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		| (Fonte : Angelo De Gubernatis - Dizionario degli artisti italiani 
			viventi  - 1889) 
 
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		|  Teofilo Patini |  
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					| Patini (Teofilo) pittore abruzzese di Castel di Sangro, già 
					noto favorevolmente nel mondo artistico, ha esposto con 
					ognor più crescente favore dal 1880 ad oggi una serie di 
					quadri interessantissimi e nuovi. A Torino espose nell' anno 
					suddetto le tele: Ogni buon stivale diventa ciabatta; Lo 
					studio di Salvator Rosa; e La prima lezione di 
					equitazione. A Milano nel 1881 aveva 
					L'Erede, quadro splendido rappresentante un contadino 
					morto steso a terra su di uno stuoia, mentre una donna stesa 
					in un canto piange, ed un bambino nudo sta vicino a lei e si 
					balocca. A proposito di questa tela così scrisse allora un 
					critico: "Questo bellissimo lavoro è un quadro-protesta; è 
					un discendente legittimo del Proximus tuus che l'anno 
					scorso si vedeva a Torino. Davanti alla statua del D'Orsi 
					provavate lo stesso fremito di dolore d'ira di vergogna che 
					davanti a questo del Patini: sono due canti, due lugubri 
					canti dell' interminato poema sociale. La statua del D'Orsi 
					mostrava il contadino caduto spossato sulle glebe, il quadro 
					del Patini la fine di quel martirio e il principio d' un 
					altro". 
 A Torino, nel 1884, espose Vanga e latte altro 
					interessante lavoro, e finalmente a Venezia il quadro 
					Bestie da soma di cui così parlava L'Esposizione 
					artistica nazionale illustrata, Venezia 1887: "Il visitatore 
					che, innamorato dell' arte, percorre quelle sale e trova in 
					quei dipinti un' eco della vita umana colle sue gioie e i 
					suoi dolori, colle sue miserie e i suoi trionfi, si arresta 
					commosso dinanzi a quella tela che esprime vivamente e 
					dolorosamente una triste e dolorosa scena. È purtroppo una 
					realtà che in molti paesi, sventuratamente anche d'Italia, 
					la donna, più debole e quindi meno atta alle fatiche 
					dell'uomo, è destinata ai lavori più duri e faticosi. Il Da 
					Pozzo colla sua Donna in Carnia, in cui ci dipinge 
					una bellezza stanca e composta, ha probabilmente avuto un' 
					idea simile a quella del Patini e qua e là, ivi altri quadri 
					dell' Esposizione, come per esempio nelle Macchiaiuole di 
					San Rossore 
					del Gioli, ci si rivela forse indirettamente lo stesso 
					spiacevole fatto. Il titolo rude e brutale che il Patini dà 
					al suo quadro , non aggiunge nulla alla rudezza, alla 
					brutalità che il dipinto manifesta.
 
 Quella vecchia, rifinita, colle grinze sul volto, col busto 
					semistaccato, colla camicia che lascia scorgere una parte 
					del seno, che con un'espressione completa di tristezza e di 
					abbandono tien chiusi gli occhi; quella giovine più accurata 
					nell'abbigliamento, che lascia sfuggire dal fazzoletto 
					alcuni riccioli che le incorniciano la fronte, ma che ha il 
					volto velato da un' ombra di mestizia; quella donna, più 
					vecchia che giovane, la quale scende dal monte col suo 
					carico sulle spalle, sottana rimboccata , la veste a 
					brandelli, con un'espressione incerta come da ebete che 
					sopporta pazientemente un peso da cui non si può scaricare, 
					son figure vive, palpitanti che ci fanno ricordare delle 
					scene viste, se le abbiam viste, o diversamente rivelano 
					all'animo commosso e meravigliato un lato triste e nuovo 
					della vita umana. Il Patini, giovane pittore che ha dedicato 
					all' arte tutto sè stesso e nell' arte rivela il suo animo 
					buono, può senza dubbio esser contento della nuova fama che 
					gli deriverà da questo quadro; e l'avvenire che lo attende 
					sarà senza dubbio tale, da effettuare le più giuste ed 
					elette sue aspirazioni.
 
 
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					| Angelo De Gubernatis |  |  |  |  |  |