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(Fonte : Bollettino d'Arte - Settembre-Ottobre 1916)
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Innaugurazione di un busto a Filippo Carcano a
Milano
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Venerdì 8 settembre a Milano, allo presenza di S. E. il
Ministro della Pubblica Istruzione, senatore Francesco
Raffini, si è inaugurato un busto al pitture Filippo
Carcano. Il busto, pregevole opera dello scultore
Boninsegna, è collocato in un verde anfiteatro dei Giardini
Pubblici. Assistevano le autorità civili e militari e
moltissimi artisti. Parlò il comm. Giovanni Beltrami,
presidente della R. Accademia di Belle Arti di Brera,
consegnando l'opera, in nome del Comitato promotore, al
sindaco di Milano; poi S. E. il Ministro pronunciò un
elevato discorso, di cui si da qui il seguente largo
riassunto:
II Ministro esordisce dicendo che fu ottimo consiglio quello
dei milanesi di raccogliersi, pur tra le ansie e le angosce
della formidabile ora che volge, per compiere una pacata e
delicata opera di pace; ottimo consiglio quello di dar
rilievo e crescere solennità al loro atto coll'indire, par
mentre la battaglia infuria per tutta la cerchia dell'alpe
circostante, queste loro oramai storiche assise di
quell'Arte della quale Filippo Carcano fu in questi ultimi
tempi illustrazione somma e fulgida. Ottimo consiglio poiché
quando dal lontano avvenire i nostri pronipoti ritorneranno
a noi, ricercando nelle memorie e nei documenti della
tremenda epoca che viviamo, turbati e quasi spauriti, le
ragioni più profonde dell'immane conflitto, e saranno
tratti, come non lo fummo or giorno allorché, risalendo il
cammino della Storia, ci soffermavamo a considerare con
sgomento i rivolgimenti più gravi, le rivoluzioni più
violente, le conflagrazioni più sanguinose, saranno tratti,
ripeto, a immaginare una umanità più aspra di quanto essa è,
una umanità fatta anche straniera a ogni senso del buono, a
ogni luce dell'ideale, a ogni raggio di bellezza, si dovrà a
voi, o milanesi, se essi potranno imbattersi in questa dolce
oasi della nostra perturbata e travagliata vita presente.
E potemmo con gran sorpresa esclamare: "Mentre il mondo intiero era tutto alle opere di violenza, qui, nel cuore di
questa nostra mitica terra, consacrata da ben venti secoli
di ininterrotta civiltà e immunizzata oramai per i secoli da
ogni possibile contagio di straniera barbarie, in questa
terra votata dai tempi più remoti al culto e alla difesa di
tutte le libertà, un popolo nobile e generoso sostando dalla
lotta da lui non voluta, da lui non provocata, ma da lui
virilmente sostenuta e che sarà da loro fermamente proseguita
sino alla vittoria (grandi applausi), si raccolse in un
velato mattino di incipiente settembre intorno all'effigie
venerata di un suo figlio prediletto, artefice purissimo di
cose supremamente belle, squisitamente gentili,
profondamente buone. "Non dunque, essi diranno, era
straniero a quegli animi il senso e il culto oli ogni bellezza, di ogni
idealità, di ogni bontà: non dunque ad
essi si potrà imputare dalla Storia una pur minima colpa
dell'indicibile jattura mondiale: ad essi il vanto di essere
scesi in campo appunto e unicamente per la tutela della loro
libertà e della loro civiltà. E permettete che si aggiunga
della loro concezione del bello, della loro sana e pura e
santa tradizione di arte paesana.
"Ma questa vostra raccolta ha una sua significazione
anche più profonda; ho la siginificazione come di un atto
di fede collettiva: la fede cioè che in non prossimo
avvenire abbiano di nuovo a prevalere le ragioni sempiterne
del bello e del buono in una umanità fatta migliore dalle
sue stese torture presenti. E poiché, siccome la storia ci
ammonisce, questo futuro ravvivamento di tutti i valori
spirituali e morali non potrà non essere al tempo stesso una
revisione fondamentale di questi valori; poiche da questa
tremenda prova presento l'umanità non potrà, se pure non
è a
disperare pienamente sui suoi destini, non ricavare un
insegnainento profondo e un ammonimento severo di verità,
di semplicità, di probità, di bontà, di modestia; così il
nostro atto di fede suona speranza e fiduciacbhe anche il
mondo dell'Arte come quello di tutte le altre
manifestazioni del pensiero, come quello della stessa vita
sociale abbia ad essere sgombrato da tutte le aberrazioni e
da tutte le esasperazioni egoistiche, che sovrumane furono
dette, noi le dobbiamo invece dire disumane, che da ultimo
l'hanno dominate; di cui il primo focolare, e lasciatemi
dire, il covo, fu proprio in quei paesi onde è partito il
premeditato esecrando attentato alla civiltà e alla libertà
dei popoli ed in cui, di conseguenza, è forse da ravvisare
una delle ragioni più profonde di questa immane jattura
(benissimo).
