Pillole d'Arte

    
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(Fonte : Dedalo - Rassegna d'arte, 1924-25)  

Un disegno sconosciuto di Ingres

Nell'estate del 1820 Ingres arrivava a Firenze. Vi era già passato nel 1806 recandosi a Roma per compiere il suo tirocinio di pensionato a Villa Medici. Ma quella non era stata che una sosta di pochi giorni. Ora vi tornava, quarantenne, dopo quattordici anni di permanenza romana; anni durante i quali con studio indefesso, aveva gettato solidamente le basi del suo stile. E vi tornava attratto dal desiderio di rivedere il suo compagno di studi Lorenzo Bartolini, e più dalla prospettiva di rimettersi in cammino verso la Francia, dove di volta in volta aveva inviato il frutto del suo lavoro. Troppe, però, erano ancora le ostilità che i colleghi e rivali gli opponevano, per sentirsi sicuro di quella supremazia incontrastata cui aspirava, come condizione prima del suo ristabilirsi in patria. Sicchè Firenze "où la vie est véritablement douce et aisée sous tous les rapports", scriveva egli stesso, finì col trattenerlo sino al 1824, quando il pieno successo del Voto di Luigi XVIII al Salon, gli aprì trionfalmente le porte gli Parigi.
Fu a questa opera capitale nella storia della sua carriera che Ingres dedicò la massima parte del suo tempo a Firenze, pur conducendo a termine insieme l'altro quadro minore L'ingresso di Carlo V a Parigi, tre bellissimi ritratti a olio di L. Bartolini, di M. Leblanc, di M.me Leblanc, e alcune copie nella Galleria degli Uffizi. Ma, in rapporto all'oggetto di questa nota, assume particolare importanza quanto risulta da un elenco redatto da lui medesimo, circa i lavori compiuti in quell'epoca: "Une quantité de portraits dessinés" Di quei ritratti cioè alla mine de plomb, che, derivati per il loro carattere prevalentemente lineare, dal disegno a gelido contorno dei neoclassici tipo Flaxman, avevano acquistato sotto la sua mano impeccabile una ricchezza di modulazioni nuova e squisita. Ora di tali ritratti eseguiti a Firenze ne restano parecchi bellissimi, senza tuttavia essere in un numero da giustificare il significato di abbondanza implicito in quel termine di "quantité". Segno che probabilmente debbono essere in parte andati smarriti. E non v'è quindi da meravigliarsi che qualcuno cominci a tornare in luce.

Tale potrebbe essere il caso, per esempio del Ritratto d'ignota, qui riprodotto per cortesia della signora Carolina Maraini proprietaria della medicea Villa d'Artimino, dove m'è accaduto di ritrovarlo alcuni mesi or sono. Fino allora il cattivo stato di conservazione aveva celato il suo valore. Ma, esaminato con cura alla luce, rivelò subito quella incisività, nitidezza, astrazione di tratto che caratterizza il disegno di Ingres e lo fa rassomigliare a quello di un architetto, più che a quello di un pittore. Tali qualità sono soprattutto evidenti nel viso di una ferma dolcezza d'espressione, e nella acconciatura vaporosa del capo. Inoltre l'impostatura larga di tutta la persona, la naturalezza con la quale è seduta, la continuità del contorno dal quale è circoscritta, sono tutte indicazioni che riducono e annullano quasi i dubbi, possibili per qualche cifrata monotonia nelle pieghe, sulla giustezza dell'attribuzione proposta. Attribuzione che è confortata anche dalla favorevole opinione espressa dal maggior ingrista vivente, M. Henry Lapauze, direttore del Museo parigino del Petit Palais, alla cui dottrina sottoposi una fotografia del disegno.
A questi dati stilistici già tanto esaurienti per sè si aggiungono dati iconografici assai significativi. Lungo il fondo, infatti, appaiono sospesi a decorare la parete alcuni ritratti, due dei quali sicuramente identificabili per opere esistenti e note del periodo fiorentino di Ingres: quello, cioè, del conte di Bombelles e quello del signor Gasperini: quest'ultimo rinvenuto all'Artimino, pur esso, in una copia incisa della testa, tratta forse dal gruppo della intera famiglia. Si direbbe dunque che l'ambiente entro il quale l'ignota è stata ritratta, sia lo studio ove l'artista lavorava circondato dai suoi disegni. E che ciò possa essere, verrebbe confermato dal fatto che il riquadro e la zoccolatura della parete di fondo con relativa lesena, si corrispondono esattamente tanto nel Ritratto del conte di Bombelles, quanto nel Ritratto di Ignota. Segno probante che le due opere sarebbero state eseguite nella medesima stanza.

Mancando documenti precisi che chiariscano la provenienza del ritratto, non oso concludere con assoluta certezza che si tratti di un Ingres. Ma tutto induce a crederlo. E in caso affermativo a datarlo tra il 1822, anno in cui venne eseguito il Bombelles, e il 1824 anno in cui ebbe termine il soggiorno del maestro di Montauban a Firenze.

 

Antonio Maraini            

NOTA. - Per tutti i dati di fatto riguardanti la vita e l'opera di Ingres mi sono valso del libro fondamentale di M. Henry Lapauze: Ingres: edito da Georges Petit, Paris, 1911.