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(Fonte : Angelo De Gubernatis - Dizionario degli artisti italiani
viventi - 1889)
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Domenico Morelli
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Illustre pittore napoletano, luminare vivente dell'arte
italiana, compositore unico e grandioso, coloritore
potentissimo, nacque da genitori assai poveri il 4 agosto
1826, nella città di Napoli. Sua madre avrebbe voluto che
egli si facesse prete, ma il giovanetto non sentendosi a ciò
inclinato, preferì allogarsi quale garzone in una fabbrica
di strumenti di fisica, per guadagnare da vivere. Però non
vi stette gran tempo, chè rivelandosi sempre più in lui la
passione pel disegno e per la pittura, la madre lo tolse di
là e lo pose a studiare all'Accademia di Belle Arti. In poco
tempo il Morelli fece rapidi progressi, e presto prese parte
ad un concorso per una pensione a Roma, presentando un
dipinto, Saul calmato da David, che però non ebbe il
premio. Soccorso allora da un generoso signore, l'avvocato
Ruggiero, poté seguitare a studiare in patria, e dopo . aver
disegnato magistralmente un Laocoonte, ed aver
dipinto vari quadri ad olio e all'acquarello, assai lodati,
nel 1845 vinse un premio colla tela L' angelo che porta
le anime al Purgatorio dantesco, e si recò allora per la
prima volta e per pochi giorni a Roma. Tornato a Napoli,
infiammato di nuovo e più grande ardore per l'arte, dipinse
Il corsaro e Una sfida di Trovatori, indi il
Bacio del Corsaro, che esposto gli fruttò un premio.
Un successo anche maggiore ottenne poco dopo col Goffredo
a cui appare l' angelo, quadro che gli procurò il
pensionato di Roma.
Nel 1847 si trasferì in quella città, ed ivi in mezzo a
mille angustie, dipinse il quadro la Madonna che culla il
bambino, aiutata da San Giovanni, quadro che gli
procurava fervorose lodi dagli artisti più autorevoli. In
quei giorni la rivoluzione sollevava il popolo napoletano
contro i Borboni, e il Morelli tornava a Napoli a combattere
sulle barricate; ferito, prigioniero, fu lì li per essere
fucilato dalla sbirraglia borbonica, e fu un vero miracolo
se lo si lasciò vivo. Dopo la rivoluzione il Morelli,
guarito d'una ferita riportata nella zuffa, si rimise al
lavoro, e nel 1849 espose un quadro in cui rappresentò il
Van der Welt in mezzo ai corsari sopra una via romita,
quadro che fu premiato. Fece poi il Cesare Borgia a Capua
in mezzo ad una folla di fanciulle. All'Esposizione del
1855 presentò Gli Iconoclasti, dipinto che pel
concetto, per la composizione, e pel magistero del colorito
rivelò una gagliarda maturità d'artista. Gli Iconoclasti si
vedono nella R. Quadreria di Capodimonte. Nel 1857, in
concorso con altri artisti, fece il progetto per la
decorazione della chiesa gotica di San Francesco di Gaeta:
vinse il concorso, ma il lavoro non fu eseguito. Più tardi
si recava per qualche tempo a Milano, dove dipinse il
Conte di Lara, il Bagno pompeiano e la Madonna
addolorata.
Tornato a Napoli fece il Torquato Tasso. Fece anche
pel soffitto della cappella reale di Napoli un'Assunta,
dipinto di quaranta palmi per ventisei con figure grandi una
volta e mezzo il vero. Dopo qualche mese il Morelli viaggiò
in parecchie città d'Italia e dell'estero: visitò gli
istituti artistici, i capolavori della Francia, della
Germania, dell'Olanda e se ne tornò a Napoli, dolente di
aver constatato come all'estero l'insegnamento pittorico
fosse assai più razionale, e gli studiosi avessero assai più
efficaci incoraggiamenti che non in Italia. D'allora in poi
s'adoperò a tutt'uomo affinché anche in Italia si
progredisse nei metodi d'insegnamento. La rivoluzione del
1860 non tardò a produrre i suoi effetti. Fra le tante
tirannie, anche la tirannia della vecchia Accademia venne a
cessare. La nuova generazione di artisti sfatò la vecchia, e
lo spirito novatore della Promotrice, di cui il Morelli era
l'anima, penetrò nel vecchio sodalizio. Il Governo nazionale
riordinò completamente l'Istituto; e il Morelli, che già vi
era entrato prima come professore di pittura e direttore
delle scuole di disegno, fu lieto che a Filippo Palizzi,
artista elettissimo e pieno di idee di progresso, fosse
affidata la presidenza dell'Istituto. Le cure indefesse che
il Morelli consacrò all'Istituto, gli tolsero molto tempo
alla sua attività di pittore. Del tempo che gli restava però
fece sempre tesoro per studiare e pensare a tradurre sulla
tela i suoi concetti. E fece abbastanza, per confermare la
sua poderosa individualità d'artista.
