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(Fonte : Emporium - Nr 165 Settembre 1908)
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Necrologio : Giovanni Fattori
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II 30 agosto morì a Firenze nella sua casa vicina
all'Accademia di Belle Arti, Giovanni Fattori, il pittore
delle battaglie e delle maremme, il cui nome raccoglieva
intorno a se tutta una tradizione d'arte toscana. Di lui
scrisse a lungo, nell' Emporium del gennaio 1903,
Romualdo Pàntini, ed allora pubblicammo anche numerosi suoi
quadri, per cui oggi ci basterà ricordare per sommi capi la
vita di questo artista interessante e vario.
Nato nel 1825 a Livorno, venne a Firenze verso il '46, dove
fu messo a studiare col Bezzuoli, poi all'Accademia, dove,
insofferente di freni e di regole, si fruttò la reputazione
del più terribile scolaro. In quel torno di tempo, presso il
caffè Michelangelo si riuniva quel gruppo di giovani che per
parecchio tempo, gridando tra le più grosse ingiurie, tra le
facezie e gli scherzi contro gli idoli del momento, menavano
colpi furibondi al convenzionalismo accademico. La vita del
Fattori fra gli stenti e la miseria trascorse così per
alcuni anni fino alla venuta del Morelli, del Tivol,i di
Altamura, di Domenico Costa, i quali rivelandogli i grandi
paesisti Daubiguy, Corot, Rousseau, gli diedero modo di
delineare nettamente la sua individuale tendenza artistica.
Il concorso Ricasoli incominciò a far conoscere il Fattori
come pittore di milizie, e il Campo italiano durante la
battaglia di Magenta è opera che se manca delle
caratteristiche maggiori della sua arte, la fermezza e la
rudezza dei contorni, è di certo quella che inizia la serie
delle sue splendide composizioni militari, sobrie ed austere
nel colorito e nella distribuzione delle figure.
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Nel
'63 un'altra opera, l'Attacco della Madonna della
scoperta, viene premiata dal Ministero, ed a questa
fanno seguito: Il 49mo Reggimento fanteria a Custoza, Il
principe Amedeo ferito a Custoza, La carica di cavalleria a
Montebello, Lo staffato, ed altri moltissimi.
Caratteristica del Fattori, che gli venne dal lungo
soggiorno e dall'amore al natio loco, fu la passione per la
Maremma, ch'egli ritrasse in mille modi, con episodi
caratteristici, spesso strani, nei quali lasciava
un'impronta d'originalità, di vivezza e di singolarità di
movimento, che invano si cercherebbe in altre tele. Però non
sempre il colore ed il taglio rispondevano all'armonia
artistica, sicché tristezza di paesaggio, solennità
d'ambiente e scelta di soggetto potevan sembrare, specie
negli ultimi tempi, una cifra in cui s'adagiava volentieri
il pennello dell' artefice. Tuttavia anche in ciò il Fattori
era sincero: egli sentiva realmente così, come attraverso
un' impronta di dolore, il selvaggio paese, gli indomiti
cavalli, Ie mandrie indisciplinate dei bufali, la rozzezza
dei mandriani, l'asprezza della vita resa più grave in quei
luoghi dalle febbri e dalla miseria. |
L. D.
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