Guglielmo Ciardi   (Pagine 16 )      Fonte : Ritratti d'Artisti Italiani - 1911

{\rtf1\ansi\ansicpg1252\deff0\deflang1040{\fonttbl{\f0\fnil\fcharset0 Times New Roman;}{\f1\fnil Times New Roman;}{\f2\fnil\fcharset0 Arial;}} \viewkind4\uc1\pard\sb2268\sa1134\sl240\slmult1\qc\lang16\f0\fs28 Guglielmo Ciardi. \par \pard\fi283\sl240\slmult1\qj Il 19 gennaio del 1868 il pittore Federico Zandomeneghi veneziano che a Firenze aveva vissuto molti anni in intimit\'e0 d'amicizia e di lavoro coi pi\'f9 fervidi novatori dell'arte sua, scriveva a Telemaco Signorini: \'abNel latore di questa lettera ti presento il signor Ciardi Guglielmo pittore veneziano che intraprende un viaggio artistico istruttivo e desidera conoscere il buono e il meglio di Firenze. Non ho trovato chi pi\'f9 di te sia al caso di dirigerlo in fatto d'arte. Non aggiungo altre parole in proposito di questo mio amico perch\'e8 si far\'e0 conoscere ed apprezzare ben presto da s\'e8 stesso\'bb. \par Guglielmo Ciardi aveva gi\'e0 ventisei anni: un bell'uomo, alto, il petto largo, gli occhi azzurri e felici, una barbetta bionda e rada divisa sul mento, i capelli castani e ondulati, un'eleganza corretta che dovette piacere all'inglesissimo Signorini, una certa aria soddisfatta di figliolo di buona e agiata famiglia che, tra gli artisti del caff\'e8 Michelangelo di via Larga in lotta col trattore e col padron di casa, si sentiva sicuro di ritrovar sempre a Venezia un buon borghese di padre puntuale a nutrirlo e ad alloggiarlo con comodit\'e0. Suo padre Giuseppe che era stato sotto gli austriaci segretario nella Contabilit\'e0 di Stato, aveva voluto che il figlio finisse i suoi studi classici al liceo di Santa Caterina, che ora \'e8 il liceo Marco Foscarini, e aveva sperato di farne un notaio. La mamma, no, lo aveva capito prima, fin da quando aveva veduto che anche in ginnasio di tutte le materie di studio il suo Guglielmo preferiva la geografia per la buona ragione che v'erano le \'abcarte\'bb da acquarellare. \par \f1 -\f0 Fin da quel tempo il giallo era per me il re dei colori. \'abCara mamma, quando mi compri la scatola dei colori, comprami molto giallo\'bb, le scrivevo dalla campagna durante le vacanze. \par E di colori ne consum\'f2 tanti che per rendere utile a qualche cosa tutto quello sciup\'eco anche il padre acconsent\'ec a mandarlo all'Accademia: Nell'Accademia di Venezia dove il Molmenti e il Grigoletti insegnavano figura, era una cattedra di paesaggio come all'Accademia di Napoli. Ve l'aveva fatta istituire il padre di Eugenio de Blaas, pittore anche lui, che dopo il 1866 era tornato a Vienna. E la cattedra v'\'e8 ancora: l'occupa Guglielmo Ciardi. Soltanto allora, sotto l'Austria, era pi\'f9 ricca, e ai quattro o cinque allievi pi\'f9 bravi il Governo dava ogni estate una sommetta perch\'e8 andassero a studiare in campagna a loro agio.... \par Il Ciardi part\'ec per Firenze appena uscito dall'Accademia. V'era raccomandato alla famiglia d'Arturo Faldi il quale allora aveva, credo, dodici anni e non pensava a diventare pittore. I Faldi lo presentarono a Diego Martelli, il pi\'f9 ardente dei critici in difesa delle nuove teorie d'arte, e Diego Martelli lo condusse al caff\'e8 Michelangelo a porgere al terribile Signorini la commendatizia dello Zandomeneghi. Il Signorini lo squadr\'f2: \par \f1 -\f0 Benissimo. La pi\'f9 bella cosa che un pittore possa fare in Firenze, \'e8 andarsene in campagna. Domattina di buon'ora verr\'e0 con me a Fiesole a fare uno studio. \par \f1 -\f0 Con lei? \f1 -\f0 rispose l'altro col cuore in gola. \par \f1 -\f0 Proprio con me. Parleremo \i venessiano\i0 \f1 -\f0 annunci\'f2 il Signorini che parlava fiorentino anche Londra. \par E la mattina dopo