Marius Pictos   (Pagine 18 )      Fonte : Ritratti d'Artisti Italiani - 1911

{\rtf1\ansi\ansicpg1252\deff0\deflang1040{\fonttbl{\f0\fnil\fcharset0 Times New Roman;}{\f1\fnil Times New Roman;}{\f2\fnil\fcharset0 Arial;}} \viewkind4\uc1\pard\sb2268\sa1134\sl240\slmult1\qc\lang16\f0\fs28 Marius Pictor. \par \pard\fi283\sl240\slmult1\qj Nello studio di Marius Pictor o, pi\'f9 pedestremente, di Mario de Maria, a Venezia, sulle Zattere. \par Fuori un sole bianco rovente, un cielo tremulo per l'afa; di qua e di l\'e0 dal canale, nessuno. Nella chiesa dei Gesuati porte e tende chiuse a custodire nell'ombra e nel silenzio le nuvole bianche sulle quali il divino Tiepolo ha adagiato i suoi sogni. Anche sul balcone di Marius Pictor, le tende calate fin sopra la balaustrata e nello studio una fresca penombra: ma nella penombra due uomini s'agitano e discutono e sudano. Uno \'e8 alto grosso un po' curvo, i capelli folti grigi lisci, la barba fluente, gli occhi azzurri e sereni, la bocca stanca e dolente: Vittore Grubicy. L'altro tutt'ossa e nervi, la faccia rasa quadrata, pochi capelli brizzolati, gli occhi, dietro le lenti, irrequieti, d'un grigio d'acciaio, le orecchie rosse: Marius Pictor. Vittore parla pacato, non ode quel che dice il suo amico, segue il suo interno ragionamento e ne pronuncia ad un tratto la conclusione, lento e imperturbabile come pronunciasse un assioma. Ma i suoi gesti son vasti, allungati da un bastone di bamb\'f9 in cima al quale \'e8 infisso un cornetto acustico. Marius si siede, s'alza, torna a sedersi, alza le braccia al cielo, fulmina e impreca, poi a una lode del suo amico si placa e sorride d'un sorriso cos\'ec sincero che in un attimo gli ringiovanisce di vent'anni il volto ossuto. Mi afferma Vittore: \par \f1 --\f0 Ascolta me. Marius \'e8 forse l'unico pittore moderno giunto a possedere le materie prime dell'arte sua. Gli altri si contentano delle manipolazioni successive. Egli, no, \'e8 arrivato alla sorgente, ha ritrovato e trovato impasti e mestiche che gli conferiscono nel maneggio dei colori la padronanza assoluta. Quel ch'egli dipinge, \'e8 eterno. \'c8 una pietra dura, una gemma: non si muta e non si disgrega pi\'f9. \par Io annuisco. Egli picchia con l'unghia sopra una piccola tela di Marius dov'\'e8 dipinto un rio veneziano, di notte, con una gondola che scivola tra due muraglie, e da una muraglia pende sull'acqua cupa un ciuffo di verde. A guardarlo da vicino, ogni particolare v'\'e8 \'abcostruito\'bb e definito, ma poi annegato \f1 -\f0 \i muj\'e0 denter\i0 , dice il Grubicy \f1 -\f0 nell'ombra umida: la realt\'e0 e la visione della realt\'e0. Picchia delicatamente e ripete: \f1 -\f0 \'c8 una pietra dura: non muta pi\'f9. \par Il De Maria ha afferrato una grande bottiglia di vetro verde dentro cui scivola qualcosa, come del latte raggrumato: \par \f1 --\f0 Questa \'e8 un'emulsione di colla per la tempera. Come scioglierla? Come mantenerla liquida cos\'ec? I chimici dicono: \'e8 impossibile. Impossibile? Il chimico non \'e8 un filosofo, perdio! Eccolo qua: la colla per la mia tempera sciolta, liquida, per quanto tempo voglio io. Ne verso una goccia sulla pietra: dopo cinque minuti \'e8 dura come un macigno, per sempre. Che ne dici? \par E nulla \'e8 pi\'f9 commovente di quei due pittori