Pietro Fragiacomo   (Pagine 14 )      Fonte : Ritratti d'Artisti Italiani - 1911

{\rtf1\ansi\ansicpg1252\deff0\deflang1040{\fonttbl{\f0\fnil\fcharset0 Times New Roman;}{\f1\fnil Times New Roman;}{\f2\fnil\fcharset0 Arial;}} \viewkind4\uc1\pard\sb2268\sa1134\sl240\slmult1\qc\lang16\f0\fs28 Pietro Fragiacomo. \par \pard\fi283\sl240\slmult1\qj Pietro Fragiacomo \'e8 un ottimo meccanico.... \par Gi\'e0, tutta la sua vita pare inventata per sconvolgere le leggi sull'importanza dell'eredit\'e0 e dell'\'abambiente\'bb nella formazione del carattere e dell'opera d'un uomo. Questo sincerissimo pittore del silenzio e della pace \'e8 un enigma insolubile per chi cerca di spiegare la sua arte con le sue origini. Nessuna precocit\'e0, nessuna vocazione irresistibile fin dall'infanzia, nessuna suggestione di maestri o d'amici, nessun caso che d'un lampo abbia rivelato l'artista a s\'e8 stesso, nessuna di quelle faticate ascensioni verso la sincerit\'e0. Anche la sincerit\'e0, pare che questo taciturno l'abbia raggiunta subito da s\'e8 quando s'\'e8 messo \f1 -\f0 e aveva gi\'e0 ventiquattro anni \f1 -\f0 a dipingere un paesaggio e invece ha dipinto s\'e8 stesso e l'anima sua e, in piena moda di verismo, ha preso il vero, anzi ha scelto il vero soltanto come un'occasione per rivelare la sua intima poesia elegiaca e nostalgica. \par Suo padre, Domenico, era cuoco. Nato a Pirano, era andato a lavorare a Trieste, s'era allogato presso una famiglia israelita. Dopo che nel 1856 gli nacque anche questo figlio, si prov\'f2 a fare fortuna tenendo un albergo. Ma gli affari andarono male e con tutta la famiglia nel 1868 venne a Venezia, and\'f2 ad abitare in Frezzeria e torn\'f2 a lavorare in casa altrui. Solo per suo figlio non si rassegnava: lo mand\'f2 alle scuole tecniche, nella scuola anc\'f3ra aperta a Campo San Felice. Pietro studi\'f2 un po' di disegno, poi s'annoi\'f2, disert\'f2 la scuola. A sedici anni, nel 1871, con quel po' di disegno trov\'f2 un posto a Treviso nelle officine della Societ\'e0 Veneta di costruzioni meccaniche, e vi rest\'f2 sei anni. Fece tutto il tirocinio, prima modellatore falegname, poi tornitore, poi fabbro di banco. Quel lavoro modesto preciso anonimo lo appassionava. Ma la sua grande gioia fu quando pot\'e8 montare egli stesso una macchina, pot\'e8 lavorare con la testa e non soltanto con le mani. Se nelle gite fuori della fabbrica, a Venezia o nella stessa Treviso, ritrovava allora una di quelle sue macchine, la guardava commosso, interrogava i meccanici che l'accompagnavano, spiegava loro anc\'f3ra una volta la bont\'e0 e i capricci di quella sua creatura di ferro e di acciaio e s'allontanava voltandosi indietro a vederla forte obbediente sicura compiere il suo lavoro come egli aveva voluto, come egli stesso lo compiva fedelmente dal suo banco, ogni giorno. \par E la pittura? Non ci pensava nemmeno in sogno. A Treviso Pietro Fragiacomo aveva superato l'esame d'insegnamento del disegno e ottenuto la sua patente, ma soltanto per progredire in quella sua professione di meccanico che ormai poteva dirsi fortunata. E s'era messo per esercitar la mano anche a disegnare dal vero e anche a dipingere qualche tavoletta con pochi colori, \f1 -\f0 i colori adoperati in fabbrica per verniciare le locomobili. Sarebbe rimasto a quel punto se un giorno non avesse avuto