| 
					|  | 
						
						
							| 
	
  		
		| (Fonte : Fiorentina Primaverile - 1922) 
 
 |  |  
		| Alfredo Muller |  
		| 
 |  
		| 
				
					|  E' nato a Livorno nel 1869. Studiò a Firenze col Ciarampi e 
					col Gordigiani e a Parigi ove si recò nel 1888, con l'Hameng. 
					E' artista di un'indole aristocratica e raffinata. La sua 
					arte piuttosto che d'istinto è fatta di un'intelligenza 
					curiosa e vivace: - di gusto e di cultura. Ama l'arte più 
					assai della natura e chiede a quella, di preferenza, le 
					proprie ispirazioni. Il suo carattere stesso lo ha condotto 
					spesso ad interessarsi dei «movimenti d'avanguardia» 
					dell'arte francese e a seguirli, temperandoli sempre, 
					peraltro, con una vena di arguto scetticismo e di prudente 
					moderazione. Fu il primo a portare in Italia - verso il 1890 
					- il nuovo verbo dell'impressionismo luminista Monettiano. 
					Mi ricordo di un suo quadro fatto a quel tempo a Livorno e 
					raffigurante i Bagni Pancaldi, che per molti pittori 
					fu allora come il libro di testo dal quale appresero il 
					gusto delle gamme chiarissime e quella nuova tecnica a 
					piccole pennellate corpose, divise e sfarfallanti, intesa a 
					rendere la vibrazione della luce e dell'atmosfera. 
 Tornato a Parigi nel 1895, divenne amico di Pisano, di 
					Renoir, di Lautrec, di tutti, insomma, i fondatori de Les 
					Independents e del Salon d'Automne. Prese parte alla Mostra 
					del Champs de Mars. Avvicinò anche Cezanne. Allo scoppiare 
					della guerra europea il Muller ritornando a Firenze col 
					culto di Cezanne e di Renoir, ebbe qui numerosi seguaci e 
					imitatori: e alcuni pittori, alcuni anche in la ormai con le 
					esperienze, sul suo esempio, raschiarono la tavolozza e 
					rinnovarono maniera.
 
 Muller adottando la norma di certi periodi più maturi 
					dell'arte antica, nell'orbita d'influenza dei suoi maestri 
					elettivi, si è andato creando una propria «retorica», una 
					propria convenzione, nella quale applica tutte le risorse 
					della sua tavolozza ormai raffinata e abilissima. Quando 
					egli guarda direttamente il «vero» - e lo guarda raramente - 
					lo considera, piuttosto che come il soggetto, come il 
					pretesto della propria arte, un canovaccio sul quale va 
					ricamando delle armonie cromatiche e lineari traslate e 
					arbitrarie.
 
 Cosi, discorrendo della sua pittura, egli non vi parla di 
					rapporti giusti e di toni evocativi, ma preferibilmente di 
					simpatia di gamme argentine, dorate, calde o fredde, e si 
					compiace esplicitamente allorché una sua figura ha raggiunto 
					nel gesto, nella linea, nell'espressione qualcosa che 
					ricordi l'esemplare di qualche grande maestro o evochi 
					qualche vecchia stampa. Come si vede, la sua è una mentalità 
					del tutto opposta a quella dei naturalisti e dei 
					sensazionisti. La pittura del Muller ha un sapore 
					prevalentemente decorativo, anzi: ornamentale. Peccato che 
					questo artista non abbia a sua disposizione una moderna «Savonnerie». 
					cui poter dettare le sue armonie gustose e divertenti, 
					mignardes - come dicono i Francesi.
 
 Mario Tinti.
 
 |  
					| 
 |  
					| Opere esposte : |  
					| 
						
							|  | 1. Donna nuda addormentata
 2. Le arlecchinate
 3. Il Labirinto
 4. Il Geloso
 5. La fuga
 6. L'appuntamento
 
 |  |  
 |  
					|  |  
					|  |  |  |  |  |  |