Pillole d'Arte

    
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Ardengo Soffici




Rignano sull'Arno, 07/04/1879 - Forte dei Marmi, 19/08/1964

Dopo aver appreso in patria i primi rudimenti letterari, si trasferì a Firenze, dove continuò gli studi presso gli Scolopi e privatamente. All'arte fu iniziato nell'Accademia fiorentina e specialmente nella Scuola libera del nudo in quella esistente. Ventenne partì per Parigi, e salvo una sosta a Roncegno per l'esecuzione di affreschi, vi rimase fino al 1907. In quel periodo conobbe i principali novatori e fondatori di movimenti che ormai si sono affermati nel mondo dell'arte e delle lettere, e alternando gli scritti ai dipinti ne importò in Italia la conoscenza. Tornato in Italia con Giovanni Papini e Giuseppe Prezzolini fondò «La Voce», poi «Lacerba». Nel 1913 aderì al futurismo ma se ne staccò nel 1914, per seguire una sua linea artistica, egualmente lontana dal neoaccademismo come dalle varie formule d'importazione. Interventista, condusse una strenua campagna per l'entrata dell'Italia nella prima guerra europea e si arruolò volontario combattendo fino all'ultimo e fu ferito due volte e decorato al valore.

Nel 1920 si affermò in Firenze con una mostra personale, nella quale presentò gran numero di lavori. Da allora partecipò sempre più alle esposizioni. Nel 1926 ordinò una mostra individuale alla Internazionale Veneziana, e vi presentò un complesso di venticinque opere e fra esse Donne toscane che conversano davanti l'uscio, Ragazza recante una mezzina d'acqua; La toilette del bambino; Valeria; Casa colonica; I pini; Strada del Poggio, attualmente nella Galleria d'Arte Moderna di Milano (dove trovansi pure Paesaggio; Marina e Donna recante un piatto, (affresco); Vista del Concone, nella Galleria d'Arte Moderna di Roma; Vista del Poggio a Cajano; "Crepuscolo primaverile; Lo stradale fiorentino; Colle toscano; Campi e colline; Poggio a Cajano al tramonto; Strada delle Fornaci; Dopo la pioggia; Dalla mia finestra; Campi e colline; Tramonto d'inverno.

Nel 1928 il Soffici partecipa ancora alla Biennale Veneziana, con: Padrona e domestica addormentate; Sergio; Cabine; Vento sul mare; Sera a Forte dei Marmi; Stradale di Querceta; Chiesa sul Poggio. Nel 1933, con Carlo Carrà e Romano Romanelli scultore, l'artista tenne alla Galleria Pesaro una mostra personale molto frequentata, nella quale, oltre il citato affresco acquistato dalla Galleria d'Arte Moderna della città, presentò una quarantina di opere, riassuntive di un decennio di attività artistica; molte le nature morte ed i paesaggi, e notati specialmente: La tazza verde; Aprile; Popone e liquori.

Come si è detto, il Soffici divide la sua opera fra il pennello e la penna, ed anzi integra con questa l'opera di quello. Oltre le riviste d'avanguardia da lui dirette ed in parte redatte, ha scritto "Lemmonio Boreo", "Kobilek", "La ritirata del Friuli", ed una numerosissima serie di articoli su giornali e riviste. Le ultime manifestazioni di Soffici letterato, aderenti al nostro tempo e felicemente innestate nel ceppo della tradizione classica, sono il poemetto "Elegia dell'Ambra" e le prose "Ricordi di vita artistica e letteraria" e "Taccuino di Arno Borghi". Nel 1952-1955 ha pubblicato "Autoritratto di artista italiano nel quadro del suo tempo": la sua autobiografia.

Dopo l'infanzia, l'adolescenza, la giovinezza, è questo il libro della maturità, della pienezza operosa di Soffici uomo e artista: dall'uscita dell' "Ignoto toscano", il suo primo libro, alle prime collaborazioni pagate, alla "Riviera ligure"; dal tempo milanese con Papini e Casati, ancora alle prese, talvolta, con la fame, all'incontro con Prezzolini e alla fondazione della "Voce"; dall'azione complessa e ricca esercitata da questa rivista e dai rapporti umani con molti suoi collaboratori, all'amicizia via via consolidata e approfondita con Papini, specialmente nei vari soggiorni a Bulciano; dalla prima mostra degli impressionisti a Firenze all'amicizia per Medardo Rosso e ai nuovi soggiorni parigini, dove incontra, tra gli altri, il doganiere Rousseau, il vecchio e cieco Degas, Romain Roland, Matisse, Apollinaire, Vollard; dal "Rimbaud" al "Lemmonio"; dalla prima aggressione futurista delle Giubbe Rosse all'azione punitiva alla stazione con riconciliazione finale; dall'insofferenza di certi limiti della "Voce" alla prima idea (durante la famosa gita solitaria sul Monte Ceceri) e alla realizzazione di "Lacerba"; dai nuovi rapporti con Marinetti, Boccioni, Carra e gli altri futuristi alle celebri "serate" di Roma e di Firenze; dallo scoppio della guerra nell'agosto del 1914 alle battaglie interventiste, mentre la "Voce" si trasforma, Campana vende i "Canti Orfici" strappando queste o quelle pagine a seconda dell'acquirente, Compare Ungaretti: finché dopo il maggio del 1915, e l'intervento, Soffici partirà volontario.

Questi libri appaiono connessi alla sensibilità e all'arte pittorica del Soffici. Nel 1932, egli ebbe il Premio dell'Accademia d'Italia per la sua opera artistica e critica. E' anche acquafortista e xilografo. Vice Presidente d'onore degli Incisori d'Italia

(A. M. Comanducci - ed. 1962)