Luigi Serra   (Pagine 14 )      Fonte : Ritratti d'Artisti Italiani - 1911

{\rtf1\ansi\ansicpg1252\deff0\deflang1040{\fonttbl{\f0\fnil\fcharset0 Times New Roman;}{\f1\fnil Times New Roman;}{\f2\fnil\fcharset0 Arial;}} \viewkind4\uc1\pard\sb2268\sa1134\sl240\slmult1\qc\lang16\f0\fs28 Luigi Serra. \par \pard\fi283\sl240\slmult1\qj Cerco nella memoria. \par A Roma in uno studio freddo e vasto, la cui vetrata si apriva sopra un gramo orto sepolto tra palazzi nuovi e calcinosi, su verso Santa Maria Maggiore, nella via che ora si chiama da Agostino Depretis, rivedo con gli occhi dell'infanzia un uomo alto e valido, con una barba nera spartita e radi capelli e occhi fieri lenti nel volgersi. Tre cose sole che adesso m'appaiono caratteristiche, rammento precisamente: i pacchi innumerevoli dei suoi disegni a penna e a matita tagliati e sovrapposti con cura meticolosa, e alcuni erano attaccati alle pareti l'uno accanto all'altro figurando la stessa scena continuata come fanno i fotografi nei panorami pi\'f9 grandi delle loro lastre; poi di l\'e0 dalla vetriata tanti vasi di gigli fioriti; infine le mani di quell'uomo che non parevan le sue, larghe di palma e lunghe di dita, dalla pelle un po' lucida, tanto pallide logorate e affilate, tanto in contrasto con quel corpo solido e bruno. Quei gigli mi fanno pensare che allora egli doveva dipingere la Madonna del Cestello. Su molti di quei foglietti bianchi o azzurrini, erano sovrapposti lembi di carta velina su cui era corretto il disegno che traspariva. \par Ed erano fiori, sassi, monti, alberi, anticaglie, armi, nuvole, rovine, facce umane, intere figure umane, tutte a solo contorno, un contorno acuto ed inciso, ma continuato come di chi scrivesse invece di disegnare a tratti. Era un gioco per me trovare da dove quella linea che delimitava, intagliava, fissava le zone di ombra e le forme, partisse per girare mai interrotta attorno a tutto un corpo e per tornare l\'ec a congiungersi esattamente col punto iniziale, chiudendo il cerchio magico. \par Rammento anche un aneddoto a proposito di due figure di guardie sotto un lampione. Egli le aveva tracciate una sera per scommessa, tenendo la mano con l'albumetto e la mano con la matita nascoste sotto il mantello e avendo sempre gli occhi fissi sulle facce dure e fosche delle due guardie. La solita linea unica partiva e finiva in cima ai due chep\'ec e v'era appena la differenza di mezzo millimetro nel punto d'incontro. \par Adesso molti di quei disegni sono nella Galleria Nazionale di Roma, e li ho riveduti con altri occhi; e tutti li hanno veduti e ne hanno parlato con rispetto e anche con stupore ma senza entusiasmo come i profani parlano dei grandi matematici. E veramente incisivi fino ad essere duri, minuti fino ad essere triti, capaci di definire ogni volto e ogni piega anche in una folla di centinaia di persone, e il particolare di ogni accessorio anche a scapito dell'unit\'e0 di luce e della prospettiva aerea, essi sono della matematica astratta, il segno pel segno, ugualmente preciso ed inciso per una faccia come per un fiore, per una nuvola come per un sasso, con indifferenza non d'occhio e di mano, ma di cuore. \par E poich\'e8 Luigi Serra era tutto cuore, in quei disegni e in quella sua mania dell'analisi ostinata della linea la quale in natura non esiste, e in quel suo oblio d'ogni sintesi luminosa e d'ogni semplicit\'e0 di chiaroscuro e d'ogni ricerca del volume, \'e8 chiuso anche tutto il tormento della sua vita e tutta la critica della sua arte. \par Al pittore Nino Carnevali che per pi\'f9 di quindici anni gli fu in Roma un compagno fraterno, egli ripeteva: \f1 -\f0 