Pillole d'Arte

    
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Fonte : Gl'impressionisti francesi - Vittorio Pica - 1908
(Begamo - Istituto Italiano d'Arti Grafiche)

Edgar Degas

Per quanto per doti e con caratteristiche affatto differenti, Edgar Degas occupa nel cosiddetto gruppo degl'impressionisti un posto non meno importante dei suoi amici e compagni di novatrici battaglie artistiche Claude Monet ed Anguste Renoir. Osservatore perspicace, sottile e chiaroveggente della realtà, lavoratore indefesso, sicuro fino dai primi passi della via artistica da seguire e fino dai primi passi in pieno possesso di una tecnica senza debolezze e senza incertezze nella nervosa e personalissima sua efficacia evocativa, egli ha dato vita ad un'opera abbondante e varia, la quale, quando finalmente sarà conosciuta nel suo complesso, apparirà come una delle più interessanti e delle più significative che presenti la storia della pittura francese dell' ultimo cinquantennio.

Sdegnoso dei facili successi e degli applausi volubili della folla, egli è rimasto costantemente in disparte, non partecipando mai e di partito deliberato alle esposizioni, eccezion fatta per quelle di pugnace audacia d'avanguardia, degli indipendenti dal 1874 al 1888, a cui, nei precedenti capitoli, ho più volte accennato, mentre, d'altra parte, ha sempre tenuto nascosto, sia modestia o sia piuttosto alterigia, tutto quanto riguardava la sua persona o la sua privata esistenza, in modo che di lui di sicuro si sa che è nato a Parigi nel 1834 e quasi null'altro e che, più che i suoi quadri ad olio, i suoi pastelli, i suoi acquerelli e le sue poche e bizzarre scolture in cera, sono dal pubblico conosciuti alcuni motti di feroce sarcasmo, con cui egli si è vendicato dell'incomprensione, dell'ingiustizia e della malvagità dei suoi confratelli d'arte.

Edgar Degas, anche lui come gli altri impressionisti francesi, si è proposto di fissare sulla tela o sulla carta l'attimo fuggente, considerato nei pittorici suoi aspetti figurativi, e come essi, è ricorso ai colori puri e si è giovato della teoria dei complementari, ma, mentre Monet, Pissarro e Sisley studiavano in ispecie gli spettacoli e le scene della natura e si sforzavano di riprodurre coi loro pennelli le trasparenze dell'atmosfera ed i fulgori, le gradazioni e le rifrazioni della luce diurna o della notturna, secondo l'ora, la temperatura e la stagione, egli invece si è occupato, durante la già lunga sua carriera, quasi esclusivamente della creatura umana, considerata nelle rapide e significative sue gesticolazioni, sotto gli abiti dei nostri tempi e nello scenario delle odierne metropoli. Non già che non abbia mai trattato la pittura di paesaggio, perchè a provare il contrario basterebbe rammentare la tanto caratteristica e gustosa scelta di scene di campagna esposte presso Durand-Ruel nel 1903, ma perchè a chi considera con attenzione l'insieme dell'opera sua pittorica appare evidente che è precisamente nel ritrarre gli uomini e le donne d'oggidì, o, meglio, certe particolari categorie di uomini e di donne d'oggidì, che il Degas ha affermata la cosi spiccata sua individuale originalità d'artista.

In una sua prima serie di tele, sono le lavandaie e le stiratrici dalle floscie camiciole bianche, dalle braccia ignude, dalle guance accese dal calore dell'ambiente in cui soggiornano che egli ci mostra, sia durante il movimentato esercizio del loro mestiere, sia nel breve intervallo di riposo della colazione, con un'efficacia di evocazione realistica, la quale ci fa ripensare ad alcune delle più belle pagine descrittive dello Zola nella prima parte dell'Assommoir. In qualche altra tela, sono invece le piccole crestaie dalle agili mani, dagli occhi e dai sorrisi maliziosi e dall' espressione precocemente viziosa, che ci appaiono, mentre, nella penombra di una qualche retrobottega, aggiustano i nastri e le piume di un cappellino.

