Pillole d'Arte

    
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(Fonte : Dedalo - Rassegna d'arte diretta da Ugo Ojetti - Milano - Roma - 1920)

CEZANNE, GAUGUIN, VAN GOGH

 
Vi sono degli accoppiamenti di nomi che son causa di giudizi errati in quanto inducono a dare un unico passaporto a delle personalità ben distinte. Tale è il caso di Cezanne, Gauguin e Van Gogh, che l'uso corrente minaccia ormai di unire in una indissolubilità da far invidia ai tre moschettieri quasi vi fosse tra loro un programma comune, una fratellanza d'arte simile a quella onde si legarono i preraffaeliti, o gli impressionisti o i futuristi. In realtà nulla di simile. L'unico dei tre che abbia pensato a una vera e propria collaborazione e stato Van Gogh. Ciò corrispondeva per lui a un sogno che superava le contingenze della sua vita e aveva la forza d'una teoria, d'una aspirazione generica. In una delle sue lettere scriveva : " II me semble toujours, de plus en plus, que les tableaux qu' il faudrait faire pourque la peinture actuelle soit entierement elle et monte a une hauteur equivalente aux times sereines qu'attegnirent les sculpteurs grecs, les musiciens allemands, les ecrivains de romans francais, depassent la puissance d'un individu isole; ils seront donc trees probablement par des groupes d' hommes se combinant pour executer une idee commune.?
Assillato da questo sogno preparava la sua casetta a Arles in modo da ospitare degli amici e continuava ad insistere perche Gauguin lo raggiungesse. Pero di fronte alla prospettiva di una corporazione di artisti suo libero spirito si ribellava " L' idee de faire une sorte de Francmaconnerie des peintres ne me plait pas enormement. Je meprise profondement les reglements, les institutions, etc., enfin je cherche autre chose que les dogmes qui, bien loin de regler les choses, ne font que causer des disputes sans fin. C'est signe de decadence. Or, une union des peintres n'existant pas encore ? qu' a l'etat d'esquisse vague mais fort large ? lais donc tranquillement arriver ce que doit arriver."
Cosi appena intravista, la possibilità del lavoro in comune veniva da lui stesso rinnegata.

E non aveva torto infatti. Perche la breve permanenza di Gauguin a Arles, senza contare it drammatico scioglimento dal quale fu funestata, non giovò in nulla a ravvicinare i due artisti; anzi mise in chiaro la loro antinomia di gusti e di tendenze.
"Vincent (Van Gogh) et moi nous sommes bien peu d'accord en generale, surtout en peinture. II admire Daudet, Daubigny, Ziem et le grand Rousseau, tous gens que je ne peux pas sentir. E par contre it deteste Ingres, Raphael, Degas, tous gens que j' admire; moi je reponds: " Brigadier, vous avez raison ? pour avoir la tranquillite. Il aime beaucoup mes tableaux, mais quand je les fais it trouve toujours que j'ai tort de ceci, de cela. Il est romantique et moi je suisplutot porte a un cat primitif. Au point de vue de la couleur it volt les hasards de la pate comme chez Monticelli, et moi je dèteste le tripotage de la facture ecc. ?
Cosi scriveva Gauguin in quel periodo e più tardi, quando solo nell' isola di Tahiti ritorna nelle sue lettere sul nome di Van Gogh, non solo si astiene da qualunque accenno di rimpianto per it fallimento di quel tentativo di collaborazione, ma esprime il rammarico di vedere la loro opera accomunata e confusa " Surtout ne laissez plus faire Z.... qui va me fourrer dans une exposition avec Bernard, Denis, Ranson et c'e ; ce que donne l'occasion au critique du Mercure de dire que c' est Cezanne et Van Gogh qui sont vraiment le promoteurs du mouvement moderne. Non, voyez vous, les expositions ne valent rien pour moi, sinon a me faire attraper injustement et me meler a n' importe qui. ? Quanto a Cezanne, l'isolamento nel quale si chiuse tutta la vita, esclude persino il sospetto che in lui potesse mai nascere l'idea di una collaborazione. E del resto per Gauguin e Van Gogh egli non nascose mai la sua antipatia e la sua repulsione. Queste parole riportate da Bernard, la cui testimonianza a preziosa, lo dimostrano chiaramente : " Gauguin n'etait pas peintre, il n'a fait que des images chinoises ? "Sincerêment, vous (Van Gogh) faites une peinture de fou. ?
Oltre quindi a non esservi fra i tre pittori alcuna comunanza di intendimenti, che potesse mantenerli uniti, v' era invece una divergenza incolmabile di vedute e una scarsa stima.