innamorati della luce e del sogno e di tutto quello che \'e8 pi\'f9 fuggevole e infido, affannati a trovare le materie pi\'f9 durevoli e infrangibili per fissarlo in eterno. Ma Vittore non ode il suo amico e continua: \par \f1 -\f0 I miracoli di Marius sono due. L'altro lo chiamerei il senso statico. Egli ha due sensi che gli altri pittori non hanno, due sensi che non so in chi altro si potrebbero ritrovare uniti: il senso del mistico e il senso della statica. Sembrano contraddittor\'ee: in lui coesistono. Guarda queste muraglie. Sono proprio muraglie, salde, profonde, dure. I pittori dipingono la luce sui muri. Lui, come Decamps, dipinge i muri. \'c8 un architetto. E anche pochi architetti ormai hanno questo senso. Ne conosco uno: Luca Beltrami. \par E s'allontana a grandi passi, va dietro una larga tela che \'e8 mezzo coperta e nella quale dev'essere dipinto quel \i Monte di Piet\'e0\i0 al quale l'incontentabile artista lavora da vent'anni, riappare con una grande tavola d'architettura. \'c8 il progetto delineato dal de Maria l'altra estate, per un albergo enorme a Cortina d'Ampezzo. V'\'e8 qualcosa di veneziano, qualcosa di tedesco, qualcosa di nuovo. Le finestre sono a forma di cuore. Ma l'equilibrio tra vuoti e pieni \'e8 davvero ammirevole. \par \f1 -\f0 Dodici milioni. Coster\'e0 dodici milioni, \f1 -\f0 annuncia l'autore, e la somma rispettabile ci fa tacere. Sento che i due pittori vedono piovere su quel progetto acquarellato in bruno il diluvio rutilante di quei dodici milioni. I pittori vedono tutto quel che dicono. \par Ma Marius non si contenta d'un progetto per l'avvenire. Mi mostra il suo primo progetto per la facciata \'abclassica\'bb dell'esposizione di Venezia ai Giardini, acquarellato a seppia con una grandiosa fermezza che in quello stile rammenta certi schizzi del Cagnola o del Valadier, o meglio rammenta l'illustre scuola di scenografia dell'Accademia bolognese di belle arti dove il de Maria ha studiato e dove suo nonno, scultore, ha insegnato. Tutti dicono che la facciata dell'esposizione di finto travertino e di finto porfido e di finto oro \'e8 di Marius de Maria. Ma \'e8 vero solo in parte: il progetto del de Maria era pi\'f9 alto nel basamento e pi\'f9 lungo del doppio, aveva cio\'e8 da ogni lato della porta quattro coppie di colonne, non due.... \par \f1 -\f0 Tagliami i piedi e le braccia e poi dimmi se sono proporzionato, \f1 -\f0 egli commenta aprendo le braccia e voltando con dispetto le spalle al suo progetto. Vittore Grubicy agita, senza parlare, il suo grosso bamb\'f9 disperatamente. \par Appena si parla d'un'esposizione, sia pure d'un edificio da esposizione, tutti gli artisti diventano critici terribili. Antonio Fradeletto \'e8 un uomo geniale, Antonio Fradeletto fa miracoli: su questo anche i due pittori sono d'accordo, con entusiasmo, ma.... \par \f1 --\f0 Nel palazzo dell'esposizione di Venezia impera la democrazia. Le sale dovevano essere tante reggie, invece sono tanti omnibus. Illuminare tutti dall'alto egualmente, poter accogliere alle stesse condizioni di luce pi\'f9 opere che sia possibile? \'c8 un errore, \'e8 un errore madornale. Meno opere, meglio scelte, meglio illuminate: ecco il vero programma. La met\'e0 delle sale dovrebbe avere grandi finestroni di fianco. Dei quadri