alle porte di Fiesole: \par \f1 -\f0 Fermiamoci qui. Lei si segga dove vuole. \par \f1 -\f0 Prima si segga lei.. Cos\'ec io mi metto lontano. Se lei mi vede, non lavoro. \par Lavor\'f2 lo stesso per due o tre mattine e il suo studio lo vendette subito al Pisani, un intelligente mercante di quadri che era il piccolo Goupil di Firenze. Da allora, Guglielmo Ciardi ha sempre venduto, tutto e s\'f9bito. Aveva con s\'e8 molti quadretti dipinti a Venezia, ma sebbene poco dopo li mostrasse in Napoli al Morelli pel quale aveva una lettera del Molmenti, in Firenze non os\'f2 mostrarli a nessuno di quei giudici spietati pur tutti di fama tanto inferiori al Morelli. A Firenze Guglielmo Ciardi prefer\'ec ascoltare. Silenzioso, un po' timido, restava per ore seduto in un angolo del caff\'e8 a fumare il suo sigaro e ad ascoltare le dispute feroci, le demolizioni inesorabili, gl'inni alla \'abmacchia\'bb e al chiaroscuro, ai rapporti tra i colori, all'intonazione che si potevano ottenere solo con la \'abmacchia\'bb. Ne ho parlato a lungo parlando del Signorini e del Fattori. La \i Madonna della seggiola\i0 , un orrore; il porco nero del Cabianca dipinto contro un muro bianco, una meraviglia. E tra gli epigrammi incisivi come sentenze di morte, tra le burle spesso selvagge, tra il feticismo pei nuovi dogmi che diventavano pi\'f9 inesorabili delle vecchie regole accademiche, tra gli entusiasmi pei pi\'f9 grami e pallidi studioli fatti dal vero e l'odio pei musei anche se contenevano dieci Raffaello e dieci Michelangelo, il buon senso goldoniano del giovane veneziano trovava s\'f9bito la via giusta. Anche oggi egli dice: \par \f1 -\f0 A Firenze udendo parlare quei pittori ho imparato pi\'f9 che a Venezia vedendo dipingere tutti i professori dell'Accademia. Essi mi insegnavano non la pratica meccanica dell'arte mia, ma il mio diritto ad essere indipendente, a essere sincero, a essere io.... \par Ogni anno, da allora fino al 1874 quando si spos\'f2, il Ciardi torn\'f2 a Milano, a Roma, a Napoli, and\'f2 a curare i suoi affari e le sue vendite anche in Germania ed in Francia. Ma solo da Firenze vennero alla sua arte l'amore per la semplicit\'e0 e per la discrezione, l'odio per la magniloquenza che allora quanto adesso rimbecilliva artisti e scrittori italiani, l'abitudine di dipingere i suoi paesi tutti dal vero, la passione per la propria regione dove un paesista \'e8 pi\'f9 istintivamente pronto a riflettere s\'e8 stesso e il proprio sentimento nell'opera sua. \par \pard\fi283\sb283\sl240\slmult1\qj Certo, quel che gli insegnarono quei liberi maestri, egli seppe adattarlo alla propria originalit\'e0 e anche alla propria tradizione. Infatti fin da allora egli veneziano adoper\'f2 nel dipingere una pasta pi\'f9 spessa dei toscani, nei fondi luminosi come nelle ombre, ottenendo rilievo e distanze solo con la precisione del modellare e con la qualit\'e0 dei toni. Fin d'allora egli seppe raggiungere quell'unit\'e0 d'atmosfera e d'intonazione che era in quei tempi il segreto tormento dei paesisti romani e fiorentini e lombardi, e che a un pittore nato sulla laguna dove tutto trascolora al minimo mutar d'una nube, riusciva pi\'f9 facile e naturale. Infine egli conterraneo d'Antonio Canal e di Francesco Guardi, anche dentro quell'ultimo fragor di polemiche tra i realisti ormai vittoriosi e i romantici e gli accademici ormai rassegnati a gemere sul finimondo e ad accontentarsi d'una cattedra e d'una commenda in cambio della gloria, poteva capire o almeno sentire pi\'f9 presto degli altri che il cos\'ec detto realismo non era affatto un'audacissima rivoluzione ma semplicemente un logico ritorno alla tradizione dei grandi maestri. \par \pard\fi283\sl240\slmult1\qj Qualche