Vorrei avere un'altra vita per imparare il colore. \par Ed \'e8 morto a quarantatr\'e8 anni.... \par \pard\fi283\sb283\sl240\slmult1\qj Era nato nel 1845 a Bologna, da una famiglia borghese appena agiata: suo padre era segretario di prefettura. E a Bologna rimase fino al '65 perch\'e8 dagli undici ai venti anni studi\'f2 in quel collegio Venturoli. I nomi dei suoi migliori maestri \f1 -\f0 un Benetti semplice disegnatore, un Marchi incisore, un Serra Zanetti pittore \f1 -\f0 non rivelano niente. All'Accademia di Belle Arti ebbe a professori il Ferrari e il Puccinelli toscani. A vent'anni, tra venticinque concorrenti al pensionato, fu il primo. Con lui fu pensionato Raffaele Faccioli, l'autore del \i Viaggio triste. \par \pard\fi283\sl240\slmult1\qj\i0 Ma all'Accademia di Bologna \'e8 nella sala del Francia un quadro del ferrarese Francesco Cossa, \f1 -\f0 \i La Madonna tra San Petronio e San Giovanni Evangelista\i0 \f1 -\f0 il cui disegno tagliente e il carattere austero e la tonalit\'e0 bassa mi hanno tutte le volte fatto pensare che i suoi maestri il Serra allora li trovasse pi\'f9 tra i morti che tra i vivi. Allora e poi.... A ventun anno, pensionato, venne infatti a Firenze dove col suo collega Faccioli si un\'ec alla gloriosa schiera della quale ho spesso parlato in questo libro: Fontanesi e De Nittis, Cecioni e Diego Martelli, Gallori e Telemaco Signorini, Boldini e Nino Costa, Abbati e Banti. Ma i \i macchiajoli\i0 non lo distrassero. I saggi di pensionato che egli allora mand\'f2 a Bologna non furono che disegni di quattrocentisti. \par Bisognerebbe ritrovare quelli studii. V'\'e8 anche nel quattrocento fiorentino una corrente di disegnatori sobri, virili e severi \f1 -\f0 dal Castagno c dall'Uccello al Baldovinetti, ai due Pollajolo e al Verrocchio \f1 -\f0 coi quali a Firenze egli dovette vivere pi\'f9 che cogli amici del Caff\'e8 Michelangelo. \par A ventitr\'e8 anni nel 1868 \'e8 a Roma. Da qui finalmente per saggio di pensionato non manda pi\'f9 copie o studi ma quadri, prima una \i Maria de' Medici esiliata nel castello di Blois\i0 poi il \i Bentivoglio in carcere \i0 quando gioca a dadi col carceriere e tenta scernere se la faccia di lui si corrughi in qualche sospetto per la sua prossima fuga. Esposto all'Esposizione correggesca di Parma nel 1870, la quale fu la seconda esposizione italiana dopo quella del 1861 a Firenze, ebbe da un giur\'ec d'innovatori che allora sembravano ribelli \f1 -\f0 Signorini, Cecioni, Banti e Sorbi \f1 -\f0 la medaglia d'oro. \par E per quel trionfo, torn\'f2 a Bologna dove pur collaborando alla decorazione della chiesa di San Benedetto, pur eseguendo quadri minori presto venduti e presto detestati esegu\'ec il veemente ritratto del padre di Marius de Maria e vinse contro il Faccioli il concorso per il sipario del teatro Gentile a Fabriano, indetto nell'aprile del 1871. Giudici di quel concorso furono proprio quattro accademici di San Luca, il Coghetti, il Consoni, il Mariani e il Sarti, i cui nomi oggi accanto a quello del Serra fanno sorridere. La loro relazione \'e8 piena di benignit\'e0 e di consigli pel giovane esuberante pittore, \f1 -\f0 l'acqua, nel vino. \par Ma il vino era di quel buono di Romagna, che resiste agli annacquamenti accademici, e il sipario di Fabriano fu un'opera di vigore primaverile, specialmente nelle figure e nei giochi della doppia luce. Perch\'e8 egli pens\'f2 di dividere in due la scena: una cornice fatta di figure allegoriche e di putti in atto di aprire un tendone di velluto pavonazzo e un quadro centrale dove Gentile \'e8 nell'apoteosi incoronato da Jacopo Bellini e da Nerito di Padova, detti