Mirasi l'interno di un carcere, ove ad un angolo la
povera Beatrice siede sopra un letticciuolo, nell' atto che
prega il Farinacio suo difensore di far palese al Santo
Padre Clemente VIII la sua innocenza. Questo giureconsulto
pare che l?assicuri di tutto il suo zelo, e che le porga
parole di conforto, mentre poco discosto mirasi Guido Reni,
che dà delle rapide occhiate alla Beatrice, facendole il
ritratto. Di lato campeggia la cupa fisonomia del suo
carceriere, che è in colloquio con una Guardia. ? Troppo
nota è la storia di quest'infelice, non che quella della sua
effigie che si conserva nel palazzo Barberini. Ognuno
comprende che il de Vivo ha ritenuto le stesse sembianze, se
non che in quelle del quadro, di cui facciamo parola, la
fisonomia è più pallida e trista. I suoi occhi sono sbattuti
e pregni di lagrime, e pare. dominata da un pensiero
tremendo, quello di una condanna prossima ed ignominiosa.
Secondo Shelley, in tutto il suo aspetto avvi una
naturalezza e dignità che congiunta alla sua rara bellezza,
e alla terribile imputazione che le pesava sul capo, destano
nell' animo dello spettatore una commozione difficile ad
esprimersi. La Cenci è una di quelle creature che formano
eccezione della loro specie, accoppiando la forza alla
gentilezza, senza che una escluda l'altra. Cosi la tragica
fine di questa vittima dell?odio e dell'amore conferma il
motto di quel poeta amico di Byron, e di Roma, che i
fiori più gentili sono sempre rari e delicati; e che l?amore
e la speranza non fioriscono che per appassire.
La fisonomia del Farinacio e tratta dalla statua
esistente sulla sua tomba in San Silvestro a Montecavallo. ?
La figura giovanile del Guido Reni è riprodotta da una
effigie del suo tempo.
Il Cav. de Vivo, già noto per la facilità della sua
composizione, e per la sua ricca e fertile fantasia, si è
del pari costantemente distinto per un disegno corretto ed
elegante. Sembra che abbia ne' molti suoi dipinti mostrato
differenti maniere di colorire. Nel Bacco, e nel Diomede
vincitore al corso dei carri, lo prognosticammo un buon
colorista. Parve tuttavia che per un momento non progredisse
in questa parte della pittura; anzi ritrovammo talvolta in
qualche suo dipinto posteriore alcun che di paonazzo, che ci
faceva desiderare l?antica sua maniera. Ora però possiamo
asserire di avere egli riunito alla eccellente composizione,
ed al perfetto disegno, quel colorito e quel classico tuono,
che conviene ai quadri storici. Quindi possiamo , senza
taccia di parzialità , lodare nel suo dipinto un accordo
generale di colore e di chiaroscuro da far riposare
l?occhio, adattando l?insieme al carattere del soggetto. Le
vesti bianche della Cenci, e l?abito nero del Farinacio
formano un grato controposto, conservando un'armonia tanto
difficile fra quelle due tinte cosi diverse.
Le mura interne del carcere sono debolmente illuminate da
un finestrino. Il raggio di luce che vi penetra,
maestrevolmente adoperato dal de Vivo a rischiarare quel
sotterraneo, fa rilevare i personaggi che compongono quella
mesta scena, e nel ritrarre le tinte brune e trasparenti del
luogo, ha evitato quel soverchio nero, che si critica spesso
nei quadri d' interno. Il dipinto della Cenci del signor de
Vivo sarà d'ora in avanti rammentato come un modello di
semplicitá e di grazia; ed avrà per suoi parteggiani tutti
coloro che amano nelle produzioni dell' arte una poesia
modesta e velata, un argomento patrio d'indelebile
rimembranza, e che desti tenere e profonde commozioni.
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