una lite feroce con un capo officina. I superiori, per buona ventura, difesero anche quella volta il diritto dell'autorit\'e0, e il Fragiacomo dalla mattina alla sera lasci\'f2 la fabbrica e Treviso, e torn\'f2 a Venezia da suo padre che intanto aveva preso in affitto l\'ec in Frezzeria il Caff\'e8 Lazzaroni. La sua speranza era di ottenere un buon posto di meccanico disegnatore nelle Officine Neuville alla Giudecca che esistono ancora sotto il nome popolare di Savina formato dalle iniziali della nuova ditta. Il posto non era libero, e Fragiacomo che aveva ormai ventidue anni per studiare meglio il disegno, s'iscrisse alla Accademia di belle arti. \par V'insegnava allora prospettiva pittorica il Viola, e il Bresolin teneva come \'abaggiunto\'bb la cattedra di paesaggio adesso occupata da Guglielmo Ciardi. I metodi d'insegnamento non erano straordinarii: il Viola pretendeva che gli scolari facessero in tutto l'anno un solo disegno di prospettiva, prima puramente lineare, poi con una lievissima mezzatinta e che di mezzatinta in mezzatinta arrivassero a fin d'anno, puntualmente, al nero di scarpa. Il Bresolin a sua volta faceva copiare un'incisione o una litografia di Calame a matita e a carbone, coi fogliami tutti fatti dai famosi e innumerevoli 3, un po' diritti un po' rovesci, e per colore concedeva una tavolozza con otto o dieci lacche gialle da adoperarsi tutte a velatura. L'arte, la si imparava meglio alle officine meccaniche di Treviso. \par \pard\fi283\sb283\sl240\slmult1\qj Ma finalmente nella vita del Fragiacomo apparve quell'anno, fuori dell'Accademia, il primo pittore, Giacomo Favretto. Glielo port\'f2 a casa per giudicare quei studietti dal vero un amico comune, e il Favretto fu molto semplice, molto affettuoso ma anche molto reticente: gli studietti del Fragiacomo gli piacquero poco. \par \pard\fi283\sl240\slmult1\qj Pietro Fragiacomo, pi\'f9 che dai consigli, fu consolato dall'amicizia di lui. La fama del Favretto dopo che la \i Lezione d'anatomia\i0 era stata tanto ammirata all'esposizione di Brera, cominciava a illuminare tutta la minore arte veneziana. Quella sua pittura, sebbene allora nessuno lo dicesse, si riuniva pi\'f9 che al moderno quadretto di genere, alla fresca e grassa pittura veneziana dei \i petits ma\'eetres\i0 del settecento. E nell'origine popolana del Favretto che anc\'f3ra viveva e dipingeva in una stanzetta sopra all'entrata dove suo padre falegname (si chiamava Domenico come il padre di Fragiacomo) segava e piallava, il giovane triestino sent\'ec una fraternit\'e0 sicura e diritta che anc\'f3ra, ventitr\'e8 anni dopo la morte del Favretto, gli vela gli occhi e la voce se ne parla. \par \f1 -\f0 Lavorava in una stanzetta che aveva una finestra sola, e non poteva lavorarvi pi\'f9 di tre o quattro ore al giorno perch\'e8 nel pomeriggio v'entrava il sole e mutava tutto. Quando venne la fortuna ed ebbe un bello studio e lo adorn\'f2 di bei mobili e di ninnoli preziosi, gli sembrava d'essere in un altro paese, con un'altra anima. E non poteva lavorar pi\'f9 con la lena di prima. \i Il sorcio\i0 , l'\i Aspettando gli sposi\i0 , \i El difeto xe nel manego\i0 , glieli ho visti dipingere io in quella stanza povera e nuda; ma dell'arte sua e in genere d'arte non parlava mai. Se Tito od io gli mostravamo quel che dipingevamo, faceva le sue