dal Vasari suoi discepoli, tra una folla d'altri artisti. Ora, quella che si potrebbe dire cornice riceve la luce bianca dal basso, dai lumi della ribalta, e il quadro invece \'e8 illuminato da un sole morente: donde contrasti e urti di raggi, difficilissimi. Come dicevo, queste ombre e queste luci studiate con troppa analisi sono disegnate oltre che dipinte e spezzano non solo l'unit\'e0 del quadro ma talvolta d'una stessa figura, rendendola intagliata e fredda. Gi\'e0 nel \i Bentivoglio\i0 la luce radente che sale da un basso pertugio, aveva dato gli stessi effetti. \par Nel 1875 and\'f2 a Venezia. Ma nemmeno Venezia lo guar\'ec. Anche dopo aver veduto Tiziano e Tintoretto e Veronese e Tiepolo, quel quattrocentista sperduto nel secolo dell'impressionismo, della luce, del \i plein air\i0 , della pennellata che disegna e che scolpisce e cerca non la linea ma la superfice e il volume, continu\'f2 a non credere che al disegno e a non porre una sola pennellata sopra una tela prima d'aver disegnato a matita ed a penna dieci volte, da ogni parte, anche la testa che doveva poi dipingere di profilo in fondo al quadro e prima d'aver ridisegnato dieci volte tutto il quadro fin nelle crepe dei muri, fin nelle lettere d'un manifesto, con una fede nella minuta realt\'e0 che talvolta gli uccideva ogni fede in s\'e8 stesso. \par Quando torn\'f2 a Roma e vinto dal Maccari nel concorso per decorare una sala del Senato, cominci\'f2 il \i San Giovanni Nepomuceno\i0 per la Cappella Torlonia al Laterano e poi il \i San Carlo a Cortinari\i0 venduto al Pisani di Firenze per ottocento lire, egli era anc\'f3ra timido, ansioso, scontento, sicuro d'una cosa sola, \f1 -\f0 di dover anc\'f3ra studiare per anni prima d'arrivare a creare un'opera appena degna del suo gran sogno. \par Son di quest'epoca i suoi migliori disegni di paesaggio, cento volte pi\'f9 spontanei, originali, larghi, equilibrati intorno a un centro visuale che quelli di figura: paesaggi quasi tutti romani, nella Roma d'allora oggi scomparsa, da piazza Termini coi baracconi da fiera ai Prati di Castello deserti, dall'alberata di Santa Croce in Gerusalemme, al Portico d'Ottavia in Ghetto. \par \pard\fi283\sb283\sl240\slmult1\qj Perch\'e8 non raggiunse altrettanta semplicit\'e0 e morbidezza e leggerezza d'aria e di distanza nel quadro della \i Madonna del Cestello\i0 tra San Francesco inginocchiato e San Bonaventura in piedi, ordinatagli dai monaci bolognesi del Cestello e tanto biasimata da loro che il signor Enrico Guizzardi amico del Serra la ricompr\'f2 per poche centinaia di lire e la rivendette alla Galleria Romana d'arte moderna? E perch\'e8 non le raggiunse nemmeno quando contro il ridicolo compenso di tremila lire, rappresent\'f2 pel principe Torlonia nel catino dell'abside di Santa Maria della Vittoria in Roma, l'\i Ingresso trionfale dei cattolici in Praga\i0 e il Beato Domenico dei Carmelitani Scalzi recante innanzi al petto l'immagine della Vergine e cavalcante il palafreno bianco tra lo sventolare dei rossi stendardi, tra le file dei soldati loricati che si perdono in una prospettiva lontana verso la citt\'e0 chiara ed azzurra? I suoi disegni, sempre i suoi disegni lo dicono. Egli ormai aveva separato il chiaroscuro dal disegno, il contorno d'una forma dalla forma stessa che \'e8 volume e non \'e8 contorno, e le stesse ombre e le luci vedeva limitate sui volti da un segno preciso e tagliente come macchie. Era inutile che egli sognasse di imparare il colore. Disegnatori forse si diventa; ma coloristi si nasce. E se anche egli aveva nel suo temperamento mirabile per intensit\'e0 d'attenzione e rapidit\'e0 d'osservazione