Gli è che in fondo erano diversissimi per origini per carattere per tendenze. Gauguin discendeva per parte di madre da una nobile e vecchia famiglia spagnuola, i Borgia d'Aragona, insignita nel tempo della carica di vicerê del Peril. E al Peru condotto di tre anni appena, orfano del padre giornalista, passò, quella prima infanzia che riceve indelebili ricordi, presso il nonno materno, colonnello spagnuolo al soldo della repubblica peruviana e lo zio futuro presidente del Peril. Questa ascendenza lo predispose certo all' amore della vita errabonda, e gli instillo net sangue la nostalgia degli esotismi tropicali che dovevano piu tardi attirarlo definitivamente, sino alla morte. Alto, robusto con una impronta di volontà imperativa nel naso aquilino e nella mandibola potente, aveva il talento, la fecondia, il gesto, la forza fisica, la sfrontatezza, l' immaginazione inesauribile, la resistenza a l'alcool, il romanticismo degli atteggiamenti che fanno colpo sui giovani. Tutta la sua vita fu una sfida continua al destino, alle convenzioni sociali, alle opinioni estetiche correnti, una sfida che culmino nell'abbandono, giá maturo, dell'agiatezza, della moglie, dei figli nell'esilio volontario e duro, tormentoso, estenuante, nelle isole lontane della Polinesia. Ma di fronte alla miseria, alla malattia, alla incomprensione, mai un abbandono sentimentale, solo lo sdegno, talvolta velato d'un rimpianto che l'ironia sperde subito. Un egoismo appassionato, se questi due opposti potessero immaginarsi riuniti nella stessa persona : un egoista che passa su tutto e su tutti, anche su se stesso, per realizzare il sogno di un'arte cui solo pochissimi iniziati credevano. Quale opposto Van Gogh! Olandese dinascita, aveva la religiosita visionaria dei nordici, scaldata da un ntusiasmo doloroso, da una abnegazione altruistica, da una passione per l'apostolato.

 A un certo punto della sua vita, assorbito dallo studio delle questioni bibliche, con l'avviamento di una breve pratica di maestro di scuola a Londra, pensò di farsi pastore protestante e, dopo aver seguito i corsi di teologia a Amsterdam, andò a predicare tra i minatori del Borinage. Il senso dell' infinito nelle cose divine e della relatività nelle cose umane non lo abbandonano mai, egli faceva dire che Cristo era artista pin grande di qualunque artista, perchè sdegnando il marmo l'argilla e il colore, lavorava nella carne viva, faceva invece delle statue, dei quadri o dei libri, degli uomini vivi, degli immortali. Perciò dubitava di se stesso, si lacerava in astinenze e dipingeva come un illuminato in una continua esaltazione, piena di fervore. L'impulso tragico che guidò due volte la sua mano, prima per tagliarsi un orecchio, poi per togliersi la vita, se assume aspetto di una follia inesplicabile, nasce certo da questo giuoco di una psicologia tutta ripiegata su se stessa da scrupoli, pronta a scattare con tanta più forza quanto più fermamente era stata compressa. Amico eccellente, giudice inesorabile, sprovvisto d'ambi­zione e d'egoismo, nascondeva tanta effervescenza di vita interiore sotto un aspetto franco, aperto, vivace; solo la fronte alta e larga pareva fiammeggiasse sotto la capigliatura rossa.