moltissimi hanno bisogno della luce di lato, molti della luce di faccia, pochi della luce dall'alto. \'c8 chiaro? Ad Amsterdam avevo veduto cento volte la \i Ronda di notte\i0 illuminata dall'alto: era un capolavoro. Pel centenario di Rembrandt fu esposta al Museo Civico illuminata di fianco: era Dio in persona. \par \pard\fi283\sb283\sl240\slmult1\qj Marius Pictor \'e8 un mistico. L'arte \'e8 per lui un modo di beatificarsi, di comunicare con l'Assoluto, con Dio. L'artista, anzi il Genio crea l'opera d'arte vagando nei campi elisii che non hanno principio e non hanno fine. La natura \'e8 imperfetta, l'arte sola \'e8 perfetta. L'artista \'e8 cos\'ec, a modo suo, un sacerdote e, se \'e8 geniale, \'e8, per definizione, incorruttibile. Quel poco che noi poveri umani possiamo dirgli o dargli, non lo tocca. Noi viviamo nel dolore, egli nella gioia e nella contemplazione della gioia. \f1 -\f0 Onorare il genio? \'c8 come inargentare un pezzo d'oro, per onorarlo! \f1 -\f0 dice Marius Pictor il quale \'e8 desolato e disgustato dalla presente decadenza d'ogni religione. L'arte per lui non \'e8 che intuizione, e questa intuizione non \'e8 che un riflesso dell'Idea, un ricordo di quel che abbiamo saputo e vissuto prima di scendere, purtroppo, su questa terra. Per questo \'e8 sciocco separare, come fanno i critici, l'opera d'arte dalla sua tecnica. Ogni Idea svelata nell'opera d'arte ha necessariamente una tecnica adeguata. \par \pard\fi283\sl240\slmult1\qj Questa \'e8 l'estetica del de Maria, con le sue stesse parole. Egli a Roma, vent'anni fa, ha letto Schopenhauer e ha vissuto a lungo con Angelo Conti, e adesso a Venezia ha letto Benedetto Croce. Le contraddizioni tra questi filosofi non agitano il suo misticismo profondo. Se lo agitano mai, egli pi\'f9 felice dei suoi maestri si calma non ragionando ma creando. \f1 -\f0 L'arte \'e8 la Beata Riva lungo la quale scorre il fiume della dimenticanza, \f1 -\f0 gli ha dichiarato Angelo Conti il quale nel 1887 gli ha anche dedicato un'elegia: \par \pard\li567\sb170\sa170\sl240\slmult1\fs24 Tu, siccome un veggente cui l'aura dei secoli avvolga, \par Mostri ai viventi la faccia della Sfinge. \par Come il sepolto vate, tu ne l'invisibile guardi, \par A noi riveli l'anima delle cose. \par \pard\fi283\sl240\slmult1\qj\fs28 In quelli anni la Sfinge aveva per Marius de Maria un volto davvero terribile. Egli stesso ammette che le visioni pi\'f9 macabre allora lo soddisfacevano come una festa. Se sognava, sognava di trovarsi sopra un lettuccio d'ospedale in una penombra profumata di farmaci, tra un morto gi\'e0 fetido e un amputato anc\'f3ra sanguinolento, o d'annegarsi dolcemente in un rio veneziano angusto nero e putrido fissando un corno di luna su cui correvano nuvole gonfie e afferrandosi a scheletri galleggianti che gli scricchiolavano e gli si dislocavano sotto le mani. I quadri di quell'epoca e di molti anni di poi, raccolti nel 1909 in una sala dell'esposizione di Venezia, provarono a tutti quanta precisione avessero pei suoi occhi quei sogni e quei fantasmi. \i La peste di Roma\i0 la concep\'ec dopo aver passato una notte sul Tevere in barca con Angelo Conti e Gabriele d'Annunzio, del quale illustr\'f2 allora l'\i Isaotta Guttadauro\i0 , e sostando pi\'f9 a lungo sotto l'isola di San Bartolomeo dov'\'e8 la nostra \i morgue.