinse nel 1876 Saffo abbandonata da Faone, Preparativo di una
festa e Il tempio di Venere, che espose alla Mostra degli
amatori e cultori, dove il terzo ottenne la medaglia d'argento e
l'acquisto per la somma di 900 lire da parte del ministero della
Pubblica Istruzione per la Galleria nazionale d'arte moderna (in
deposito a Roma, Avvocatura generale dello Stato). All'edizione seguente
della mostra espose Un'offerta, mentre Le gioie della buona
mamma (Palermo, coll. priv.), dipinto sempre nel 1877, ottenne la
medaglia d'oro all?esposizione di Melbourne del 1880 e fu più tardi
acquistato da Alfio Tomaselli, nipote della moglie di Sciuti. Nel
novembre 1877 vinse il concorso nazionale bandito dall'Accademia di S.
Luca per gli affreschi della sala del Consiglio nel palazzo Provinciale
di Sassari, un'opera di capitale importanza che con l'importo di 30.000
lire risollevò l?artista dalle ristrettezze economiche in cui versava.
Vi lavorò dal gennaio 1878 fino al 1880, dipingendo imponenti scene
storiche quali
La proclamazione della Repubblica sassarese e
L'ingresso di Giommaria Angioj in Sassari, unite all'Apoteosi
di Vittorio Emanuele II, a La Sardegna nelle varie epoche
e a figure di Virtù. Gli affreschi furono salutati come il
primo, riuscito esempio di un ciclo pittorico civile nella nuova Italia.
I cartoni preparatori con il Suicidio di Amsicora sul cadavere di
Iosto, suo figlio, nel campo di battaglia e Ballo sardo attorno
a un trofeo a Porto Torres per la cacciata dei Mori dall'isola sono
conservati presso la Galleria nazionale d'arte moderna di Roma, e i
bozzetti de L'ingresso di Giommaria nella raccolta Wolfsoniana
a Genova e nel palazzo della Provincia di Catania. Eseguì nel soggiorno
sardo Studio di donna in costume di Ittiri (Cagliari,
Università degli Studi) e i ritratti del politico e imprenditore
Giovanni Antonio Sanna (Sassari, Museo nazionale G.A. Sanna) e di
Luigi Usala (Cagliari, Pinacoteca nazionale). Tornato a Roma,
partecipò per la seconda volta al concorso per gli affreschi dell'aula
del Senato, poi affidati a Cesare Maccari: i bozzetti di Sciuti con
Appio Claudio che risponde a Cinea di uscire prima d'Italia per poi
trattare la pace e Tito Quinzio che dà la libertà ai Greci
furono donati dall'artista al Tomaselli insieme a quello della Morte
di Anita Garibaldi e sono oggi in coll. priv. palermitana.
Nel 1881 il Comune di Catania gli affidò l?importante commissione del
sipario del teatro Massimo Bellini. Sciuti presentò un bozzetto con
La battaglia d'Imera (Catania, coll. priv., e Palermo, coll.
priv.), che però fu rifiutato per via dei nudi femminili e del soggetto
poco glorioso per la città. L'artista dovette cimentarsi quindi col
nuovo soggetto imposto dalla commissione nel 1882, dipingendo Il
trionfo dei catanesi sui libici (in situ; il bozzetto, esposto nel
1883 a Roma, è in coll. priv. palermitana). Per via delle grandi
dimensioni, il sipario fu dipinto in una sala di palazzo Venezia, a
Roma, messa a disposizione dall'ambasciatore austriaco presso la Santa
Sede (Sciuti, 1938, p. 412). Corsa a piedi e Post prandium
furono presentati nel 1881 all'Esposizione internazionale di Milano
e premiati nel 1884 con la medaglia d'oro e un diploma d'onore
all'Esposizione universale di Nizza; il bozzetto del secondo, dedicato
al giurista Emilio Costa, è passato in asta a Roma nel 2000. Fra il 1883
e il 1884 Sciuti realizzò a Palermo gli affreschi allegorici per palazzo
Tasca e per l'orto botanico, oggi in cattive condizioni. Nel 1885 lavorò
per due mesi a Lugano, decorando a tempera soffitti e scalone del
villino dell'industriale Emilio Maraini con l'aiuto di Tomaselli. Firmò
nello stesso anno Saffo in casa di Zenone (Palermo, coll.
