{\rtf1\ansi\ansicpg1252\deff0\deflang1040{\fonttbl{\f0\fnil\fcharset0 Book Antiqua;}}
\viewkind4\uc1\pard\f0\fs24 ODOARDO BORRANI
\par \~Nella schiera de' cosidetti "macchiaioli\'bb, Odoardo Borravi sta col fattori, l'Abbati e il Sernesi; intendo, che la sua arte, destinata a finire su un piano assai diverso, nasce e vigoreggia da principi e modi assai vicini a quelli della loro arte. Fu osservato giustamente (Cecioni), che per grandezza di stile l'Abbati e il Sernesi mostravano di poter almeno agguagliare il Fattori; non avesse un destino severo, poco oltre l'inizio, spezzato il loro cammino. Lega, la maggior figura dopo il Fattori, appartiene a un'altra sorta di pittura. E Signorini, a un ordine pi\'f9 vario, culturale e, forse, meno autentico. Di quei primi quattro, soltanto il Borrani condivide col Fattori il privilegio d'una carriera lunga e laboriosa. E serba un gusto ingenuo, anche quando, dopo i begli anni, la sua maniera divien saltuaria, s'avvolge in ricerche chiaroscurali, o insiste all'eccesso nella definizione disegnativa. Nato nel 1834 a Pisa, che l\'e0 temporaneamente si trovava la sua famiglia, a sei anni il Borrani venne portato a Firenze, di dov'erano i suoi; e presto cominci\'f2 ad armeggiare coi pennelli del padre ch'esercitava la pittura; finch\'e9 lo misero a studio da Gaetano Bianchi. Legatosi d'amicizia col Signorini. che allora si faceva la mano disegnando litografie di paesaggio del Calame (Cecioni), con lui prese a dipinger dal vero. Dopo il Bianchi, ebbe a maestri il Bezzuoli e il Pollastrini; ma la sua attivit\'e0 pi\'f9 personale comincia al ritorno dalla campagna del '59, col ritiro nella alpestre solitudine di San Marcello, insieme al Sernesi.
\par \~ Del carattere, delle abitudini di lavoro, etc.. hanno lasciato bastevole testimonianza il Cecioni, il Signorini e la Franchi; sia per quanto riguarda i rumorosi anni giovanili, con le discussioni e le burle al Caff\'e8 Michelangiolo; sia per raccoglimento nel quale egli declin\'f2 e in fine si spense, oscuramente, a Firenze nel 1905. Non gli erano mancati, in esposizioni e vendite, modesti successi; ma l'avvertimento pratico che nella sua vita ha pi\'f9 risalto, \'e8 il disastro della \'ab galleria d'arte moderna \'bb che, in societ\'e0 col Lega, egli tent\'f2 d'avviare a palazzo Terroni, in piazza Santa Trinit\'e0, dove un tempo risiedette il Gabinetto Vieusseux. Ho qui fra mano tre taccuini dell'artista (appartenenti alla collezione di Mario Galli, Firenze), da assegnarsi, il primo, agli anni 1858-59, e il secondo a intorno il 1867; mentre il terzo contiene disegni, pi\'f9 elaborati, eseguiti e datati a Roma, Rimini, Firenze e San Rossore, fra il 1883 e il 1887. Vi si legge, in compendio, quasi tutta la storia del Borrani. Non dico, principalmente, in quegli appunti di piccoli debiti, crediti e cambialette; misure di telai; o recapiti di donne: Elena (Trotto dell'Asino, 2" P., n. 4236), Rosa, Blandina, Filomena, etc., che auguriamoci non sien state tutte donne profane. E, neppure, nei ricordi patriottici di quando, nel '59, egli si arruol\'f2, insieme agli amici, volontario in artiglieria: un itinerario da Firenze ad Asola; un elenco di morti sul campo; il minuzioso tocco in penna d'un Cassone per pezzo da 6, e qualche schizzo di vita militare; un: Maest\'e0, liberi questa povera Italia (28 maggio 1859), e un: Alma terra natia, la vita che mi desti ecco ti rendo, trascritti a mo' d'epigrafe nel mezzo di due paginette bianche. E se cercassimo qualcosa da rammentarci il Borrani professore d'Accademia, e privato, e pittor di ceramiche alla manifattura di Doccia: ecco, nel terzo libretto, il grazioso ritratto d'una scolarina dall'aria forestiera (pag. 660), ed ecco moduli d'ornamentazione alla Poccetti; puttini barocchi; Giuno col pavone; e Veneri, (presumibilmente) eretta in un'assemblea di belve e nell'atto di spremersi le turgide mammelle: motivi racimolati qua e l\'e0, e tenuti in serbo per metterli in centro d'un vassoio, o sulla pancia d'un vaso da fiori. Ma sono i documenti d'un'altra storia, che sopratutto c'importano.
