L'ultima esposizione di Venezia ha rivelato al gran 
					pubblico che appena lo conosceva di nome, Armando Spadini, 
					del quale ora i giornali ci annunziano la morte improvvisa 
					ed immatura. Chi seguiva da anni con simpatia il metodico e 
					sicuro affermarsi dell'artista, il suo costante procedere 
					verso una forma d'espressione sempre più sincera e più sana 
					e più completa, perchè più sentita, si era rallegrato della 
					fortunata decisione del Comitato ordinatore della mostra 
					veneziana, che permetteva finalmente ad Armando Spadini di 
					farsi conoscere ed ammirare ed amare da un pubblico più 
					vasto di quello che fino allora conosceva ed amava l'arte 
					sua. E la mostra dello Spadini a Venezia, per quanto può 
					essere completa e definitiva una mostra personale d'un 
					lavoratore indefesso quale era lo Spadini, era riuscita a 
					rappresentare chiaramente anche agli occhi dei più 
					disattenti il valore grandissimo di questo artista schivo di 
					pubblicità e di rumore. Tutto intento ad esprimere la sua 
					visione artistica e di null'altro preoccupato, il quale 
					forse senza accorgersene dava al pubblico ed agli artisti 
					una magnifica lezione di realtà e di vita.  
					In un'epoca in cui l'arte e specialmente a pittura 
					continua a baloccarsi in discussioni teoriche, in cui gli 
					artisti dipingono per illustrare e sostenere le teorie 
					faticosamente costruite sui libri e nelle vuote discussioni, 
					Armando Spadini, fiorentino del bel tempo antico guardava la 
					realtà con occhi puri e innamorati, e della realtà solo si 
					occupava e si interessava e come gli appariva così la 
					rappresentava Sinceramente e serenamente.Perciò la mostra 
					veneziana dello Spadini non ha costituito solo la 
					rivelazione di un artista poco conosciuto, ma ha anche 
					segnato un momento prezioso di questo ritorno verso la 
					sincerità del passato, di questo abbandono di teorie, di 
					questo affacciarsi verso le origini che, o mi inganno, è la 
					conclusione cui sta giungendo la pittura italiana in questi 
					ultimissimi anni. 
					
					Lo Spadini nacque a Firenze nel 1883 e studiò pittura 
					privatamente senza frequentare nè scuole né accademie. Ma la 
					realtà quale egli vedeva e sentiva fu la sua vera scuola, e 
					da essa imparò spontaneamente e serenamente il segreto 
					dell'arte che è fiore di sentimento e non risultato di 
					elucubrazioni e di teorie. Perciò, artista e non parolaio, 
					egli maturò nel silenzio della sua arte, affinando e 
					perfezionando la sua visione, raggiungendo rapidamente quel 
					perfetto equilibrio di forma e di colore che ne ha fatto, 
					appena quarantenne un maestro fra i più significativi e i 
					più preziosi della pittura contemporanea. E la realtà 
					ch'egli guardava e sentiva ed esprimeva era la realtà che 
					più gli era vicino, la sua famiglia e le cose domestiche, e 
					della sua famiglia, di sua moglie, dei suoi bambini egli ha 
					espresso con una costanza che non stanca perchè sempre si 
					rinnova, la grazia, la bellezza e la sanità. 
					
					La sua pittura si compiaceva di questi pochi motivi e li 
					ripeteva come una canzone che si rinnovella ad ogni stagione 
					e sotto tutti i cieli, e perciò sopratutto egli è apparso a 
					Venezia l'anno scorso come una rivelazione inattesa. Il 
					pubblico, stanco di tante elucubrazioni, di tanti teoremi di 
					forma e di colore e di pensieri, si è compiaciuto di 
					attardarsi davanti all'opera di un artista che non 
					discuteva, che non creava o agitava problemi di filosofia e 
					di trascendenza pittorica ma cantava lietamente un canto di 
					bellezza, di grazia, di serenità. E questo canto egli 
					cantava con strofe di una luminosità squisita, con una 
					abilita coloristica troppo perfetta per essere appresa da 
					altri e voluta; perfetta perchè spontanea e naturale e 
					definita. La mostra di Venezia aveva finalmente rivelato un 
					grande pittore italiano della nuova generazione, un maestro 
					che poteva già essere considerato come uno dei più 
					significativi rappresentanti dell'arte nostra, e tale da 
					essere contrapposto alle glorie straniere più degne. 
					Finalmente a chi ci domandava dove è la pittura italiana, 
					avremmo potuto rispondere un nome e additare un'opera. 
					
					Il bellissimo ritratto dello Spadini che qui possiamo 
					pubblicare, costruito con la robustezza fiorentina delle sue 
					cose più felici, e vivo d'una colorazione ardente che 
					ricorda i veneziani, appartiene alla collezione del maestro 
					Liuzzi a Firenze, come a collezionisti e ad amatori 
					appartengono la maggior parte delle sue opere. La mostra 
					veneziana infatti raccoglieva quadri ceduti per 
					l'esposizione da collezionisti sagaci che non avevano atteso 
					la celebrazione ufficiale per assicurarli alle loro 
					collezioni. E se lo Stato ha potuto acquistare in questi 
					giorni un quadro di lui per assegnarlo alla galleria romana 
					d'arte moderna, è stato per la generosità di un 
					collezionista che non ha esitato a cederlo alla famiglia 
					perchè questa potesse venderlo allo Stato. Così pubblico e 
					governo hanno riconosciuto e apprezzato e onorato l'opera di 
					Armando Spadini. Tanto più triste è stato quindi il destino 
					che ha troncato in piena giovinezza e in pieno fervore un 
					artista che avrebbe potuto darci ancora una lunga serie di 
					opere mirabili, degne d'una gloria reale e non effimera. 
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