osservazioni brevi e cortesi, quasi timidamente; ma non gli ho mai udito dire a noi o ad altri.: \f1 -\f0 Dipingete cos\'ec e cos\'ec..., \f1 -\f0 che avrebbe presso a poco voluto dire: \f1 -\f0 Dipingete come me. \f1 -\f0 Del resto l'aneddoto che spesso faceva la fortuna del quadro nelle pubbliche esposizioni, non era mai il punto di partenza d'un suo lavoro. Egli partiva da una macchia di colore che forse aveva veduta sul vero, da un'armonia di colori che egli prima schizzava sopra una tavoletta; l'aneddoto veniva poi, quasi per giustificare quella macchia, per darle un'apparenza ragionevole, un volto umano. Non lavorava con metodo, aveva lunghi periodi di riposo e forse ne aveva bisogno la sua salute malferma. Ma non si lamentava mai. Quando perdette un occhio, il suo umore bonario rest\'f2 immutato. Tutte le sere lo ritrovavo al Caff\'e8 Sant'Angelo e di l\'e0 andavamo spesso al teatro, al Goldoni o al Malibran. Favretto aveva una gran passione per le operette ma anche una gran paura a girar solo di notte per Venezia. Infatti uscendo dal caff\'e8 o dal teatro, io lo riaccompagnavo per un buon tratto, ma a San Bartolomeo trovavamo sempre uno zio di lui che lo aspettava per riaccompagnarlo di l\'e0 fino a casa. \par In quelli anni tra il '78 e il '79 il Fragiacomo conobbe Ettore Tito, un altro fedele amico del Favretto. Il Tito era pi\'f9 giovine di due anni ma era uscito prima dall'Accademia. Per molti mesi i due andarono a lavorare dal vero, quasi tutti i giorni, in Quintavalle dietro San Pietro in Castello, in un'osteria sempre deserta con un orto sempre chiuso. \par \f1 -\f0 La teneva un vecchio nostromo che aveva combattuto in Crimea e che allora era maestro nostromo nella scuola dei macchinisti dell'Arsenale. Aveva una moglie, una vecchina, e ci trattavano tutti e due come fossimo due ragazzi di casa. Andavamo l\'e0 la mattina presto con una scatola di sardine, un po' di cacio, un po' di pane, e vi restavamo tutto il giorno. Non abbiamo mai veduto un cliente bere in quell'osteria un bicchiere di vino. Per cortesia, ci provammo noi altri pi\'f9 volte, ma non ci riuscimmo mai tanto il vino era cattivo. Dall'orto dove potevamo condurre tutti i modelli che volevamo e dipingerli all'aria aperta, si vedeva da un lato la laguna, dall'altro Sant'Elena. Quando pioveva, s'entrava nell'osteria e il nostromo ci raccontava per la centesima volta il bombardamento di San Giovanni d'Acri.... Tempi lontani. Anche tutto questo \'e8 scomparso. Ora in Quintavalle \'e8 sorto un quartiere tutto nuovo, con case, pare, eleganti. \par \pard\fi283\sb283\sl240\slmult1\qj Favretto, Tito.... Che si ritrova di loro nei paesaggi di Pietro Fragiacomo, dal \i Silenzio\i0 del 1887 alle \i Armonie del silenzio\i0 del 1910? Niente. Il primo quadro del Fragiacomo fu esposto a Torino nel 1880 e si chiam\'f2 \i Un noioso accidente\i0 : rappresentava in una vasta pianura una vettura rotta quasi rovesciata, sul fianco della strada, dall'altro una signora e un signore in contemplazione di quella rovina che li ha lasciati l\'ec all'alba, lontani dall'abitato. Niente di tragico: il titolo quasi goldoniano, l'aneddoto frivolo. Ma il paesaggio aveva gi\'e0 un'anima: quell'alba che sbadigliava sulla pianura umida e deserta (Fragiacomo per farne gli studii dal vero era tornato a Treviso) gi\'e0 indicava il gran