Fra questi due caratteri eccessivi che hanno l'uno la lucente mobilità del mare e l'altro il divorante ardore della vampa, la figura di Cezanne si delinea con la grave e ferma stabilità della terra. Aveva del contadino la furbizia diffidente, e la credula bonomia, il buon senso e la tenace intransigenza, aveva soprattutto la devozione per il lavoro, per il proprio grave e duro lavoro ripetuto coscienziosamente ogni giorno con metodo, con accanimento, con onestà. Persino nella struttura della testa massiccia quadrata, nel colorito del viso, scuro, incorniciato da una corta barba ispida, ove lo smalto degli occhi metteva un pacato spicco bianco, aveva un' aria di buona razza contadina. Ed era infatti di umilissima discendenza italiana che aveva mutato emigrando in Francia il nome di Cesena in quello di Cezanne. Di queste sue origini conservò sempre traccia ; anche quando la sua famiglia giunse ad una piccola agiatezza ed egli potê seguire i corsi classici, acquistando una buona cultura umanistica, le sue abitudini rimasero primitive, semplicissime, refrattarie all'etichetta delle convenzioni sociali.

A Parigi, ove fu gli anni della giovinezza, nella possibilità materiale di approfittare della buona accoglienza che i più raffinati ambienti artistici gli avrebbero fatto, si mantenne in un riserbo cauto, misto di timidezza e di fierezza. Tornò maturo d' anni alla nativa Aix, intatto, e, quasi per reazione contro la mutevole capricciositá della capitale, pin attaccato alla conservatrice rispettabilità provinciale. Ivi dipinse, non fece altro non ebbe volontà d'altro, dipinse sino a che un giorno fu abbattuto da un colpo davanti alla tela. Esempio raro e mirabile di una probità artistica che, senza alcuna presunzione e quasi inconsciamente, era nella sua schiettezza profondamente rivoluzionaria.
Dopo quanto s'è detto sulla diversità di carattere di questi pittori, non recherà meraviglia il fatto che le loro preferenze artistiche fossero assolutamente divergenti.
Gauguin, l" abbiamo visto in una lettera citata, diceva d'esser portato verso uno stato primitivo. Cosi scriveva infatti una volta di certe xilografie compiute a Tahiti : " c' est justement parce que cette gravure retourne aux temps primitifs de la gravure qu'elle est interessante ".
Del resto e noto come in un primo tempo, antecedente alla permanenza nelle isole della Polinesia, egli fondasse la sua ispirazione sull'esempio di quei calvari brettoni, e di quelle figurazioni contadine note sotto il nome di "Imagerie d'Epinal". Il senso di schiettezza rudimentale che e nelle tradizioni popolari, le più anonime, le più collettive rispondeva al suo amore istintivo per una ornamentazione a piani sommari, a tinte risolute. E quando volle andare in la e arricchire la sua gamma di una sontuosità selvaggiamente tropicale, non fece che portare alle ultime conseguenze logiche le genuine tendenze del suo temperamento.

Gli olandesi invece furono sempre la fondamentale passione di Van Gogh. Per quanto trapiantato in Francia egli sentiva sempre il richiamo della propria razza " Au Louvre, moi je vais toujours, encore, avec grand amour, aux Hollandais, Rembrandt en tete. Rembrandt que j' ai tant etudie autrefois... ? E ne consigliava lo studio come il migliore possibile a Emile Bernard: " Je sais que l' etude des Hollandais ne saurait que to faire du bien, leurs oeuvres etant si viriles, si couillardes, et si saines. ? " Ici il s'agit non seulement de pierres precieuses,mais il s'agit de demeler des merveilles. ? " celá vaut bien le Paradis du Dante et les Michelange et les Raphaels et les Grecs meme. ?