\par \'c8 un peccato che, a questi documenti, non possa aggiungersi qualche studio di quelli che, a memoria del Cecioni, il giovane Borrani, per consiglio del Bianchi, condusse nel Chiostro Verde sugli affreschi di Paolo Uccello; poi nel Cappellone degli Spagnuoli e nel coro del Ghirlandajo; e, in fine, sugli affreschi di Giotto, in Santa Croce. Di tali disegni d'esordio non \'e8 traccia nella cartella del Borrani, presso lo stesso collezionista Galli; n\'e8 tra gli studi della Madre, de' Renaioli ed altri, nella Galleria fiorentina di Arte Moderna; n\'e8, temo, altrove. Del Sernesi soltanto, fra i "macchiaioli", conosco disegni, delicati da sembrar punte d'argento; che non si direbbero, tuttavia, \'ab copie \'bb da qualche classico, quanto interpretazioni d'un modello, nello spirito dell'aureo quattrocento toscano. E, tra il 1858-59, vediamo il Borravi occupato a congegnare, su estratti dalle vite di Lorenzo il Magnifico del Valori e del Roscoe, la Congiura de' Pazzi: con la quale, aiutato anche da suggerimenti del Pollastrini (Cecioni), vinse una medaglia al concorso triennale dell'Accademia di Firenze. Ma il secondo calepino mostra in pieno sviluppo le sue capacita migliori. Accenni di paese, colti nei dintorni della casetta fuori porta alla Croce, dove egli visse alcuni anni dopo il 1865, si alternano ad appunti d'interni e figure che servirono per composizioni come Le primizie, Speranze perdute, La conversazione in terrazza (pag. 662) etc. Son contadini che preparano il \'ab segato \'bb; la massaja col cappellone di paglia, a fianco della padrona tra i filari; donnette che chiaccherano, guardando gi\'f9 da un muraglione; signore in sottana a sboffi, sulle rustiche seggiole dell'altana; e il bindolo e il porticato; e tutti i cari motivi della campagna suburbana; de' quali, negli stessi anni e gli stessi posti, s'innamorava il Lega del Passaggio del Viatico, delle Ortolane, del Bindolo e altri idilli cos\'ec preziosi. Uno studietto a matita, di Vitellino che poppa, ci fa collocare in questo periodo una piccola tavola della raccolta Galli che il Borrani am\'f2 sempre in modo speciale, per la pena che gli era costata.