paesista che non dipinger\'e0 mai un paese, un cielo, una marina, se non gli daranno un'espressione precisa, una forza di commozione tutta umana. Fino allora egli aveva esposto solo studietti dal vero in un negozio di quadri in Merceria all'angolo di Calle Larga San Marco e alla Permanente sul Campo dell'Accademia al primo piano della casa che ora \'e8 nota a tutti i pittori del mondo come \'abla casa delle glicine\'bb. Ma da allora il suo lavoro non si interruppe pi\'f9: nel 1882 a Milano, una marina; nel 1883 a Roma,\i I noci\i0 , una strada di montagna studiata un'estate in Carnia fra tre o quattro noci altissimi; nel 1887 a Venezia (nel 1885 aveva ottenuto la nazionalit\'e0 italiana) il \i Silenzio\i0 , la \i Laguna\i0 , la \i Sera\i0 . Ormai la figura era diventata per lui solo un commento al paesaggio, ormai egli si riuniva deliberatamente ai grandi paesisti moderni che da Constable a Turner avevano riconosciuto un solo \'abpersonaggio\'bb espressivo delle loro passioni, la luce, e con una loro istintiva e grandiosa filosofia avevano ricondotto l'uomo ad essere con le piante, con le bestie, con le acque e con le pietre, un semplice oggetto di colore e di riflesso, simile alle cose, cosa minima e passeggera egli stesso, avvolto con le pietre e con le piante dal medesimo sole. \par \pard\fi283\sl240\slmult1\qj Bisogna confrontare una marina del misantropo Turner, un prato di Corot o di Daubigny con un ciuffo d'alberi e un uomo, sotto, piccolo come una rama caduta, una spiaggia dipinta da Monet in pieno meriggio dove l'esistenza d'un uomo \'e8 rivelata laggi\'f9 tra mare e terra da una o due faville nell'incendio di tutte le apparenze, \f1 -\f0 ai paesaggi di cinquanta o di sessant'anni fa e a certi paesaggetti che si fabbricano anc\'f3ra in Italia per l'esportazione, nei quali la figura umana liscia e lustra \'e8 sovrapposta come un cantante a uno scenario, per comprendere quanto ardua e mirabile debba un giorno apparire nella storia dell'arte l'opera di questi grandi paesisti anche italiani, \f1 -\f0 Fontanesi e Carcano, Segantini e Fragiacomo, Vertunni e Ciardi, Delleani e Signorini, Cabianca e de Maria. Ma chi non si ferma alla loro tecnica e cerca l'indole e l'anima loro, deve in quella storia distinguere fra essi i prosatori come Carcano, Delleani, Michetti, Ciardi, dai poeti come Fontanesi, Segantini, De Maria, Fragiacomo. \par Fragiacomo \'e8 un lirico del paesaggio. Giovanni Chiggiato ha scritto del pennello di lui: \par \pard\li1134\sb283\sa283\sl240\slmult1\fs24 E tutto che ti piacque esso ti serba \par vivo come nell'ora in cui ti piacque: \par mandorli a marzo, un precipitar d'acque, \par la nube che si sfalda, un rio tra l'erba.... \par \pard\fi283\sl240\slmult1\qj\fs28 Tutta la pittura di Fragiacomo \'e8 in quel suo piacere. L'ispirazione, il sentimento, l'anima sua preesistono alla sua pittura e al vero che egli si accinge a studiare. L'incontro casuale con un \'abmotivo vero\'bb gli accende l'ispirazione e lo commuove per quelle intime concordanze di simpatia che i pi\'f9 sentono solo fra uomo e uomo: niente altro. Allora nel suo studio, sul solo ricordo di quel motivo, egli schizza il bozzetto del quadro futuro, lo inventa, lo taglia, lo equilibra, lo illumina nel modo pi\'f9 acconcio a contenere e a comunicare tutta l'emozione e la poesia che