Quando si pensi alle qualità di introspezione lirica proprie di Van Gogh, si intenderà tutta la naturalezza di una tale inclinazione. Ne sembrerà strano che il pittore prendesse poi un attaccamento tanto vivo ai giapponesi, poiche il loro segno nervoso e movimentato, il taglio per se stesso dinamico delle loro composizioni, la loro rapidità improvvisativa gli forniva un metodo per estrinsecare pittoricamente l'ansia del suo spirito. E in fondo non era anche questa fusione dell' Olanda con l' Oriente fatale, per un discendente del popolo che nella sua vita domestica assorbe tanti elementi d' arredo e d' uso dalle colonie? Per Cezanne i più grandi erano " vous les connaissez mieux que moi : les venitiens et les espagnols ? ; ma in generale, tutti gli italiani del 600 lo seducevano, e dinanzi a Mattia Preti s' estasiava. Egli trovava appunto in loro le qualitâ di chiaroscuro costruttivo e d' impasto cromatico robusto, che si studiava di raggiungere. Certe sue tovaglie abbandonate in un viluppo, come con una manata alzandosi da tavola, accanto al piatto con le buccie e al bicchiere vuoto, hanno nell'accavallarsi delle pieghe, bianco nero e cenere, la stabilità architettonica di un panneggio del Caravaggio. Andava tutti i giorni al Louvre a studiarseli i suoi vecchi maestri preferiti, e a seconda che questa visita mattutina riusciva piu o meno di sua soddisfazione, tutto il resto del giorno e del lavoro ne dipendeva. Nel suo studio di Aix aveva a portata di mano un vecchio trattato d'anatomia.
"En cette science, dice Bernard, Cêzanne etait peu verse, pourtant Luca Signorelli avait toujours fait objet de son attention ; mais bien plus sous rapport du style que sous celui de 1'etude des muscles, ?  
Come si vede le preferenze del pittore andavano verso i maestri latini e soprattutto italiani, cioê verso i depositari di una grande tradizione di ordine e di classicitmo. Ed è questo un fatto in perfetta coerenza con le caratteristiche e le tendenze del suo ingegno.

Se a questo punto si dovesse tirare una conclusione da tali brevi cenni comparativi, si avrebbe ragione di meravigliarsi che Cezanne, Gauguin e Van Gogh possano aver conferito alla Francia it merito del rinnovamento estetico iniziatosi verso il '90 e diffusosi poi in Europa, anzi in tutto il mondo. Poichè e vero, bensì, che due di loro nacquero in Francia, che il terzo la elesse a sua seconda patria, che in Francia trovarono il terreno adatto a sviluppare le loro idee, ma e anche vero che tutto quanto costituisce it carattere, il merito peculiare della loro arte non era punto francese. Ai grandi monumenti della tradizione artistica francese essi non attinsero mai, fosse essa la romanico-gotica, o la italianeggiante pussinesca, o la settecentesca barocca, e non si rannodarono mai, attratti corm' erano dal prevalere nel loro sangue di fattori stranieri, verso ideali com­pletamente diversi e indipendenti. II loro stesso innestarsi al ronco dell'impressionismo, quello si tutto francese davvero nei suoi caratteri, come una fioritura non di affinità, ma di reazione, mette in luce tale contrasto. E persino il loro immediato travolgente impeto di diffusione, infinitamente più rapido di quello dell' impressionismo, prova come essi recassero elementi meno strettamente nazionali, elementi quasi universali e perciò di una possibilità di assimilazione assai maggiore. Resta a vedere appunto quali siano questi elementi e perchè malgrado derivassero da nature opposte nel loro temperamento, nel loro ingegno, nel loro sviluppo, s' integrassero vicendevolmente, e agissero insieme come una sola forza.

E qui bisogna rifarsi dall' impressionismo, non per esporne i principi e descrivernel'evoluzione, cose gia universalmente note, ma per metterne in luce un lato fondamentale, sino ad ora, forse non abbastanza considerato. Voglio dire la sua essenza scientifica.Sotto le dichiarazioni di ribellione all'accademia, e così via, l'impressionismo non è in fondo, che l'estensione all'arte della stessa sete di certezze positive, diffusa dai progressi della scienza in ogni problema dello spirito, durante l'ultimo quarto dell'ottocento. La verita che nella luce a l'origine di tune le apparenze, e che quindi ne il disegno ne il colore sussistono come deter­minate proprietà connesse ai corpi, sebbene già parzialmente intuita, non s'era mai pensato potesse essere applicata, perchè l'uso del contorno lineare e della tinta locale, suggeriti spontaneamente all' uomo come i mezzi naturali di figurazione, erano sempre sembrati rispondere a qualunque necessità espressiva. Dimostrata in quel tempo con il rigore di una vera scoperta scientifica, fece nascere la convinzione che sostituendo all'empirismo di quei vecchi mezzi, l'esattezza di nuovi corrispondenti al modo come i nostri occhi percepiscono le vibrazioni della luce, la pittura avrebbe potuto raggiungere una restituzione integrale degli spettacoli naturali. Il disegno sarebbe stato resultanza di stacchi tonali, e non più artificio di linee, il colore fremito di mille riflessi resi nel loro effettivo valore, e non più relatività di convenzioni cromatiche approssimative. E inutile aggiungere che tutto questo doveva portare necessariamente a bandire qualunque incursione nel campo della invenzione fantastica, o della evocazione sentimentale ; e che infatti anche, di pari passo con una fedeltâ diretta al vero attuale, alla vita contemporanea, nel senso più assoluto della lettera, demolendo cosi anche le risorse della composizione.