\par La condizione, estremamente scialba, e soffusa, nella quale, la pi\'f9 parte, son ridotti i disegni di questo taccuino, impedisce d'offrirne qualche riproduzione valida. Si Vedrebbe che il Borrani non cercava, come il Fattori, di ricostruire la forma, geometricamente, in larghi piani che aspettassero di trovar distanze, densit\'e0 e gravitazioni da' toni del colore; e neppure, come il Signorini, si compiaceva di taglienti definizioni di carattere. Il suo disegno \'e8 abbastanza solido, ma bonario; soprattutto ornato d'una grazia evocativa dei luoghi e degli ambienti che basta, in pochi tratti, a far vivere una proda d'alberi, uno specchio di fiume, un casolare nella distesa de' campi.\~
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\par Pi\'f9 tardi (1883-87), una preoccupazione d'effetti luminosi, una insistenza di rastremature sulle quali la massa in ombra sembri accendersi nel pulviscolo del sole, invadono il disegno, e lo triturano come la pittura smarrisce unit\'e0 e fusione nelle crudezze chiaroscurali, nei rastrelli di bianco e nero e negli sbattimenti del San Rossore (pag. 663), dove i giovenchi, in disparte, memori dell'Abbati, pajon ruminare sull'illangruidita virt\'f9 toscana. Una inclinazione pei risalti controluce, forse appunto perch\'e8 egli era meno solido di altri " macchiaioli " nei puri riguardi del colore, il Borrani l'aveva manifestata fin da principio, nella Raccolta del grano sull'Appennino e poi nel Grano al sole (pagg. 664 e 065). E fra i quadri storici, sia dell'epoca d'esordio, sia degli anni maturi, basti osservare come il Medioevo della Galleria fiorentina d'Arte Moderna s'incide con durezza oleografica, in violenti giuochi di sole e d'ombre. Ma quando, sull'ultimo, nella Veglia (1887) della raccolta Mannini-Parenti, e nella finissima Donna con la candela (pagina 666) , l'artista trasferisce questo gusto agli effetti di luce artificiale, si direbbe egli voglia addirittura concludere nel fiammingo, e sia pure delizioso fiammingo, il corso d'una produzione della quale deve riconoscersi tra il 1860 e il 1880 la fase pi\'f9 schietta.
\par Cercando ora d'animar questo schema troppo rigido, coll'accostarci pi\'f9 intimamente all'arte del Borrani, tanto \'e8 facile distinguere ci\'f2 che in essa talvolta intralcia o appanna l'unit\'e0 dello stile, tanto \'e8 arduo difendersi, anche giustamente, dal suo incanto illustrativo, dalla poetica grazia che essa trova nelle \'ab azioni \'bb e negli abbigliamenti, da un'affettuosit\'e0 che rialza quanto sembrerebbe mero e minuzioso. Pochi pittori dell'Ottocento italiano, di continuo s'impegnarono come questo in soggetti che pajono irremissibilmente dannati a tutte le limitazioni del \'ab genere \'bb; avendo come lui scarsi il senso della composizione e l'istinto decorativo. Ma anche quando, per es. nelle Ragazze che dipanano la matassa (Raccolta Checcucci), la \'ab gaucherie \'bb sovrabbonda, questa incapacit\'e0 a creare un modulo decorativo che leghi la scena e lallevi del proprio slancio, queste incertezze e fratture interne, questi tremolii della mano, conferiscono alla pittura un che di pi\'f9 vivo e confidente. Nel nome d'un classicismo inteso spesso a occhio e croce ci vuoli poco a impancarsi contro tali ed altri difetti pressionisti e \'ab macchiaioli \'bb, ma forse sarebbe meglio cercare se non sien difetti indispensabili a certe virt\'f9. Innegabile un che di trito, nella Partenza del soldato, nella Convalescenza della monaca (1865) etc. ; ma ecco, frattanto, cost\'ec, l'arioso episodio della monacella che coglie garofani al coccio sull'altana.