priv.). Nel 1886 terminò ed espose nel suo studio romano in piazza
Mattei 10 il quadro per la Mostra degli amatori e cultori di quell'anno,
Hic manebimus optime (attuale collocazione ignota), scrivendo
invano al presidente del Consiglio, Agostino Depretis, al ministro della
Pubblica Istruzione, Michele Coppino, e al re, Umberto I, affinché fosse
acquistato dal governo (lettere riprodotte in Giuseppe Sciuti, 1989, pp.
194-196). Il quadro fu presentato nuovamente all'Esposizione italiana di
Londra nel 1888 insieme ad altri nove dipinti che ottennero grande
successo e furono acquistati in blocco dal colonnello John Thomas North,
presidente dell'esposizione, per la cifra di diecimila sterline. Con
decreto regio del 17 febbraio 1887 Sciuti fu nominato cavaliere della
Corona d'Italia. Nel 1888 espose al pubblico nel suo studio romano
La battaglia d'Imera. Il 12 maggio di quell'anno morì la moglie
Antonietta nella casa romana di via del Tritone. In agosto Sciuti
replicò per la villa dei signori Ovengo a Montegrosso Pian Latte
Saffo abbandonata da Faone. L'anno successivo eseguì una tempera ad Arpino, in palazzo S. Germano, con Il trionfo dell?amore, e gli
furono affidati diversi incarichi in Sicilia.
Nel 1890 si trasferì in via dei Villini con i figli Eugenio e Caterina e
i loro familiari. Prese parte in aprile a una seconda mostra londinese
che, seppure non ottenne i consensi della prima, gli procurò due
acquisti da parte del colonnello North e la commissione del suo ritratto
equestre. Nel 1892 portò a termine gli affreschi del villino del
senatore siciliano Francesco Durante a Roma con Le quattro stagioni
(bozzetti e cartoni de La storia attraverso i secoli sono
conservati presso la Galleria nazionale d'arte moderna). Nel 1894 ultimò
la grande tela della Restauratio Aerarii (Catania, Castel
Ursino; bozzetto a Palermo, Sicilcassa) e il sipario del Teatro Massimo
di Palermo (Uscita di Ruggero I dal Palazzo Reale di Palermo dopo
l?incoronazione), commissionatogli l'anno precedente, che per via
delle ampie dimensioni fu dipinto a Roma dapprima nella chiesa di S.
Saba e poi nel palazzo delle Esposizioni. Il 25 maggio 1895 fu eletto
all'unanimità accademico di merito residente per la classe di pittura
all'Accademia di S. Luca, su proposta del pittore polacco Henryk Hektor
Siemiradzki (Roma, Accademia di S. Luca, Archivio storico, Misc.