volta, s'intende, anch'egli s'\'e8 ingannato e ha creduto che tutto il vero fosse buono a dipingere, cos\'ec a caso, senza sceglierlo e senza trasformarlo secondo l'interna emozione, sedendosi all'aperto dovunque gli capitasse, purch\'e8 fosse all'aperto. Ma i suoi paesi e le sue marine migliori, quelle che son proprio sue e lo rappresenteranno vivo anche fra cent'anni, sono quelle in cui egli ha trovato tra il vero e s\'e8 stesso una concordanza intima e necessaria. Il \i Messidoro\i0 lo dipinse nel 1883 cos\'ec. \par Aveva appena comprato la sua villa a Quinto al Sile, sulla larga strada ombreggiata di platani, in mezzo alla rete lucente delle sorgenti, dei ruscelli, dei canali, dei laghetti dove il cielo si sprofonda tra i giunchi, quando una mattina aprendo la finestra dello studio vide sotto il sole quel gran campo per met\'e0 mietuto e i piccoli uomini immersi nella luce e i filari degli alberelli diritti come ripe su quel mare verde giallo e le colline lontane, e afferr\'f2 una tavoletta e si mise a dipingere con furia. Da gi\'f9 i ragazzi chiamavano:\i \f1 -\f0 Pap\'e0, xe ora de disn\'e0r.... \f1 -\f0 Magn\'e8, fioi, no posso.... \f1 -\f0 Pap\'e0, te aspetemo. \f1 -\f0 Ti morir\'e0 de fame se ti me aspeti. Magn\'e8, fioi! \f1 -\i0\f0 E alla sera, per non perdere tempo andando fino a Venezia, fece cucire da sua moglie due strisce di tela da lenzuoli, senza nemmeno farla bagnare: \f1 -\f0 \i Tagia! Cusi! Fa presto!\i0 \f1 -\f0 E se la prepar\'f2 da s\'e8, e in otto giorni il gran quadro che a Milano, a Berlino, nell'87 a Venezia, gli dette medaglie d'oro ed applausi e venne comprato dallo Stato, fu finito sul vero. Se poi s'\'e8 screpolato ed \'e8 stato rintelato e restaurato, la colpa, lo so, \'e8 di quella furia. Ma Ciardi, quand'\'e8 un gran paesista, \'e8 cos\'ec. E non si pente e sui quadri finiti non torna. \par \f1 -\f0 Fare e non toccare! \i I quadri va in malora se i xe titignai.\i0 Se non va bene, via tutto! E si ricomincia tutto. \par \pard\fi283\sb283\sl240\slmult1\qj Perci\'f2 \'e8 logico che egli sorrida di piet\'e0 ai ricami dei divisionisti e dei puntinisti, alle ansiose curiosit\'e0 di tanti suoi colleghi veneziani ricercatori della tecnica antica, alchimisti e anatomisti sopra ogni frammento di tela del Tiziano o del Tintoretto. \par \pard\fi283\sl240\slmult1\qj\f1 -\f0 La miglior tecnica \'e8 quella pi\'f9 semplice. Il divisionismo! Gli antichi! \i Ghe vol el soramanego! \i0 Una buona tela a gesso, e il gesso non \'e8 mai abbastanza perch\'e8 assorbe l'olio e lascia il colore puro. E quando il gesso \'e8 ben secco, una buona preparazione di color d'oro in ombra.... Te l'ho detto: fin da ragazzo adoravo il giallo. \i E po', piturar, piturar, piturar, col vero davanti, la man pronta, l'olio sicuro e un pocheto de cuor drento. \i0 Tutt'al pi\'f9 lasciar riposare un po' il quadro, tornarci su con qualche tocco leggero, qualche velatura, qualche accento.... Questa \'e8 la pittura! Gli antichi? \i Li amiro, ghe fasso de capelo.... Paroni illustrissimi! \i0 Ma il Canaletto e il Guardi hanno fatto come ho fatto io: un buon ombrello bianco e il vero. Anzi loro qualche volta non devono averci avuto nemmeno l'ombrello bianco. \par Nel suo studio a Venezia tutto quel che ho trovato d'antico \'e8 stato un vasetto da farmacia di ceramica bianca e turchina: gli serve per ficcarci dentro i pennelli puliti. \par \f1 -\f0 E la fotografia? \par \f1 -\f0 Bell'arte la fotografia. Rispettabilissima. Ma \'e8 un'altra arte e non ha niente a spartire con l'arte mia. \par E il grande paesista passa la met\'e0 dell'anno in campagna, meglio anc\'f3ra, nelle sue campagne: il luglio a Quinto al Sile, l'agosto ad Asiago, dal settembre al