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\par \~ La stessa elegante ingenuit\'e0 della Conversazione in terrazza (pag. 662) \'e8 nelle Camicie rosse (pag. 667); ove ricorre, senza incrudimenti, l'impianto luminoso cui accennammo or \'e8 poco, che anche una volta gli aveva servito nel quadro della bandiera : Il 26 Aprile 1859 a Firenze. Dal largo sfondo della finestra, la luce dilagando spruzzola sui capelli, corre a ruscelli sui contorni, e scivola a lambire il rosso garibaldino. Soltanto il Lega, nella Signora in attesa, doveva cos\'ec intrepidamente mettere in primo, piano una massa solida e morta come questo schienale di poltrona; ma la scena \'e8 troppo convincente perch\'e8 si sia disturbati da siffatto ingombro. Tutto \'e8 odioso; e, al tempo stesso, amorevole e suasivo come nella vecchia e santa vita famigliare. Le stampe alle pareti, la conchiglia sul mobiluccio, la freccia che regge la tenda: parrebbe assurda l'unit\'e0 di visione, in tanto formicolio di particolari; e, invece, \'e8 ottenuta d'incanto, come in un primitivo che appena abbia aggiunto, per crescere intensit\'e0 alle figure, l'espediente del controluce. O si osservi, nel Bersagliere (pag. 668), quell'indifferenza a collocarlo, nero, tozzo e rattrappito, sotto il fuoco della critica pi\'f9 agevole. Ma che preziosa alternazione di toni nel soldato morto: l'azzurro dei calzoni, il bianco scamosciato della giubba con le mostrine albicocca, l'avana-chiaro dello zaino sul riscontro giallastro del terreno grasso! E quale scorcio di pianura un po' infreddolita l\'ec davanti alla sentinella in fazione; e, su tutto, un cielo che pare imprestato dal pi\'f9 nitido quattrocento a un mattino dell'indipendenza italiana! \~ Borrani s'esercit\'f2 in una serie di ritratti, su modelli la pi\'f9 parte famigliari; ma si pu\'f2 dire che anche molti "soggetti di genere" da lui son trattati nello spirito del ritratto. Concentrandosi su una figura, questo spirito, naturalmente, si fa pi\'f9 minuzioso. La instancabile 'Precisione dell'artista contribuisce ad attirarlo verso il particolare; bench\'e8 ogni volta l'opera si raccolga nell'armonia di pochi toni: nero e giallo pallido, nel Ragazzo (pag. 669); bianco e azzurro, nella Nipote (pag. 671); nero e giallo, nel Ritratto della seconda moglie. In altre parole, dentro un rapporto coloristico assai largo e sobrio, si moltiplicano i commenti disegnativi. Il fondo neoclassico e poi \'ab ingresiano \'bb della pittura toscana da cui, come il Fattori e come il Lega, il Borrani era partito, rifiorisce anche sul tardi; e di sotto a caratterizzazioni stillanti di sensualit\'e0 e di spirito, come quella della Nipote, Altre volte, e cos\'ec fu notato del Fattori, il ritratto sembra porgergli una occasione sperimentale. L'artista si scosta da modi in lui pi\'f9 frequenti; e abbiamo la siluetta quasi spagnoleggiante della Prima moglie (pagina 670); o, su un piano diverso, la Bambina col cappello rosso (pag. 672) e la Testa di bambina della raccolta Checcucci; o il Ritratto del nipote Gino, passato alla raccolta Visconti da quella di Rodolfo Panichi. Dipinti magari pi\'f9 mossi, imprevisti, briosi: dai quali, tuttavia, il Borrani non sarebbe rappresentato in maniera conclusiva. Il Lega d'intorno l'80 e il Signorini, in codesto ordine, hanno da spendere altre risorse; bench\'e8 la Bambina col cappello rosso sostenga a bastanza bene i confronti.
\par La questione \'e8 che, senza una opportunit\'e0 di grazie calligrafiche, senza un fiorire di definizioni e sottolineamenti nei quali non sai s'\'e8 pi\'f9 mirabile la maestria o l'affetto, Borrani, specie nei ritratti, non \'e8 completamente Borrani; allo stesso modo che certa lirica petrarchista sarebbe inconcepibile, spoglia del musicale ornamento di talune cadenze e perlature. E credo non si vada errati considerando il Ritratto della figliuola (pag. 673) come il capolavoro ritrattistico dell'artista; ch\'e8 il ritratto della Monaca, nello stesso periodo, \'e8 troppo tenuto all'identit\'e0 fotografica. A forza di stringersi sul vero, l'arabesco vi s'\'e8 immedesimato, senza ca pacit\'e0 di rinascere pi\'f9 fervido ed eloquente. E si faccia pure la tara, nel ritratto della figlia, a un certo eccesso dell'arrangement, a una ricerca di troppi passaggi e modulazioni sulle varie densit\'e0 e toni de' vestiti, de' nastri, delle trine, della tenda, del ventaglio e delle carni. Si tenga pure il broncio alla maliziosa ragazzina che, mezzo nascosta sotto il gran ciuffo di capelli, si sente un po' stretta nell'abituccio di gala che non ha saputo crescer con lei; mentre la sua femminilit\'e0 gi\'e0 s'attesta nelle belle mani popolane, pratiche di cucito e di faccende. Quando si sono espresse tutte le riserve e prese tutte le precauzioni, il ritratto resta fra i migliori della seconda met\'e0 del nostro Ottocento, che pur ne vide nascere di egregi. E ci rimarrebbe a dir qualcosa delle prospettive di chiese, conventi, ecc., e delle illustrazioni di monumenti fiorentini nella serie delle Sei Porte; prima di chiudere il repertorio della parte pi\'f9 variata dell'opera del Borrani; e soffermarci, in fine, su un gruppo di paesaggi che contiene la quintessenza di tutta la sua produzione. Notiamo, brevemente, che dalla \'abpittura storica\'bb del Bezzuoli, del Pollastrini, del Ciseri e del Sanesi, l'orgoglio delle memorie civiche, il sentimento dell'antichit\'e0 comunale, si nobilitano nell"Abbati, Borrani, ecc., un po' come quando, dai libri del d'Azeglio e del Guerrazzi, si passa al \'ab Comune rustico \'bb o alla \'ab messa cantata \'bb del Carducci.