Per quanto tutto ciò non volesse affatto diminuire la libertà individuale, e anzi proclamasse di esserne la massima garanzia, tuttavia se fosse stato osservato con rigore, avrebbe portato ad una meccanica applicazione di leggi fisiche, quasi un pro­blema materiale di numeri. Fortunatamente la insofferenza di freni che ribolle malgrado ogni proposito nell'anima dei veri artisti, condusse gli stessi artefici di un tale sistema a sfuggire ciascuno per proprio conto dalle sue strettoie verso la più completa indipendenza lirica. E chi come Degas trovò a salvezza nel movimento, chi come Renoir nel colore, chi come Monet nella luce medesima, nel senso di una personale interpretazione della natura. Sicchè dopo tutto ciascuno ricreò al luogo di quella distrutta una sua propria convenzione.

Questo superamento pacifico dell'impressionismo compiutosi fatalmente con il empo, era ben lungi dall'essersi verificato mentre, circa il 1890 Cezanne e Gauguin nella loro piena maturità, Van Gogh nella sua precoce govinezza, giungevano già risultati definitivi nello stesso senso. E fu appunto merito loro esclusivo l'aver intravisto, prima di chiunque altro, le manchevolezze insite nella illusione di una scienza razionale della espressione pittorica, e l'aver provocato un ritorno alle empiriche soluzioni dell'istinto. Ma seguiamoli in questo cammino valendoci della loro stessa parola.

Il bianco e il nero per esempio erano stati banditi dalla tavolozza come colori non esistenti nella loro purezza in natura ; ebbene "Le noir e le blanc, strive Van Gogh, tels que le marchand nous les vend tout simplement, je vais les 'mare sur ma palette hardiement et les employer tels quels. Lorsque el remarque que je parle de la simplification de la couleur a la Japonaise ? lorsque je vois dans un parevent aux sentiers roses, un monsieur qui est habille de noir et juge de paix de son metier (le juif arabe dans le Tartarin de Daudet, appelle cet honorable fonctionnaire Zouge de paix), lequel lit l' Intransigeant, au-dessus de lui et du pare un ciel d' un simple cobalt, pourquoi ne pas peindre le dit Zouge de paix, avec du simple noir d'os, et l' Intransigeant avec du simple blanc tout cru? ? Era stata prociamata per esempio la necessità di obbedire fedelmente al vero ; sentite quello che ne dice Gauguin : " Avez vous remarque que lorsque vous recopiez un croquis dont vous etes content, fait a une minute, une seconde d' inspiration vous n'arrivez qu' a une copie inferieure, surtout si vous en corrigez les proportions, les fautes que le raisonnement croit y voire. J'entends dire quelquefois : le bras est trop long etc... Oui et non. Non surtout, attendu qu'a mesure que vous l'allongez, vous sortez de la vraisemblance pour arriver a la fable, ce qui n' est pas un ma! : bien entendu faut que route l'oeuvre respire le meme style, la meme volonte. Si Bouguereau faisait un bras trop long, ah oui ! que lui resterait-il, puisque sa vision, ? sa volontê artistique ? est que la, a cette precision stupide qui nous rive a la chaine de la realite ma­terielle. ?