novembre anc\'f3ra a Quinto, poi a Venezia fino alla nuova estate. E da questi luoghi non si muove pi\'f9, non vuole muoversi pi\'f9. Anche Francesco Guardi in ottant'anni di vita non si mosse da Venezia che una volta sola, per andare a Mastellina nel Trentino a riveder la casa dov'era nato suo padre. \par E di Quinto, Ciardi conosce tutti gli alberi, e della Laguna tutte le onde. Lo rivedo a poppa del vaporetto tra San Marco e i Giardini; in piedi, il bastone appoggiato sul sedile, e sul pomo le mani che egli ha fini rosee curate, le unghie lustre come quelle d'una damina del Longhi. V'era un gran sole sull'acqua, un gran fumo grigio via dalla Giudecca, due nuvolette bianche sopra la Dogana. \par \i\f1 -\f0 Varda che slusor! In certi zorni le piere xe bianche che le par neve.\i0 E un minuto dopo, una nuvola.... Ecco, guarda! Arriva quel fumo da laggi\'f9. Le pietre sembrano di cenere e di carbone. Che bellezza! Bisognerebbe aver cento braccia, campar mille anni ed essere sempre l\'ec a lavorare, a lavorare.... Ma non si hanno che due mani, anzi una sola, perch\'e8 quest'altra non \'e8 buona che per reggere la tavolozza. E si diventa vecchi subito.... \i Sessantasie, ti capissi? I xe sessantasie! \i0 Ma son forte come quando ne avevo venti. E per fortuna so qualche cosa pi\'f9 d'allora.... \par \f1 -\f0 Ne hai dipinte di queste onde.... Le conosci ormai.... \par Egli le guardava dall'alto fuggire, una sull'altra, di qua e di l\'e0 dalla sc\'eca. \par \f1 -\f0 \i Se le conosso?\i0 \i Le conosso tute, una per una....\i0 \f1 -\f0 e rideva, dritto, il petto gonfio, felice come un innamorato che fa la ruota davanti alla sua bella: \f1 -\f0 \i Le conosso tute. \par \i0 E le piccole onde gli fuggivano intorno: e ridevano anche loro. \par \pard\fi283\sb283\sl240\slmult1\qj Ma di due opere Guglielmo Ciardi \'e8 veramente soddisfatto: dei suoi figli. Sono due pittori Giuseppe ed Emma. Beppe \'e8 un buon gigante taciturno che vive in campagna anche pi\'f9 a lungo di suo padre. Appena i pioppi sul Sile metton le prime foglie, lascia Venezia dove del resto vede pochi pittori e lavora quanto dieci pittori. All'Universit\'e0 di Padova ha studiato scienze naturali, ma anch'egli ha dipinto fin da bambino. Per ore restava immobile a veder lavorare suo padre; poi appena questi esciva, cominciava a sporcar fondi di scatole e pezzi di cartone. E il padre tornava, lo scopriva spaurito dietro una tela, le mani dietro la schiena, il grembiule variopinto: \i\f1 -\f0 Ti g\'e0 le man sporche de color. \f1 -\f0 No, pap\'e0. \f1 -\f0 S\'ec, pap\'e0! Ti g\'e0 pitur\'e0.\f1 -\i0\f0 E l'altro, umile, a testa bassa, sapendo d'essere pi\'f9 facilmente perdonato se diceva d'aver rispettato il programma della scuola: \f1 -\f0 \i No, pap\'e0. Go disegn\'e0.... \i0\f1 -\f0 Adesso in campagna \'e8 innamorato dei buoi, nella Laguna delle vecchie case e delle vecchie chiese che si vanno demolendo. Al delicato sentimento dei peschi e dei mandorli fioriti sopra un prato di verde chiaro contro un cielo leggero ch'egli nei suoi quadri pi\'f9 giovanili dipingeva lento a fili di bianco e d'azzurro, \'e8 succeduto in lui un senso pi\'f9 virile e profondo della realt\'e0. La sua pennellata grassa sicura avvolgente modella adesso e dipinge; e corrono su cieli ariosi nuvole gonfie contro orizzonti infiniti. Tutto il quadro si sente sottoposto a quei cieli. Il cielo non \'e8 per lui un fondo, \'e8 il soggetto stesso del quadro. Quando in una mostra gli sar\'e0 concesso di raccogliere cinquanta o cento dei suoi quadretti d'animali e delle sue vedute veneziane, da Murano alla Giudecca, questo solitario che talvolta si lascia traviare componendo per le esposizioni tele troppo vaste, apparir\'e0 