I due gruppi di quadri ad olio e di pastelli, nei quali il disegnatore magistrale e l'osservatore acuto e talvolta crudele delle scene e delle figure della vita contemporanea che è Edgar Degas appalesa intera la sua bravura sono, però, quello che studia il mondo, specialissimo nella sua superficiale ma immediata e larga seduzione delle ballerine, delle cantanti di caffè-concerto e delle acrobate e quello dei nudi femminili. Nessuno io credo che abbia saputo riprodurre con tanta sobrietà di mezzi e con tanta sicurezza di rappresentazione, nell'ambiente fattizio di tavole, di tela e di carta grossolanamente dipinte del palcoscenico o del circo equestre, sotto la violenta illuminazione artificiale delle lampade elettriche o dei becchi a gas ed in mezzo alle trasparenze delle garze ed agli svolazzi dei rasi e dei velluti variopinti, le pose ricercate, i movimenti rapidi, i sorrisi falsi sui volti imbellettati e stanchi delle donne che hanno la missione di seralmente distrarre, interessare e divertire dall'alto della ribalta o del trapezio il pubblico.

Nessuno meglio di lui ha saputo esprimere, ora col pennello ed ora col pastello, ciò che di fugace e di apparentemente brillante hanno certi momenti e certi aspetti dello spettacolo teatrale, nonché i lati grossolani e grotteschi che ad uno sguardo attento si appalesano nelle mosse, negli atteggiamenti e nelle fisionomiche espressioni di coloro che vivono fra le quinte; nessuno come lui ha saputo differenziare, mercé alcune sottili e raffinate minuzie di disegno, ciascuna figura da tutte le altre che la circondano, in un gruppo di corifee od in una schiera di coriste, in maniera che, fissandola bene, si possa avere la rivelazione della particolare sua indole e delle particolari sue abitudini dal modo di atteggiarsi, di guardare dinanzi a sé, di sorridere agli spettatori e di esercitarsi ad un comune identico esercizio.

In quanto ai suoi studi di nudo, che, anni fa, egli iscriveva nel catalogo di una piccola mostra privata in via Laffitte sotto il titolo generale di "Suite de nuds de femmes se baignant, se sèchante, s'essuyant, se peignant ou se faisant peigner", è proprio in essi che il suo verismo di spietata sincerità di visione raggiunge i limiti estremi della rigorosa fedeltà alla natura. Guardando la donna, che egli, con sapiente audacia di scorci insoliti, ci presenta, nell'animalità imbarazzata ed alquanto grottesca di pose di colei che non è abituata a sentirsi svestita, mentre, nella penombra del suo gabinetto da toletta o della sua sala da bagno si attarda, con gesti carezzevoli, al lavacro del suo corpo nudo, su cui l'età, la malattia e la maternità hanno, volta a volta, stampate le loro stimmate deformatrici, ci appaiono più che mai evidenti l'artificio e la falsità dei nudi rosei e levigati che figurano nelle composizioni compassatamente accademiche o mercantilmente mondane. L'acuto ed intenso modernismo del Degas si riafferma nelle parecchie sue scene sportive. In esse, oltre a fare sfoggio di tutta la rara sua perizia di disegnatore nel ritrarre le sagome nervose ed eleganti dei cavalli e quelle agili ed asciutte dei fantini, egli si è sforzato, riuscendovi quasi sempre, di dare l'impressione di fulminea rapidità delle corse sulla pista, mercé certe esagerazioni o certe sintesi di contorni già tentati con fortuna da Honoré Daumier in alcune delle non ancora abbastanza conosciute ed apprezzate sue pitture.

Joris-Karl Huysmans, che di Edgar Degas è stato uno dei più fervidi ammiratori e dei primi e più strenui difensori, ha osservato con ragione che riesce oltremodo difficile il dare con le parole un'idea, sia anche molto vaga, di ciò che sia la sua pittura. Essa non trova il suo equivalente che in letteratura, di maniera che, se fosse possibile stabilire un confronto fra le manifestazioni delle due arti, si potrebbe dire che la fattura dei quadri di Degas ricorda, sotto molti punti di vista, lo stile così vibrante e raffinato dei fratelli Goncourt.

 

Vittorio Pica