\i0 I suoi \'abnotturni\'bb veneziani esposti nel 1886 in Roma alla prima \i In Arte Libertas\i0 , gli erano s\'fabito apparsi popolati ora di mantelli rossi e di baute settecentesche bianche e nere, ora di monaci e di scheletri, quando giovanissimo era venuto da Bologna a Venezia e da solo s'aggirava di notte tra calli, corti, campielli e canali a dipingere dal vero, armato d'una lanterna a vetri turchini. \i L'ospedale degl'infetti \i0 dove sopra il lettuccio bianco d'una morente e sul pavimento di mattoni si disegna il rettangolo d'una finestra bianca di luna, lo pens\'f2 dopo una visita all'ospedale romano della Consolazione. \i La luna sulle tavole d'un'osteria\i0 nacque anche a Roma, cos\'ec: il de Maria era con alcuni amici pittori e scrittori, di sera, nella trattoria Morteo a San Lorenzo in Lucina, allora frequentatissima; il cronista d'un giornale cittadino entr\'f2 annunziando che di l\'e0 da Tevere in un'osteria dei Prati di Castello allora incolti e deserti era stato ucciso in una rissa un uomo; pittori e scrittori partirono in esplorazione, ma trovarono l'osteria vuota; solo le tavole e le panche rovesciate suscitavano l'immagine della furia e del delitto passati, e il de Maria sopra un album, l\'ec per l\'ec, le deline\'f2 cos\'ec sconvolte; poi vi torn\'f2 di giorno, le ritrov\'f2 allineate di nuovo e tranquille, ne dipinse al sole lo studio che abilmente velato \'e8 il quadretto \'ablunare\'bb ora esposto a Venezia, e su quello studio e su quel disegno compose un quadro pi\'f9 grande che fu esposto, ammirato e comprato a Londra, e che anche lass\'f9 sugger\'ec subito la visione della rissa e del sangue agli spettatori pi\'f9 pacifici. \par Cos\'ec egli lavora, i piedi ben saldi sul terreno sodo della realt\'e0, la testa nelle nuvole del sogno. Ma i sogni e gl'incubi non sono logici, per fortuna di chi \'e8 desto; e spesso il pubblico s'affannava e s'affanna a cercare il significato dei quadri fantastici di Marius Pictor, la precisa leggenda dei \i Monaci dalle occhiaje vuote\i0 o della \i Fabbrica di scheletri\i0 , il fatto o l'aneddoto storico illustrato dall'\i Ospedale degl'infetti\i0 o dalla \i Peste di Roma\i0 . Ma pi\'f9 spesso il fatto non esiste, e la leggenda pu\'f2 tutt'al pi\'f9 essere inventata dallo stesso pittore davanti al suo quadro finito, pel comodo del pubblico troppo curioso e troppo ingenuo, e anche pel suo personale divertimento. Una volta, ad esempio, Marius aveva esposto, non so pi\'f9 dove, un monaco seguito dallo scheletro d'un cane. Il pubblico guardava, non capiva, s'irritava. Marius pronto invent\'f2: \f1 -\f0 \'c8 la leggenda di Subiaco. Non lo sanno? Mi stupisce: \'e8 notissima. A Subiaco era avvenuto un assassinio, ma non s'era scoperto l'assassino. V'era stato presente un cane, ma era morto anche il cane. Un monaco per volont\'e0 del Signore ordin\'f2 allo scheletro di questo cane testimonio, di seguirlo pel mondo finch\'e8 non avessero scoperto insieme il colpevole.... \f1 -\f0 E se ne and\'f2 salutando gli spettatori. Marius che \'e8 miope pi\'f9 da un occhio che dall'altro, allora aveva l'attitudine di portare negli occhiali una sola lente e di lasciare l'altro cerchio d'acciaio vuoto, e del cerchio vuoto si serviva come d'un manico pel