Quando si ha l?animo creato a sentire il bello e si sta
davanti alle opere di arte, non si può far a meno di
considerare l'alta dignità del ministero cui è chiamato
l'artista, il quale, animato dalla scintilla del genio,
giunge a dar vita ad una rozza tela, o ad un informe pezzo
di marmo ! Ed in Vero la pittura e la scultura sono quelle
arti divine, che ci fan conoscere esser l?uomo di grandi
cose capace, che gli danno il potere d'imitare ed ingentilir
la natura, e gli concedon financo il dono della creazione! A
tanto io pensava nell?osservare nella Reggia di Capodimonte
un gran dipinto, che attrae gli sguardi di quanti hanno
1'agio di ammirarlo, manifestando agli animi un bello
accompagnato da tanta verità, che invita i riguardanti a
benedir la mano dell' artista che ce l'ha dato. Il quale
assunse il difficile carico di rappresentare su quella tela
la prima parte di un' orribile ed esecranda scena, che si
andava preparando ne' sontuosi palagi del Tetrarca di
Galilea.
Ei raffigurò in una sala sostenuta da grosse colonne di
porfido e riccamente addobbata con gusto asiatico, il
Precursore di Cristo alla presenza di Erode e di Erodiade,
tramendue assisi sul seggio reale ornato di un gran panno
verde e fornito di cuscini di broccato d'oro e di tappeti
orientali. Il Battista, in portamento severo , e nel momento
d' intuonare ad Erode il « Non licet Tibi habere uxorem
fratris tui » mentre col gesto del diritto braccio impose
alla invereconda donna di uscir di quel luogo. Il volto del
Re giá mostra esser tocco da quelle tremende parole che
tutta gli han fatta sentire la gravezza del suo peccato.
Erodiade sbigottita all'aspetto del ministro di Dio, cerca
comporre colla diritta mano il cadente velo sul nudo suo
petto , e poggia mollemente la sinistra sul braccio di
Erode, piegando anche verso di lui la persona, come per
ammaliargli il cuore a non farlo cedere a' rimproveri del
Battista. Al quale dirige nel tempo stesso sguardi
minaccevoli e sdegnosi da quel volto, le cui attrattive
aggiunte a' lusinghevoli modi della danzatrice Figliuola
saziaron alfine l?insano furore dell' incestuosa donna, e
fecero
« Maledir la lasciva arte del ballo
« Che valse il capo d'un si gran Profeta.
Le tre descritte figure, che formano tutta la
rappresentazione, sono assai ben composte, e disegnate con
gusto e diligenza grande; l'impasto de' colori nelle carni e
la stupenda ripartizione de' chiari e degli scuri produce
quell'accordo e quell'effetto così dolce e così soave, che
incanta l?occhio di chi guarda, e lo trascina coll'
immaginazione a' tempi de' Caracci , alla cui maniera tanto
si avvicina lo stile di questo dipinto, col pregio del
castigato disegno della scuola Romana. Chi si fa ad
osservare molto dappresso il quadro vedrà con quanta di
sobrietà ingegnosa sono adoprati i colori, e con quale
franchezza di pennello son tratteggiati i diversi piani
delle tinte, dal che si ottiene la forza e la robustezza
delle figure. II cuscino su cui poggiano i piedi Erode ed
Erodiade, ed il tappeto sottoposto sono dipinti con tanta
verità da recar meraviglia a chicchesia.
In quanto alla espressione dello figure, troviamo ottima
quella dell?Erode; quella dell' Erodiade poi oltremodo
sorprendente, appalesando costei nel tempo stesso due
passioni diverse, odio negli sguardi, e la seduzione nelle
movenze: cosa in ante assai difficile ad ottenere. Il solo
S. Giovanni non ritrae abbastanza della sua divina natura, e
come protagonista del quadro ci sembra non convenientemente
collocato di profilo; ciò non pertanto l?insieme di questa
figura è bellissimo, essendo studiato con giudizio sopra
antichi modelli. Alcuni vorrebbero trovare il braccio
diritto del Santo un po? corto, senza por mente quel braccio
sta in difficilissimo scorcio, che può solo spiegarsi con la
prospettiva lineare da chi è molto addentro nell?arte. Altri
poi vogliono osservare che l'artista ha nascosto la sinistra
mano ed il piede dell' Erode sotto il manto reale, come per
risparmiar la pena di ritrarli: ma io più tosto ne trovo la
cagione nulla monotonia, che l'artista ha voluto evitare.
Debbo intanto confessare che mi è spiaciuto vedere quel
viluppo prodotto dalla mano del Re ravvolta nel mantello,
che per verità non mi finisce gran cosa. Ma piccioli difetti
nulla tolgono al merito del valentissimo mio compaesano sig.
Vincenzo Morano da Polistina in Calabria, il quale fece
quest'opera quando di poco varcato avea il quinto lustro
dell'età sua, e nel tempo del suo pensionato in Roma sotto
la direzione dell' illustre Camuccini. E degnissimo egli è
di gran lode per aver cosi bene messo a profitto il suo
fervido ingegno nella prima gioventù, e per essersi
approfondito ne'sodi principii della pittura coll'indefesso
studio sulle opere degli antichi maestri venerandi dell'arte
italiana, de' quali Si mostra cotanto ammiratore e non
tralascia di seguirli, siccome le molte pregevolissime opere
fatte da lui da quel tempo a questa volta lo provano
abbastanza e mostrano il rapido progredimento ottenuto nella
via del ben fare: ciò che torna ad onore dell?egregio
dipintore e della nostra scuola napolitana.
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