Dipinse Le tentazioni di Sant'Antonio; il Vexilla regis
prodeunt; la Maddalena che incontra il Redentore; il
Talita-Cumi, pietoso soggetto biblico; un Cristo che
cammina sulle acque ed un Arabo che suona il
salterio in un ardente trasporto di affetto; il Trovatore,
ed un infinito numero di ritratti di grandissimo pregio. Gli
ultimi suoi due quadri: La buona novella e
Maometto che prega prima della battaglia, mostrano in
grandioso riscontro il mondo cristiano e il mondo musulmano.
I due fondatori di religione grandeggiano misteriosamente
nel loro fondo di cielo, di natura, di costumi orientali;
grandezza di concepimento, elevatezza di sentimento,
colorito magico sono la qualità di questi quadri recenti del
grande maestro napoletano, come de' precedenti. L' ultimo
quadro venne acquistato, a quanto si dice, da Giuseppe
Verdi. La serie di quadri di soggetto evangelico del
Morelli, può dirsi, nell'insieme, una vera epopea, ed essa
sola varrebbe a collocarlo il primo fra i pittori viventi
della nostra penisola. Un suo biografo dà di lui il seguente
giudizio, che noi riportiamo testualmente: " Di questo
singolare artista si sono scritti i più disparati giudizi; i
rètori e i rivistai hanno esaurito tutte le iperboli dell'
adulazione e anche tutte le censure di una critica invidiosa
e bottegaia; ma le esagerazioni degli uni e quelle degli
altri non fecero che confusione. Il Morelli che non è uno
spirito meschino che s'annebbi per vanità; egli che è severo
e incontenibile censore dei suoi quadri anche quando
pubblico, artisti e critici li portano al cielo, egli
probabilmente sorride nel segreto dell'animo suo delle frasi
e delle sentenze che si disputano il vanto di dèfinirlo e di
classificare la sua influenza nella pittura napoletana e
nella pittura nazionale; sorride probabilmente quando sente
dire che i suoi quadri hanno l'impronta costante e
caratteristica che si riflette ne' suoi allievi e nei
valenti artisti suoi coetanei che emergono nella pittura
napoletana; quando legge che c'è qualche cosa di costante
nel genere, nel suo modo di colorire, qualche cosa che
dovrebbe esser norma assoluta e invariabile del suo stile e
della sua scuola. Il vero si è che Morelli ripugna da tutto
ciò che è sistema prestabilito, regola invariabile, catena
alla libertà del genio e dell' estro, uniformità,
pedanteria. Egli è l'antesignano di tutte le libertà, nel
genere, nella composizione, nella plastica, nel colorito:
pittore religioso e romantico, pittore di affetti e di
costumi, adatta il suo tecnicismo alle esigenze del
soggetto. Il suo colorito, a mo' d'esempio, è austero,
grave, scultorio negli Iconoclasti, è invece tutt'
altro nelle Tentazioni di Sant' Antonio. Il Morelli è
umano e insieme mistico nella Maddalena, ed ha dei
riflessi orientali nell'Arabo.
" Ecco la forza del Morelli (scrisse or son due anni il De
Zerbi), egli non ha una forma, ma le ha tutte, poiché ha
sempre la forma che risponde al soggetto, la forma propria
del pensiero ch'esso deve esprimere; non si ha quadro di lui
che non riveli due impronte vaste ed originali: un pensiero
fortemente e lungamente meditato, un pensiero che nasce
adulto e robusto e una forma pittorica nuova che s'armonizza
con quel pensiero ". Ognuno dei suoi quadri è un saggio
speciale. I pittori della cattedra che si sforzano a trovare
i caratteri costanti nelle manifestazioni dei celebri
pittori e di far la sintesi colle trite parole " scuola,
maniera, verismo, idealismo, classicismo " si troveranno
imbarazzati davanti ai quadri di questo artista. Il Morelli
ha studiato in Italia e all'estero tutte le scuole famose,
tutte le fasi dell'evoluzione pittorica, ma degli studi, dei
viaggi, della stessa ammirazione ond' è circondato si giova
per temprare sempre più la propria originalità. Il Morelli
insegna ai suoi allievi a non essere imitatori servili né di
lui né di altri; infatti la sua gloria è di essere uno dei
maggiori fra tanti astri che risplendono di luce propria. Il
Morelli insegna che tutte le scuole pittoriche hanno
preziosi esempi da imitare e difetti che non sono più
conciliabili colle evoluzioni dell'arte e coi progressi
fatti nella riproduzione del vero; insegna ai suoi allievi
anche ciò che il maestro non fa sempre, insegna loro a
finire i quadri, a non lasciarli sparsi di riflessi opalini
come acquarelli sbiaditi e raccomanda loro quella pazienza
che a lui fa qualche volta difetto. "
Domenico Morelli è professore dell'Accademia di Belle Arti
di Napoli e delle principali Accademie d'Italia e d'Europa,
è commendatore dei SS. Maurizio e Lazzaro e della Corona
d'Italia, cavaliere dell'Ordine civile di Savoia. Nel giugno
del 1886 veniva assunto per i suoi meriti artistici alla
dignità di Senatore del Regno; ma egli non frequenta il
Senato. Il Morelli è amato, stimato, onorato da quanti
intelligenti ed artisti vivono, che debbono indubbiamente
riconoscere in lui il rinnovatore della pittura italiana.
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Angelo De Gubernatis |
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