Essendo riapparito Gesù a? suoi discepoli dopo la sua
morte, fra questi non si trovò in quel momento Tommaso
Didimo, uno di loro. Ora avvenne che quando i discepoli che
avevano veduto Gesù, glielo annunziarono, Tommaso rispose: -
Se prima non vedrò nelle sue mani il segno della trafittura
dei chiodi, e non metterò la mia mano nel suo costato, non
crederò. Dopo otto dì venne Gesù in mezzo ad essi, e v'era
anche Tommaso, e gli disse: - Tommaso, poni il tuo dito qua,
e vedi le mani mie, e porta la tua mano al mio costato, e
non essere incredulo, ma fedele. - Tommaso rispose : -
Signor mio, Dio mio ! - E Gesù : Perchè vedesti, hai
creduto. BEATI QUELLI CHE NON VIDERO E CREDERONO. Così
nell'Evangelo di S. Giovanni al capo XX è raccontato il
fatto che forma il soggetto di questo gruppo. Ora a me è
paruto sempre vedere in questa ostinazione di Tommaso a non
credere, se prima non vedeva e toccava con mano, (lasciando
di misurare col guardo tutta la profondità dell'alto mistero
) paruto sempre, dico, vedere come effigiata la filosofia
del senso, la quale non ammette se non le cose che vede e
tocca con mano, e non s'arrende alla verità che dopo aver
ottenuta la pruova sensibile per isperimentale giudizio.
Onde la sapienza divina tuona : - BEATI QUELLI CHE NON
VIDERO E CREDERONO. Ma questo mio pensamento non ha che far
nulla con l?arte, nè col modo giudizioso, con cui il nostro
giovane artista ha rappresentato questa storia in un gruppo.
In esso a scelto il momento che Tommaso, preso da maraviglia
e da sacro timore, va per compire quello che gli comanda il
divino Maestro, quantunque par che esiti e tremi nel farlo.
Queste cose sono espresso nel groppo assai bene, formate da
Tommaso, che stende la mano, piegando parte delle dita a
toccare il segno della trafittura, e da Gesù, che apre le
braccia con mansuetudine divina, facendo vedere nelle sue
mani il segno della trafittura de' chiodi; ammonendo senza
sdegno l?incredulo discepolo : - BEATI QUELLI CHE NON VIDERO
E CREDERONO !
Le figure sono di grandezza alquanto maggiore del
naturale, ed hanno grazia e movenza da doversi lodare,
ricche di be' partiti di pieghe, dove con grande
accorgimento ed industria ha cercato di far lo scultore che
si vegga la differenza del panno che veste Tummaso, e della
tunica del Salvatore. In generale l'artista s'é studiato che
un certo contrasto ed antitesi fra la materialità e la
spiritualità, fra l?umano e il divino si lasciasse scorgere
nelle due figure , che ha bene insieme aggruppate. Ancora a
me pare che molta lode gli si debbe attribuire per avere
serbato il carattere sacro di tutta la sua composizione.
Della quale favorevolmente hanno giudicato i maestri
dell'arte. Essendo il gruppo formato di due sole figure, la
difficoltà più grande consisteva nel saperle bene unire
insieme tanto che soddisfacente riuscisse la intersecazion
delle linee. E pare che questa difficoltà abbia superata
l?artista. Ma noi non entreremo in altri minuti particolari,
perchè delle ragioni peculiari dell'arte non hanno il dritto
di discorrere che soli gli artisti. Ed altro non diremo, se
non che essendo questo soggetto stato per la prima volta
oggi trattato in iscultura, il giovine SORBILLI,
provvisionato per Roma da S.M. il Re, Signor Nostro, ha
saputo assai bene corrispondere alle belle speranze che
s?erano già di lui concepite.
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