Pillole d'Arte

    
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(Fonte : Dedalo - Rassegna d'arte diretta da Ugo Ojetti - Milano - Roma - 1920)

GIUSEPPE BEZZUOLI RITRATTISTA

 
 Nei Ricordi del Duprè non si parla del pittore, anzi del professore Giuseppe Bezzuoli che una volta, a proposito del ritratto del maresciallo Haynau. Fu una bega che ebbe un'eco lunga e clamorosa. A leggere il Duprè, il maresciallo gli si sarebbe presentato nello studio senza dir chi fosse, solo chiedendogli se voleva modellargli un ritratto. Era un uomo sulla sessantina, alto, magro, con occhi fortemente incassati, mobilissimi e vivi, folte sopracciglia e aggrottate, lunghi mustacchi e portamento altero, una fisionomia cosi particolare, cosi espressiva che quando un artista lo vede, gli nasce issofatto la voglia di fame uno studio ?. Il Duprè subito acconsenti, e solo alla fine della visita seppe che quel bel modello era "la jena" di Brescia ?. C'era ormai poco da protestare. Ma il maresciallo si vedeva grande: oltre il busto, voleva anche una statua monumentale e, ad olio, un ritratto equestre. Per la statua, il Duprè riuscì a dissuaderlo. Pel ritratto a cavallo, gli suggerì malizioso il Bezzuoli. Ficcare in quell?imbarazzo anche il Bezzuoli, il professore titolare di pittura all'Accademia fiorentina, successore del cavalier Pietro Benvenuti, anzi designato da lui morente a succedergli in un posto che allora assicurava, almeno vita natural durante, la fama, era un bel colpo. E il Bezzuoli ci cascò, consolandosi con questi argomenti: " Se il ritrattato e un birbante, resta sempre un birbante con o senza il ritratto, precisamente come Nerone Tiberio ed altre bestie consimili che hanno dei bellissimi ritratti che fa piacere a vederli e non viene in mente a nessuno di dire : Guarda che canaglia d'artista dev'essere stato colui che gli ha fatto il ritratto ! ? Ma poi se ne pentì. Si pentì d'aver dipinto il ritratto del Haynau pel gran mormorare che se ne fece a Firenze e per non avere scorto in tempo il tranello tesogli con tanta grazia dal Dupre : cosi che alla fine raccontò d'aver ricevuto la commissione in tutt?altro modo, per mezzo d'un copiatore agli Uffizi al quale quell'anima gentile del Haynau aveva comprata una copia addirittura della Madonna del Cardellino
Ma di questo che fu il ritratto più grande e per ragioni politiche il più discusso fra i tanti dipinti dal Bezzuoli, nessuno ha più ricordo in Italia. Si dice che sia a Vienna, a Schtinbrunn. La storia dell'arte italiana e fatta alla grandiosa : il Bezzuoli e ancora, sessantacinque anni dopo la sua morte, pittore della grande Entrata di Carlo ottavo in Firenze dipinta da lui in stile tragico nel 1829 dopo che il granduca ne ebbe approvato il bozzetto : stonata e teatrale con quel tanto di discordia nei colori che ti fa sembrare tutti quelli illustri personaggi vestiti a caso con un " fondo ? di costumi per comparse e coristi tolto in prestito da un teatro popolare. E dei ritratti di lui nessuno parla. II romanticismo dei pittori toscani e stata una commedia anche più superficiale del romanticismo dei pittori lombardi e veneziani : commedia recitata in buona fede, anzi con quel tanto di passione che la moda pretendeva e che la tran­quilla natura toscana comportava. Costume romantico non s' ha proprio da intendere, arte toscana, che come una foggia di vestire. Non raccomanda monsignor della Casa che " i tuoi panni convien che sieno secondo il costume degli altri di tuo tempo? ?   

I toscani educati, come erano, e civili, si vestirono, anche i pittori, secondo il comune figurino romantico, ma restarono quei di prima: degli intelligenti osservatori del vero acuti e pacati che, quando avevano gorgheggiato la loro bella declamazione di moda, asciugato il sudore, andavano difilato a prendere un bagno in Arno dalla parte ove non è corrente. Scriveva Stendhal nel gennaio 1817, con poca cortesia : "aujourd?hui n?ont ancune passion; car l?eur avarice n'est pas meme une passion, cen?est qu?une des convenances de l?extreme vanitè combinee avec la pauvretè extreme", e dopo aver passato una sera in una casa signorile aggiungeva : " J?ai remarque dans assemblee, fort nombreuse, cinq our six femmes assez jolies, mais d'un air beaucoup trop raisonnable pour sembler femmes Ines reux; avec tant de raison, on ne doit comprendre que la pantie materielle de amour. ? Amore, arte : lo stesso.