"Quel giorno segnerà un nuovo trionfo; segnerà un'apoteosi
anche più radiosa della presente, dell'arte di Filippo
Carcano; che quanto dire di tutta la vostra tradizione artistica lombarda in ogni sua manifestazione dalle arti
figurative alla letteratura, di questa vostra tradizione la
più sincera, la più coscienziosa, la più profondamente sana
che sia stata mai. "L'arte di Filippo Carcano ? Si è voluto
cercarne l'intima essenza in certe sue virtuosità e
ingegnosità tecniche, ove si sarebbe
riflessa la sua nativa praticità ambrosiana; ed è in parte
vero, ma solo in parte. Si è voluto ravvisare il segreto del suo successo in profondi rivolgimenti
di metodi, di cui
sarebbe stato qui tra voi l'iniziatore più coraggioso; e lo
si è fatto l'apostolo di quel verismo, che frattanto
trionfava nella nuova letteratura ed in ispecie nella
novellistica italiana; e si è detto, ad esempio, da parte
autorevolissima, che la pennellata netta, diretta, visibile
del Carcano ricorda irresistibilmente lo stile parIato di
un Verga e degli altri novellisti italiani contemporanei. Ed
è in parte vero; ma lo è forse a più forte ragione per la
pittura di altri grandi artisti di altre Regioni italiane.
Poiché nell'arte del Carcano è un senso tanto più intimo,
più bonario, più gemile di poesia, che le sue scaturigini e
le site forme; se a qualche addentellato letterario vogliono
riferirsi, non possono annodarsi se non a quella vostra
tutta speciale tradizione veristica lombarda, la quale,
partendo dall'inarrivabile Porta, culminando nel divino
Manzoni, ha avuto anche testé una espressione, di cui il mondo non ha fatto ancora quel conto che doveva, nell'arte
così intrinsecamente vostra lombarda del De Marchi: altro
nome, a cui, nel giorno della grande revisione dei valori
spirituali e morali, sarà resa piena giustizia. Ma di che è
fatta questa inimitabile poesia che affiora, che erompe
spontanea e irresistibile dal vostro verismo letterario e
pittorico lombardo? Il verismo della vostra arte, è,
intanto, e innanzi tutto, un prodotto della vostra
incrollabile probità ambrosiana; onde ben a ragione si è
detto che il dipingere solamente quello che egli vedeva e
unicamente come egli lo vedeva o, notate la differenza, come
egli Io ricordava, fu per il Carcano una questione di
coscienza, un proposito di onestà, uno scrupolo di non
dire bugie. Ma la poesia di questa vostra arte veristica è
tutta fatta di un amore sviscerato, e tanto più profondo
quanto più pudicamente e severamente contenuto, della
propria città, della propria terra, in una parola della
Patria: é quell'amore del natio luogo, che al Carcano, nato
in uno oscuro fondaco del Coperto dei Figini, all'ombra
della Madonnina del Duomo, ispirava una prima passione per
la divina Cattedrale, che prima gli si presentò all'occhio,
e che egli ritrasse infinite volte, instancabilmente, nelle
sue mistiche profondità interiori e nelle celestiali
sublimità delle sue cuspidi; che al Carcano infondeva una
tenerezza indicibilmente commossa per la stessa picciola
vita suburbana della città sua e delle classi più modeste;
che, gonfiandogli il cuore di sempre più vasta passione,
faceva che prima tentasse di racchiudere nel breve ambito
di una tela, come nella stretta di due braccia affettuose,
l'infinita profondità e le radiose trasparenze della vostra
pianura lombarda; che la stringeva irresistibilmente verso
quella corona di laghi e quella cerchia di monti, che ne
sono l'incomparabile cornice, che lo faceva il primo pittore
poeta delle solitudini alpine che l'arte nostra abbia potuta
vantare.
"La sua poesia? Egli non si studiò mai di
sovrapporre al vero teorie estetiche o di interpretarlo
secondo preconcetti filosofici la poesia che la
contemplazione della sua terra gli ispirava e che egli fermò
nelle sue tele è quella medesima imperitura poesia che il
luogo natio inspira anche ai più incolti e ai più umili, e
che il Manzoni assegna al cuore semplice e rozzo ali Lucia,
in quel famoso "Addio" che suona familiare all'orecchio di
tutti noi "Addio monti sorgenti dalle acque ed elevati al
cielo, cime ineguali e note a chi è cresciuto tra voi e
impresse nella sua mente non meno che lo sia l'aspetto dei
suoi più famigliari.
"L'aspetto dei suoi più famigliari"! Avete mai
considerato che non vi fu pittore, e anche dei minori, il
quale abbia tentato il ritratto della madre, senza che il
destino lo abbia premiato con il dono di quel capolavoro, a
cui non si era saputo adergere mai e che gli sarà poi forse
sempre negato in seguito? I quadri del Carcano sono tutti
capolavori, perché egli ritrasse sempre l'effigie di quella
madre, che per lui fu la sua città, la sua terra, la sua
Regione".
Il Ministro, avviandosi alla fine, si richiama alle premesse
del suo discorso ed osserva che quei giovani i quali
all'amore della Patria fanno la dedizione piena, la
dedizione quasi gioconda, quasi in un impeto di rapimento
lirico di se stessi, saranno più di tutti adatti a intendere
e più di tutti disposti ad esaltare l'arte di chi, se alla
Patria non poté dare il suo sangue, diede però tutto.
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