Per esempio s' era ambito di contraffare il vero ; Cezanne scrive queste brevi parole : " La nature j'ai voulu la copier, je n'arrivais pas. Mais j'ai ete content de moi lorsque j'ai decouvert que le soleil, par exemple, ne se pouvait pas reproduire, mais qu'il fallait le representer par autre chose... par de la couleur. ? Dove l'aver contrapposto rappresentare a riprodurre, sta a significare che l'arte non consiste in unacopia, ma in una trasposizione. Per intenderci : dipingere il sole non vuol dire eguagliare il suo fulgore, ma stabilire in termini sia pure infinitamente attenuati, rapporto tra intensità della sua lace e quella delle ombre da esso proiettate. Quando poi si metta in relazione questo con un'altra frase pure di Cezanne : " Peindre d'apres nature, ce n'est pas copier l'objectif, mais seulement realiser ses sensations? , si intende come la ricerca di tale rapporto sia tutta soggettiva, sia un terra offerta alla sensibilità dell'artista per ritrovare ed esprimere se stesso.

Ecco dunque che veniva ripreso il cam­mino secondo le direttive maestre dell'arte, riconoscendo all'artista il diritto di operare qualunque deformazione del vero, purchè giustificata da uno scopo lirico, la necessità di sostituire alla ricerca di una identità degli effetti, quella di una equivalenza dei rapporti. Con questo si riammetteva il disegno, il colore, la composizione come convenzioni, artifici non solo leciti, ma necessari. Tutto stava ora nello svincolarli dal formulario dove da tempo s'erano impigliati.

E Cezanne, Gauguin, Van Gogh che uscivano da un individualismo esasperato, fecero anche questo. Avete mai osservato voi come chi lavora la terra di tanto in tanto s'arresti per raschiare il breve appiccicume della zolla dal suo arnese, e come il metallo fatto lustro e tagliente risponda poi meglio alla fatica ? Cosi andarono essi sotto le incrostazioni ritrovando la materia genuina. E si compiacquero che il loro franco pennello rassodasse le cose con aria grezza e brusca, senza tante ricercatezze signorili. Van Gogh sognava " des images naives de vieil almanach ?. Gauguin cercando " un certain luxe harbare d'autrefois ? precisava : " Ce n'est ni la soie, ni le velours, ni la batiste, ni l'or qui forme ce luxe, mais purement la matiêre devenue riche par la main d'artiste. ? E infine Cezanne più esplicito degli altri : " I faut etre ouvrier dans son art, savoir de bonne heure sa methode de realisation. E tre peintre par les qualites memes de la peinture, se servir de grossiers. ? Si, grossolani i loro materiali, se si vuole, ma tanto sostanziosi nella grana, negli impasti,da gareggiare con il trasparente fulgore delle vetrate, o con la opaca sontuosita degli arazzi, o con il pastoso riverbero delle ceramiche !

II valore di un tale insegnamento poteva al pubblico, sempre in cerca di speciosità letterarie, restare oscuro, o sembrare limitato tutt' al più ad una reazione contro l' incorporeità dell'impressionismo. Ma gli artisti sentirono che si trattava di ben altro ; sentirono che l'espressivitâ lirica di Van Gogh, il senso decorativo di Gauguin, il rigore classico di Cezanne avevano il merito, ciascuno nel proprio campo, di restaurare il valore intrinseco della pittura quale associazione di linee, di colori, di forme, di spazii, di volumi. E se, imponendone l'ammirazione, misero vicino i loro tre nomi, come 1' insegna una e trina del più radicale rinnovamente pittorico moderno, non intesero con ciò di affermare identità dei loro temperamenti e delle loro arti.

Bisogna ricordarlo.

ANTONIO MARAINI              

                    

Per le citazioni dei tre pittori, e alcune notizie cfr.: E. BERNARD, Lettres de Vincent Van Gogh, Paris, Vollard 1911. ? Genres de Paul Gauguin a Georges Daniel de Monfreid, Paris, Cres, 1919. ? E. BERNARD, Souvenirs sur Paul Cezanne, Paris, Messein, 1912. ? A. VOLLARD, Paul Cezanne, Paris, Cres, 1919. ? M. DENIS, Theories, Paris, 1913.