\par Un contenuto romantizzato alla buona s'esalta in lirica vera. Si potrebbe ordinare una piccola galleria d'opere di questo tipo; cominciando da quei melanconici Interni dello Spedale del Ceppo di Antonio Puccinelli, e dal maestoso Chiostro e dai cimiteri dell'Abbati; gi\'f9 al Borrani e minori. Certo \'e8 che il Borrani tratt\'f2 questo genere con disposizione un po' documentaria, aneddotica e dialettale, che scema il pregio dell'arte; e si vede, per es., confrontando lo studio per la Porta a San Frediano (pag. 675) alla redazione definitiva che, di questa porta e delle altre, egli dette per conto, credo, del governo toscano. La donna con lo scialle, in mezzo alla via, s'\'e8 trasformata in una borghesuccia con le maniche a pallone e l'ombrellino; i braccianti hanno lasciato posto alla servetta in grembiule di bucato che spettegola con tal de' tali: il vivace chiaroscuro delle parti architettoniche s'\'e8 smorzato, a dar risalto alle accidentalit\'e0 della pietra e alle macchie, e gli spacchi de' muri, in altre tele \'ab monumentali \'bb: \'ab interni \'bb di chiese, del Bargello. ecc., c'\'e8 meno fotografismo e pi\'f9 pittura e poesia; ma riconosciamo pure che il Borrani non vi raggiunge l'austerit\'e0 e il senso d'arcano dell'Abbati: n\'e8 il luminoso raccoglimento degli orti monacali del Puccinelli.\~
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\par La sua primavera fiorisce, s'\'e8 detto, in un ciclo di paesaggi che si pu\'f2 chiudere coi Renaioli (pag. 677) della Galleria fiorentina d'Arte Moderna: e ha i suoi mattini pi\'f9 vividi nella Raccolta del grano sull'Appennino ( pag. 664), nel Mugnone presso il Parterre (pag. 676), nel Paese (pag. 678) e nei due Castiglioncello (pag. 679). La sommariet\'e0 e la luce della Raccolta del grano, dove anche son pi\'f9 chiari ricordi quattrocenteschi: la romantica ed estasiata placidezza del Mugnone presso il Parter; nel Paese, un silenzio solare squadrato in grandi masse di muraglie e di cielo, e quasi in sordina commentato dal fitto chiaccherio dell'orticello; gli smalti delle due marine, racchiusa l'una, cupa come lapislazzuli, in un cerchio di arse tamerici, d'erbe saline e bianchi massi, porosi come le ossa che calcinano al solleone; lieve l'altra e alitante fra il verde umido e fosco e l'aerea linea de' monti, ci trasportano in un clima pittorico che sta a quello delle opere fin qui osservate, come a una giornata piovosa o coperta una giornata bella. Il sole c'era sempre, e schiarava quelle terre e le piante e gli uomini intesi a' loro lavori; c'era, ma dietro a un velo; e quando un istante cotesto velo si solleva, il mondo \'e8 folgorato di allegrezza. Un'allegrezza, nel Borrani, sospesa e ferma in un che d'incantato, d'assorto e quasi freddo; come le note acutissime dei suoi colori sembrar risolvere in un accordo argenteo, ch'\'e8 il timbro dominante di queste pitture. La cui scansione (a cos\'ec dire) quasi mai rivela, come in altre, vicine ad esse, e d'altronde stupende, un ritmo mosso, o nettamente articolato. La tessitura dei due Castiglioncello \'e8 serrata, da parere inappercepibile; e, tuttavia, intimamente satura di vibrazione. E se, in episodi pur tra i