Si aggiunga che in Toscana, nei secoli minori, la letteratura ha condotto sempre la pittura al laccio : d'onde la frequenza di pittori toscani che si sono dati a scrivere, e spesso con icastica vivacità, quasi che ad esser solo pittori si sentissero un poco diminuiti e fuori della pubblica stima. Poteva il Bezzuoli che da giovane era stato l'amante nientemeno che della poetica "fanciulla" del Foscolo, Isabella Roncioni, e da uomo maturo (il Bezzuoli era celibe, sia detto per la morale) lo era stato della formosissima Clorinda Baldini, amica anche di Giambattista Niccolini, rinunciare a questa gara di romanticismo coi poeti, rinunciare a camuffarsi secondo la moda corrente, secondo cioè il gusto delle dame e dei committenti ? L'Entrata di Carlo ottavo, il Ritrovamento del cadavere di Manfredi dopo la battaglia di Benevento, Giovanni delle Bande Nere che passa l'Adda e attacca e rompe i francesi : questi furono i soggetti con cui egli si travesti. C'era da disgregare dieci Niccolini, tragico anch'egli, da vero toscano, di più concetti che affetti, per dirla col Tommaseo ; e pronto a mutare in obbedienza ai tempi, se non d'animo, d'arte. Una lettera di lui pubblicata dal pittore Demos Macciò, congiunto,ex sorore, del Bezzuoli, a deliziosa di sincerità pei pochi che, nelle discussioni teoriche e metafisiche oggi care alla critica, gustano ancora la scoperta, dietro il libro o il quadro, degli uomini che li hanno scritti o dipinit E' in pericolo la nomina del Bezzuoli ad ajuto nella cattedra di pittura.

Pare che anche il Benvenuti indichi un altro al presidente dell'Accademia, conte degli Alessandri. Il Bezzuoli s'adira ; il Niccolini gli consiglia prudenza cosi : " Se io avessi trattato l'Alessandri come si meritava, sarebbe corso dagli animali suoi colleghi e fra plauso delle pecoracce delle quali abbonda la nostra sozza e maligna città, mi sarebbe stato tolto di bocca quel pane che con molti anni di noja e di fatiche so di avere meritato... Perchè pel piacere di dirgli quello che ognuno sa, gettare nell' Arno delli scudi e perdere la sua pace ? " Gli eroi basta presentarli sulla scena o sulla tela. 

A dipingere quei finali di tragedia e i tanti suoi affreschi, il Bezzuoli chiese ajuto a tutti gli antichi, da Raffaello a Rubens, diceva lui: eclettico che adorava Bologna (a un punto stette per andarvi a vivere e ad insegnare) e la pittura bolognese la quale gli presentava un comodo e magistrale rias­sunto di veneziani, parmigiani e romani. A dipingere invece ritratti non chiese ajuto che a se stesso e alla sua fine ner­vosa intelligenza davanti al vero. Si guardi questo ritratto della baronessa Elisabetta Ricasoli che, figlia del cavalier Bindo Simone Peruzzi si sposò il 29 aprile del 1807 col barone Luigi Ricasoli e fu madre di Bettino Ricasoli. "Giuseppe Bezzuoli fece 1825". E' degno d'esser posto accanto ai più bei ritratti di Giandomenico Ingres. Chi altro ha infatti dipinto nell'ottocento in Italia un ritratto di dama che superi questo per la fermezza e nettezza del segno, la sobria armonia su due colori. Sete e velluti verdoni contro il verdegiallo del fondo, pelliccia gialla, capelli castani, pelle ambrata, collana d'oro, taglio dorato del libro, sul giallo rosso della sedia di noce? Non appare da quel busto eretto, da quel limpido sguardo azzurro, da quella rosea bocca sigillata, da quelle dita affilate ed unite, la definizione d'un carattere toscano e nobile, sereno ed arguto, lieto e maturo, cordiale e inflessibile ? Senza la stonatura del cuscino rosso vinoso sulla sedia, sarebbe proprio un capolavoro.
 