un maestro di rude sincerit\'e0, uno dei pochissimi pittori giovani che niente devono agli stranieri e che lavorano per amor del lavoro e per s\'e8 stessi. E le sue limpide opere potranno con nobilt\'e0 figurare nei musei accanto agli antichi solo perch\'e8 non avranno voluto nascendo mascherarsi da vecchie. \par \pard\fi283\sl240\slmult1\qj Un poco si maschera Emma Ciardi, e non ne avrebbe bisogno. La stessa sicura pennellata del padre e del fratello, coi colori in sordina. Alle sonore e piene musiche dei suoi, ella risponde con arie di minuetto e di gavotta \'abper soli legni\'bb. Il settecento l'ha ammaliata, e anche quando ella pone le sue damine in parrucca e in guardinfante, i suoi cavalieri in velada o in tabarro dentro giardini e parchi settecenteschi studiati dal vero (e da Boboli a Sch\'f6nbrunn, da Caserta a Versailles, da Str\'e0 a Potsdam credo che ella abbia giovanissima gi\'e0 visitati e studiati tutti i pi\'f9 leggiadri e pi\'f9 fastosi giardini lasciatici dal settecento) un velo di sogno si frappone nel quadro definitivo tra lei e la realt\'e0. Ella ricorda pi\'f9 che vedere; ricorda Watteau e Lancret, Guardi e Fragonard, Canal e Bellotto. Ma li ricorda con una nostalgia tanto squisita, taglia il suo quadro con tanta sagacia, aggruppa le figure con una grazia tanto femminile, intona i colori con tanta armonia, pennelleggia con tanta maestria che chiederle altro sarebbe pi\'f9 che pericoloso, inutile. \'c8 quello che \'e8: una piccola delizia. E sente i suoi limiti come una pianista che sa quanti tasti pu\'f2 chiuder tra il pollice e il mignolo; e non sbaglia mai. \par Chi non la conosce, pu\'f2 dai languidi temi della sua pittura immaginarla gracile, pallida, un po' leziosa e \'abmorbinosa\'bb. Invece anch'ella \'e8 alta, valida, semplice, virile, di poche parole e di molto lavoro. Nella primavera scorsa a Londra nelle Leicester Gallerie ella ha esposto settanta opere sue, \f1 -\f0 a Londra dove il suo antenato spirituale, Antonio Canal, and\'f2 centosettant'anni fa quasi in trionfo. E il successo \'e8 stato cos\'ec sincero ed immediato che il primo giorno ella ha venduto la met\'e0 dei quadri che aveva esposti. \par \pard\fi283\sb283\sl240\slmult1\qj Parliamo del viaggio e della mostra passeggiando lungo il Sile. Mentre il sole scende in un gran silenzio d'oro, Beppe che era a dipingere non so dove, ci raggiunge in bicicletta, alzando sul manubrio una tavolozza grande come una vela. Una frotta d'anatre ci segue starnazzando in un ruscello. Dietro un mulino una donna vien raccogliendo il bucato steso sopra una siepe. La strada bianca \'e8 striata d'ombra dal sole che batte obliquo sui pioppi e sui platani. \par \pard\fi283\sl240\slmult1\qj\f1 -\f0 Guarda il bianco di quei panni in trasparenza, e il bianco sordo della strada.... \par \f1 -\f0 E quell'erba dietro.... \par \f1 -\f0 E il riflesso bianco nell'acqua.... \par Guglielmo Ciardi \'e8 l\'ec fra i due figlioli e non ode altro. Londra, Monaco, Venezia, le esposizioni, il pubblico, le vendite, tutto scompare per loro davanti all'incanto di quei bianchi, tra l'acqua e il prato, sotto il cielo soffuso d'oro. Ripenso alle antiche famiglie di pittori veneziani dove i pi\'f9 giovani lavoravano intorno ai loro maggiori, stretti nello stesso lavoro e nelle stesse ansie: il Tintoretto tra Marietta e Domenico, i due Tiepolo a Zianigo poco lontano da qui, Antonio e Bernardo Canaletto, Pietro e Alessandro Longhi. Ricordi eroici che farebbero sorridere i miei compagni se li enunciassi ad alta voce. Le anatre ci raggiungono nel canale e starnazzano e stridono e ci assordano. \par \i\f1 -\f0 Tas\'e8, maledete. Ti vedi: el xe el publico.... \par \pard\lang1040\i0\f2\fs24 \par }