Pillole d'Arte

    
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(Fonte : Emporium - nr 326 - Febbraio 1922)

Una mostra personale di Giuseppe Sacheri


Sacheri ha tenuto in questi giorni, nei locali della Permanente, una mostra di suoi quadri: mostra che non lo rappresenta del tutto e che non corona certo l'attività dei fecondissimo paesista genovese; poichè non sarà sicuramente lui che, dopo più d'un quarto di secolo di pieno fervore pittorico, deporrà il pennello per indugiare in certe fantasticherie, uso quelle che sovente isteriliscono l'attività di tanti artisti. Egli persevererà nel pieno fervore della sua maturità e, si può starne certi, non perderà nè il buon posto nè la buona fortuna che operando s'è conquistato.

Scogliere, placide marine o tumulti di libecciate, sereni notturni di poesia, ombre di valli e di cieli, recessi della sua forte terra luminosa o grigiori perlacei di terre oltremontane, piccole intimità di paesaggio o tempeste di nuvole, tutte insomma le romanticherie e le raffinatezze di luce, di colore, di sentimento, raccolte nelle sue visioni, nei suoi ricordi o nei suoi colloqui col vero, si agiteranno ancora sulle sue tele, in tonalità vibranti o diffuse, in spatolate energiche od in velature piene di mistero. La produzione sua fervidissima cioè, quella alla quale ha saputo abituare il suo pubblico, senza stancarlo; dove a colpo d'occhio balza la sua nota personale, l'intensità della sua pennellata ed, insieme, tutta l'indole sua di romantico paesista.

Lo sappiamo: non è per tutti la sua pittura nei nostri difficili tempi — difficili anche in arte voglio dire. Ma quanti tuttavia l'amano e lo ricercano giustamente nelle esposizioni grandi e piccole dalle quali di rado egli è assente. Dalle grandi, da quelle che sembrano meta suprema d'ogni artista, a quelle che ne promuovono i primi passi ed, ahimè, le prime delusioni; che l'indole sua personale, come l'onestà della sua arte non possono riscuotere se non simpatia. E lo imitano anche, purtroppo: o, meglio, credono d'imitarlo quei soliti che si mascherano con qualche spatolata sbadata o con qualche insincero intruglio di colori; senza capire insomma, cioè ancora senza sapere quanto invece sgorga dalla raffinatezza pittorica e romantica dell'indole di Giuseppe Sacheri, dalla sua consumata abilità di colorista, dalla padronanza di tutte le risorse che anche la pura tecnica può dare, se è però sorretta da un'intima coscienza di quanto si sa e si vuole esprimere.

Velature o profondi impasti, agitarsi tempestoso di masse di colore, costruzioni a larghe sintesi cromatiche; talora, specie nei notturni, diffusione tenue ed intensa di profondità e di mistero; rapidi accordi su tonalità sue personali da apparir quasi una cifra; spesso squisitezze d'accordi velati da far pensare a Monticelli, o vigorie di masse d'ombra sul cielo che l'accostano piuttosto a Fontanesi. Nomi sonori da non pronunziarsi certo in antitesi a quello di Sacheri: l'onesta sua rinomanza è d'altronde in relazione diretta con una spiccata personalità che gli assicura a buona ragione un posto tutto suo fra i paesisti contemporanei. E di questa sua rinomanza ha parte non piccola una operosità ed un fervore di produrre, di cui la mostra di cui si parla non è, come dicevo, se non un saggio.

Fra i tanti che molto teorizzano in arte e poco producono, e l'operosità di questa salda tempra di paesista ligure, per chi bada ai frutti e non alle intenzioni, non vi può essere dubbio. E fra i frutti della sana pittura di Giuseppe Sacheri, anche fra quelli che ora ci ha mostrato, molti se ne scorgono, i quali mostrano d'originare da un temperamento d'artista degno davvero della rinomanza che gode.


U.N.