Tomassetti, vol. 159, cc. 9, 14a, 20, 82, 103). Nel 1896 dipinse a
Palermo Il trionfo di Bacco per la sala da pranzo di villa
Florio e fu poi invitato da Alfio Tomaselli a Bari per affrescare tre
lunette nella facciata della basilica di S. Nicola. Partecipò nello
stesso anno, su invito del pittore Albert Hertel, che ne aveva visitato
lo studio, all'Esposizione internazionale di Berlino, con un bozzetto
del sipario per il Teatro Massimo e un altro dipinto (Roma, Accademia di
S. Luca, Archivio storico, Misc. Tomassetti, vol. 179, cc. 37q, 37be,
37bh; Internationale Kunst-Ausstellung, 1896, p. 111 nn. 2061-2062). Dal
1896 al 1898 lavorò alla collegiata di Catania, affrescandovi la cupola
(Assunzione) e la volta con Il passaggio dalle tenebre alla
Sapienza divina, la Madonna che stende il mantello della
misericordia circondata da due file di Angeli, una Processione,
I peccati mortali: avarizia, lussuria e ira ed eseguendo le pale di
Frate Geremia davanti a Eugenio IV e della Madonna
dell'elemosina (in situ; bozzetti a Modena, coll. priv.). Ospite
del barone Raffaele Zappalà Finocchiaro, presso il quale lasciò diverse
opere, eseguì sempre a Catania affreschi per i palazzi Manganelli e del
Toscano, per l?architetto Filadelfo Fichera, e per la chiesa di S. Agata
la Vetere (Madonna dei bambini). L'allegoria Con il benessere
fioriscono le arti e le scienze (Zafferana Etnea, Municipio) dà la
misura del cauto aggiornamento liberty effettuato da Sciuti intorno alla
fine del secolo. Documentato nuovamente a Roma alla fine del 1898,
all'opera per Giuseppe Paternò Alliata principe di Manganelli, l'artista
firmò nel 1899 la Madonna con Pupi, dedicata al figlio Eugenio
per la morte del suo bambino (Roma, coll. priv.). Dipinse nel 1900
Io sono la luce del mondo, quadro che donò nel 1902 all'Accademia
degli Zelanti di Acireale, di cui era socio d'onore, durante un
soggiorno nel quale ricevette la cittadinanza onoraria. Nello stesso
soggiorno eseguì la pala del Sacro Cuore per il Duomo e iniziò
la decorazione ad affresco delle volte di palazzo Calanna con
composizioni allegoriche terminate nel 1905 (Le quattro stagioni, Il
genio dell'istruzione, La Rimunerazione, Il Silenzio e il Sonno, La
confidenza), mitologiche (Iride, Le baccanti) e storiche (La
battaglia d'Aquilio) per un compenso di quindicimila lire. Tornato
a Roma nel giugno 1902, si ammalò allo stomaco e su consiglio medico
soggiornò a Montepulciano (dove, in coll. priv., è la Madonna del
Divin Amore
del 1898, donata dall'artista a Bianca Marocco).
Nel 1903 si stabilì di nuovo ad Acireale, prendendo casa in via Marzulli
78 e rimanendovi quasi ininterrottamente fino al 1907. Festeggiò nel
1904 all'Accademia degli Zelanti le onoranze per i suoi settant'anni, e
il re Vittorio Emanuele III lo nominò commendatore della Corona
d'Italia. Nel 1905 iniziò a dipingere gli affreschi della cappella del
castello Scammacca dei baroni Pennisi di Floristella (Madonna e
santi entro medaglioni), terminati nel 1907, ed effettuò diversi
soggiorni a Zafferana Etnea. Il 15 gennaio 1905 firmò il contratto per
la decorazione del soffitto del Duomo, dove affrescò Madonna,
profeti, santi e Virtù, Orchestra degli angeli, Coro delle Vergini
e Gloria d'angeli con i simboli di s. Venera, la Fede
e il Padre Eterno (cartoni preparatori ad Acireale, Accademia
degli Zelanti). Ultimò l'opera tre anni dopo con l'aiuto dell'allievo
Primo Panciroli. Viste le numerose assenze, nel 1906 la sua carica
all'Accademia di S. Luca fu mutata in quella di accademico emerito
(Roma, Accademia di S. Luca, Archivio storico, Misc. Tomassetti, vol.
191, c. 14a). Espose alla LXXIX Mostra degli amatori e cultori di Roma
nel 1909 Un torneo e La verità scoperta dal Tempo.
Morì a Roma il 13 marzo 1911, nella sua casa di via dei Villini.
(A. Imbellone - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 91 - 2018)
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