pi\'f9 felici dell'arte del Borrani, per es. nel gi\'e0 rammentato Bersagliere (pagina 668), talvolta, come osservava il Cecioni, le tinte risultano un po' " intere e vuote ", forse pel troppo impasto di biacca; in questi paesaggi, la filigrana si intreccia di colori cristallizzati nell'integrit\'e0 essenziale, e s'incastona di smalti perlacei, s'igioiella di pagliuzze e pepiti di mirifica lucentezza. Il vero non potrebbe esser colto con pi\'f9 rigore, n\'e8 pi\'f9 misteriosamente trasfigurato e rarefatto. N\'e8 occorrono i capillari e fastidiosi sussidi interni del disegno, di quando il Borrani si sente indebolito nella luce e nel colore; o di quando lavora d'intenzione, come nei Renaioli (1880): di prim'ordine, in tutta la parte di sfondo, ma gi\'e0, nelle altre, corrosi da quel bisogno d'incidere i contorni, da quel gusto frastagliato, che, con la sua coscienziosit\'e0 egli svolse alla perfezione d'uno strano e quanto mai personale accademismo. La volgare obiezione circa la ristrettezza delle superfici su cui, come altri " macchiaioli ", egli avrebbe ottenuto i resultati migliori, non ha peso presso quelli cui son famigliari la Raccolta del grano, i Castiglioncello, ecc., di dimensione ragionevole. Resta, comunque, da stupirsi che l'artista capace di tali gemme i capolavori e di opere d'un grado poco pi\'f9 scarso, quali la Conversazione, Le camicie rosse, la Nipote, il Ritratto della figlia, etc., non si sia pi\'f9 spesso alzato ad una produzione altrettanto piena; e, in certo modo, abbia inclinato all'eclettismo. Nessuno, certo, fra i \'ab macchiaioli \'bb sembr\'f2 dimenticare, come lui, la bella pittura di tono; per rifarsi, come s'\'e8 visto, a posizioni, chiaroscurali e disegnative, ambigue, compromesse e pericolanti: nelle quali egli pur si riafferra e, non meno dell'industria fertilissima, riafferma il costante candore dell'ispirazione. Non saprei in quale altra carriera d'artista si noterebbero scarti come fra il nitore lenticolare di questi paesaggi e il soffuso e ombroso secentismo, per es. della Monaca che veglia, della raccolta di S. E. Caviglia. A parte quanto, nella speciale natura del Borrani, contribuiva a distoglierlo da una pi\'f9 organica unit\'e0 di stile; a parte le condizioni d'una vita, come quelle dei pi\'f9 fra i \'ab macchiaioli \'bb, difficile e accaneggiata; si tenga sempre presente che, dalla civilt\'e0 in cui si trov\'f2 ad operare, anch'egli poteva soltanto essere aiutato a perdersi e non a salvarsi. Cos\'ec il libro della Franchi, con il riserbo doveroso verso l'artista ancor vivo, lascia intravedere un crepuscolo in ogni senso desolato. E anche pi\'f9 tetre sono altre testimonianze, sugli anni estremi del Borrani; scorato e ridotto all'ozio, nella appena decente miseria d'un casone popolare verso San Gallo. In ogni modo, egli aveva detto la sua parola. Ci siamo sforzati d'interpretada, senza enfatiche indiscrezioni postume. E siamo sicuri che, quanto pi\'f9 ingiustamente fu negletta, pi\'f9 le arrider\'e0 l'amica attenzione del tempo.
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\par EMILIO CECCHI\~\~\~\~\~\~\~\~\~\~\~\~\~\~\~\~\~\~\~ \~
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