gli occupa il cuore. Poi torna sul vero ad eseguire gli studii pi\'f9 direttamente e oggettivamente che pu\'f2: sono i suoi appunti, il suo vocabolario, come dice Trentacoste. Ma il quadro finale \'e8 composto su quelli appunti tutto in obbedienza al primo bozzetto. E se, mentre vi lavora, l'ispirazione cade e la simpatia per quel tema si raffredda, egli abbandona il quadro e lo volta verso il muro ch\'e8 esso gli sembra ormai l'opera d'un altro, indifferente e lontana. \par E per questo, Fragiacomo dipinge solo nei paesi che conosce da anni, dove anche con gli abitanti sente ormai un'affinit\'e0 di carattere e di abitudini. \'c8 stato a Parigi nel 1899, a Monaco nel 1889 e nel 1892, a Costantinopoli nel 1890: ne ha riportato qualche tavoletta, qualche nota schizzata per ricordo del suo viaggio, mai un quadro. Perfino a Trieste dove \'e8 nato, dove nel 1890 s'\'e8 sposato, dove torna spesso perch\'e8 vi conserva amicizie e interessi, non pu\'f2 dipingere. I suoi paesi sono tutti di Venezia e di Chioggia, del Cadore e della Carnia dove va a villeggiare. \par Quando nel 1903 espose a Venezia dodici quadri intorno alla sua grande tela del \i Mare\i0 azzurro e livido, infinito e desolato dipinto tutto in ombra senza una pennellata di color cupo, parve a molti di scorgere in quella chiarezza e in quella larghezza l'influsso dei norvegesi e magari degli scozzesi rivelati ai nostri pittori dalle mostre veneziane. Invece eran quelli i primi risultati della nuova tecnica ora tanto cara al Fragiacomo, in odio ai vecchi colori \'aba pasta\'bb che cogli anni si scuriscono e falsano, secondo lui, tutti i \'abvalori\'bb sulla tela rancida d'olio: il quadro, cio\'e8, preparato e dipinto a larghi piani sintetici colla tempera inventata da Cesare Laurenti e raffinata da lui, poi ammorbidito e colorito da lievi velature con colori Wurm. Questo entusiasmo \'e8 ragionevole? Quel primo dipingere con una materia spessa e compatta che quasi modella gli alberi, la terra, le nuvole, non d\'e0 alle cose dipinte una durezza quasi legnosa, una apparenza di petrificazione invano addolcita dai colori che poi velano quel bassissimo rilievo? \par \pard\fi283\sb283\sl240\slmult1\qj Nel suo studio alla Giudecca poco distante da quelle officine Neuville dove trentadue anni fa egli rischi\'f2 d'entrare abbandonando l'arte sulla porta, Pietro Fragiacomo mi difende questa sua tecnica con una passione con cui non s'\'e8 mai sognato di difendere un suo quadro. Seduto di contro a me, vestito a lutto, una gamba sull'altra, ora tiene le mani intrecciate sul ginocchio, ora ne alza una a reggere il mento, a dividere i due grandi baffi, quasi a velar le parole che gli escono lente ma italiane e precise dalle labbra. Non ride mai. Sorride di rado, con una mestizia dolce e serena ma naturale e invincibile. \par \pard\fi283\sl240\slmult1\qj Sopra un tavolino vedo qualcosa che assomiglia a un modello d'areoplano. \par \f1 -\f0 \'c8 un giocattolo. Che vuoi? Son rimasto un meccanico. E tutti i bambini dei miei amici quando rompono un giocattolo un po' complicato si difendono dalle sgridate dei genitori giurando che io lo sapr\'f2 accomodare s\'fabito, \f1 -\f0 e col suo buon sorriso prende quell'ordigno, volta le spalle ai quadri e comincia a spiegarmene il meccanismo, minutamente.... \par \pard\lang1040\f2\fs24 \par }