Pillole d'Arte

    
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(Fonte : Dedalo - Rassegna d'arte diretta da Ugo Ojetti, Milano-Roma, - 1923-24)

 

DUE MEDAGLIE DI ROMANO ROMANELLI

Romano Romanelli fiorentino ha cominciato a modellare medaglie durante la guerra quando, ufficiale di marina, era stato richiamato sotto le armi. Scultore, figlio e nipote di scultori, egli sùbito scelse per le sue quattro medaglie di guerra (quella pel Sommergibile S. 2, quella commessagli da Gabriele d'Annunzio per gli aviatori del Varano, quella per la "Andrea Doria", quella per la Torpediniera 36 P N) il tipo del "medaglione di getto" caro al Pisanello e ai suoi imitatori veneti, lombardi e toscani del quattrocento. Era del resto il tipo antico dell'aes grave romano, moneta fusa e non coniata.

Scultura vera, senza nessuna velleità di gara con l'oreficeria; scultura che non teme aggetti e spessori purchè distribuiti e pesati con norme d'arte; scultura che sa chiudersi nella forma circolare e quasi vi rota dentro. Ma essa differisce dal bassorilievo in questo, che resta costretta tra due piani inflessibili: quello del fondo che non deve essere mai intaccato, e quello dei maggiori rilievi che devono essere rasi alla stessa altezza pur mantenendo il loro netto risalto e il loro chiaroscuro definito.

Occorre per quest'arte laconica e virile una volontà sempre vigile nello scegliere i particolari e nel definire le masse con precisione, così che alla fine l'evidenza sia immediata. Voglio dire che a tanta semplicità della medaglia (medaglia: parola nostra, cosa nostra, arte nostra per secoli) non si arriva di primo acchito, ma lentamente, e quasi astraendo dal vero, dopo averlo osservato, studiato, imparato a memoria. Perciò la più difficile prova è qui il ritratto. Romano Romanelli vi si era già cimentato nella testa d'Andrea Doria, sostenendo bene il confronto con la celebre medaglia di Leone Leoni che, modellata nel 1530, era già minuta e da conio più che da getto.

Adesso col ritratto in profilo della Duchessa d'Aosta egli ha raggiunto una padronanza di modellazione anche più sicura. Si osservino i cinque piani paralleli dal sopracciglio al globo dell'occhio; si osservi la modellazione della mascella tra gota e mento. Non conosciamo un altro scultore capace oggi di tanta compendiosa ed insieme espressiva sobrietà. Solo ci dispiacciono i troppi e triti pastelli di creta o di cera schiacciati sopra questi piani recisi. V'è lì ancóra un ultimo brivido di pittoresco da cui un arte siffatta dovrebbe guarire per sempre.
 
Nell'ultima medaglia, pei volontari di guerra, il piano del fondo è infatti quasi tutto liscio. Anche questa medaglia gliel'ha commessa Gabriele d'Annunzio, con una fiera scritta in latino dalla quale lo scultore ha tolto il soggetto del guerriero alato che si scaglia a ferire alzando con le due mani sul capo la spada romana. Il Poeta vuole donarla egli stesso ai suoi compagni volontarii. E il ricordo sarà un premio due volte caro: pel nome di chi lo offrirà e per l'arte che lo farà memorabile.

U. O.