Lo si confronti al ritratto della granduchessa Maria Antonietta, pingue e insaccata, con la faccia cavallina dei Borboni di Napoli. Due razze, due anime, opposte. Matilde Gioli nel suo libro di Ricordi familiari che e il più vivace libro di ricordi del nostro risorgimento scritto da una donna, la descrive ferocemente cosi : " Maria Antonietta, conservando spiccatamente il tipo borbonico, aveva per altro tutte le volgaritá delle donne del basso Porto e le caratteristiche più odiose del suo alto lignaggio. L'arroganza, la superbia, l'alterigia, malgrado la faccia grassa, il collo corto, il corpo obeso, si rivelavano dallo sguardo indagatore e malvagio, dalla bocca le cui labbra fini si richiudevano ermeticamente in alto di disprezzo appena pronunciata una frase, dal portamento della testa, dal passo risoluto che faceva sballottare l'esuberanza delle forme ". Sotto i rossi cortinaggi da baldac­chino, contro quel manto di vecchio ermellino color d'avorio, di la dagli attributi e dalla posa regale, anche questo carattere definito dal pittore con un'arte espertissima. Quelle carni grasse e quella pelle bianca fuor dal velluto nero sono infatti rese con una sensualità squisita che giunge alla delicata notazione del riflesso bianco della penna di struzzo sul collo e sulla gota dalla parte dell'ombra. Anche questo ritratto è firmato: "Giuseppe Bezzuoli f l'anno 1836". Nello stesso anno il Bezzuoli dipinse e firmò il ritratto della marchesina Rucellai. Nel rovescio del quadro, sulla traversa deltelaio, a scritto: "Marianna Rucellai di Giuseppe e di Anna marchesa Giugni. Sposata in età d'anni 20 al come Giuseppe de Bianchi di Bologna il di 25 gennaio 1836". Bionda del biondo oro di casa Rucellai, il volto ovale, gli occhi celesti, scollata fin sotto il giro della spalla, ingiojellata come una sposa, vestita anch'ella di velluto nero, tiene aperto sulle ginocchia un grande album da disegno sul quale poggia la destra con la matita; e sul ginocchio sinistro è posato uno scialle rosso, uno di quei scialli persiani dei cui fiorami e colori si dilettò anche Ingres nel ritratto di Madame de Riviere, di Madame de Senones e della contessa de Tournon. In fondo, all'altezza delle spalle nude, la molle curva di un golfo sotto un cielo azzurro e roseo. Da destra e da si­nistra s'alzano e s'inarcano sulla bella te­sta due viti pampinose.
Anche più minuto e caratteristico delle foggie e mode del tempo, a il ritratto della marchesa Maddalena Giuntini nata Guiducci: merletti, nastri, giojelli, fiori, fronzoli d'ogni sorta. Sul pilastro a destra è scritto : "Maddalena Giuntini patrizia fiorentina, Giuseppe Bezzuoli fece l'anno 1847". La dama dal volto spiritoso e sorridente, dagli occhi ombrati color d'acciaio, aveva quarantanove anni. Il pittore ormai ne aveva sessantatre, e morì Otto anni dopo. Il suo pennello è sempre delicato, il suo disegno fermissimo, la sua osservazione minuta e perspicace, ma egli ha voluto schiarire i suoi colori tanto che tridono e fanno, come si suol dire, bandiera. La veste e di velluto viola; i nastri sulla blonda che vela i capelli neri, sono rossi ; il cortinaggio dietro e verde.Tra i ritratti d'uomini che il Bezzuoli ha dipinti e che abbiamo finora ritrovati, quello che e noto come un autoritratto giovanile ma che forse e il ritratto d'un fratello morto precocemente di mal sottile, e il ritratto del celebre avvocato Giovanni Carmignani dipinto nel 1828 in atteggiamento d'oratore sono i due più Belli. Il Carmignani stringe nel pugno destro un lembo del mantello turchino foderato di raso nero e con la mano sinistra aperta accompagna il periodo eloquente. Le fattezze del volto raso e rosso sono dure ed energiche ; e sul capo e posata una parruccaccia gialla. V'è anche un ritratto, del 1827, che rappresenta il conte Luigi de Cambray Digny col suo figlioletto Guglielmo che fu poi sindaco di Firenze e ministro delle Finanze nel gabinetto Menabrea ; e lo rappresenta in un bosco tra rocce e tronchi e cascatelle: pae­saggio romanticamente americano, conveniente cioè, più che al conte Luigi, a uno zio di lui che era andato a combattere col Lafayette per 1' indipendenza dell'America, aveva fortificato e difeso Charlestown e morendo in Francia aveva lasciato tutto il suo al nipote. Infatti vi si vede a sinistra un gran busto marmoreo di questo zio, e il conte Luigi ce lo indica tenendo sulle ginocchia il piano stesso di Charlestown e ai piedi un tomo dell' Histoire de la Revolution d'Amerique. Buon ritratto e gustoso, anche per questo ricordo, alla lontana, dei tanti ritratti su fondale di bosco dipinti da inglesi e da francesi tra la fine del sette e i primi dell'ottocento.