cerchio con la lente, cos\'ec che quel cerchio inutile pian piano andava fuori posto, saliva spesso fino al sopracciglio e dava allo sguardo del pittore qualcosa di strano e di sarcastico. Il quadro dei \i Monaci dalle occhiaje vuote\i0 si dice gli sia stato suggerito da quel vecchio pajo d'occhiali.... \par \pard\fi283\sb283\sl240\slmult1\qj Ma in quelle visioni macabre non era tutto Marius Pictor. \par \pard\fi283\sl240\slmult1\qj Un aneddoto che sembra un apologo, mostra la vera indole di lui. A Roma, appena giunse, egli custodiva con orgoglio nel suo studio un serpente. Un bel giorno il serpente scomparve. Marius che non voleva star solo, gli sostitu\'ec una gallina con la scusa che il serpente sarebbe di certo tornato per mangiarsela. Ma il romanticissimo serpente \f1 -\f0 uno di quelli che egli aveva disegnati illustrando l'\i Isaotta Guttadauro\i0 del d'Annunzio \f1 -\f0 non torn\'f2 pi\'f9. E il buon Marius, visse tranquillo, senza rimpianti, con la sua gallina che, per contrasto, si pu\'f2 chiamare realista. \par Infatti fin dal 1877 a Terracina dove era andato col Carlandi, dove si divert\'ec ad affrescare la parete d'un caff\'e8, aveva dipinto quadri direttamente dal vero, e fin dal 1880 a Venezia aveva dipinto una semplice \i Processione sul ponte\i0 , e all'esposizione romana del 1886 accanto a quei suoi incubi tra luna e tenebre esponeva quadri d'un semplice e sano realismo: \i Via di Capri, Terrazza di Capri, Parva Domus, Scirocco a Sestri Levante\i0 . La gallina accanto al serpente. In un \i Idillio\i0 v'era perfino un arcadico riflesso settecentesco, un po' di Boucher. E Primo Levi pot\'e8 subito definire, nella \i Riforma\i0 del 15 febbraio di quell'anno, il de Maria cos\'ec: \'abCome temi egli tocca i confini di quel fantastico che non pu\'f2, per s\'e8 stesso, avere oggi nell'arte un'importanza eccessiva; ma nello svolgerlo si guarda dall'uscire dal vero. Egli fa l'immaginazione serva della realt\'e0 e feconda la realt\'e0 con lo sfoggio d'un'immaginazione non versatile ma acuta ed intensa\'bb. E infatti cogli anni, accanto all'equilibrata e pur squisita intelligenza di sua moglie che \'e8 una tedesca di Brema, il de Maria s'\'e8 venuto rasserenando e si sono fatte sempre pi\'f9 rare le sue fosche visioni romantiche che i critici continuavano a dire nate dalla lettura di Poe, di Hoffmann e di Baudelaire, \f1 -\f0 tre autori dei cui libri egli allora non conosceva nemmeno le copertine. Quelle che anc\'f3ra egli dipinge ed espone, non sono pi\'f9 che ripetizioni o varianti di antichi quadri suoi. \par E nel 1887 cercava gi\'e0 onestamente di distrarre la curiosit\'e0 del pubblico dai misteriosi temi delle sue pitture per concentrarne l'attenzione su quelle armonie di colori che erano la vera delizia e il tormento dell'artista; e intitolava i suoi quadri alla moda di Whistler, \i Due grigi in una scala di gialli, Un giallo sporco in una scala d'azzurri, Toni caldi e toni freddi\i0 . E, iniziando la serie dei suoi trionfi in Germania dove allora l'arte italiana moderna era peggio che trascurata, esponeva a Berlino nel 1886 semplicemente un \i Pont-Neuf\i0 che era stato dipinto a Parigi adoperando per la prima volta i colori ad olio come velature sopra una preparazione di tempra chiara (e gli dettero la sua