sortito qualche vigore di colorista, l'aveva esaurito e disperso con la sua mania del disegno puro. Ormai anche il colore per lui era un'astrazione; qualche cosa che egli poteva disporre per isole e per chiazze con un equilibrio spesso lodevole perch\'e8 il suo gusto era fine, ma senza quella larghezza di masse e quella finezza di riflessi cui solo col lungo studio della luce e dell'unit\'e0 della luce arriva anche chi \'e8 nato pittore. \par \pard\fi283\sl240\slmult1\qj Nell'\i Irnerio che glossa le antiche leggi \i0 dipinto sei anni dopo nel 1886 (\'e8 l'ultima opera sua) \f1 -\f0 sulla v\'f4lta della Sala del Consiglio provinciale in Bologna, contro un lontano paese dove si vedono le milizie bolognesi tornare dalla battaglia della Fossalta con re Enzo prigioniero, il grande contrasto fra quello sfondo fuggente e quella figura seduta, austera e massiccia, raccolta sotto l'alto baldacchino monumentale in un'attitudine che aveva per mesi studiata dal vero a Roma negli studiosi delle biblioteche pubbliche, gli permise di evitare le difficolt\'e0 dei piani intermedii e il pesante affollamento dei troppi particolari. E il risultato (basta leggerne la descrizione che ne fa il Carducci nel discorso sullo Studio di Bologna) \'e8 d'una Maest\'e0 impareggiabile. Si direbbe che, cosciente dei suoi limiti, Luigi Serra abbia finalmente saputo trarre partito dai suoi stessi difetti. \par Ma due anni dopo moriva. S'era messo a letto tornando dal banchetto che gli ammiratori bolognesi dettero a lui, al Carducci e al Ceneri chiudendo le celebri feste del 1888 per l'ottavo centenario dello Studio Bolognese. Se mai sar\'e0 pubblicata tutta la sua corrispondenza con lo scultore Barberi di Bologna, il dramma intimo di questa laboriosissima vita d'artista apparir\'e0 preciso in ogni fase. Ad osservare s\'e8 stesso, il Serra mette la stessa implacabile acutezza che adoperava ad osservare la natura. A trentaquattro anni ancora diceva: \'abSono giunto alla ventunesima cartella di disegni e il disegno m'ha svelato qualcuno dei suoi misteri. Ora bisogna che faccia lo stesso pel colore\'bb. E pi\'f9 tardi: \'abSebbene alle porte del quarantesimo anniversario della mia nascita, questa smania di ricerche non mi fa dispiacere. Per\'f2 sono forse ubbie, amico mio! Guai se non si sognasse!\'bb Ma concludeva: \'abIo che qui scrivo con mano febbrile palpitante d'amore, di odio, di speranza e di impotenza, io che grido agli altri, non sono niente e non sar\'f2 mai niente\'bb, e confessava di piangere perch\'e8 in campagna davanti al vero non riusciva a ritrarre le sue impressioni. \'abE almeno valesse il pianto!\'bb soggiungeva.... \par \pard\fi283\sb1134\sl240\slmult1\qj\fs24 Nell'\i Antologia\i0 del 16 agosto 1888 Enrico Panzacchi scriveva: "Il Serra \'e8 morto essendo un artista in gran parte inedito". Ma l'anno scorso sono stati pubblicati con un'affettuosa prefazione di Corrado Ricci, molti dei disegni del Serra posseduti dalla Galleria Nazionale d'Arte Moderna (\i Disegni di Luigi Serra\i0 , Roma, ed. Anderson, 1909). Molti altri disegni suoi sono in Bologna propriet\'e0 dello scultore Enrico Barberi e delle eredi di Enrico Guizzardi, un amico fedele che assist\'e8 il Serra fino alla morte. Il pittore Marco Calderini in uno studio sul Serra pubblicato il 16 novembre 1888 dalla \i Rassegna Nazionale\i0 ricorda di lui anche le decorazioni fatte col pittore Bazzani a Vigevano nel 1870 e i sopraporte di casa Trompeo a Biella rappresentanti fatti del risorgimento nazionale. Quando mai un editore italiano oser\'e0 pubblicare tutta l'opera e tutte le lettere del Serra? \par \pard\lang1040\f2 \par }