Un altro ritratto, notissimo, e la testa di Giuseppe Giusti che fu intimo del Bezzuoli, stette per parecchi anni a pigione, fino al viaggio di Napoli, nel palazzo Panciatichi, sotto lo studio e l'abitazione di lui, e nella villetta che il Bezzuoli s'era costruita a Fiesole passò molti mesi in tranquillo lavoro. Il Giusti in quel ritratto del 1839 si dichiara in una lettera al padre, del 28 gennaio 1846, ma Ferdinand() Martini commenta quella lettera cosi; " Coloro che conobbero il Giusti non ne danno giudizioch?egline dà ; affermano che il Bezzuoli lo ritrasse pingue come non fu mai; che il ritratto più vero è quello fatto in litografia dal Rossi due anni più tardi ?

L'accigliato e gonfio ritratto dello scultore Lorenzo Bartolini col mazzuolo e lo scalpello nelle mani fu dal Bezzuoli dipinto nel 1825, e non può davvero stare a confronto con quello bellissimo, in cui lo aveva ritratto, tra fiero e malinconico, Ingres cinque anni prima, appena giunto a Firenze. Ma quest'incontro nello stesso soggetto, pone un problema: Giuseppe Bezzuoli conobbe a Firenze Gian Domenico Ingres? L'Ingres che chiamava gli affreschi di Masaccio al Carmine l'anticamera del Paradiso e che fino alla morte adorò, copio, ridisegno i Giotto di Firenze e di Padova, venne a Firenze per la seconda volta e per una lunga dimora nel 1820, chiamatovi anche dall'affetto del suo gran Bartolini. Vi dipinse il secondo quadrio della Cappella Sistina, il Voto di Luigi XIII, La Spada di Enrico IV, il piccolo quadro dell'Entrata di Carlo V a Parigi che ha alcune somiglianze d'invenzione con l'Entrata di Carlo VIII a Firenze dipinta dal Bezzuoli nel 1829, e vi disegnò molti tra i suoi più bei ritratti a matita. E possibile che i due pittori non si siano incontrati pei buoni offici dello stesso Bartolini quale al Bezzuoli s?era tanto affezionato da scrivergli, pel Carlo ottavo, queste Lodi che oggi ci restano incomprensibili: " La vittoria e nostra: la natura incomincia a prendere il suo posto: questa produzione è la più bella dei moderni italiani ?. Erano quasi coetanei, l'Ingres nato nel 1780, Bezzuoli nel 1784. E difficile non sentire nel ritratto della baronessa Ricasoli l'esempio di quell'incisiva volontà di di­ segno che è l'anima stessa dell'Ingres e che poi troppo spesso si intorbida e si fiacca nelle opere pin vaste del Bezzuoli.

Fu il Bezzuoli, per ripetere le parole del Dupre, "uomo vivace e alla mano, amico dei giovani, consigliere franco, aperto e sinero? ?, di buona cultura classica come quasi tutti gli artisti d'allora, e d'una spigliatezza nello scrivere, cosi toscana e tagliente che dalle poche lettere che ci restano di lui si può immaginare la sua conversazione. Ecco una di queste lettere, che accompagna alla Galleria degli Uffizi l'autoritratto : "Accompagno con questo foglio a V. S. Ill.ma la mia brutta effige che per sua bontà mi ha richiesta, da collo­carsi nella collezione di quei Grandi che mi hanno servito e serviranno di scorta nel difficile cammino della vita artistica. voglia Dio che la posterità non ce ne faccia un rimprovero; che, se questo avverrà, ci divideremo la vergogna nell'altro mondo".

Di queste lettere ufficiali, nei nostri tempi di liberta, chi osa più scriverne ?

                                                                                                                                                                    

UGO OJETTI