prima medaglia d'oro), poi a Monaco nel 1890 alcune \i Case a Subiaco\i0 e nel 1891 un gaio \i Risveglio al sole\i0 dove una luce di primavera ride sulla vecchia facciata d'un convento e chiama alle finestre tutti i monaci. Infine nelle biennali di Venezia ha esposto quasi sempre tele di chiara luce e di pagana serenit\'e0, dall'\i Omaggio a Decamps\i0 del 1897, dal \i Tramonto romano\i0 , dal \i Tramonto napoletano\i0 , dai \i Cipressi di Villa Massimo\i0 , fino al \i Meriggio\i0 e al \i Pomeriggio d'un fauno\i0 e all'abbagliante \i Fondaco dei Turchi\i0 . \par Questo contrasto tra il suo spirito romantico e mistico e la sua pittura solida, costruita, innamorata della luce, s'\'e8 cos\'ec venuto sanando man mano che egli ha sentito di possedere pi\'f9 sicuramente i mezzi tecnici. Egli ha ragione quando afferma che non si pu\'f2 separare la tecnica dall'idea d'un'opera d'arte e quando accusa i critici moderni \'abdi guardar soltanto al vestito del quadro, e se il taglio \'e8 bello ed \'e8 di moda e se la stoffa \'e8 differente da tutte quelle vedute finora, senza badare alla persona che sta sotto a quel vestito e senza accorgersi mai se \'e8 un santo o un imbecille o un impostore\'bb. Ma \'e8 certo che chi \'e8 pi\'f9 padrone della propria mano e ha l'occhio pi\'f9 raffinato, rende pi\'f9 sicuramente e pi\'f9 prontamente il proprio sentimento. Molti cos\'ec detti mistici sono, in pittura, degl'ignoranti di pittura, e dipingere le idee \'e8 spesso un modo di confessare con dignit\'e0 che non si sanno dipingere le cose. S'\'e8 detto di Rembrandt che dava autenticit\'e0 al soprannaturale: ma questo miracolo Rembrandt pot\'e8 farlo quando conobbe tutti i segreti e tutt'i capricci delle luci e delle forme naturali. Col suo linguaggio immaginoso, Marius de Maria dice dei suoi \'abvirtuosi\'bb condiscepoli alla scuola del fiorentino Puccinelli nell'Accademia di Bologna, tra il 1872 e il 1878: \f1 -\f0 Avevano le mani pi\'f9 avanti della testa, io avevo la testa pi\'f9 avanti delle mani. \f1 -\f0 Solo quando egli riesc\'ec a far procedere insieme e d'accordo queste varie parti del corpo, egli fu un grande pittore. \par \pard\fi283\sb283\sl240\slmult1\qj Di questi contrasti, i curiosi dei caratteri ereditarii potrebbero divertirsi a cercar le origini nella stessa famiglia di lui. Suo padre, il barone Fabio de Maria, di antichissima e nobile famiglia bolognese, fu un medico che del resto disegnava e dipingeva con vivezza. Il suo bisnonno fu direttore d'orchestra a Pietroburgo. Il suo nonno, Giacomo de Maria, fu invece uno scultore classicissimo le cui opere pi\'f9 insigni sono nel museo di Liverpool la \i Morte di Virginia\i0 e nel Camposanto di Bologna il monumento al conte Caprara grande scudiero di Napoleone primo; e Antonio Canova cui il de Maria raccomandava il suo discepolo Adamo Tadolini allora partito per Roma, gli scriveva il primo di giugno del 1814: \'abGiudico vana cosa l'assicurarla d'ogni possibile opera mia a questo fine diretta poich\'e8 sono a lei gi\'e0 noti i sentimenti di stima e d'affezione che ho nutrito e nutro per lei\'bb. Ospedali, musiche settecentesche e statue classiche: questi ricordi s'agitano nel buon sangue di Marius Pictor bolognese. La definizione, questa volta, non potrebbe essere pi\'f9 esatta. \par \pard\fi283\sl240\slmult1\qj E forse pel cozzo di tanti atavismi egli tard\'f2 a trovar la sua via. Nato nell'agosto del 1853, cominci\'f2 ad occuparsi di musica e a suonare nell'orchestra bolognese, e solo poi si dette alla pittura cos\'ec che a venticinque anni era anc\'f3ra studente d'accademia, e a Torino nel 1880, a Milano nel 1884 i suoi quadri erano anc\'f3ra rifiutati. \par Agiato, fedele nelle amicizie, semplice nei modi, arguto e pittoresco nella conversazione, curioso di vedere e di sapere tutto dell'arte sua, innamorato dei maestri antichi tanto che la sua raccolta di quadri veneziani, da Tiziano a Canaletto, \'e8 ormai la pi\'f9 bella, credo, posseduta da un pittore italiano, Mario de Maria anche giovanissimo e ignoto ebbe fra gli artisti estimatori sicuri. Luigi Serra, ad esempio, l'am\'f2 come un fratello minore; lo accompagn\'f2 nel 1873 all'esposizione di Vienna in un viaggio che dur\'f2 poco perch\'e8 conoscendo poche parole di tedesco essi e il pittore Paolo Bedini scesero per errore in un albergo tanto sontuoso che in un giorno vi consumarono tutto il loro peculio; lo ritrasse in un piccolo disegno magistrale; lo indusse a raggiungerlo a Roma dove il de Maria rest\'f2 fino al 1892, e dove infatti trov\'f2, a trentatr\'e8 anni, la via della fama. E Vincenzo Cabianca veronese, un altro sentimentale, innamorato della luna, vero apostolo di sincerit\'e0, prima a Firenze fra i \i macchiajoli\i0 che, come ho mostrato parlando del Signorini, per molti versi possono esser detti discepoli suoi, poi a Roma dove seppe redimere gli acquarellisti romani dalle smancerie venderecce dei continari alla \i spagnola\i0 , appena conobbe il de Maria, lo protesse, lo consigli\'f2, lo esalt\'f2 con un affetto mai, fino all'ultima ora, smentito. Fu Vincenzo Cabianca che avendo lo studio vicino a quello di lui, al famoso 33 di via Margutta, lo present\'f2 a Nino Costa, a Onorato Carlandi, ad Alfredo Ricci, ad Alessandro Morani, a Enrico Coleman, a Lemmo Rossi-Scotti e prepar\'f2 con loro quella societ\'e0 chiusa e gelosa che si chiam\'f2 \i In Arte libertas\i0 e che nel marzo del 1886 alla sua prima esposizione in un appartamento privato, in casa Giorgi al 72 di via San Nicola da Tolentino, su cinquantasette opere ne accolse dieciotto di Marius de Maria e da un giorno all'altro lo rese celebre. \par Ventitr\'e8 anni, da allora, e una produzione sparsa per tutto il mondo, continua, originale, meditata, \f1 -\f0 tanto meditata che l'altro giorno nel suo studio egli mostrava serenamente a Vittore Grubicy e a me delle opere incominciate prima del '92 a Roma, alle quali lavora anc\'f3ra con la stessa fede e con la stessa febbre. V'era perfino un autoritratto, la barbetta a due punte, la chioma nera e folta, disegnato con una fermezza degna del suo Serra sopra una tela preparata a rosso. \par \f1 --\f0 Bisogner\'e0 che io finisca anche questo.... \par Grubicy ed io ci siamo guardati, sorridendo. Marius Pictor ci ha lanciato da sopra agli occhiali un'occhiata di compassione: \par \f1 -\f0 Sono mutato? Che importa? Dentro, sono lo stesso. E in arte \'e8 il cuore che conta, non l'apparenza. \par \'c8 la sua legge, la ragione prima dell'arte sua. E dovrebbe essere la legge d'ogni artista. Ma oggi.... \par \pard\lang1040\f2\fs24 \par }